Il caso Moro




Discorso di Luciano Lama in Piazza San Giovanni, Roma 16 marzo 1978


Compagne e compagni, amici, cittadini di Roma, siamo di fronte, oggi, come hanno detto i compagni e gli amici che mi hanno preceduto, ad un delitto feroce, esecrando: il rapimento dell'onorevole Moro, l'uccisione di 5 lavoratori della Polizia, carabinieri ed agenti, sono l'ennesima, sciagurata tappa di una scalata criminale che vuole portare alla distruzione dello stato democratico, alla distruzione di quello stato che con la lotta del nostro popolo abbiamo costruito con la Guerra di Liberazione nazionale.

Noi esprimiamo la solidarietà al Partito della Democrazia cristiana, alla famiglia dell' On. Moro, a sua moglie, ai suoi figli, esprimiamo l'affettuoso, fraterno cordoglio alle famiglie degli agenti, dei carabinieri che sono stati uccisi nel momento in cui compivano il loro dovere...

… ma in questo giorno che è un giorno di lutto, è un momento drammatico nella vita del paese, in questo giorno il tumulto delle emozioni non deve dominarci, dobbiamo opporre alla violenza disumana la forma della ragione, la determinata volontà di non piegarci al ricatto degli assassini, dei nemici della democrazia e della libertà del nostro paese.

Si parla di guerra civile. Noi ne abbiamo conosciute, ma in questo caso non siano di fronte alla lotta di una parte pur piccola di un popolo contro un'altra parte. Non è così. Siamo di fronte ad un pugno di professionisti del terrorismo che si accanisce contro le istituzioni e le libertà nostre, siamo di fronte ad un piccolo gruppo di assassini che attenta alle istituzioni della democrazia italiana; è vero però, è vero e dobbiamo approfittare di questa circostanza per riflettere su questa realtà, che attorno a questa minuscola banda feroce di criminali sta un certo strato di acquiescenti, di passivi, di persone che se non altro moralmente si disimpegnano o addirittura solidarizzano con i criminali, con i terroristi o che stanno a guardare.

Non è questo tempo di stare a guardare, amici di Roma..

… non si può essere in questo momento, in questa prova, non si può assistere passivamente di fronte allo strazio che si tenta di fare delle istituzioni, della democrazia, della libertà del nostro Paese, dei valori fondamentali della convivenza civile che abbiamo conquistato con la nostra lotta.

Dobbiamo espellere dal seno delle masse, dobbiamo espellere, ripeto, non i terroristi che non ci sono o sono pochissimi ma chi li giustifica, chi civetta con loro, chi li considera ancora troppo frequentemente come dei ragazzi che forse avrebbero anche ragione in altre condizioni.

Si dice che la nostra è esecrazione e che queste manifestazioni sanno del rituale, compagne e compagni, ma non saranno rituali, non sarà rituale il nostro comportamento se ciascuno di noi verrà e saprà fare la propria parte, il che significa che ognuno di noi si sente difensore di questa libertà, di questa democrazia, di queste istituzioni…

… e non affida questa difesa sempre e soltanto alle forze dello stato o al vicino di casa che deve muoversi e fare ed agire prima di noi.

Dobbiamo aprire gli occhi e dobbiamo collaborare con le forze che sono destinate, per Statuto, a difendere la democrazia e la libertà del nostro paese come forze dello stato.

Dobbiamo aprire gli occhi, dobbiamo collaborare, dobbiamo partecipare con impegno e non lasciare che le cose vadano a posto per conto loro perché a posto per conto loro non andranno, compagne e compagni di Roma.

I giovani che sono numerosi anche a questa manifestazione, gli studenti, i giovani operai, i nostri figli, le nostre ragazze, i nostri ragazzi devono capire che la violenza, il terrorismo sono l'esatto contrario della protesta sociale, anche la più ferma, perché il terrorismo spegne le possibilità di lotta, isola il movimento dei lavoratori, sviluppa la sfiducia, il disimpegno, il qualunquismo: il terrorismo alimenta nell'uomo comune sentimenti di repressione, l'invocazione a misure eccezionali. Forse molti di noi hanno sentito questi discorsi oggi stesso nella propria casa o li hanno fatti essi stessi…

… oggi, discorsi che sono una reazione istintiva, ma sono una reazione istintiva che contraddice la sete di libertà, la necessità che la lotta dei lavoratori, la lotta popolare si svolga in un clima democratico e che lo stato democratico si difenda con le leggi che ha utilizzato gli uomini che ha, tutti i suoi uomini e noi dobbiamo essere i suoi uomini.

Il terrorismo isola il movimento di lotta dei lavoratori, il sindacato, ne mette in discussione, nell'interesse della difesa dell'ordine, le normali forme di lotta che sono espressione di democrazia e di pluralismo sociale in questa società.

Ecco perché la nostra risposta deve essere ragionata e dura, deve essere una risposta razionale, ripeto, non dobbiamo abbandonarci mai all'istinto che ci può portare alle decisioni sbagliate o alla rassegnazione e al disimpegno.

C'è qualcuno che pensa che con questo nostro impegno noi possiamo rubare il mestiere ad altri, c'è in gioco qualcosa di nostro in questa lotta, un interesse supremo della comunità di cui facciamo parte, il frutto di tanti sacrifici e di tante battaglie della democrazia, dei lavoratori del nostro Paese.

Per questo contro il tentativo di allontanare le masse dalla democrazia e dalla difesa della democrazia, dobbiamo reagire estendendo la partecipazione in tutte le forme di vita democratica.

