i racconti

ALESSIO: IL SUO RACCONTO

Tachicardia, respiro affannoso, sudore freddo sulla schiena, tremolio alle gambe; abbassare la testa, non riuscire a tenere lo sguardo quando qualcuno ti parla, aver paura di esporsi davanti alla classe… pomeriggi chiusi in camera domandandosi perché fosse così diverso: questa è la vita di Alessio, un ragazzo di 15 anni, che vive nell'ansia e nel timore del mondo esterno. Alessio è sempre stato un ragazzo solitario, le parole degli altri lo terrorizzano e per questo non riesce a rapportarsi con i suoi coetanei. Spesso ha cercato di cambiare, sfidando sé stesso, andando oltre i suoi limiti, ma si sa che a queste età le difficoltà sembrano insormontabili e quindi le si accantonano finché non finiscono per risucchiarti.

I primi ad accorgersene furono i professori: lo vedevano assente nelle lezioni; molto spesso quando la classe veniva divisa in gruppi rimaneva in silenzio e i compagni si lamentavano del fatto che non partecipasse nella realizzazione del lavoro dato. Così i genitori  furono convocati per riuscire a trovare una soluzione al malessere di Alessio.

La mamma non si capacitava del fatto che suo figlio fosse stato male tutto quel tempo e che lei, pur avendolo tutti i giorni sotto gli occhi, non se ne fosse accorta.

La sera a cena si respirava un'aria pesante ed era difficile comunicare ad Alessio la decisione presa per lui: scrizione alla pallavolo. .

Alessio non riuscì a trattenere le lacrime che subito gli rigarono il viso, divenne man a mano più rosso e con voce rotta dal pianto cercò in tutti i modi di dissuadere i genitori da quell'idea che gli appariva così malsana.


Corse in camera, sbatté la porta e si buttò sul letto. Strinse il cuscino. Non riusciva a smettere di pensare a quanto fosse stato crudele, da parte dei suoi genitori, iscriverlo a pallavolo, seppur consapevoli delle sue debolezze. I giorni seguenti la professoressa notò un forte calo dell’attenzione in lui, che stava con le mani in mano a fissare il vuoto, consapevole che il primo giorno d’allenamento sarebbe inesorabilmente  arrivato… . E, senza accorgersene, si ritrovò davanti l’ingresso della palestra. I suoi genitori lo salutarono e partirono con la macchina, mentre lui ancora ci credeva: tutto sembrava appartenere ad un’altra vita, la vita di un'altra persona..

Aprì la porta timidamente e, stringendo a morte il manico del borsone, entrò. L’allenatore, uno scattante vecchietto, gli si avvicinò e gli disse di andarsi a cambiare. Una volta fatto, entrò in campo. Si sentì osservato. Credeva di essere nel posto sbagliato per lui, credeva di essere un peso, ancor prima di iniziare. L’allenatore presentò agli altri Alessio, che aprì i suoi polmoni per incamerare più aria possibile. Dopo il riscaldamento, ebbe inizio una partita. Nessuno fece il suo nome, tantomeno lo osservò, se non come un semplice giocatore, ma quella  sensazione di inadeguatezza non lo abbandonava mai. 

Terminata quella ora di tensione, mentre stava uscendo, un ragazzo gli si avvicinò e si presentò. 



Inizialmente non aveva capito che stesse parlando con lui, ma una volta metabolizzato il fatto, ecco la sensazione di imbarazzo tornare,  il cuore che, ancora una volta, accelerava  così forte da procurargli una leggera contrazione ai muscoli  ma, timidamente, il suo sguardo riuscì a incontrare quello del suo nuovo compagno di squadra. 

Lo aveva notato già in campo, era lesto e vivace, parlava con tutti e prima di lasciare l'allenamento aveva stretto la mano a molti di loro. Alessio aveva innata una grande capacità di osservazione: riusciva a cogliere le più piccole sfaccettature delle persone solo osservandole per qualche minuto. Immaginava sempre come si sarebbe potuto porre nell'ipotetica situazione di ritrovarsi a parlare con qualcuno di loro, ma adesso, che aveva di fronte quel ragazzo così differente da lui , era disorientato.

"Mi chiamo Alessio" pronunciò in un fiato, quasi liberandosi da un macigno che gli strozzava la gola.

 "Parli poco, eh?".

