Omaggio a Tonino











Omaggio a Tonino

di Angelo Croci

 

Volevo cominciare questa serata anche come omaggio, in fondo, perché l'anima di questo ciclo non sono io, ma è Tonino. Lui lo ha voluto, lui di fatto ha scelto i film. Mi interessava molto l'idea di stendere un testo, sono un paio di pagine con cui inizio questa serata, che vi invito ad ascoltare perché sono parole autorevoli. Autorevoli perché vengono dall'alto di una carrozzina, quindi assumono la qualità di testimonianza e riflettono la profondità della riflessione che sta dentro queste pagine.

Inizio citando un concetto molto bello e importante di Sofocle, a cui Tonino è particolarmente affezionato e che cita spesso nei suoi articoli. Lui ha scritto parecchio sul tema del rapporto tra disabilità e sessualità, ed è giusto inquadrare le sue parole nella citazione che credo lui ami particolarmente. È una citazione tratta dall'"Antigone" di Sofocle, dal primo stasimo, cioè il primo coro di questa straordinaria tragedia. Il testo dice: "Molti sono i prodigi, ma nessuno è più prodigioso dell'uomo." Molte sono le potenze tremende, ma nessuna è più tremenda dell'uomo. “Molti sono i tabù e nulla più dell’essere umano è tabù”.


Se riusciamo a entrare dentro questa straordinaria citazione di Sofocle, viene letteralmente polverizzata qualsiasi differenza tra normalità e diversità, tra normalità e disabilità, tra normalità e handicap. Questa citazione è fondamentale per capire che qualsivoglia discriminazione tra una persona e un'altra è una specie di insulto alla natura umana, un tradimento della natura umana stessa.


Riflettete molto su questo mentre vi leggo la testimonianza di Tonino. Scrive di una nuova pedagogia della persona disabile. Lui si è preoccupato molto di disegnare una pedagogia della disabilità intesa come una pedagogia dell'educare, cioè che porti fuori dal pianeta della disabilità. Con una nuova pedagogia della persona disabile, noi non vogliamo più parlare di disabilità e sessualità o di handicap e sessualità. Vogliamo piuttosto creare una nuova cultura, una nuova riflessione che faccia chiarezza sui molti luoghi comuni che hanno avvolto questo tema nei decenni.


Non abbiamo mai creduto che per la persona disabile la sessualità fosse un tabù più che per le persone cosiddette normodotate, che spesso fanno sesso senza conoscere nemmeno la grammatica della sessualità. La persona disabile è molto più della sua sessualità, ma essa rappresenta una parte fondamentale del corpo, inteso come corporeità complessa. Altrimenti, si corre il rischio di strumentalizzare la persona disabile, riducendola al mero bisogno di soddisfare il proprio istinto sessuale attraverso un atto fine a se stesso.


Il corpo è infatti tutta la sua intera relazione tra l'io e il mondo. Esistono il corpo e la corporeità. Posso rendermi conto di avere un corpo solo se vivo la relazione con tutto il mondo che mi circonda. Ed è il mondo che mi circonda a rendermi consapevole che sono vivo in esso e attraverso esso. Quindi, se il mio corpo è tutta questa relazione, anche un corpo disabile può essere vivo, relazionarsi col mondo intero che lo circonda. Se invece il corpo non è in questa relazione, non è vivo, è solo organismo. Infatti, quando muore qualcuno, non si dice che è un corpo morto, ma un cadavere. Senza vita, senza relazione.


Se io mi trovo nell'altro, vivo la sessualità, vivo il mio essere persona, uomo o donna. E questa scelta non è limitata solo dal corpo che io sono, ma dalla relazione con l'altro. Spesso, di fronte a un organismo disabile, si fa di quel corpo solo un organismo, che viene così frustrato, ucciso e negato.


In genere si incontrano opinioni controverse sul tema della sessualità unita alla disabilità. Da un lato, c'è chi la nega totalmente, dichiarando che i disabili sono asessuati. Dall'altro, c'è chi sostiene che i disabili hanno diritto alla sessualità e dunque anche alla figura dell'assistente sessuale. Poi c'è chi dice che la persona disabile ha una sessualità molto accentuata, arrivando addirittura ad affermare che è quasi un maniaco del sesso. Oppure viene percepito come un corpo che non può essere stretto, che non sa stringere, che non può essere accarezzato, che non sa accarezzare, e infine che non sa provare piacere e non sa far provare piacere.


Senza mai chiederci come il soggetto percepisce il suo essere corpo. La corporeità del disabile appartiene a un corpo negato in questa società, in particolare nella dimensione sessuale, perché pochi o pochissimi farebbero sesso solo per fare sesso con un corpo disabile. Perché si tratta di un corpo negato, e quindi non pensabile, non immaginato eroticamente nei desideri dell'altro. Dunque, il disabile non si sente desiderato, pensato, visto come oggetto, vissuto nel desiderio solo per fare sesso e di conseguenza lui non si pensa. Non si progetta neanche in questa sua avventura.


Questa verità illumina il film The Session, dove è fondamentale la centralità della relazione e la sua felice circolarità. È chiarissima l'evoluzione dei due personaggi. In effetti, per Mark, all'inizio c'è l'esigenza di esplorare il suo corpo e di soddisfare un desiderio esclusivamente fisico, il sesso appunto. In un secondo momento, con Cheryl, incontra il mondo sentimentale, affettivo, tattile, la sessualità. Il percorso di Cheryl è più travagliato. Dapprima è solo una professionista, ma nel tempo si trasforma in un sentimento di sorpresa, di autenticità.


– Faccio un piccolo intervento io. La preoccupazione in questo caso di Tonino parte dal disorientamento della persona disabile, ma anche della persona che lo avvicina. C'è questa sensibilità di pensare più al disagio dell'altro che al proprio. Mi sembra una piccola perla. –


Mi piace pensare che nella scena della chiesa, dopo che la ragazza dice no alla dichiarazione d'amore del protagonista e scappa, Mark al suo amico prete non chiede una parola o una preghiera a Dio, ma piuttosto gli chiede un abbraccio. Un corpo che vuole vivere in un abbraccio, che vuole ascoltare un altro corpo.


In una scena che ritengo decisiva, l'assistente sessuale va in piscina e nuda, il suo corpo è avvolto dall'acqua. Qui il regista è così geniale da mostrarci, in un flashback, il momento in cui lei, con un grande specchio, fa vedere a Mark il proprio corpo nudo riflesso e gli dice "guardati". Io sento di esistere proprio nel momento in cui vedo il mio corpo, e il mio corpo è in relazione col mondo del non-io. Così muore il corpo negato e mi ritrovo come rinato.