SporTech – Centro di Ricerca per le Tecnologie applicate allo Sport
Rigenerazione urbana e sportiva per la periferia Est di Roma: tra il MAAM e Tor Sapienza
Un laboratorio per le periferie
SporTech – Centro di Ricerca per le Tecnologie applicate allo Sport
Rigenerazione urbana e sportiva per la periferia Est di Roma: tra il MAAM e Tor Sapienza
Un laboratorio per le periferie
dal Ciclo "UnLostTerritories".
di Savina Leggieri.
AA 15-16 Tesi Discussa il 22 marzo 2017
Il progetto SporTech nasce dalla cattedra del Prof. Antonino Saggio con l’obiettivo di unire innovazione tecnologica, ricerca sportiva e rigenerazione urbana nelle periferie fragili di Roma. Il focus è sull’area di Tor Sapienza e sul rapporto con il MAAM – Museo dell’Altro e dell’Altrove, fulcro culturale della zona.
La storia urbanistica rivela una netta dicotomia: gli insediamenti residenziali di inizio Novecento da un lato e la forte presenza industriale del dopoguerra dall’altro. Ne è derivato un quartiere privo di spazi pubblici e segnato da criticità legate a mobilità, servizi e marginalità sociale.
L’area non viene letta come margine, ma come cerniera strategica tra il tessuto residenziale e quello industriale. In questo quadro, sport e tecnologia diventano strumenti capaci di ridare identità e centralità a un territorio fragile.
La progettazione si ispira all’idea di ricucitura: volumi semplici e industriali vengono reinterpretati con frammentazioni e aperture che evocano dinamismo e movimento, richiamando persino suggestioni coreografiche.
Il museo, nato come occupazione abitativa, è insieme risorsa culturale e realtà complessa, spesso in tensione con il quartiere. SporTech si propone come ponte tra queste due dimensioni, generando spazi per sport, ricerca e socialità.
Il progetto assume un valore che va oltre l’architettura, configurandosi come laboratorio di rigenerazione sociale ed economica, dove la periferia non è più dormitorio isolato, ma luogo di vita ricca e condivisa.
L’UNDER è il cuore pulsante del complesso: uno spazio di intersezione tra interno ed esterno, dedicato a sport, creazione e scambio.
Una promenade espositiva guida i visitatori attraverso rampe e un ponte sospeso, permettendo di testare strumenti e prodotti sviluppati dal centro. Il percorso, luminoso e dinamico, culmina in uno store tecnologico e si conclude con una rampa avvolgente che riconduce al piano terra e ai livelli interrati, creando un’esperienza immersiva e continua.
Il livello OVER è uno spazio pubblico sopraelevato, punto di riferimento del progetto e luogo di scambio e condivisione. Si affaccia su un vuoto centrale a tripla altezza, dominato dalla parete per l’arrampicata e illuminato da un taglio di luce zenitale che collega cielo e piano interrato. Intorno a questo spazio si dispongono le attività sportive e gli ambienti per l’aerobica, che si affacciano sul grande vuoto.
L’OVER diventa così il fulcro creativo e relazionale del complesso, in cui workshop e attività collettive dialogano con la dimensione sportiva e verticale dell’edificio.
Lo spazio IN è il sistema dinamico di rampe che attraversa l’intero complesso, collegando i diversi livelli e trasformando la distribuzione in un percorso esperienziale.
Il grande spazio centrale funge da luogo di passaggio e al tempo stesso di eventi, con proiezioni audiovisive e presentazioni dei lavori prodotti nei laboratori. La rampa gradonata, posta nella parte terminale dell’edificio, diventa un ambiente multifunzionale in cui sostare, assistere a proiezioni e vivere momenti collettivi.
L’IN è così la spina dorsale del progetto, dove movimento, connessione e attività collaterali si intrecciano.
Il livello ON raccoglie uffici, aree di ricerca e spazi di coworking, collocati negli ultimi due piani del complesso. Si tratta di ambienti raccolti e statici, progettati per favorire concentrazione, studio e sviluppo progettuale, in contrasto con la dinamicità delle aree distributive.
Gli spazi di open office dialogano con i volumi di OVER, creando un nodo in cui si intrecciano attività creative, ambienti privati e spazi aperti dedicati allo scambio professionale.
Qual è stata l’idea iniziale che ha guidato il progetto SporTech?
