Urgesi e un libro

«per essere uomini liberi»

di Ivan Marri - 11 novembre 2022





Il ritorno al castello di Sorrivoli dove ha vissuto per vent'anni, diventa un occasione di riflessione ed educazione.

Venegono Superiore (miv)

Vent’anni in un libro, fra ricordi, incontri ed esperienze vissute e riflessioni e domande di un ragazzo che guarda a quell’importante capitolo della sua vita con gli occhi di un uomo.

Tonino Urgesi oggi torna alle stampe con il libro «...e così spero di voi», presentato sabato in un’affollata sala consiliare. Un’opera che cammina su diversi piani, da quello narrativo fino all’onirico e filosofico, raccontando sì la storia dei vent’anni trascorsi al castello di Sorrivoli, in provincia F-C, ma anche e forse soprattutto cercando di insegnare la via per potersi dire, realmente, liberi. «Avevo 18 anni e una madre troppo oppressiva, che non vedeva in me un uomo ma un disabile, e io non volevo esserlo - ha spiegato Urgesi, intervistato sabato da Donatella Viti -

Quell’anno alcune persone mi parlarono di Pasquale. Sapevo solo che era un prete, e a me i preti davano sui nervi. Ci parlai, e gli dissi che volevo dare un senso al mio essere "uomo"». I due quell’anno trascorreranno assieme due settimane. Poi l’invito del don a raggiungerlo al castello. «Mi interessava conoscere cosa fosse una relazione, cos’è l’essere uomo, cos’è un sogno.

Sorrivoli è stato quello, e credo che tutti oggi dobbiamo scoprire il nostro Sorrivoli e vivere in una comunità o moriremo tutti». Tanti gli incontri di quei 20 anni, ripercorsi nelle memorie in occasione di un ritorno al castello vent’anni dopo, accompagnato ora dalla moglie e dal figlio. Come Walter Bucci, che un giorno decise di caricare Urgesi in moto per un viaggio da Ravenna a Rimini. «Walter sapeva darmi la libertà di scegliere. La cosa più importante della vita: poter scegliere di essere la persona che si vuole,, o non si vuole essere, al di là della propria condizione. Una cosa che, se ci pensiamo, ciascuno di noi ha realmente pochissime volte nella vita. Forse mai». Compagna di viaggio e di vita, la carrozzina. «Ne abbiamo tutti una. La differenza è che la mia si vede, la vostra no. ma è la mia fortuna - ha continuato Urgesi - La carrozzina educa, insegna ad aspettare, ad attendere, a dire grazie. Ed educa ad aspettare una persona, un gesto o una parola».

Ed è qui che si legge una delle parti più pedagogiche del messaggio di Urgesi, quella della disabilità come una condizione che ci si autoimpone. Anche questa, con un tratteggio dall’esperienza al castello: «Una sera, Don Pasquale mi disse di apparecchiare la tavola. Gli risposi che ero handicappato e lui mi rispose “fatti tuoi, ora prepara la tavola”. La sua teologia era chiara: ciò che importava era essere vivi, contenti di quello che si è». Ed è questo l’augurio che Urgesi, fra mille ringraziamenti, ha fatto a tutti i presenti e che concentra nel suo libro, nel titolo: «Spero di voi che possiate capire in qualche modo non me, ma voi stessi. Delle vostre relazioni, della vita, della capacità di incontrare l’altro».