Ti svegli all'alba; ti rigiri nel letto; non riprendi sonno; ti alzi. Finalmente un po' d'aria fresca in questa torrida estate e decidi all'istante di partire. Quarantanove chilometri, due ore di pedalate e ti ritrovi a fotografare un bellissimo vicolo con pavimentazione a mosaico.
Poi riprendi a pedalare lungo la strada principale: un acciottolato non più largo di due metri che ti porta nella piazzetta del paese. Qui si fa 'civettuolamente' osservare una bella fontana che filtra la visione del lago.
Mi disseto e tornando indietro scopro una piccola torre che cerca spazio tra le case,
poi altri scorci aprono una vista sul Turano, prima parziale poi sempre più ampia. Castel di Tora, il borgo natìo di mio nonno materno, è un gioiellino ben conservato e il suo lago è artificiale:
in questo caso l'intervento dell'uomo ha valorizzato il territorio e aiutato a conservare i luoghi circostanti! Ripercorro i quarantanove chilometri del ritorno verso il mio borgo natìo contento dell'alzataccia. Però quando la Tiburtina Valeria mostra lo spontaneo ma ordinato caseggiato del centro storico di Castel Madama, senza riuscire a nascondere del tutto il disordine edilizio del secondo novecento,
le pedalate si fanno più pesanti e le mie riflessioni meno positive perché in questo caso l'intervento dell'uomo ha umiliato il territorio! Fortunatamente proprio in questi giorni, grazie a un passaggio decisivo per il futuro urbanistico di Castel Madama, viene demistificato l'imbroglio che l'edilizia sia sempre, anche senza regole, sinonimo di progresso e ricchezza. Allora la pedalata negli ultimi tre chilometri di salita diventa più leggera.