L’idea era quella di immaginare un Centro di Ricerca per le tecnologie applicate allo sport: un luogo capace di integrare innovazione, attività sportive, sperimentazione manageriale e commerciale. L’obiettivo era dimostrare come anche in una periferia estrema potesse nascere un programma contemporaneo e vitale, in grado di generare nuova energia e opportunità.
Perché la scelta è ricaduta sull’area di Tor Sapienza?
Tor Sapienza è un quartiere con una forte impronta industriale e una posizione strategica, ben collegata sia alla linea ferroviaria sia al Grande Raccordo Anulare. Proprio queste caratteristiche lo rendevano idoneo a ospitare un progetto innovativo. Allo stesso tempo, le complessità sociali e morfologiche dell’area rappresentavano una sfida da trasformare in risorsa.
Che ruolo ha avuto il MAAM nello sviluppo del progetto?
Il MAAM ha rappresentato un riferimento fondamentale. SporTech si configura come prosecuzione del recinto museale verso nord, riprendendone la dialettica tra muro e apertura. Mi ha colpito la capacità del MAAM di essere al tempo stesso barriera e luogo di incontro: ho voluto tradurre questa tensione in un linguaggio architettonico capace di rendere l’edificio permeabile e dialogante con il quartiere.
In che modo il concetto di “ricucitura” si è tradotto nelle scelte architettoniche?
La “ricucitura” è stata un tema centrale. L’edificio è concepito come un muro plastico: da un lato segna un confine e definisce un’identità, dall’altro si apre in punti strategici, creando connessioni e varchi verso il tessuto urbano. In questo modo il progetto mira a ricucire Tor Sapienza con nuove funzioni e con la vitalità portata da ricerca e sport.
Come è stata definita la suddivisione in UNDER, IN, ON e OVER?
La suddivisione prende ispirazione dal lavoro di Steven Holl con la coreografa Jessica Lang, che mette in relazione corpo e spazio. Ho tradotto quelle categorie nel progetto:
UNDER: spazi sotterranei, come aree tecniche;
IN: ambienti interni di lavoro e ricerca;
O0N: rampe e percorsi che attraversano l’edificio;
OVER: elementi emergenti, come lucernari e aperture superiori.
Queste quattro dimensioni hanno guidato la composizione spaziale, rendendo l’edificio quasi coreografico e in sintonia con il movimento del corpo nello sport.
C’è qualcosa che oggi modificherebbe o approfondirebbe della sua tesi?
Sì, approfondirei due aspetti:
la dimensione gestionale e sociale, per indagare come un centro di ricerca sportiva e tecnologica possa diventare motore di sviluppo per il quartiere, creando nuove forme di lavoro, coinvolgendo la comunità e generando sinergie con le imprese locali;
alcuni dettagli costruttivi, in particolare sistemi strutturali e materiali, consapevole oggi di quanto tali scelte possano incidere sulla qualità complessiva del progetto.
In che direzione si è sviluppata la sua carriera dopo la laurea?
Dopo la laurea ho lavorato in diversi studi di progettazione, per poi intraprendere un master in BIM sull’esistente, attratto dal rapporto tra digitale e patrimonio costruito. Questo percorso mi ha permesso di collaborare con studi di progettazione integrata: inizialmente su progetti di restauro (anche connessi alla mia tesi in HBIM), poi su edifici complessi come ospedali e data center, sempre con un approccio BIM.
Attualmente mi occupo di Global Asset Management in BIM, gestendo asset che spaziano dall’edificio fino al singolo impianto, in contesto aeroportuale.
La tesi ha avuto un impatto sul suo lavoro o sulle opportunità professionali?
Sì, in modo significativo. La tesi, con il suo orientamento verso tecnologia e digitale, si è rivelata un vero biglietto da visita nei primi colloqui e nelle prime esperienze professionali. Ha dimostrato come interessi architettonici e digitali potessero integrarsi, indirizzando le mie scelte verso progetti capaci di unire questi due mondi.
Si è ritrovato a lavorare ancora su temi di rigenerazione urbana?
Sì, in alcune occasioni ho affrontato temi di rigenerazione urbana, anche se il mio percorso si è concentrato prevalentemente sulla scala del singolo edificio.
Quali consigli darebbe a un giovane architetto in procinto di laurearsi?
Consiglierei di dare grande importanza sia alla progettazione – dagli aspetti compositivi a quelli costruttivi – sia all’aggiornamento costante sulle innovazioni tecnologiche: BIM, progettazione parametrica, computational design.
Credo, infine, che la capacità di coniugare creatività e tecnologia sia oggi un elemento fondamentale per lavorare in modo efficace.