La nascita del "Rock"

(Pagina a cura del prof. Giovanni Ballerini)


Alla fine del testo le biografie degli artisti fondamentali per questo periodo. 

Ascolti consigliati per questo periodo:

Agli inizi del dopoguerra la musica di tutti i generi musicali era ancora disponibile su dischi a 78 giri/minuto, custoditi in libri simili a un album fotografico (il termine album è stato poi ereditato dai più recenti long playing a 33 giri). Durante la seconda guerra mondiale la penuria di materie prime aveva spinto l’industria discografica a cercare nuovi composti in sostituzione della gommalacca, arrivando così al disco in vinile.  Un’altra importante innovazione fu il registratore audio a nastro. Commercializzato dalla AEG-Telefunken già nel 1937, il registratore a nastro magnetico era stato utilizzato durante la guerra dalla propaganda nazista per modificare i discorsi alla radio, intervenendo sulle registrazioni originali.  Tale novità tecnologica ebbe grosse ricadute nella produzione discografica: diventò possibile assemblare tracce ottenute durante sedute di registrazione diverse, raggiungendo così una perfezione esecutiva impossibile nelle performance dal vivo. 

Finita la guerra, le major americane del disco, Columbia e RCA, si contendevano il mercato discografico: la Columbia prevaleva nel genere della musica colta, la RCA nella popular music. Nel 1948 la Columbia lanciò sul mercato i primi dischi microsolco a 33 giri, mentre la rivale RCA adottò nel 1949 un altro sistema con dischi di dimensioni minori, dal foro più grande e velocità a 45 giri/minuto. Dopo un periodo di disputa (“guerra delle velocità”), le case discografiche raggiunsero un accordo e decisero di procedere all’avvicendamento della produzione dei dischi a 78 giri con quelli nuovi a 45 e 33 giri, per i minori costi e le migliori caratteristiche dell’incisione a microsolco.  Ma questo passaggio non fu privo di difficoltà: per sentire i nuovi dischi era necessario un giradischi più moderno con un selettore di velocità (33, 45 e 78 giri/minuto) e pochi erano entusiasti di affrontare un’ulteriore spesa per adeguarsi. Nel 1954 si studiò una soluzione al problema: le case discografiche concordarono che in futuro avrebbero passato ai disc jockey solo i dischi nei nuovi formati, mentre sul mercato fu immesso un modello più economico di giradischi. Il costo maggiore e il contenuto più impegnativo (tutte canzoni dello stesso interprete) indirizzarono il 33 giri verso un pubblico adulto, mentre i giovani preferivano di solito acquistare i 45 giri, con le novità del momento, ascoltate alla radio o consigliate dagli amici. 

L’evoluzione musicale negli Anni Sessanta fece sì che in generale la durata dei brani si allungasse fino a poter entrare solo nel long playing a 33 giri, che perse la sua esclusività per il pubblico adulto.  Il 45 giri rimase così per le “canzonette”, fino a estinguersi gradualmente. In quegli anni aumentò anche la disponibilità dei brani disponibili nei juke-box, che nel 1955 arrivò a 200 per apparecchio. «Oltre alla varietà di musica, che ha già permesso al juke-box di diventare uno dei media più importanti per la popular music, è notevole la qualità del suono con un’abbondanza di basse frequenze rese possibili dalle dimensioni degli altoparlanti e dall’amplificazione»[1]. Le frequenze basse avevano inoltre acquistato maggiore rilevanza con l’adozione da parte dei gruppi del basso elettrico al posto del contrabbasso. 

