1. IL DANUBIO
Il Danubio nasce in Germania, quasi ai confini con la Francia. È il fiume di Vienna, di Bratislava, di Budapest, di Belgrado, della Bulgaria, della Romania. Raccoglie le acque dei fiumi del nord Europa ed anche di un fiume italiano. È un simbolo che raccoglie le numerose e diverse lingue, le culture, le storie, le vicende dell'Europa e le trasporta unitariamente là dove, insieme alle acque, ambiscono arrivare, nel mare aperto.
La lunga pedalata che sto per fare da Ulm a Budapest mi da qualche preoccupazione ma mi entusiasma. La bellezza del fiume e del suo ambiente,
della sua pista ciclabile, delle sue città è nota a tutti. Sarà sicuramente motivo di soddisfazione vivere quei luoghi da solo e insieme agli amici che incontrerò dopo undici giorni fra Mauthausen e Vienna. Ma il viaggio mi rinnova anche un antico interrogativo che coltivo da qualche decennio: se le grandi idee siano destinate a rimanere nella testa di generosi utopisti come il grande conte Kàrolyi (*) che negli anni venti del novecento credeva nella solidale unità di una “confederazione danubiana” in contrapposizione all'egemonia tedesca. Il conte morì in povertà e tutti sanno quale tragica piega abbia preso poi la storia in Europa.
I rigurgiti di nazionalismo, di chiusura, di razzismo, di intolleranza, di populismo che toccano oggi perfino le democrazie nord europee, non fanno pensare ad una risposta positiva al mio antico interrogativo. Ma il Danubio, il pensare al fluire spumeggiante delle sue acque, mi regala qualche dose di ottimismo e mi fa immaginare che i risultati delle elezioni amministrative in Italia siano il segno di una inversione di tendenza europea. Partirò dunque con la speranza che, immerso in quel crogiolo delle culture europee, arrivino notizie incoraggianti sul tramonto del berlusconismo da rendere più felicemente scorrevole il blu Donau.
2. I L T R E N O
Il treno che mi porta ad Ulm, dove inizierà il mio viaggio in bicicletta lungo il Danubio, mi separa dal ciclista di Monaco che avevo incontrato alla stazione Termini di Roma
mentre si avvicinava al binario 9 con la sella legata al manubrio della sua bicicletta. Aveva percorso fra le Cinque Terre e la Sicilia 2.500 km e, se non gli si fosse rotto il canotto (il tubo che regge la sella), sarebbe arrivato a Monaco in bici.
Lui si sistemerà in una carrozza diversa, in compenso nella mia incontro una bella donna tedesca con la quale è faticoso dialogare, il suo inglese è peggiore del mio. Dopo una mezz'ora di conversazione stentata, mentre io rimango seduto, lei decide di sistemarsi in cuccetta adagiandosi su di un fianco rivolta alla parte opposta alla mia, lasciandomi così piacevolmente ammirare la sinuosità delle sue curve. Ciononostante arriverà anche per me il momento di dormire.
Il viaggio in treno è piacevole, non ti mette ansia. La notte ti culla e ti fa dormire, ma non ti allontana dal mondo: i rumori e le voci alle stazioni ti fanno sentire la vita, il lavoro, la materialità degli spostamenti nei territori e dei collegamenti fra gli uomini.
Correre in treno, sentire il rumore del ferro, traballare sui binari mentre si giunge di notte in Germania ti fa pensare, in alcuni momenti, alle deportazioni naziste... sono però contento di raggiungere Ulm
non solo perchè è la città di Einstein e del precursore del deltaplano, quel sarto che voleva volare e che si spiaccicò a terra dopo essersi lanciato dalla torre della cattedrale, ma soprattutto perchè è la città dei giovani fratelli Scholl, che nel 43 combatterono a mani nude contro la ferocia nazista e che pagarono il loro coraggio con la decapitazione, testimoniando quanta forza possono opporre gli uomini, anche i tedeschi, a chi minaccia la loro dignità.