Io credo, compagne e compagni, che solo per queste ragioni noi oggi abbiamo subito dichiarato la mobilitazione e questa lotta che vede uniti i lavoratori di Roma e quelli di tutto il resto d'Italia in migliaia di manifestazioni che si sono tenute ovunque con la stessa partecipazione, con lo stesso ordine democratico, con la stessa determinazione profonda di difesa dei valori essenziali sui quali si costruisce la nostra convivenza civile perché gli uomini devono stare insieme in questi momenti, si devono sentire uniti ed impegnati in questa lotta, un pugno di terroristi, provocatori non può avere ragione di un popolo di 56 milioni di cittadini coscienti… non è possibile che questo accada.

Naturalmente lo stato si deve difendere ed hanno fatto bene i partiti democratici a decidere di risolvere un problema che è certamente un problema politico di prima grandezza la fiducia al governo, di farlo con una procedura inusitata con un procedura che sottolinea che il tentativo dei terroristi, proprio oggi, di mettere in mora le istituzioni della democrazia e la direzione politica del Paese è un tentativo destinato a fallire, le forze democratiche non subiscono questo ricatto, rispondono come si deve e prima di tutto si preoccupano giustamente, in una situazione come questa, di dare al Paese una guida, una direzione politica per dirigere in questo modo la politica dello stato e la difesa di questo stato democratico di fronte alla eversione ed alla violenza.

La dialettica e la lotta sui programmi verranno come verranno anche le battaglie che noi dovremo condurre per affrontare i problemi sociali ai quali si sono giustamente riferiti i compagni che hanno parlato prima di me, per dare attuazione a quei programmi di sviluppo economico, di piena occupazione che sono stati decisi unitariamente dalla Federazione CGIL, CISL, UIL, ma dobbiamo sapere che tutto ciò è possibile, sarà possibile se manterremo in Italia un regime democratico e libero nel quale i lavoratori possono difendere i loro interessi secondo le scelte che autonomamente si sono dati.

Ecco perché noi dobbiamo apprezzare questa decisione dei partiti che, ripeto, con una procedura inusitata hanno stabilito di dare il loro consenso, la loro fiducia al governo, siamo in questo momento con un Paese che ha una direzione politica essenzialmente unitaria, di larga adesione, le masse popolari di fronte agli attacchi alla democrazia ed alla libertà, di fronte al terrorismo devono agire anche con l'iniziativa, non attendendo sempre gli ordini dall'alto ma sulla indicazione delle grandi forze sociali e politiche, unite nella difesa di questi fondamentali valori.

Lo stato deve migliorare il funzionamento dei propri strumenti. Si dice che ancora migliaia e migliaia di poliziotti sono addetti a compiti amministrativi, questo è il momento di toglierli dagli uffici e di impegnarli nella lotta per la difesa della libertà e contro il terrorismo.

Si dice che 14 o 15 mila poliziotti manchino dagli organici, ebbene, a questo riguardo si reclutino le forze necessarie anche con procedure di carattere eccezionale per far si che la polizia ed i carabinieri possano con maggior efficienza ed anche nel numero che è necessario affrontare l'aggressione che viene portata alla democrazia nel nostro Paese.

Occorre sotto questo aspetto, certamente, una mobilitazione straordinaria, delle forze addette alla difesa dell'ordine democratico, ma poi queste forze, questa polizia, questi carabinieri, questa magistratura devono sentire il nostro sostegno, il nostro appoggio, devono sentire attorno a sé un clima di collaborazione, di comprensione, di valorizzazione dei loro sacrifici, dei rischi che corrono, dell'impegno che ci mettono nella battaglia per difendere le istituzioni democratiche.

Questi 5 soldati che sono morti stamane si sono sacrificati per una causa che è la nostra causa e la causa di tutti noi.

Dobbiamo stabilire un rapporto nuovo con i giovani, con gli emarginati, con la fasce della popolazione più lontane da una vita sociale organizzata, più deboli e quindi più esposte alla penetrazione della eversione e a solidarizzare con la eversione.

Noi, compagni, amici, lavoratori, non possiamo distinguere fra le vittime della violenza, aveva regione Macario, non possiamo mai di fronte ad una notizia come quella di oggi dire: mah! per fortuna non era dei nostri, non è vero, tutti coloro che cadono: poliziotti, carabinieri, uomini politici, magistrati, giornalisti, gente della scuola, tutti coloro che cadono, che sono oggetto di una violenza di questo genere sono vittime di una causa che è la nostra causa…

… e dobbiamo fare attenzione, sempre, prima di ogni altra cosa, a questa tentazione che spesso cerca di penetrare nella nostra coscienza e che finisce per dividerci e per indebolirci tutti di fronte al nemico comune.

Io credo, compagne e compagni che nelle grandi prove, nei momenti decisivi come questo si misurano in effetti le qualità vere, migliori di una classe, di una popolazione, di una nazione, sul mondo del lavoro unito incombe un compito importante nella difesa dei valori essenziali della libertà, della democrazia, della civiltà nostra; dobbiamo sentire che se noi non fossimo uniti fino in fondo le difese invece di alzarsi, come giustamente diceva Macario, si abbasserebbero e il nemico passerebbe più facilmente attraverso di noi per colpire il cuore dello stato.

Ecco perché dobbiamo sentire, dobbiamo sapere che l'intesa, l'unità fra di noi è una delle garanzie vere, e questo dipende da noi, dalle possibilità della democrazia, dalle libertà di trovare nel nostro popolo la sua difesa essenziale.

Dimostriamo in questo momento difficile, in questo momento tragico della vita del Paese di essere all'altezza di questo grande compito.