Un ruolo notevole nella diffusione della musica rock fu ricoperto dalla radio. Nacquero le prime Hit Parade e assunse importanza anche il ruolo del disc jockey che selezionava le canzoni da trasmettere (non mancarono episodi di corruzione di disc jockey che passavano più frequentemente le canzoni sponsorizzate con regali e bustarelle).             Nel 1949 il giornalista Jerry Wexler della rivista «Billboard», in linea con nuovi valori di tolleranza e antirazzismo, cambiò intestazione alle classifiche di vendita dei dischi, sostituendo race records con rhythm & blues. Il genere, eseguito da afroamericani in prevalenza per loro stessi, comprendeva un blues dal ritmo più duro e la musica d’orchestra; la classifica riconosceva al nuovo settore un apprezzamento, anche in termini commerciali. Prima dell’avvento del rock, la musica di massa era suddivisa negli Stati Uniti in tre campi generici: pop, rhythm & blues e country western. «Ogni campo aveva i suoi artisti e le sue case discografiche, una catena di stazioni radio da cui si poteva ascoltare quel genere di musica, e un pubblico a cui dedicare il suo messaggio più intenso. Ognuno di questi settori aveva un distinto stile musicale e una tradizione artistica che era generalmente data per scontata sia dagli artisti che dagli ascoltatori»[2]. Le major discografiche contavano su un repertorio artistico che, oltre al pop, comprendeva anche la musica classica e il jazz.  Attraverso solidi contatti, con radio e televisione, le “maggiori” potevano contare su agevolazioni promozionali che potevano attirare l’attenzione nazionale su una nuova canzone nel giro di pochi giorni»[3]. «Certo, il fatto di nominare diversamente un genere contribuisce, alla lunga, a farne un’altra musica: ma che il rock’n’ roll sia all’inizio semplicemente un altro modo di chiamare il rhythm & blues è ormai indubitabile»[4]

Fu Alan Freed (1922-65), un disc jockey bianco che lavorava per una radio che promuoveva il rhythm and blues, a diffondere nel 1951 il termine rock and roll, alla lettera “dondola e rotola” (con allusione all’atto sessuale). La sua trasmissione si chiamava The Moondog House Rock’n’ Roll Party e perseguiva «l’intento di mitigare il carattere prettamente nero di quel genere musicale popolare per farne un nuovo oggetto di consumo per un più vasto pubblico bianco, soprattutto attraverso esecuzioni di quel patrimonio musicale a cura di musicisti non di colore»[5]. L’obiettivo non era facile da raggiungere e solo Elvis Presley ci riuscì qualche anno dopo, avvicinando al rhythm and blues il suo retroterra country western, ottenendo il rock and roll, «una musica che riesce a fondere la tendenza puramente ritmica del primo con la naturale vena melodica del secondo[6]». Dopo il 1954 il mondo della musica subì uno sconvolgimento: ai pochi artisti già affermati si sostituì un enorme numero di solisti e gruppi del rock emergente che raggiungevano il successo a livello nazionale, per poi tornare nell’anonimato. Le classifiche delle vendite cominciarono a cambiare a una velocità mai vista prima.

Il genere del pop, che fino ad allora affiancava gli esponenti del kitsch (i crooners, cantanti  che proponevano brani melodici indirizzati in prevalenza al pubblico adulto e bianco) agli artisti folk, inglobò la nuova musica con caratteristiche di rhythm & blues, prodotta sia da artisti bianchi che di colore. La musica rock esprimeva il disagio di quella generazione a cui alludeva il titolo del film del 1955, Rebel without a Cause (in Italia Gioventù  bruciata), malessere non compreso dagli adulti. Agli inizi, parlando apertamente di sesso, alcool e problemi razziali, il rock dovette infatti far fronte anche alla resistenza e alle critiche dei conservatori, che giudicavano questo genere  “pericoloso”, con possibili danni assimilabili all’uso delle droghe. 

 Un fenomeno caratteristico del periodo fu quello delle cover, tentativi, spesso riusciti, di prolungare il successo di un brano riproponendolo con un nuovo interprete. Questa pratica fu incoraggiata dagli editori che traevano un vantaggio dalla maggiore diffusione di un brano, mentre fu invece contrastata dai discografici che volevano salvaguardare gli originali. In molte occasioni le cover erano versioni “riviste” di brani composti ed eseguiti da afroamericani: se il testo era ritenuto inadeguato o volgare, i musicisti bianchi erano soliti modificare e riadattare la canzone, così da renderla fruibile al grande pubblico.

