Memoria viva

Con la morte di Loredano, la storia di Rossella finisce nell’oblìo e per anni non si saprà neanche che volto avesse questa ragazza coraggiosa che per amore aveva osato sfidare la ‘ndrangheta. Ma non la sua storia. 

Giusi Salis e Fiamma Negri, con la loro Fabbrica dei Racconti e della Memoria, si misero sulle sue tracce e hanno realizzato un’opera teatrale “Ultimo domicilio sconosciuto”. La scrittrice Francesca Chirico ne ha parlato nel suo libro “Io parlo. Donne ribelli in terra di ‘ndrangheta” del 2013.

Rossella Casini nasce a Firenze il 29 maggio del 1956.  E’ bella Rossella, un viso dolce e uno sguardo penetrante, cerca di leggere chi ha davanti. Dopo essersi maturata all’istituto Magistrale “Capponi” di Firenze, Rossella decide di continuare gli studi e si iscrivere all’Università di Firenze, scegliendo il corso di laurea in psicologia. In quella stessa palazzina abitano degli studenti fuori sede, tra di loro Rossella rimane colpita da uno studente di Economia dell’Università di Siena, Francesco originario di Palmi. 

Rossella capisce che l’amore per Francesco è forte ed è sincero e ne vale la pena, così Francesco conosce i genitori di lei.  La relazione continua e così quell’estate i coniugi Casini partono per la Calabria insieme a Rossella e a Francesco per conoscere la sua famiglia. 

il 1977 è l’anno in cui tra le strade del piccolo paese della Piana di Gioia Tauro scoppia una tremenda faida tra due clan di ‘ndrangheta rivali, quello dei Condello – Parrello e quello dei Gallico - Frisina, che durerà fino al 1990, lasciando a terra decine di morti.

L’estate del 1979, Rossella torna in Calabria. E’ il 4 luglio e Rossella comprende la vera natura della famiglia di Francesco, e ne vuole prendere le distanze convincendo Francesco che deve  abbandonare la sua famiglia. Quel giorno suo padre, Domenico Frisina viene ucciso. Rossella e sua madre si ritrovano catapultate in un’altra realtà che non conoscono. Forse Rossella ha capito qualcosa di più, forse Francesco si è confidato con lei. Chiede alla madre di andare via, di tornare a Firenze, mentre lei decide di rimanere al fianco del suo Francesco in un momento così doloroso. 

Sta vicino a Francesco per diversi mesi, finché non si convince a rientrare nella sua città per rimettersi a studiare e non perdere interamente il semestre, ma mentre si trova nella stazione di Roma per effettuare il cambio del treno, telefona al suo Francesco che è rimasto invece a Palmi e scopre che la sera prima, il 9 dicembre, Francesco è stato ferito con un colpo di pistola alla testa nel corso di un agguato contro la ‘ndrina rivale.  Rossella torna subito in Calabria, raggiungere il suo Francesco ricoverato in gravissime condizioni agli Ospedali Riuniti di Reggio. E resta al suo fianco per i mesi successivi, finché Francesco non esce dal coma e lo convince a farsi trasferire all’ospedale Careggi di Firenze, dove è convinta che riceverà cure migliori. Ma non è solo questo il motivo che la spinge. Rossella ha capito che deve allontanarlo da quella vita, da Palmi, dalla sua famiglia per far sì che non diventi la prossima vittima. Che l’unico modo che ha per fargli cambiare vita e salvarlo.

 Rossella non è sola, c’è un poliziotto al quale ha confidato tutto ciò che sa e conosce sulla famiglia di Francesco. Rossella convince Francesco che inizia a collaborare e a raccontare particolari sulla faida in corso a Palmi, a fare chiarezza su una serie di omicidi. Il 14 febbraio del 1980, Rossella stessa testimonierà davanti al procuratore fiorentino Francesco Fleury, rilasciando le sue dichiarazioni. L’indagine è subito trasmessa alla Procura di Palmi e la famiglia Frisina è informata di ciò che sta succedendo. Quella ragazza così diversa da loro, così libera, sta avendo una cattiva influenza su Francesco. Il 22 febbraio del 1980 viene intercettata una conversazione telefonica del cognato di Francesco, Pino Mazzullo, marito di sua sorella Concetta che dice che la ragazza “Ci ha inguaiati tutti!” e convince Francesco a raggiungerlo a Torino e a ritrattare. Ma tre giorni dopo vengono entrambi arrestati.

Rossella capisce, ma non si arrende. Ha paura. Suo padre ha trovato una lettera anonima sull’auto di sua figlia in cui viene minacciata. Ma Rossella ama Francesco e non vuole rinunciare a lui. Inizierà a fare la spola tra Firenze e la Calabria per tutti i mesi successivi. Cerca in tutti i modi di andare incontro alle richieste della famiglia di Francesco, è consapevole che i rapporti sono ormai incrinati. Sono i primi mesi del 1981 e Rossella è in Calabria. In quelle settimane cerca di mantenere un rapporto telefonico costante con il padre, in cui gli lascia intendere che la situazione è complicata e che i rapporti con la famiglia del suo fidanzato non sono più tanto buoni.

Il 21 febbraio del 1981, infatti, Rossella si reca dal giudice del Tribunale di Palmi e firma un memoriale, sicuramente preparato dall’avvocato della famiglia Frisina, in cui ritratta tutte le sue dichiarazioni.