3. L A F E S T A
La Festa della città di Ratisbona proprio non la conoscevo finché non mi ci sono casualmente ritrovato immerso insieme alla mia bicicletta. È sabato 25 giugno, la mia terza tappa (Ingolstadt – Ratisbona) si è appena conclusa. Le strade sono affollate, penso che sia il normale flusso di gente il sabato pomeriggio nelle strade del centro storico. Fotografo una banda di “pazzi”
bravissimi, con trombone, sax, violoncello, tromba, batteria... poi mi ritrovo in una piazza con tavoli, panche, birrai,
salcicciari, wusterlari, complessi... Si prende il mangiare o il bere in piedi e poi ci si siede, ma molti consumano in piedi. Chiedo una birra, dico “una small” e il birraio mi risponde con accento napoletano “ma qui siamo in Bavaria!” E giù, mi riempie un bicchiere da mezzo litro, 5 euro, ma me ne restituirà 2 quando riporterò il bicchiere. La folla aumenta sempre più, impossibile girare in bici e vado a posarla in hotel.
A piedi mi accorgo che tutto il centro, le vie, le piazze, i cortili sono come la piazza incontrata prima. Tutto si moltiplica: bande, complessi, guitti, teatranti, giocolieri, cucine regionali e cucine di paesi di tutti i continenti; tutti a preparare, cucinare, mescere, servire; donne turche ad ammassare farina, curdi a servire dolci, africani di vari paesi e asiatici con i loro prodotti, mitteleuropei con i vini... ci sono anche i matti, quelli veri, che propongono i prodotti del loro lavoro. E “streghe”, mostri con le corna, e di nuovo birrai, salcicciari, cucine in produzione... La gente che guarda, mangia
beve in piedi o seduta, non teme la pioggia che a tratti bagna le loro teste. Penso che sia una festa delle culture popolari del mondo. Poi mi diranno che è La Festa della città alla quale sono invitati tutti gli stranieri presenti.
Nel dopo cena nonostante la pioggia le strade sono ancora affollate. Vedo un gruppo con un giocoliere vestito con giacca-smoking e sotto nudo con solo mutande nere, aiutato da un altro giocoliere ben vestito con un gilet verde, accompagnati da un batterista scatenato che è quasi nudo e con in testa e sul petto metalli tipo guerriero romano ed infine alla chitarra un bell'uomo vestito da donna, in nero, con alle calze buchi di rottura.
Dopo un altro giro nella folla e un buon “bianco” trovo “pane per i miei denti”: due bravissimi artisti con chitarre acustiche, una sorta di mandolino, fisarmonica, armonica, mi fanno pensare ai nostri più bravi cantautori, ai brasiliani, ai francesi! Loro erano tedeschi. Passo un'ora contento ad ascoltarli. È notte. Non ne sono consapevole ma la festa continuerà domani. Fortunatamente è prevista a Ratisbona la mia prima giornata di riposo.
Domenica esco alle dieci con la bici, lentissimo, mi godo la città con una calma che ritrovo nei momenti migliori. Da un ponte sul Danubio scopro l'altro ponte, quello per cui mi ero mosso, l'antico Ponte di Pietra:
non mi delude. Inizio ad avvicinarlo camminando con la bici a mano e percorrendo il lungo Danubio nell'estrema sponda destra. Stanno aprendo le prime bancarelle dell'Africa, del medio ed estremo oriente. E tutto si moltiplica per le sei sponde perché qui, sotto il Ponte di Pietra, il Danubio si divide in tre.
Capisco che La Festa continua. Già si mangia, si beve e, al culmine di questo miscuglio internazionale, proprio sotto il Ponte di Pietra, la più antica salcicceria bavarese. Questi bavaresi !... Conservatori, attaccati alle loro tradizioni, al loro folklore, ai loro costumi, alle loro abitudini si “puppano” tranquillamente tutto questo pullulare di uomini di culture diverse e tutti i mille odori delle loro cucine !... Cosa avranno da smoccolare i nostrani “padani” e non solo, che s'impressionano per una fetta di kebab? Sono loro i nuovi barbari. Anzi no, i barbari si muovevano, conoscevano il mondo e se ne arricchivano. I “nostri” invece sono gente in regressione culturale ai tempi dell'origine dei primati, ben rappresentati dalla faccia di Bossi. Che ormai grugnisce come gli originari primati.
4. L ' I N C O N T R O
L'incontro dei due grandi avviene a Passau: il Danubio calmo e maestoso, l'Inn grande e impetuoso. Circa 70 metri prima il Danubio accoglie con indifferenza le acque del piccolo Ilz. Difronte all'Inn, invece, si mostra rispettoso, quasi si ritrae per far posto a quelle acque dirompenti.