La crescente diffusione degli apparecchi TV, che nel 1951 raggiunsero i sedici milioni, spostò «[…] gli investimenti pubblicitari dai network radiofonici alla televisione»[7], mettendo in crisi le emittenti radiofoniche a diffusione nazionale. Questo avvicendamento portò però a una maggiore diffusione delle radio locali (per le minori spese di gestione), che nel 1952 superarono i juke-box come strumento promozionale. Risale al 1955 la nascita del primo format radiofonico, il cosiddetto Top Forty, dove alla discrezionalità del dj nella scelta dei brani da passare si sostituiva una più attendibile statistica, basata sull’effettiva vendita dei dischi e compilata dal gestore della radio: a essere trasmesse a rotazione erano così le canzoni ai primi quaranta posti delle classifiche. Anche la televisione, nuovo mass media dalle potenzialità ancora sconosciute ai più, facilitò la diffusione di alcuni brani, esercitando un potente influsso sugli spettatori.  Si ricordano due esempi: nel 1954 la canzone Let Me Go, Lover della sconosciuta Joan Weber, fu cantata in diretta durante un programma TV e le vendite del disco, già presente sul mercato con scarso successo da due anni, aumentarono vertiginosamente; Teenage Crash di Tommy Sands, del 1957, fu un caso analogo. Sempre nel 1957 fu presentato a livello nazionale uno spettacolo televisivo dedicato alla musica rock, che ebbe successo e che continuò a esistere, anche se con una presenza più esigua, fino alla fine degli anni ’60: American Bandstand[8]. Durante il programma venivano suonate delle canzoni e i ragazzi presenti in studio ballavano. Si alternavano visite di ospiti, proiezione di filmati a soggetto musicale, interviste ai ragazzi che brevemente si presentavano e commenti alle canzoni trasmesse. Lo spettacolo così concepito metteva in luce le abitudini e i gusti dei giovani in sala, che diventavano in fondo le vere attrazioni del programma.

L’espansione della musica rock fu così affiancata dalla diffusione dei balli rock. «La maggior parte di essi nasceva soprattutto fra il pubblico rock, e i giovani l’imparavano osservandosi l’un l’altro. Queste erano invenzioni folk. Sebbene ciascuna delle nuove danze fosse caratterizzata da movimenti tipici, altri movimenti erano inventati così in fretta che nessuno stile particolare divenne uno standard»[9]. In piena espansione, la musica rock era senza dubbio quella maggiormente presente nel panorama musicale di questo periodo, ma il successo degli artisti lasciava ancora nell’ombra i musicisti che li accompagnavano: gli unici gruppi a ricevere le dovute attenzioni erano quelli vocali, a riprova che il canto restava al centro dell’attenzione. Questo fenomeno si attenuò alla fine del decennio, con l’ascesa nelle classifiche di brani strumentali, spesso colonne sonore di film western, come Red River Rock del 1958. 

Note: 

[1] F. Fabbri, La Popular music, in Storia della Musica, diretta da Alberto Basso, Volume IV, Torino, UTET, 2005, p. 347.

[2] C. Belz, La storia del rock, cit., 1975, p. 13.

[3] Ibidem, p.14.

[4] F. Fabbri, La Popular music, in Storia della Musica, diretta da Alberto Basso, Volume quarto, cit., p. 349.

 [5] G. Rausa, Dizionario della musica rock – Volume secondo: Canada, Usa e Australia,  p. 9.

[6] Ibidem, p. 7.

[7] F. Fabbri, La Popular music, in Storia della Musica, diretta da Alberto Basso, Volume quarto, cit., p. 347.

[8] American Bandstand, spettacolo nato a Filadelfia nel 1952 con il nome di Bandstand e presentato da Bob Horn. Nel 1956 gli subentrò Dick Clark, un disc jockey di Filadelfia che legò il suo nome alla trasmissione.

[9] E. Gentile, A. Tonti, Dizionario del pop-rock 2006, Milano, Baldini Castoldi Dalai Editore, 2005, p. 66.

La maggior parte degli artisti più celebri alla metà degli anni '50 è di origine americana, considerando che la prepotente affermazione della musica britannica nel panorama internazionale avverrà negli anni Sessanta.

