Parco giochi “inclusivo”? «Genitori, fate giocare insieme i vostri figli»

A parlare, dopo la vittoria del bando da parte del Comune per un’area gioco senza barriere al Pratone, è Tonino Urgesi

18 dicembre - 2020


Bello un gioco senza barriere ma se poi nessuno gioca con un bambino in carrozzina di inclusivo non c’è nulla. Parte da qui la riflessione di Tonino Urgesi sui parchi giochi inclusivi, come quello in progetto all’interno del Pratone di Venegono Superiore, annunciato la scorsa settimana dall’Amministrazione, dopo la vittoria di un bando della Regione con un finanziamento da 28mila euro. «Ho visto il progetto e di inclusivo ha ben poco, come d’altronde la maggior parte di queste strutture spiega - il gioco del bambino disabile, com’è giusto, può essere usato anche da quello non disabile ma il contrario no. Guardando il progetto, il ragazzino in carrozzina può salire su una rampa e fermarsi davanti a una rete e stop».

Un problema strutturale che impone un accompagnamento e un’assistenza anche nel gioco. Che sono aspetti della vera carenza che rende non solo il gioco ma tutta la società «non inclusiva». «La mia preoccupazione è che si veda questo gioco, che non è adeguato, come la fine di un percorso ma non è così. Oggi un ragazzino disabile può andare al parco solo se lo portano i genitori, i nonni o l’educatore e una volta che si trova lì non ha spesso nessuno con cui giocare. Perché un gioco possa essere davvero “inclusivo” è necessaria un’evoluzione culturale ed educativa che porti a vedere il disabile come persona oltre la carrozzina o la sua disabilita». Un tema noto, quello della solitudine e della mancanza di relazioni di chi vive la disabilita, sui quali lo stesso Urgesi ha fatto più volte incontri nelle scuole di tutto il territorio. «Più che di incisività, parlerei di interazione: interagire con “l’altro”, un’azione attiva nel gioco prosegue Urgesi - Al di là dei limiti del nuovo gioco che sarà installato, a cosa può servire un castello in cui bambini disabili e non possano giocare assieme, se poi permane quella barriera, educativa, culturale e non solo architettonica, che ad oggi lo impedisce?». Quella dell’ex presidente della Pro Loco più che una critica vuole essere uno stimolo: «Rispetto altri paesi, la situazione a Venegono è migliore per chi si muove in carrozzina, sia dal punto di vista delle strutture (dove non è certo perfetta) sia della mentalità della comunità. Si dovrebbe, con l’impegno delle istituzioni, continuare su questa strada per educare a una nuova cultura della disabilità che metta la persona davanti a tutto e che agisca su entrambi i fronti. Il gioco “inclusivo” non sia solo un punto d’arrivo ma di partenza. Un appello ai genitori e alle famiglie di ragazzi disabili e non disabili: fate giocare insieme i vostri figli, per costruire una nuova pedagogia della diversità».

Ivan Marri