Più avanti poi prevarrà di nuovo la maestosità e la calma di un Danubio più ricco. Faccio queste osservazioni mentre sto seduto su una bitta, quella bassa colonna in metallo a forma di fungo che nelle banchine dei porti serve da ormeggio per le navi, posizionata proprio all'estremità di quella lingua di terra che s'incunea fra il Danubio alla mia sinistra e l'Inn alla mia destra.
Guardando diritto in avanti ti sembra di stare a prua di una nave mentre naviga in mare aperto.
Ammaliato dallo scenario dell'incontro, ripenso alla visita di questa mattina al museo storico di Passau dove è conservata una storia di cinquemila anni che ha conosciuto i romani, il medio evo, il rinascimento, gli spostamenti di popoli diversi. Una grande storia quella di Passau che nasce e si arricchisce grazie all'incontro tra i due fiumi e fra i diversi popoli. Sono le sei e trenta del pomeriggio e dalla “prua” osservo che questo è anche luogo di altri incontri. Di quegli sportivi, ad esempio, che con le canoe si misurano controcorrente con la forza dell'Inn; o di quei dieci ragazzini che, coloratissimi,
affollano una canoa arancione remando e dandosi il tempo ad alta voce; o di quei due innamorati che, su un piccolo gommone, si fanno dolcemente trasportare dal Danubio e poi, quando incrociano l'Inn, lui si mette a remare controcorrente come per risalirlo, ma il gommone si allontana anziché risalire. Avrei voluto dirgli “non è per te, rinunciaci!”, invece lui insiste, penso che così non controllerà il gommone e andrà alla deriva, infatti si allontana sempre più dalla direzione che dovrebbe prendere con quel remare. Insiste ancora... infine capisco che sa quel che fa. Quel suo remare controcorrente gli permette di spostarsi a destra, nel senso obliquo che ti allontana: laggiù c'è una spiaggetta tranquilla e appartata dove potranno amarsi.
Al tramonto, ancora seduto sulla bitta a “prua della nave”, penso all'incontro dei due fiumi come metafora dell'incontro di dopodomani a Persenbeug tra Zelig ciclista lungo il Danubio e Giancarlo e Alessia che, “fra una corda e l'altra saltando”, provengono dall'Inn armati di chitarra. Come il Danubio dell'Inn, il riflessivo Zelig si arricchirà della vivacità degli amici e, metafora della metafora, l'incontro fra due diverse anime della sinistra rappresentate dai tre amici, riflessiva l'una, vivace e impaziente l'altra, arricchirà entrambe di razionalità e fantasia. Un sogno! Ma ce ne sarebbe proprio bisogno.
5. L E P E D A L A T E
Le pedalate sono state tante. Con molta approssimazione circa 198.000 per percorrere le piste ciclabili lungo il Danubio da Ulm a Budapest. Ma non sono state monotone. Diversificate nella cadenza, sono state ricche di sorprese. D'altronde le stesse piste variano, dalla brecciosa e difficoltosa, alle sterrate scorrevoli, alle velocissime asfaltate. Su di esse si pedala serenamente con il Danubio a fianco, ma il fiume può eclissarsi dietro una fitta boscaglia per poi riapparire improvvisamente nella sua maestosità. A volte invece si scopre con gradualità e t'incanta con i suoi cigni
e i suoi germani; o ti sorprende con le lepri che scappano verso la boscaglia, con il fagiano che cerca di nascondersi, con quella faina che sembra, essa, incantata dal mio pedalare. Quando hai qualche pedalata difficoltosa, o accenni a scoraggiarti per qualche errore di percorso, o ti rammarichi per la pioggia insistente che t'inzuppa
il grande fiume ti ricompensa immediatamente con i suoi splendidi colori, le sue belle città, con gli uomini e le donne che ti fa incontrare. Quell'anziana e gentile signora, ad esempio, che per indicarmi la pista migliore, si fa seguire per qualche chilometro tenendo in mano due racchette e pedalando con un equilibrio migliore del mio; o quella donna sportiva che per facilitarmi il percorso pedala insieme a me per venti chilometri; o quei due giovani in tandem che pedalano forte e mi tirano e si fanno tirare fra i trenta e i quaranta chilometri orari; o gli automobilisti che fanno marcia indietro per dare maggiore spazio alle mie pedalate; o quei due giovani di origine magrebina che sospendono le loro pedalate per salire a piedi su una collina e ammirare meglio il paesaggio.