Muddy Waters (1913-1983), cantante e chitarrista dell’area di Chicago, considerato uno dei più grandi bluesman di tutti i tempi, nonché fonte di ispirazione per la musica beat britannica degli Anni Sessanta, e in particolare per gruppi come Rolling Stones e Yardbirds. La sua band è stata una delle più acclamate della storia del blues: Little Walter all’armonica, Jimmie Rogers alla chitarra, Elgin Evans alla batteria e Otis Spann al piano.  Registrò una serie di classici passati alla storia del genere, con l’aiuto di Willie Dixon bassista e autore di alcuni dei pezzi più famosi: Hoochie Coochie Man, I Just Want to Make Love to You e I’m Ready. Altri suoi successi furono Mannish Boy e Sugar Sweet  del 1955, seguiti da Trouble No More, Forty Days & Forty Nights e Don’t Go No Farther del 1956.  Nel 1972 incise London Muddy Waters Session, un album che vide la partecipazione nell’organico di musicisti bianchi della nuova generazione. «Celebre per le rasoiate del suo slide e per la voce aspra e colloquiale, Waters dà fama e popolarità al blues elettrico»[1]

Howlin' Wolf, pseudonimo di Chester Arthur Burnett (White Station, 10 giugno 1910 – Hines, 10 gennaio 1976), è stato un cantante, chitarrista e armonicista statunitense, considerato uno dei massimi esponenti della musica blues. Durante gli anni cinquanta Wolf scrisse quattro canzoni che bem si collocarono nelle classifiche Billboard R&B: How Many More Years, Moanin' at Midnight, Smokestack Lightning e I Asked for Water.Nel 1962 esce l’album Howlin' Wolf, con copertina raffigurante una sedia a dondolo: pietra miliare del la musica blues. Il disco conteneva i brani Wang Dang Doodle, Goin' Down Slow, Spoonful e Little Red Rooster, pezzi che entrarono nel repertorio di quelle band che si ispiravano al Chicago blues. Nel 1964 prese parte all'American Folk Blues Festival che lo portò in tour per l’Europa.

Nel 2004 il magazine Rolling Stone lo classificò al numero 51 nella sua lista dei 100 migliori artisti di tutti i tempi. Diversamente da molti altri musicisti blues, durante la scalata al successo, Wolf riuscì anche ad ottenere anche un discreto riscontro finanziario (evento assai raro).

Frank Sinatra (1915-1998), cantante e attore[2] statunitense, in attività già prima della seconda guerra mondiale. È ritenuto un crooner, un esponente della popular music convenzionale e un esecutore di canzoni melodiche e sentimentali, quest’ultime spesso contestate dai giovani che pretendevano una musica nuova, più vicina al loro modo di sentire.  Ottenne un grande successo con l’album Songs for Young Lovers del 1954, che conteneva, tra le altre, My Funny Valentine. Soprannominato “The voice”, è stato l’interprete delle celeberrime Strangers in the night (primo posto nella Billboard Hot 100 del 1966) e di My Way[3].

Paul Anka, cantautore canadese interprete di molti singoli di successo. Ancora giovanissimo, nel 1957, incide la canzone Diana che lo rende subito famoso. Un altro suo singolo, Lonely Boy, nel 1959 raggiunse la prima posizione nella Billboard Hot 100 e la mantenne per quattro settimane. «Dotato di ottima intonazione e di una buona vena compositiva , senza mai allontanarsi troppo da un Pop melodico farcito di orchestrazioni ridondanti riesce a conciliare i gusti di figli e genitori navigando felice in piena era R’n’R»[4] . Fra gli altri suoi meriti l'adattamento in lingua inglese della canzone francese Comme d'habitude che tradotta diventò la famosa My Way, grandissimo successo di Frank Sinatra.

Fats Domino (1928) è un cantautore e pianista statunitense, pioniere del rhythm and blues e del rock and roll. È stato il cantante afroamericano di maggiore successo durante gli Anni Cinquanta e nei primi Anni Sessanta.  Nel 1949 presentò The Fat Man, considerato uno dei primi pezzi di rock and roll, con pianoforte ritmato e vocalizzi. Il brano, che era un rifacimento di Junker’s Blues di Champion Jack Dupree[5], ottenne un successo eccezionale, vendendo più di un milione di copie.  Fats Domino «da quel momento fino al maggio ’55 galleggia in classifica con una decina di singoli»[6]. Nel 1955 entrò nella classifica pop con Ain’t That a Shame, ma fu il bianco Pat Boone a raggiungere il primo posto con la cover del pezzo. Altri suoi successi furono Whole Lotta Loving, Blue Monday e The Big Beat.  Domino continuò a raccogliere successi per tutto il 1962, entrando in classifica con tutti i suoi singoli, mentre nel 1963 la sua carriera subì un calo nelle classifiche. Benché la British Invasion avesse ormai cambiato i gusti del pubblico, continuò a incidere nuovi pezzi fino al 1970. 

