LA SICUREZZA PREVENTIVA
Un programma che preveda il tema di cui sopra sicuramente non può prescindere da diversi fattori e campi d’ applicazione.
In primo luogo è necessario evidenziare il fatto che non esiste una definizione di totale sicurezza ma gradi di percentuale.
Questi gradi iniziano dalla sicurezza cosiddetta preventiva e cioè da quelle capacità acquisibili che possono permettere di prevenire un evento ritenuto rischioso. Tali capacità non devono essere confuse, però, con la reazione a specchio che si concretizza al momento dell’effettiva esistenza del pericolo. Infatti tale reazione, deriva più da una caratteristica primordiale dell’individuo che da capacità indotte. Sembrerà strano, almeno sotto questo aspetto, siamo più simili ai rettili che ai mammiferi; infatti, una ghiandola che risale alla nostra preistoria genetica (l’amigdala), ubicata nell’encefalo, permette delle reazioni psico-fisiche ai vari segnali di pericolo più o meno latenti.
Ma quello che si desidera sottolineare, in questa sede, è l’importanza di un momento prima rispetto alla stimolazione ghiandolare di cui sopra, che sebbene è stata sempre garanzia di successo, si muove “per seconda” rispetto alla stimolazione.
Quindi, tale progetto deve mostrare quali possono essere le metodologie che ci permetterebbero di essere preventivamente sicuri prescindendo dall’elemento stimolazione.
Naturalmente, il discorso, nonostante nasca in un campo prettamente oggettivo, va necessariamente reso soggettivo con particolare riferimento alle categorie vittimologiche, ma non in quanto tali, ma come elementi di partenza per “presunzione” di categoria di devianza o soggetto attivo.
In fine l’applicazione pratica dei metodi di sicurezza preventiva con la trasformazione in sicurezza esecutiva e dinamica.
La definizione del termine “sicurezza” è alquanto complessa comprendendo diversi campi d’azione.
Ci si dovrebbe chiedere di e da che cosa dobbiamo essere sicuri ed in che misura.
E’ invece possibile determinare quelli che sono gli elementi essenziali di tale concetto e soprattutto le caratteristiche che può assumere.
A tal proposito giova la netta distinzione, non solo cronologica, tra la sicurezza preventiva e la sicurezza esecutiva.
Entrambe fanno riferimento ad un principio che deve essere costantemente tenuto presente: “ la sicurezza assoluta non esiste; esserne certi sarebbe il primo passo per la sconfitta”.
Entrando più nel particolare e cominciando trattare i due tipi di sicurezza in modo separato, si può paragonare il rapporto tra i due modelli con un esempio molto semplice; comportamento in caso di una qualsiasi malattia infettiva.
Il primo passo è la prevenzione, cioè ci copriamo, assumiamo vitamina “C”, evitiamo il contatto con persone a rischio, ecc…., se ciò non dovesse bastare siamo costretti a curarci in maniera più penetrante, magari con medicine ed antibiotici al fine di riportare alla normalità la nostra condizione.
Sebbene tale esempio sia semplice e magari banale, è veramente molto esplicativo, in quanto sottolinea benissimo il rapporto non solo cronologico che intercorre tra i due predetti tipi di sicurezza.
Quindi prima la prevenzione e poi, forse l’esecuzione.
Circa la prima dobbiamo distinguerne all’interno tre principi fondamentali:
- Coscienza di un eventuale pericolo
Essere in grado di capire che in qualsiasi occasione, anche quella più apparentemente tranquilla, il pericolo è latente e che l’unico modo per evitarlo o comunque permettergli di creare minor danno è “saperlo attendere”.
- Saper bonificare l’obbiettivo
Appreso l’imminenza del probabile pericolo, essere in grado di muoversi, tenendo sempre presenti le circostanze di luogo, tempo e di spazio immediatamente circostanti, in modo tale da accorgersene immediatamente.
- Capire che tipo di vittima si è
Nei rapporti, il “ruolo” pesa moltissimo; se si è in grado circoscrivere la propria condizione sociale ad una particolare categoria, si potrebbe essere in grado di cominciare già a fare un’ iniziale scremature dei pericoli incombenti.
A seguire dovremmo cominciare a renderci conto del nostro atteggiamento, anche fisico, e delle nostre abitudini di vita…..Ma sulla vittima si rimanda in seguito.
