Padre, perdona perché non sanno quello che fanno

di Tonino Urgesi -- 31 marzo 2024





     Nella storia dell’uomo ci sono stati sempre due grandi momenti: quello del viaggio, e quello della sosta. In questo nostro contesto storico, dove ci appare che tutto ci sfugga di mano e ogni cosa non ha più la sua ragion d’essere né il proprio valore, sembra che stiamo vivendo il momento della sosta, dove tutto è fermo, immobile, statico e l’umano ha abbandonato la sua “umanità”.

È proprio da questa presa di coscienza che parte la riflessione sulla frase pronunciata da Gesù sulla croce: “Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno”.

Proviamo a prendere per un istante uno stralcio della frase del Nazzareno: “…non sanno quello che fanno”; in questa frase vediamo una presa di coscienza di Gesù rispetto alla propria umanità; l’uomo in quanto uomo non può, non sa perdonare, perché la nostra fragilità e finitudine non ci permettono di perdonare.

Ricordiamo per un istante tutte le nefandezze della storia. Le conosciamo tutti, quelle del passato come quelle del presente, e non è difficile immaginare anche quelle del futuro. Come possiamo pensare che l’uomo perdoni l’uomo? Che l’altro diventi sensibile al dolore dei suoi simili in questo presente claudicante? Gesù in quella frase ci fa capire che lui non sa perdonare, non può perdonare. La storia non comprende la storia e quindi si ripete nei propri orrori.

Passando a un altro frammento della frase di Gesù: “Padre”, in questo suo rivolgersi al Padre cosa possiamo intravedere? … Possiamo scorgere l’universalità del tempo, come quella del corso degli eventi: un’universalità del sempre. Gesù invoca il Padre e, nel mentre si rivolge a Lui come figlio, riconosce come suoi fratelli, come suoi simili, proprio coloro che lo stanno crocifiggendo e, nel momento in cui li riconosce come fratelli, diventano parte di sé, del suo essere uomo che fa parte della storia e sente l’urgenza del perdono. Capisce che non può farlo da solo, non è in grado come uomo e chiede la forza al Padre.

Ecco la fede di Gesù. La fede non rientra nella razionalità: solo con la nostra parte logica non riusciamo a comprendere il dolore, la sofferenza, il pianto di tutte le guerre; non troviamo una “ragione” a tutto ciò perché non può esistere ragione a tanto dolore, come quello delle decine di migliaia di morti nel nostro mare. Allora solo tramite la fede riusciamo a intravedere qualche senso nella sofferenza, nella morte, nella vita e così possiamo comprendere la richiesta del Figlio.

Risuonano ancora dentro di noi le parole di Gesù: “Padre, perdonali tu”, in questo “suo” perdonali possiamo ritrovare tutta la cristologia dell’uomo, dell’umanità intera, Perché nel momento in cui noi ci rendiamo conto della nostra limitatezza e richiamiamo Dio nella nostra vita, noi diventiamo “cristo”. E così ci facciamo pane vivente per l’altro, l’altro che ci giudica, che ci indica per strada; l’altro che non ci rivolge né lo sguardo, né la parola; l’altro che ci fa provare la solitudine del Golgota.

Prendiamo il coraggio di fare un passaggio successivo, e non chiedere aiuto al Padre solo per poter perdonare l’altro, ma per perdonare anche noi stessi. Ogni volta che rimaniamo indifferenti dinanzi alle ingiustizie, ogni volta che ci facciamo scivolare addosso le angherie e gli abusi verso chi non ha voce in questo “sistema” tanto arrogante, dovremmo chiedere perdono. Dovremmo perdonarci, per non sporcarci le mani con il fango dell’umano, e invece ascoltiamo il Caino che è in noi. Chiediamo pertanto aiuto al Padre, nelle nostre umane contraddizioni, per imparare a perdonare noi stessi e per indignarci ancora di fronte ai tanti crocifissi viventi, invece che non far nulla per farli risorgere nella propria dignità.