Billy Haley (1925-1981) and his Comets, dopo gli esordi nel country western, si avvicinarono al rhythm and blues e ottennero i primi successi nel 1954 con una versione del pezzo Shake, Rattle and Roll, già portato alla notorietà dal cantante afroamericano Joe Turner.  La famosa Rock Around The Clock, con caratteristiche rhythm and blues su matrice folk, passò inizialmente inosservata; inserita nella colonna sonora del film Blackboard Jungle [7], ottenne poi larghissimi consensi, arrivando al primo posto della Billboard hot 100.  Seguirono successi fondati sulla commistione di più influenze, tra cui Mambo Rock del 1955.

Carl Perkins, cantautore e chitarrista statunitense da ricordare per il suo brano Blue Suede Shoes del 1955, esempio di rockabilly (mix di blues, country e rock) che fu poi  interpretato da Elvis Presley e anche dai Beatles.

Elvis Presley (1935-1977), «è l’artista solista più importante che sia emerso durante i primi sviluppi rock fra il 1954 e il 1956»[8]. Dominò la scena mondiale fino alla comparsa dei Beatles, alla metà degli Anni Sessanta ed ebbe un grosso seguito anche in Inghilterra; la sua casa discografica era la potente RCA, a cui arrivò nel 1955 dopo i primi successi con l’etichetta Sun. Il suo genere originario era il country western, ma lo mediò con il rhythm’n blues. Poiché cantava muovendosi in modo sexy, fu soprannominato “Elvis the Pelvis”. Per il pubblico entusiasta, la danza spontanea era la controparte visiva delle sensazioni suscitate con il canto.  «Il primo disco di Presley per la RCA fu Heartbreak Hotel. Uscì a febbraio del 1956 e subito raggiunse la prima posizione nelle classifiche Pop e Country Western, ed entrò fra i primi cinque dischi nella classifica di Rhythm and Blues»[8]. Poco dopo seguirono Love Me Tender, I Got a Woman, Blue Suede Shoes e I’m Counting On You, pezzi che confluirono nel suo primo album. Nel 1956 «Presley passa da uno show Tv all’altro, diventa il fenomeno dell’anno, l’idolo incontrastato dei teenagers e in pochi mesi anche dei genitori»[9]. La sua presenza al programma televisivo Ed Sullivan Show passò alla storia per i suoi 53 milioni di spettatori.  Fu anche l’interprete principale in diversi film costruiti sul suo personaggio.

Chuck Berry (1926), compositore e chitarrista afroamericano, rappresenta l’artista folk nell’idioma rock. Ha prodotto molti successi: il primo è stato Maybellene del 1955, con più di un milione di copie vendute; seguirono Roll Over Beethoven del 1957, ripreso anche dai Beatles, School Days e Rock and Roll Music del 1957, Sweet Little Sixteen e Johnny Be Good del 1958.  «Lui è il poeta che coglie meglio di chiunque altro la sua epoca poiché racconta storie di tutti i giorni, fresche, prive di retorica e di languide immagini romantiche»[10].  Se Elvis Presley creò il rock & roll, Chuck Berry lo spinse verso la musica nera. «L’atteggiamento di Chuck Berry era quello dell’artista folk. Le sue canzoni usavano ripetutamente una identica frase introduttiva sulla chitarra, o una leggera variazione della stessa, e durante lo svolgersi dell’esecuzione facevano affidamento su analoghe melodie o armonizzazioni “preferite” di chitarra»[11]

Cliff Richard (1940), nome d'arte di Harry Webb, è stato il principale esponente del rock & roll inglese, unica alternativa a Presley e agli altri interpreti americani. La sua Move it del 1958 fu il primo esempio di rock’n’ rollmade in England”. «Fra il ’58 e il ’59, insieme ai suoi fedeli Shadow, infila un hit dopo l’altro fra i quali High Class Baby, Living Doll e Travellin’ Light, una dolce ballata che serve a riconciliarsi con la critica bacchettona»[12]. The Young Ones, nuovo singolo del 1962, conquistò le prime posizioni nelle classifiche di molti paesi europei, ma fu quasi ignorato negli Stati Uniti. Come gli Shadows, Cliff Richard non riuscì a imporsi oltre oceano, impresa che riuscirà solo ai Beatles qualche anno dopo. La sua attività artistica è giunta fino ai giorni nostri, con nuove incisioni e concerti che ancora richiamano il grande pubblico. Grazie alla sua longeva carriera, è secondo nella vendita totale di dischi, dietro soltanto a Beatles ed Elvis Presley.

