Quel 17 febbraio 1977




Il discorso di Luciano Lama a La Sapienza il 17 febbraio 1977


Credo che il modo migliore per utilizzare questa occasione sia quello di ragionare e di ascoltare con calma. Questa grande manifestazione di lavoratori e di studenti può essere forse un poco disturbata, ma non può essere impedita. Io voglio dire, compagni e compagne, che questa mattina ero venuto qui francamente curioso di vedere quello che un giornale, il solito “Corriere della Sera”, ci preparava. Parlava di carri armati che sarebbero entrati all'università di Roma; francamente carri armati non ne ho veduti.

Ho visto migliaia di lavoratori, di lavoratrici, di studenti riuniti qui per discutere di un problema vitale, non soltanto della gioventù italiana ma dell'intera società del nostro Paese, ed è di questo che dobbiamo parlar equi oggi perché questi sono i problemi reali che assillano insieme i giovani e gli adulti in Italia.

Devo dire con tutta franchezza, compagni e compagne, che siamo venuti qui dirigenti, rappresentanti della Federazione unitaria, lavoratrici e lavoratori per testimoniare agli studenti della nostra università e di tutte le università italiane che siamo d'accordo con le loro con le esigenze di cambiamento, di rinnovamento della società e dell'università. La protesta studentesca è giusta, vi sono dei problemi, delle discussioni incorso che consideriamo come problemi e discussioni nostre, come questioni che riguardano dall'interno la classe operaia, il mondo del lavoro, il mondo della scuola e della cultura. Ed è per questo che chiunque operi – e c'è chi opera – per dividere la scuola dal mondo del lavoro, per dividere in tanti spezzoni in lotta tra loro il mondo della scuola, gli studenti, gli insegnanti, i lavoratori, non porta un contributo alla giusta causa del rinnovamento dell'università e della società italiana.

Quale domani prepara questa scuola a voi compagni studenti e ai lavoratori? E' questa la domanda che ci dobbiamo porre e a questa domanda deve rispondere non solo questa nostra manifestazione ma l'impegno del mondo studentesco e culturale del Paese e l'impegno di lotta delle masse dei lavoratori italiani.

Vedete si fa un gran discorrere in questo periodo del “numero chiuso”. Malfatti ha ritirato la sua circolare ma il numero chiuso compagni studenti – anche quelli tra di voi che protestano in questo momento – esiste in Italia. E' questa società che chiude la porta in faccia la vostro domani. Il vero problema è questo, di come si cambia questa società perché questa scuola, e quella di domani, sia capace di far funzionare un Paese diverso. Un Paese che offra a tutti i giovani la possibilità effettiva di un lavoro, socialmente utile, e non costruisca milioni di parassiti, di persone che non lavorano e che non sanno trovarlo un lavoro. Questo è il vero problema. Ogni altra impostazione della questione è un'elusione del nocciolo delle questioni che oggi dobbiamo affrontare tutti insieme in questo Paese. Vi si prepara un futuro di frustrazioni, di insoddisfazioni materiali e morali. Ebbene: come si lotta per cambiare l'università e la società? Questo, ripeto, è il campo di azione comune sul quale ci dobbiamo impegnare. Noi non pensiamo di poter agire senza di voi e tanto meno di poter agire contro di voi. Esprimete, dunque, sì autonomamente e liberamente i vostri orientamenti; riunitevi, associatevi nell'impegno costruttivo, per far diventare volontà politica di rinnovamento quello che ancor oggi troppo spesso è il nichilismo o quasi desiderio di autodistruzione.

Questo movimento rinnovatore deve vincere. Il problema è di come si riesce a renderlo vincente. La questione che ci sta di fronte è questa: deve vincere contro la destra eversiva, contro i fascisti che esercitano quotidianamente le loro provocazioni nei riguardi del mondo del lavoro e del mondo studentesco; deve vincere anche contro ogni tentazione irrazionale e contro forme di violenza che oggi fanno il gioco del nemico. Per vincere è necessario darsi obiettivi reali e non inseguire chimere. Non mi riferisco, certo, a forme di espressione che sono anche tipiche dei giovani e che noi stessi, nella nostra giovinezza, abbiamo usato. Mi riferisco ad altro: altra cosa sono le devastazioni, la distruzione di beni collettivi. Chi rompe i vetri non colpisce Malfatti ma danneggia se stesso e la causa comune dei lavoratori e degli studenti. Peggio ancora; è il furore autodistruttivo, il nichilismo, il luddismo culturale, che sono testimonianza di sfiducia, della perdita di ogni speranza, di ogni prospettiva di cambiare la propria vita e insieme la vita e l'esistenza e il modo di essere di questa nostra società.

