La rivelazione delle FMA al grande pubblico occidentale, da sempre orientato verso le arti marziali di tradizione cinese o giapponese, si deve principalmente al M° Dan Inosanto che ha codificato dal punto di vista didattico un sistema di arti marziali a tradizione familiare in un corpus strutturato, progressivo e coerente di tecniche.
Il lavoro del M° Inosanto ha semplificato la divulgazione delle FMA senza snaturare la filosofia di insegnamento tramandata dai grandi maestri filippini e mantenuta viva da Guru più recenti come John Lacoste (1889-1978) Floro Villabrille (1912-1992), Ben T. Largusa (1926-2010), Angel Cabales (1917-1991), e Max Sarmiento (1929-1982) .
L’allievo deve iniziare il suo addestramento partendo direttamente dall’utilizzo delle armi in quanto i principi e i movimenti che stanno alla base del sistema di combattimento sono universali quindi è meglio partire da subito con il vantaggio di saper maneggiare un’arma. Successivamente il bagaglio tecnico acquisito dal praticante lo renderà capace di utilizzare come vere e proprie armi le estremità del corpo o qualsiasi oggetto occasionale, aumentandone straordinariamente l’efficacia in combattimento e rendendolo inoltre capace di fronteggiare a mano nuda un
avversario armato secondo il detto filippino che solo chi sa usare un arma è in grado di difendersi da essa.
Alcune peculiarità distinguono l’insegnamento delle FMA rispetto alle altre arti marziali tra queste le più evidenti sono la “numerazione degli angoli” e gli “energy drills”.
Come nella scherma, le FMA si avvalgono sostanzialmente di cinque angoli di attacco principali, comuni a tutte le scuole, ottenuti suddividendo idealmente il corpo umano in quattro quadranti mediante due linee perpendicolari passanti per l’ombelico, che vanno ad individuare quattro zone all’interno delle quali ricadono i colpi portati dal praticante, indipendentemente dalla loro direzione. Il quinto angolo è quello che intercetta direttamente la linea di divisione verticale con colpi di punta dell’arma. Alcune scuole utilizzano un numero maggiore di angoli d’attacco ottenuti suddividendo ulteriormente i quadranti principali.
Gli energy drills invece, sono esercizi ciclici di scambio di energia svolti in coppia, sia a mano nuda, come l’”Hubud” o il “Tapi-Tapi”, che armata, come la “Sumbrada”, la “Numerada o l’”Abesedario”. Tali esercizi hanno lo scopo di addestrare l’allievo ad inserire tutte le tecniche conosciute all’interno di uno schema ciclico fisso, in modo da acquisire la sensibilità necessaria per adeguarsi a qualsiasi variazione che un combattimento reale comporta.
Le FMA oltre all’utilizzo delle armi, contemplano un programma completo di combattimento a mano nuda in grado di addestrare l’allievo anche al combattimento disarmato contro mano armata, ciò le pone su un piano di assoluta completezza rispetto all’intero panorama delle arti marziali. Il combattimento a mano nuda, nel suo complesso, viene detto “Pangamut” e comprende tre aspetti: il “Panantukan” (o “Boxe filippina”), il “Pananjackman” (o "Sikaran") e il “Dumog”.
Il Panantukan comprende tutte le tecniche portate con gli arti superiori sia di attacco come pugni, martelli (colpi di avanbraccio) e gomitate, che difensive come parate, deviazioni, assorbimenti, distruzioni e “Gunting” che consiste nel colpire l’arto avversario, armato o meno, durante la fase difensiva.
Il Pananjackman invece riguarda la sfera del combattimento con gli arti inferiori e comprende calci (principalmente bassi), ginocchiate e colpi con la punta del piede e di tallone ai quali si applica il concetto di gunting in fase difensiva.
L’ultimo aspetto, il Dumog, comprende la “lotta”, con tutto un corredo di azioni di sbilanciamento (trazioni e spinte), proiezioni e spazzate, e soprattutto le “leve articolari” indispensabili nelle tecniche di disarmo e quindi fondamentali nelle FMA.
Vista la complessità delle FMA, particolare importanza riveste il ruolo dell’istruttore che deve essere un innovatore di tecniche di insegnamento ed un aggiornato conoscitore di nuovi e più efficaci metodi di allenamento individuali. L’azione combinata di un buon programma di insegnamento e di un allenamento che comprenda velocità, tempo d’azione (timing), bilanciamento del corpo e forza, agevola il praticante a diventare veloce potente e spontaneo nell’azione. Ciascuna tecnica è il prodotto di un determinato movimento ma quando un programma di allenamento pone troppa attenzione all’”estetica” dei movimenti rischia di rendere inefficace l’autodifesa del praticante, piuttosto l’attenzione va posta sui principi fondamentali del combattimento come il posizionamento strategico, la distanza, il timing, e l’economia dei movimenti.