Ho pedalato fra valli silenziose, fertili pianure, meravigliosi vigneti
Ma forse le più belle pedalate le ho date fra Passau e Linz proprio nel punto dove ho incontrato i due giovani magrebini, lì grazie ad un'ansa, una collina ti appare come isola senza esserlo ed il Danubio
che scorre verso Linz, s'infila stretto fra due alture boscose. Fra il fiume e le verdi colline c'è solo una lingua di terra che contiene appena l'asfaltata ciclabile delle mie pedalate. Qui, immerso nel verde intenso, mentre pedalo verso Linz, mi viene in mente l'Imbianchino, è così che Brecht chiamava con disprezzo Hitler, il quale oltre ad essere stato un feroce dittatore pretendeva di essere un pittore. All'Imbianchino piaceva passare le vacanze fra gli splendidi paesaggi di Linz e voleva passarci anche la sua vecchiaia. Fortunatamente non gli è stato permesso ed ora vi circolano liberamente donne e uomini di tutte le “razze”.
6. L A B I C I C L E T T A
La bicicletta che mi ha trasportato nel cuore dell'Europa è una Moser dai bei colori: il rosso, il bianco e il nero. Non mi ha dato problemi, neanche una foratura. Non si è mai lamentata, nemmeno quando percorreva strade più adatte ad una mountain bike.
Alcuni la chiamano, anche in versi, “compagna fedele”. Non amo quest'espressione, neanche se riferita ad una donna, figurarsi ad una bicicletta, ma durante questo viaggio l'ho un po' umanizzata anch'io. Tant'è che prima dell'ultima tappa, Estergom–Budapest, ho voluto premiarla facendola lavare e lubrificare per farla arrivare splendente nella capitale ungherese. Forse proprio perchè colpito dalla lucentezza della mia Moser un ragazzo di Budapest mi ha accompagnato sorridente nella complicata entrata in città, fino al centro, per poi salutarmi con un “Welcome to Hungary”.
Pure il signore che ci ha accolto nell'appartamento di via Kiraly si è innamorato della mia bicicletta e mi ha chiesto subito se volevo vendergliela. Credevo scherzasse.
Il giorno dopo, la bicicletta, mi ha accompagnato per le strade di Budapest a scoprire la più bella città del Danubio. È stato duro salire nella parte più alta di Buda, in compenso ho avuto la sensazione di raggiungere una Montmarte, senza artisti, ma con una chiesa neo gotica
molto più bella del bianco Sacre Coeur. È stato naturalmente piacevole ridiscendere e poi scorrere in bici lungo i grandi boulevards e constatare che la capitale ungherese, per la sua autorevolezza, regge il confronto con Parigi più di Vienna.
È solo quando prendiamo il battello per vivere la città attraverso il grande fiume che la bicicletta si riposa nella mia camera. Ma quando arriviamo all'Isola Margherita non possiamo fare a meno di prendere in affitto tre biciclette per correre nei prati e fra i faggi, con Giancarlo e Alessia che pedalano felici
insieme al vecchio Zelig.
Prima di lasciare l'appartamento di Budapest il signore innamorato della mia Moser torna a chiedermela. Lasciare la bicicletta proprio quando il viaggio me l'ha fatta amare di più? Ma pure i grandi amori finiscono. È come quando una ragazza che è diventata donna con te e con te ha scoperto il mondo si sente pronta ad andare nel mondo e a farsi scoprire dal mondo.
A dire il vero da qualche tempo pensavo di lasciarla per una più nuova e più leggera e non è stato difficile cederla. Lei contenta di rimanere in una capitale europea piuttosto che tornare in un paese della provincia romana ed io felice della ricompensa che mi aiuterà ad averne un'altra più bella che pria.
Finisce qui il mio viaggio lungo il Danubio e i miei racconti. A me ed ai miei amici non resta che metterci in macchina e, dopo una sosta nella bella Lubijana
rientrare nel Bel Paese che è anche unico al mondo per quel suo tenersi un presidente del consiglio responsabile della catastrofe economica e finanziaria che colpisce noi più degli altri paesi. È per questo motivo che per consolarci ci riserviamo un ultimo piacere: andare a mangiare i cappellacci alla zucca nella città estense che ci accoglie con un gradito segnale: “FERRARA CITTÀ DELLE BICICLETTE”.
* Il conte Mihaly Kàrolyi è citato anche in: KATUS LA ROSSA E IL CONTE