I miei pensieri si svegliano solo dopo venti minuti di pedalate, verso le 8,40 sotto la sferza fredda del proverbiale vento tiburtino mentre fotografo il fiume Aniene dal “Ponte della Pace”.
Il bel ponte pedonale in legno lamellato, che utilmente collega il centro di Tivoli con la stazione ferroviaria, si trova accanto al parcheggio “Peppino Impastato”. Quando ha dato il nome a queste due importanti opere pubbliche che lui stesso ha inaugurato, l'allora sindaco, il mio amico Marco Vincenzi, deve aver pensato che la pace e la sconfitta della violenza mafiosa hanno qualcosa in comune, forse il costante bisogno di impegno civile e politico.
Mi affretto a riprendere le pedalate per il “Giro del Parco dei Monti Lucretili”. La panoramica strada provinciale, che affiancherà le pendici del monte Gennaro fra Marcellina, Palombara e Moricone, si allontana da Tivoli facendomi ammirare il tempio di Vesta e il Parco Villa Gregoriana
poi allarga la vista sulla città eterna
e presto scopre, stagliarsi nel cielo, il versante sud occidentale del Parco con ai piedi l'abitato di Marcellina e Palombara.
Sono decine e decine i paesi sabini che attraverso, o sfioro, o vedo splendere luminosi fra colline e monti nelle province romana e reatina.
Essi sono posizionati su promontori che l'uomo ha saputo scegliere secondo la migliore esposizione al sole e la non troppa esposizione ai venti; e, come i tanti comuni di tutte le province italiane, fin dall'epoca feudale resistono al tempo ed anche all'uso dissennato del cemento.
Lungo la maremmana inferiore mi sorprende uno stormo di storni
e dopo aver raggiunto poi lasciato la vecchia Salaria affronto in salita la tranquilla Licinese che penetra nel cuore del Parco dei Lucretili.
Purtroppo mentre attraverso Poggio Moiano sarà proprio il cemento di un centro commerciale e parcheggio multipiano in costruzione a “sbattermi in faccia”. Ma ce n'era proprio bisogno, in un piccolo paese di soli 2.500 abitanti?!
Fra zone boscate e meravigliosa assenza di traffico,
la Licinese raggiunge, fra Pozzaglia e Orvinio, quel territorio dove, secondo la leggenda, si scontrarono Galli e Saraceni. Alcune vittime fra i soldati Galli furono sepolte in un pozzo e fra i saraceni cadde il Kan. Da qui derivano, sempre secondo la leggenda, il nome Pozzogallo poi Pozzaglia e il nome che aveva Orvinio prima del 1863 cioè Canemorto (da Kan morto).
La splendida porta di Orvinio
precede il forno dove, in attesa di un'ottima pizza bianca appena sfornata, scopro la foto di un antico e ben restaurato mulino a grano che aveva posseduto mio nonno agli inizi del novecento
M'invade una certa rabbia a pensare che sconsiderati amministratori abbiano disperso le mole e distrutto la bella struttura in legno del mulino comunale di Castel Madama, che era simile a quello di Orvinio, ma più grande e più interessante. LA MOLA SPARITA E LA BIBLIOTECA COMUNALE
Mi rasserenano la bontà della pizza e la bella strada Licinese, che finalmente scende verso Percile, Licenza e affianca prima il Centro Visita del Parco costeggiato dal torrente Maricella con la sua splendida cascata
e poi la strada di accesso alla la Villa di Orazio. I luoghi ormai mi sono familiari e posso pedalare anche un po' distratto come all'inizio di questo giro quando, fra Castel Madama e Tivoli, mi sono permesso di attraversare i monumentali acquedotti romani senza osservarli.
Ora, dopo Vicovaro, filo deciso verso il punto di partenza: nel garage di Vicolo degli Olmi a Castel Madama dove custodisco la mia bicicletta. A proposito, che si aspetta a sostituire quell'abete ingombrante e mal cresciuto con gli alberi che, prima della loro morìa degli anni sessanta, diedero il nome a quel vicolo?