Little Richard (1932) raggiunse il successo con la sua hit Tutti frutti del 1955. «Il testo non-sense, la voce singhiozzante e arrabbiata, le urla sfacciate del piccolo Richard squarciano un panorama musicale già ben predisposto verso il R’n’R ma non così spinto all’eccesso»[13]. In linea con il suo comportamento trasgressivo, si presentava sul palcoscenico travestito e truccato.

The Coasters sono un gruppo vocale rock and roll e rhythm and blues di Los Angeles che è stato in voga negli anni Cinquanta – Sessanta. Quando nel 1955 Jerry Leiber e Mike Stoller lasciano The Robins per cambiare etichetta discografica soltanto Carl Gardner e Bobby Nunn li seguono; si  aggiungono Leon Hughes e Billy Guy a completare la formazione: così nascono The Coasters. Tra le loro hits più importanti Charlie Brown, Along Came Jones, Little Egypt, Yakety Yak, Young Blood e Searchin'. Nel 1999 sono stati inseriti nella Vocal Group Hall of Fame. Nel Cartoon della Disney, Cars - Motori Ruggenti, è presente la loro canzone, Sh Boom Life Could Be a Dream.

The Drifters sono un gruppo musicale doo-wop/R&B statunitense che raggiunse la popolarità fra il 1953 ed il 1963. In origine il gruppo fu formato nel 1953 per assicurare l‘accompagnamento a Clyde McPhatter, uscito dai Billy Ward & the Dominoes. Nel corso degli anni si avvicendano molte formazioni. Due sono inserite nella Vocal Group Hall of Fame: quella di Clyde McPhatter, con i nomi "The Drifters" o "The Original Drifters" e quella con Treadwell e Ben E. King, con il nome "Ben E. King and the Drifters".    Fra i maggiori successi del gruppo si ricordare Money Honey (1953), Honey Love (1954), Adorable (1955) There Goes My Baby (1959), Dance with Me (1959), Save the Last Dance for Me (1960) e On Broadway (1963), tutti brani arrivati alla vetta delle classifiche di Billboard.

The Everly Brothers sono stati un duo musicale statunitense, formato dai fratelli Don e Phil Everly, di grande successo commerciale negli USA, soprattutto alla fine degli anni cinquanta. Il loro stile, la musica e le loro armonie vocali hanno profondamente influenzato i successivi artisti di country e di rock and roll. I due fratelli esordiscono giovanissimi e nel 1956 registrano un primo singolo Keep A' Lovin' Me che però passa inosservato. Quando si ripresentano con Bye Bye Love, il brano raggiunge il secondo posto nelle classifiche di vendita, superando il milione di copie. Il duo si caratterizza per canzoni dagli accordi semplici e per armonie vocali a due voci che seguono la stessa linea melodica con un intervallo di terza: in pratica ciascuno dei due fratelli canta una melodia  autonoma. Anche  Wake Up Little Susie  raggiunge la prima posizione nel 1957 negli Stati Uniti, come All I Have to Do Is Dream che mantiene la prima posizione  per quattro settimane. Nel 1960 cambiano casa discografica passando alla Warner Bros. Records e I loro successi proseguono: Cathy's Clown e When Will I Be Loved del 1960, Walk Right Back (1961), Crying In The Rain e That's Old Fashioned (1962). I Beatles hanno dichiarato di essersi ispirati al loro stile nel "montare" i cori dei loro brani più celebri. 

