Commento libro: "Progettazione parametrica per architetture sostenibili" di Cesare Griffa
Introduzione: Un percorso personale verso l'architettura parametrica
Ho scelto di leggere questo libro perché la progettazione parametrica è uno degli ambiti che mi ha sempre affascinato. Fin da bambino, non avevo dubbi su cosa avrei fatto da grande: mi piaceva disegnare case sui quaderni delle elementari. Guardandoli oggi, mi stupisco di come la mente di un bambino, ancora pura e imperturbata, fosse capace di creare forme che assomigliavano già a quelle dell'architettura parametrica. È proprio questo il campo che ho cercato fin da quando ho avuto accesso a internet, seppur inizialmente ignorando la vera natura dell'architettura digitale. Quando ero piccolo, pensavo che l'architettura digitale fosse solo disegno automatico, ma solo recentemente, tramite voci di corridoio, ho scoperto il concetto di architettura parametrica. Da lì, non ho più avuto dubbi su cosa approfondire durante il mio anno di autonomia accademica, un anno che mi ha portato a scegliere questo libro.
Architettura parametrica: una riflessione storica
Griffa invita a riflettere su come le forme dell’architettura parametrica abbiano radici in opere di grandi maestri come Nervi, Saarinen, Gaudí, e personalmente, mi permetto di aggiungere anche Musmeci, Mangiarotti e Peter Rice. Si tratta di forme algoritmiche e razionali, ma anche armoniose, sviluppate grazie a un processo di modellazione matematica manuale, condotto da veri pionieri del calcolo strutturale al servizio della composizione architettonica.
Tuttavia, l’architettura parametrica contemporanea si distingue per l’approccio diverso: oggi non partiamo da una forma pre-impostata, ma da un "genotipo" che, attraverso l’applicazione di parametri variabili, genera infiniti "fenotipi" (forme). Un tempo, invece, il form finding iniziava da una forma pre-immaginata che doveva essere riprodotta in modo efficiente. Questo è un concetto che Griffa espone chiaramente, spiegando la metafora del fenotipo e del genotipo: oggi, l'architettura risponde a parametri variabili, mentre un tempo la progettazione partiva da un’idea ben precisa.
Il controllo dei parametri: un rischio per l’autonomia dell’architetto?
Un tema che emerge con forza nel libro è il concetto di "parametro", che rappresenta il cuore del sistema parametrico, ma anche un rischio se non gestito correttamente. La progettazione parametrica, se lasciata a se stessa, potrebbe portare a un futuro distopico in cui l'architettura diventa una mera risposta automatica a esigenze specifiche come l’esposizione solare, il flusso di persone o i venti. In un tale scenario, l'architetto non sarebbe più il creatore, ma piuttosto un interprete delle scelte di una macchina. Questo rischio va monitorato attentamente, perché il rischio di un’automazione completa potrebbe privare l’architettura del suo valore creativo e intellettuale.
Geometrie non euclidee e analogie con l'autoveicolo
Un altro aspetto interessante del libro riguarda le geometrie non euclidee, come le mesh e i nurbs, che sono alla base della progettazione parametrica. Griffa fa un'affascinante analogia con il mondo dell’autoveicolo, un campo che mi ha sempre affascinato, e si sofferma su come queste geometrie si siano evolute. Purtroppo, vedo una triste analogia tra il destino dell’architettura e quello dell’automobile: come l’industria automobilistica ha portato alla standardizzazione dei veicoli, c’è il rischio che l’architettura segua lo stesso cammino. La progettazione parametrica, se non monitorata, potrebbe diventare un processo troppo rigido, in cui l’individualità del progetto scompare a favore di una razionalizzazione automatica.
Intelligenza e gerarchia nella progettazione parametrica
Un concetto affascinante che Griffa introduce è quello dell’intelligenza sistemica, che deve operare all’interno di una gerarchia. Qui, l’autore fa una riflessione interessante sulla differenza tra un regime autoritario e uno più democratico nella progettazione: mentre un regime autoritario può essere più efficiente, è essenziale che gli elementi del sistema abbiano una giustificazione non solo funzionale ma anche intellettuale. Il programma (software) diventa, quindi, un’estensione dell’intelligenza dell’architetto moderno, e il mezzo con cui si esprime la progettazione contemporanea.
l software come "intelligenza" dell’architetto contemporaneo
Il capitolo che analizza il ruolo del software nella progettazione mi ha colpito particolarmente. Griffa evidenzia come ogni fase del progetto (modellazione, rendering, grafica, etc.) richieda strumenti specifici, che divengono un’estensione dell'intelligenza dell'architetto stesso. Si va da strumenti di modellazione come Blender (mesh), Rhinoceros (nurbs) e Archicad (per elementi), a software tecnici che gestiscono dati climatici e solari. L'autore fa anche riferimento a strumenti di pubblicazione come Dreamweaver e WordPress, così come a quelli di calcolo automatico come Excel, tutti essenziali nel panorama della progettazione contemporanea. Il messaggio che emerge è che, come per Picasso, un architetto deve conoscere e padroneggiare tutti gli strumenti disponibili per poter scegliere consapevolmente quale utilizzare.
Creatività e intelligenza artificiale: un futuro incerto
Una domanda che mi ha colpito, e che mi pongo anch’io da tempo, è se abbia ancora senso investire tempo nell’apprendere l’uso di software di grafica tradizionale, come Photoshop, o se non sia più utile concentrarsi su strumenti come Grasshopper, che in futuro potrebbe implementare una funzionalità simile a quella che già esiste in Photoshop, rendendo sempre più superfluo il lavoro dei grafici. L'intelligenza artificiale, sebbene potente, non è in grado di creare veramente: essa si limita a variare pattern esistenti. Questo mi porta a riflettere sul ruolo futuro degli architetti e dei creativi: dovremo tornare a fare ciò che un'intelligenza artificiale non può fare, ovvero creare qualcosa di nuovo. L’architettura, quindi, potrebbe riscoprire la sua vera essenza creativa in un mondo in cui la macchina non è in grado di generare innovazione autentica.
Conclusione: un libro che stimola riflessioni profonde
Il libro di Griffa offre spunti di riflessione su temi cruciali dell’architettura contemporanea, come l’automazione, il controllo dei parametri e il ruolo del software. Sebbene la scrittura sia scorrevole e appassionante, con una visione chiara del futuro della progettazione, ho trovato alcuni passaggi che fanno riferimento ad altre discipline un po’ ridondanti. Tuttavia, il messaggio che emerge è chiaro: l’architettura contemporanea deve affrontare sfide significative, tra cui quella di preservare la creatività e l’autonomia dell’architetto in un mondo sempre più automatizzato. La progettazione parametrica, se non controllata, rischia di diventare un processo troppo vincolato dai parametri stessi, ma può anche essere una risorsa per creare nuove forme e soluzioni.
Il futuro dell’architettura, come sottolinea il libro, potrebbe trovarsi a dover fare i conti con una nuova definizione di creatività, in cui l’intelligenza artificiale gioca un ruolo sempre più prominente. Tuttavia, la creatività umana rimarrà sempre fondamentale, poiché è l’uomo a essere in grado di generare il nuovo, e non una macchina.