Disabilità: diverso da chi? Intervista a Tonino Urgesi

di Giusy La Malfa

25 Febbraio 2021


Le abilità e le capacità che ogni essere umano possiede, indipendentemente dalla sua specificità e particolarità, portano con sé un ‘mondo’, con all’interno vissuti personali, stili di vita, pregi e difetti. Una civiltà evoluta, in realtà, si misura proprio da quanto è in grado di soddisfare allo stesso modo i bisogni di tutti i suoi componenti.

Negli ultimi anni, si è assistiti alla nascita di movimenti che parlano di inclusività e di body acceptance verso qualunque forma di fisicità, compresa la disabilità. Ma nonostante ciò, siamo ancora lontani dal riuscire a eliminare pregiudizi e limitazioni, dall’abbattere barriere architettoniche che esistono negli occhi di chi non riesce a capire che le disabilità non sono necessariamente condanne.

Tonino Urgesi, ad esempio, cinquantasettenne venegonese, ha la tetraparesi spastica dalla nascita, ma questo non gli ha mai impedito di avere una vita piena di impegni, interessi e passioni, che segue con grande dedizione. L’ho intervistato per conoscere qualcosa in più della sua vita, e soprattutto per gettare una nuova luce sulla percezione che le persone con disabilità hanno di sé e della propria persona.

Da quando era bambino a quando è diventato adulto, com’è cambiata la percezione della disabilità?

Io direi che è cambiata poco. Siamo abituati a pensare che le persone con disabilità siano diverse, ma questo è un concetto sbagliato. La diversità è tipica di ogni uomo e non si basa sul concetto “io sono in carrozzina”, ma piuttosto su tutte le differenze che accomunano ogni essere umano. La diversità è tutto quello che io sono e tu non sei, è nella persona. Quello che non abbiamo ancora compreso è quanto sia importante entrare in relazione gli uni con gli altri. Prima di essere un disabile, sono una persona e ho una vita. Il problema non è la disabilità, ma la percezione che abbiamo di essa.


Che ruolo hanno avuto i media e i social media in questo? Quali gli aspetti positivi e quali quelli negativi?

Tutti negativi, perché i media si alimentano e basano la loro influenza sul pietismo. Ma anche il dolore ha una sua dignità. Condanno fortemente la spettacolarizzazione del dolore, continuamente sotto i nostri occhi, sopratutto nell’ultimo anno in tempi di pandemia.


Qual è la più grande difficoltà per una persona con disabilità?

Le mie difficoltà quotidiane non sono legate alla disabilità, piuttosto al problema di vivere la vita in quanto vita e in relazione con l’altro. Non è facile istaurare una relazione vera ed autentica.


Cosa ne pensa del Ministero per le disabilità?

A cosa serve questo Ministero? Chi è il disabile? Siamo tornati 20/50 anni indietro? Mi faccio delle domande. Nell’Italia che stiamo vivendo, posso immaginare che anche questo Ministero sarà basato sul pietismo. Penso che non ne abbiamo bisogno, ma aspettiamo che faccia una mossa.


Può riassumermi in breve le tappe più felici e quelle più tristi legate alla sua vita?

Ho vissuto e sto vivendo una vita come tutti, con delusioni, innamoramenti, ostacoli e con dei no. Ho avuto anche modo di divertirmi ed essere felice. Un grande viaggio che ha un inizio e una fine. È importante vivere la vita a pieno come tutti, ma mai come un disabile.


So che è in procinto di pubblicare un libro, ci può dare qualche anticipo?

No, non vorrei anticipare nulla. Mi piacerebbe scrivere un libro che si concentri sul tema ‘disabilità- sessualità’, spiegandone l’approccio e la differenza tra l’atto sessuale e l’affettività. Nel momento in cui entriamo in relazione con un’altra persona, possiamo decidere se fermarci all’istinto sessuale o approfondire la conoscenza, creando un legame. La via più facile sarà sicuramente la prima, per tutti. Però, ciò che ti cambia la vita è decidere di condividerla con un’altra persona. Io ho fatto le mie valutazioni a riguardo…


L’esperienza della disabilità come si può spiegare a un normodotato?

Non si può spiegare, perché significherebbe far vivere la mia vita ad un altro. Quello che certamente potrebbe essere d’aiuto alla società è l’educazione. Un bambino, ad esempio, non ha pregiudizi nei confronti di una persona con disabilità, sono i genitori che glieli trasmettono. Io non sono mai stato bullizzato, ma da un’educazione cattiva può certamente scaturire il bullismo.


Cosa le piacerebbe aggiungere alla fine di questa intervista?

Mi piace riflettere sul fatto che tutti siamo persone con disabilità e tutti siamo normodotati. Non mi piace questa distinzione. Quello che so è che nel momento in cui una persona vede in me la bruttura, in quel momento, è lui il disabile. A molti faccio paura perché si soffermano sul mio aspetto fisico e non vogliono neanche scoprire cosa mi rende diverso da loro, non vogliono parlarmi, non comunicano con me, scappano. La fortuna è riuscire ad incontrare una persona, capace e pronta a rompere questi tabù, con la quale affrontare più facilmente le difficoltà quotidiane.


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