Detto ciò si è in grado di compire un piccolo passo successivo nel campo della sicurezza preventiva; aver presente sia i cosiddetti campi d’applicazione di quest’ultima che le metodologie che ci permettono di essere “ preventivamente sicuri”.
Si è soliti effettuare una distinzione molto accademica che sintetizza in maniera decisamente esasperata tutti gli argomenti che può contenere un argomento così vasto. All’uopo:
- Sicurezza personale
Tutti i pericoli inerenti la persona in quanto tale, sia come singolo che come società.
- Sicurezza patrimoniale
Intesa come tutela contro violazioni aventi ad oggetto il godimento di beni
- Sicurezza industriale
Per avere un quadro preciso della situazione, dobbiamo necessariamente rifarci a dei casi pratici, anche perché sarebbe impossibile trattare questo argomento solamente in teoria.
Capito l’esistenza del pericolo, riusciti a bonificare il nostro percorso ed afferrato in che categoria di vittima potremmo rientrare e quindi catalogato di massima il nostro possibile aggressore, vediamo come comportarci.
Prima cosa creare intorno a noi un’ ”area di protezione” cercando di domandarci:
- Dove ci troviamo?
- Cosa stiamo facendo?
- Quali sono le eventuali vie di fuga?
- Da dove potrei essere assalito? ( cosiddetto angolo morto)
- Dopo di che dobbiamo essere in grado di muoverci in modo coerente con le risposte alle domande che ci siamo formulati in precedenza cioè far capire al nostro probabile aggressore che di fronte a se ha una “vittima” accorta..
Appare necessario a questo punto, fare un accenno particolare, in riferimento al caposaldo “ capire che tipo di vittima si è”, alla scienza della vitttimologia che ha per oggetto lo studio della vittima, della sua personalità, delle sue caratteristiche fisiche, psichiche, morali, sociali e soprattutto del rapporto tra questa ed aggressore perché dove c’è una necessariamente ci deve essere l’altro.
Si è soliti distinguere tra vittime passive ed attive.
All’interno delle prime distinguiamo:
- accidentali
- preferenziali
- simboliche
- trasversali
Nelle seconde possiamo identificare:
- professionali ( per la loro particolare professione )
- provocatrice
- favorente (vittima dei reati di truffa o di usura)
- consenziente
COME DIFENDERSI DAI FURTI ESTIVI IN ABITAZIONI
Prima di concludere con un richiamo alla sicurezza esecutiva, che ripeto è, in misura maggiore rispetto alla preventiva, estremamente pratica, si ritiene utile dare alcuni consigli, già sicuramente ben noti ai più, sulla difesa abitativa.
Punti di partenza sono due vecchi proverbi che, con poche e spicciole parole, sintetizzano l’argomento.
“CHIUDI LA STALLA PRIMA CHE FUGGANO I BUOI”
“PENSA IL PEGGIO CHE INDOVINI E CHE SE NON HAI INDOVINATO E’ MEGLIO PER TE”
Prima di tutto bisogna coordinare le cosiddette difese, fortificare le vie d’entrata, installare un sistema d’allarme efficiente, avere eventualmente la possibilità di affidarsi ad un istituto di vigilanza privata e cerare una rete di solidarietà di sicurezza. In particolare:
- Installare porte blindate, serrande in ferro o comunque cancellate esterne
- Evitare di lasciare le luci accese nei vari locali dell’abitazione. Ciò potrebbe essere utile solo in caso di assenza temporanea non protratta nel tempo. In questo ultimo caso attirerebbe solo maggiormente l’attenzione.
Sarebbe utile invece se qualcuno di fiducia, giornalmente si recasse all’interno dell’abitazione ed accendesse le luci in maniera alternata, cambiandone l’ubicazione dei locali o comunque aprisse alternativamente qualche serranda simulando invece la presenza di qualcuno.
- lasciare una certa percentuale di valori in casa evitando così l’ira degli eventuali intrusi per “viaggi a vuoto”
- Controllare periodicamente i sistemi di allarme
- Evitare assolutamente di parlare in pubblico della nostra assenza e soprattutto della durata.
Allorquando tutto ciò non dovesse bastare, se la prevenzione dovesse fallire, si passa alla fase successiva l’esecuzione della quale dovrebbe permetterci di rimanere illesi o comunque limitare i danni.
In questa sede è fuori luogo discutere accuratamente della sicurezza esecutiva, anche perché c’è veramente molto poco da parlare e tanto, forse troppo, da fare.
Gianluca Giovannini