E’ convinta che facendo in questo modo, la famiglia del suo fidanzato l’avrebbe perdonata. Ma non è così. L’ordine è già partito “Uccidete la straniera” è la sentenza di morte che la ‘ndrangheta ha emesso nei suoi confronti. E’ un’offesa quella che ha fatto Rossella, che nulla sa e nulla conosce della loro terra, e che va lavata con il sangue. Ha osato rompere il muro di omertà e convinto un membro della famiglia a parlare con il nemico, lo Stato.

Il pomeriggio del 22 febbraio del 1981 è l’ultima volta che Loredano sente per telefono la voce della figlia. Gli fa capire che non si trova più a casa dei Frisina, ma da alcuni amici nei pressi della Tonnara di Palmi. Sta preparando le valigie ed è pronta a partire per Firenze. Dopo quell’ultima telefonata di lei non si saprà più niente, per anni.  Aveva 25 anni e una vita davanti a sé che non le è stato permesso vivere.

Invano il padre Loredano e la madre Clara cercheranno in tutti i modi di scoprire cosa sia successo alla loro unica figlia. La madre morirà pochi anni dopo a causa del dolore. Una mattina di luglio del 1994, Loredano Casini legge il quotidiano di Firenze, La Nazione, e scopre che un collaboratore di giustizia ha raccontato ai magistrati ciò che sa su Rossella. Scopre così che sua figlia è stata uccisa e fatta a pezzi senza che lo Stato e chi lo rappresenta abbia pensato che forse un padre ha diritto di scoprire in un altro modo la sorte della figlia.

Il processo per l’omicidio di Rossella si apre nel marzo del 1997, grazie alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Vincenzo Lo Vecchio, un palermitano che aveva trascorso la sua latitanza a Palmi sotto la protezione dei Gallico negli anni della faida. E’ lui a raccontare che Rossella è stata torturata, uccisa e il suo corpo fatto sparire. Racconta i retroscena e il tentativo di depistaggio da parte della famiglia Frisina, che cerca di addossare la colpa della sparizione di Rossella alla ‘ndrina rivale dei Condello. Racconta dell’assenso dato all'omicidio della donna anche da Francesco Frisina, all’epoca ricoverato nel Centro clinico di Messina. Il processo subisce diversi rinvii per questioni procedurali, si concluderà soltanto nel maggio del 2006 quando la Corte d’Assise di Appello del Tribunale di Palmi emetterà la sentenza. Tutti gli imputati assolti per insufficienza di prove. Il suo corpo non è mai stato ritrovato.

Il movente che Concetta Frisina (sorella di Francesco) aveva per fare uccidere la futura cognata è imponente, mastodontico, innegabile. Rossella Casini, in una paradossale lettura dei fatti in cui i valori sociali si ribaltano, era colei che aveva gettato il disonore sulla “onorata” famiglia Frisina...

Una famiglia non solo “in odore di mafia”, ma la cui appartenenza associativa è già stata acclarata da accertamenti giudiziari che hanno l’autorità di giudicato... Una famiglia di cui la professoressa Frisina ha recepito senza sbavature e senza défaillances ogni insegnamento, primo fra tutti quello dell’omertà.

Cosa significa entrare in una famiglia di Ndrangheta e perché è difficile uscirne

Un affiliato si presenta davanti agli altri componenti della ‘ndrina, almeno 5 più un anziano della famiglia o il “capobastone”, colui che comanda una ‘ndrina, che celebrerà il rito. Ci sono poi una serie di dialoghi tra di loro :

Il Capobastone dirà: « Calice d’ argento, ostia consacrata, parole d’ omertà è formata la società. »

Il Contrasto Onorato ascolta queste parole:« Prima della famiglia, dei genitori, dei fratelli, delle sorelle viene l’interesse e l’onore della società, essa da questo momento è la vostra famiglia e se commetterete infamità, sarete punito con la morte. Come voi sarete fedele alla società, così la società sarà fedele con voi e vi assisterà nel bisogno, questo giuramento può essere infranto solo con la morte. Siete disposto a questo? »

Il Contrasto Onorato è anche chiamato a giurare nel nome di: « nostro Signore Gesù Cristo. Dovrà giurare con la figura di San Michele Arcangelo tra le sue mani mentre brucia e dovrà pronunciare: Io giuro dinanzi a questa società di essere fedele con i miei compagni e di rinnegare padre, madre, sorelle e fratelli e se necessario, anche il mio stesso sangue. »

Oppure un’ altra variante: « Giuro su questo pugnale e su questa tomba, larga e profonda al livello del mare, dove nessuno la potrà scoprire, di essere fedele coi miei compagni e tutti saggi mastri. Di non trasgredire le regole sociali e di essere sempre pronto ad ogni chiamata dell’Onorata Società »

Avviene poi lo scioglimento della Società cioè della riunione:

Capo-società: « Da questo momento abbiamo un nuovo uomo d’ onore, Società ha formato, il circolo è sciolto. Buon vespero. »

Gli altri: « buon vespero. »

Il neofita poggia la mano sinistra sulla punta di un coltello tenuto dal “maestro di giornata” . Al termine della cerimonia dovrà bruciare un santino di San Michele Arcangelo (protettore della ‘ndrangheta) e sottoporsi al “rito della pungitina” mischiando il proprio sangue a quello degli altri uomini d’onore. ( In casi particolari come il carcere basterà compiere il rito pungendosi il dito per l’ offerta di sangue” e bere il proprio sangue senza bruciatura del santino. )

Associo il rito di iniziazione della ‘Ndrangheta alla carta Silenzio-Voce perché ci sono molte persone, a volte anche parenti, che sono alla luce di questi riti mafiosi e stanno zitte; al contrario di altre che hanno avuto il coraggio di parlare.

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Legalità: Rossella Casini