Ciascuno di questi principi porta degli indubbi vantaggi durante il combattimento, ad esempio l’abilità nel posizionamento strategico agevola la visione periferica e permette di acquisire un vantaggio relativo sull’avversario e il controllo degli angoli d’attacco; il principio delle distanze permette al combattente la scelta dello strumento difensivo più adatto (armato o meno) in funzione del suo raggio d’azione e il mantenimento della distanza corretta attraverso un adeguato footwork; infine il principio del timing allena l’allievo ad utilizzare la giusta cadenza nell’aggiustamento delle distanze in modo da rendere il movimento fluido e continuo; l’importanza dell’economia dei movimenti non ha bisogno di spiegazioni soprattutto nel caso vi siano da affrontare più avversari.
di Willco
Con la sigla FMA (Filipino Martial Arts) si indica l’insieme dei sistemi di combattimento tradizionali come l’Escrima, il Kali o l’Arnis De Mano, sviluppatisi autonomamente nelle varie tribù indigene per la necessità di difendersi dagli invasori stranieri che nel corso dei secoli hanno cercato di dominare l’arcipelago filippino. Le prime invasioni ad opera di indiani e arabi risalgono al XIII secolo, successivamente, nel XVI secolo, ebbe inizio la lunga dominazione spagnola durata oltre trecento anni (1565-1898) fino al trattato di Parigi che pose fine alla guerra ispano-americana decretando il passaggio delle Filippine sotto il controllo degli Stati Unti interrotto bruscamente dall’occupazione giapponese durante la seconda guerra mondiale.
Nel corso di questo lunghissimo periodo di dominazioni straniere le tribù filippine non si sono mai arrese agli invasori ma hanno continuato a lottare affinando e potenziando i loro sistemi di combattimento rendendoli sempre più semplici ed efficaci. È difficile individuare le origini delle FMA in quanto nel corso dei secoli hanno assorbito tecniche e movimenti delle diverse arti marziali praticate dai vari popoli conquistatori, probabilmente alla base dei sistemi di combattimento familiari filippini ci sono le arti marziali indonesiane, principalmente il Kuntao e il Silat.
Il termine Escrima però ci fa capire quanto importante sia stata l’influenza della lunga dominazione spagnola sulle FMA, infatti nella lingua dell’etnia filippina che l’ha sviluppata (Tagalog) ha lo stesso significato del termine spagnolo “esgrima” cioè “scherma”.
Una prova delle capacità belliche delle popolazioni filippine, gli europei la ebbero pochi anni dopo il loro sbarco in quell’arcipelago, quando nel 1521 il famoso esploratore e condottiero Ferdinando Magellano venne ucciso dal capotribù dell’isola di Mactan nel tentativo di reprimere una ribellione scoppiata successivamente alla sottomissione della vicina isola di Cebu alla corona spagnola.
Dai racconti dello storico italiano Antonio Lombardo (detto Pigafetta) al seguito della spedizione spagnola, le popolazioni indigene filippine avevano mostrato di possedere una propria cultura marziale e grandi capacità nell’utilizzo di armi tradizionali come archi e frecce, bastoni, spade, pugnali e armi da taglio simili al machete dette “Bolo”.
Soltanto i maestri d'armi portoghesi e soprattutto italiani non furono sopraffatti nello scontro corpo a corpo dagli indigeni insorti, grazie all’abilità di combattere utilizzando due lame: la spada in una mano e la daga (più corta) nell’altra. La diversa lunghezza delle due lame permetteva di essere efficaci sia nella lunga che nella corta distanza, inoltre gli italiani si distinsero per la capacità di utilizzare la daga sia per offendere che per parare i colpi dell’avversario.
Durante la colonizzazione gli spagnoli imposero la loro cultura e la loro religione, bandendo la pratica delle arti marziali che i filippini comunque riuscirono a tramandare a livello familiare spacciandole per balli tribali.
Nel corso dei secoli, gli indigeni assimilarono anche la cultura marziale degli europei (inclusa la scherma con la spada e la daga) che però non si sostituì semplicemente alla preesistente cultura marziale ma si fuse con essa dando luogo ad un sistema di combattimento totale che armonizza la fluidità dei movimenti e le capacità di maneggio delle armi, tipica delle arti marziali orientali, con le tecniche e la meccanica di quelle europee.
L’evoluzione delle FMA ha portato nel tempo a sostituire la daga con il coltello, più piccolo e maneggevole, e la spada con il bastone di rattan, più corto (circa 70 cm) e più idoneo per l’utilizzo in azioni di intrappolamento degli arti o in tecniche che implicano la cattura diretta dell’arma.
La configurazione a due lame (una lunga ed una corta) è ancora utilizzata nella scuola filippina sostituendo il bastone con il Bolo.
Le FMA pur possedendo un bagaglio tecnico paragonabile per certi aspetti alle MMA (Mixed Martial Arts), non appartengono a questo circuito commerciale soprattutto a causa dell’utilizzo delle armi, quindi sono poco conosciute. Da sempre infatti, sono considerate arti marziali efficaci nell’auto difesa in complesse situazioni reali come aggressioni armate, nel mantenimento dell’ordine oppure in scenari di guerra, perciò vengono praticate dai corpi speciali militari o delle forze dell’ordine piuttosto che dagli sportivi
di Willco