The Platters, gruppo vocale di colore che primeggiò nelle classifiche di tutto il mondo con bellissimi pezzi melodici: Only You e The Great Pretender nel 1955, My Prayer nel 1956, Twilight Time e Smoke Gets In Your Eyes nel 1958.  «La fortuna del gruppo si basa su due pilastri: Buck Ram[14] , autore, arrangiatore, produttore e Tony Williams, solista del gruppo»[15] . Ma non solo: oltre alla voce ben impostata del solista li distingue la presenza di un elemento femminile, Zola Taylor, e l’uso degli archi negli arrangiamenti, novità assoluta per un gruppo di colore.  Williams lasciò il gruppo nel 1960 per intraprendere la carriera solistica; le successive formazioni rimaneggiate tennero in vita il nome, ma il successo del gruppo era ormai tramontato.

The Supremes è stato il gruppo di maggior successo commerciale dell’etichetta Motown [16] , con dodici singoli in vetta alla classifica Billboard Hot 100. La maggior parte dei loro successi si devono al team produttivo della Motown Holland-Dozier-Holland. Le quindicenni Florence Ballard e Mary Wilson si incontrano nel 1959 in una gara di canto e il produttore Milton Jenkins le recluta per formare un gruppo canoro femminile insieme alla  sedicenne Betty Travis e alla quindicenne Diana Ross. Queste sono The Primdttes che nel 1960 ottengono e un contratto discografico con la Motown, cambiando il nome con The Supremes. La Travis lascia il gruppo all'inizio del 1962 e così la Ross, la Ballard e la Wilson proseguono la carriera come trio. Le loro  incisioni non ebbero successo fino a Where Did Our Love Go che arriva in vetta alla Hot 100 e alla classifica R&B. Il singolo seguente Baby Love (1964) ottiene il primo posto anche nel Regno Unito. Quando anche il successivo Come See About Me si classifica primo  nella Billboard Hot 100 per due settimane, le Supremes diventano il primo gruppo ad avere tre singoli consecutivi in vetta alla classifica. Poi è un susseguirsi di successi: Stop! In the Name of Love e Back in My Arms Again (1964), I Hear a Symphony (1965), You Can't Hurry Love (1966), You Keep Me Hangin' On, Love Is Here and Now You're Gone, The Happening, Love Child, Someday Will Be Toghether (1968). Alla fine del 1968 The Supremes hanno venduto oltre 50 milioni di dischi. La cantante leader era sempre stata Diana Ross e quando nel 1970 lasciò il gruppo per intraprendere la carriera da solista venne sostituita più volte ma il trio non raggiunse più i risultati passati. Nel 1977 The Supremes si sciolsero.

 Note:

[1] E. Gentile, A. Tonti, Dizionario del pop-rock 2006, Milano, Baldini Castoldi Dalai Editore, 2006, p. 1283. 

[2] Frank Sinatra ha vinto l’Oscar nel 1954, come migliore attore non protagonista, per il film Da qui all’eternità.   

[3] Riadattamento e traduzione in lingua inglese di Paul Anka della canzone francese Comme d’habitude.

[4] E. Gentile, A. Tonti, Dizionario del pop-rock 2006, cit. , p. 51. 

[4] Champion Jack Dupree (1910-1992), pianista blues afroamericano.

[5] E. Gentile, A. Tonti, Dizionario del pop-rock 2006, cit., p. 373.

[6] Il film (in italiano Il seme della violenza) raccontava le difficoltà di un insegnante nel far fronte alla violenta ribellione dei suoi studenti. 

[7] C. Belz, La storia del rock, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1975, p. 30.

[8] Ibidem, p. 33.

[9] E. Gentile, A. Tonti, Dizionario del pop-rock 2006, cit., p. 958.

[10] Ibidem, p. 115.

[11] C. Belz, La storia del rock, cit., p. 51.

[12] E. Gentile, A. Tonti, Dizionario del pop-rock 2006, cit., p. 1011.

[13] E. Gentile, A, Tonti, Dizionario del pop-rock 2006, cit., p. 716.

[14] Buck Ram (1907-1991), compositore, arrangiatore e produttore statunitense. Ha collaborato anche con altre grandi personalità americane come Duke Ellington, Ella Fitzgerald, Glen Miller, Ike and Tina Turner e Paul Simon. 

[15] E. Gentile, A, Tonti, Dizionario del pop-rock 2006, cit., p. 941.

[16] Casa discografica di Detroit fondata nel 1959. Durante gli anni sessanta la Motown, e la sua divisione Soul, rappresentano la musica nera, per i neri ma anche per i bianchi, con tratti esclusivi classificati come “Motown Sound”.