Ecco perché abbiamo voluto fare questa riunione: non certo per indicare aprioristicamente una strada giusta, che sappiamo di dover cercare e trovare insieme. Ma vogliamo dare testimonianza di un'esperienza che è lunga e lontana e ha portato la classe operaia, i lavoratori italiani, ad assumere nel Paese, nell'autogestione della loro forza, delle posizioni sempre più avanzate. Vedete, noi abbiamo partecipato quando c'erano i tedeschi e i fascisti alla lotta clandestina e noi italiani abbiamo difeso le macchine e le fabbriche del Nord. Sono le solite parole, dice qualcuno: no, sono parole e fatti nei quali decine e decine di uomini e di donne hanno perduto la vita. Questa è la verità. Ecco perché occorre che noi oggi prendiamo insieme un impegno di lotta, pe runa lotta giusta che isoli i nemici della nostra causa e non isoli invece chi come noi si batte per un'ugual causa. Cambiare l'università.

C'è una vertenza del personale universitario che si trascina da due anni e mezzo e soltanto in questo ultimo periodo, costretto dalla forza del movimento sindacale e dalla protesta dell'università, il ministro Malfatti ha accennato a qualche apertura. Bisogna che assumiamo la vertenza dell'università come una causa che riguarda le Confederazioni e dobbiamo far sì che questa questione diventi una questione nazionale sulla quale le scelte sono urgenti e necessarie. Bisogna concludere questa vertenza perché si possa aprire finalmente un discorso costruttivo e reale sulla profonda riforma dell'università. Assumerla come impegno confederale, risolvendo i problemi dei lavoratori precari, dei non docenti, e per risolvere le questioni dello stato giuridico e degli organici dell'università.

Certo la riforma universitaria non riguarda soltanto il sindacato della scuola, riguarda insieme e gli studenti e i partiti democratici. Ma è proprio per questo che la riforma deve fare un'università diversa, nella quale si possa studiare, poiché oggi è difficile, è quasi impossibile. Se ognuno non risolve individualmente il proprio problema è impossibile oggi studiare sul serio in un'università fatta per 20.000 nella quale ci sono 170.000 iscritti. Occorre dunque che l'organizzazione dell'università sia fatta in modo tale non soltanto da consentire ma da coinvolgere gli stessi studenti in un impegno di studio, di preparazione, di apprendimento perché la società italiana ha bisogno del contributo di tecnici, di intellettuali, di uomini e di donne della cultura che siano capaci di indicare delle strade nuove, delle soluzioni più adeguate per il miglioramento della condizione materiale, culturale e morale dell'insieme del Paese. Occorre dunque che questi problemi siano posti alla base della riforma universitaria e anche gli insegnanti – che devono insegnare a tempo pieno, che devono accettare la soluzione delle incompatibilità – devono sapere che l'insegnamento è cosa seria perché costituisce il cardine della società di domani; devono considerare l'insegnamento universitario come la loro funzione essenziale, unica, se si vuole davvero che la nostra università cambi dalle radici e contribuisca essa stessa ai necessari mutamenti all'interno della società italiana.

Compagni e amici studenti, non bisogna disperdere questo prezioso valore che è rappresentato dall'energia giovanile capace di sprigionare dalla vostra volontà e dal vostro impegno. Bisogna trasformare la rabbia e la protesta in volontà politica positiva di rinnovamento dell'università e della società italiana. Bisogna valorizzare la funzione dei docenti e dei lavoratori non docenti, indispensabili in una società organizzata in modo moderno e avanzato dal punto di vista del progresso; unificare i meccanismi di reclutamento; bisogna che la ricerca e la didattica diventino una sola cosa per far sì che l'università docenti uno strumento di evoluzione anche nella nostra società nazionale.

Il Ministro Malfatti ieri ha parlato al Senato facendo macchina indietro rispetto alle posizioni che aveva assunto nel passato, sulla riforma. Ebbene, bisogna che lavoratori e studenti, studenti e insegnanti si uniscano di più per far sì che il frutto della riforma finalmente maturi e non faccia la fine delle tante riforme di cui si + parlato per anni in Italia e non si sono mai fatte.

Il movimento – questo è un punto interessante sul quale riflettere – di rinnovamento dell'università è nato questa volta nel Centro-Sud. E' significativo perché è una testimonianza del fatto che questa azione per il cambiamento dell'università nasce da una disoccupazione intellettuale di massa e dalla prospettiva di una disoccupazione di massa di giovani e ragazze che oggi frequentano gli istituti universitari. Noi dobbiamo assolvere a questo compito affascinante: come riusciamo a cambiare l'Italia? Qualcuno ci accusa di voler normalizzare. Normalizzare che cosa? Noi vogliamo trasformare, cambiare, rinnovare l'università e il Paese, altro che normalizzare; c'è una lotta in corso in Italia e vorrei che tutti i compagni, i giovani in particolare, riflettessero su questo punto: l'azione che stiamo conducendo è tutt'altro che un'azione indolore, nella quale cerchiamo di allargare il nostro punto di vista, è un'azione di chi ha nemici potenti i quali cercano in questo momento di opporsi ad ogni azione di rinnovamento, di ricostruzione della società italiana.

C'è una lotta in corso nel Paese: di questa lotta è testimonianza…

io prego i compagni e le compagne di assistere tranquillamente e di non spaventarsi perché non c'è nessun motivo di spaventarsi. C'è una lotta in corso nel Paese, questa lotta ha come posta chi debba pagare e come si debbano pagare le conseguenze della crisi; chi deve farne le spese. C'è chi vorrebbe che le spese le facessero i giovani, gli studenti, i lavoratori, le nuove generazioni ivi comprese le nuove generazioni della classe operaia. Questa grande lotta politica ha bisogno di ogni forza di rinnovamento che sia capace di mobilitarsi in funzione di questa grande impresa. Ecco perché la disoccupazione deve finire; ecco perché noi dobbiamo mutare radicalmente la linea che finisce per essere di blocco di ogni soluzione concreta. Noi dobbiamo far sì che l'università, agendo e lavorando, diventi essa uno strumento del cambiamento che vogliamo realizzare. Bisogna impegnarsi sul fronte principale, dunque; bisogna impegnarsi sul fronte principale che in questo momento non è quello dell'annullamento del lavoro dell'università, ma del suo cambiamento, della sua modificazione, dell'impegno politico e della lotta politica per fare in modo che questo cambiamento realmente si definisca. Lo dobbiamo fare con la forza della democrazia e col consenso – contro i fascisti e contro la violenza – perché noi siamo dalla parte del giusto e della legge, per la libera espressione delle posizioni che abbiano come scopo il rinnovamento reale, e non a parole ma con i fatti.

Voglio concludere a questo punto con un appello alle forze intellettuali e culturali perché si impegnino in questa grande impresa di rinnovamento che non è certo un'impresa al servizio del potere ma al servizio della causa nobile e grande dei lavoratori per il cambiamento della società italiana. Voi studenti siete una componente sostituibile per cambiare questa società e io credo che questa vostra forza sarà davvero messa a disposizione di questa grande e fondamentale causa di progresso e di emancipazione del lavoro.

Guardate, amici e compagni, se voi disperdeste le vostre forze e il vostro impegno in un atteggiamento che è di rifiuto di una politica reale di rinnovamento, le forze del lavoro, le forze dle progresso non si arresterebbero comunque. Noi avremmo certo più difficoltà, maggiori ostacoli da superare ma la nostra volontà non sarà piegata da alcuna resistenza. Io credo che anche voi sarete indotti a riflettere su questa situazione e sugli obbiettivi che ci proponiamo per realizzare una cambiamento oggettivo e reale della società italiana. Guardate che soltanto con il sostegno, con la partecipazione dei lavoratori voi riuscirete a ottenere il successo, se ciò che vi sta a cuore è il lavoro, che non può non essere causa di progresso e di trasformazione della società italiana.