Quelle parole pronunciate in maniera così leggera e naturale, lo misero a nudo. Alessio sapeva di non essere immediatamente socievole, ma quello era come un segreto che aveva con se stesso e sentirlo dire da qualcun altro gli fece male.

"Cos'è quella faccia? Guarda che è un complimento, non mi piacciono le persone che parlano troppo, a volte è meglio... stare zitti." 

Alessio non credeva alle sue orecchie, non capiva come una persona che conosceva da meno di un’ ora volesse parlargli o addirittura scherzare con lui.

Alessio rispose con una risata un po' forzata poi Giorgio, così si chiamava quel suo nuovo "amico", lo salutò.

Una volta tornato a casa,nella sua mente si ripetevano i fatti uno dietro l'altro, e quei ricordi lo facevano sentire bene, capito e  finalmete accettato.

Nasceva in lui una voglia di tornare in quel posto che tanto aveva temuto.


Il giorno seguente, a scuola, la professoressa lo vide attento, non più a testa bassa. Alessio sapeva di non essere ancora integrato nel gruppo, ma aveva un punto da cui iniziare. Avrebbe conosciuto gli amici di Giorgio, e gli amici degli amici. Una porta finalmente si apriva, un canale per incontrare l’altro adesso era navigabile: adesso c’era qualcuno che  diceva a lui, ritardatario cronico,  di sbrigarsi, ed Alessio  rispondeva con un sorriso che, col passare dei giorni o,diventava sempre più franco e aperto.


Passarono i mesi e Alessio trovò la sua serenità. Prese a uscire il sabato sera, divenne entusiasta di ogni partita, di ogni allenamento e sviluppò quell’ autostima nelle proprie capacità che troppo a lungo aveva sottomesso.

A scuola imparò a vedere gli altri non come giudici, ma come compagni di un percorso. 

Lo sport fece nascere in lui un cambiamento abissale… la pallavolo gli insegnò il sapersi rapportare con gli altri, aspettare i tempi giusti per agire, ma, soprattutto, gli regalò degli amici.

MARCO: IL SUO RACCONTO

Marco era  un giovane atleta di ginnastica aerobica , cresciuto in un piccolo paese dove lo sport era un elemento fondamentale della vita comunitaria. Fin da bambino,  aveva sviluppato una passione smisurata per la competizione e il desiderio irrefrenabile di primeggiare. Trascorreva le sue giornate sui campi da gioco, dedicando ogni istante al miglioramento delle sue abilità e alla ricerca incessante del successo. Il suo talento naturale e la sua determinazione gli avevano permesso di ottenere risultati straordinari, guadagnandosi l'ammirazione di familiari, amici e allenatori.

Man mano che Marco cresceva, la sua sete di vittoria aumentava. Non si accontentava più delle semplici competizioni locali, ma sognava di conquistare i palcoscenici internazionali. Gli occhi del mondo dovevano posarsi su di lui, ammirando le sue gesta straordinarie. La pressione di raggiungere l'eccellenza sportiva divenne sempre più opprimente.

Marco sapeva che per avere successo a quel livello, doveva spingersi al limite delle sue capacità. Era disposto a fare sacrifici, a dedicarsi interamente all'allenamento, ma non sembrava mai abbastanza. Le vittorie si susseguivano, ma la sensazione di insoddisfazione lo tormentava. Aveva bisogno di qualcosa di più, di un aiuto che lo rendesse veramente invincibile.

Un giorno, durante una competizione importante, Marco incontrò un ex atleta che, una volta, era stato un suo rivale. Quest'uomo misterioso aveva abbandonato l'agonismo anni prima e, dopo una lunga conversazione con Marco, gli confidò un segreto sconvolgente. Gli raccontò di atleti che, nel tentativo di ottenere prestazioni straordinarie, avevano deciso di utilizzare sostanze dopanti.

Marco fu colpito da questa rivelazione. Non poteva ignorare il fatto che molti degli atleti che ammirava e che considerava come modelli  potessero aver imboccato quella strada oscura. L'idea di migliorare ulteriormente le sue performance tramite il doping cominciò a insinuarsi nella sua mente, alimentando la sua ossessione per la vittoria.

Le notti diventarono tormentate per Marco. In preda alla sua ossessione, cercò informazioni sulle sostanze dopanti, sui rischi e sui benefici che potevano offrire. Anche se sentiva un senso di colpa, la sua sete di trionfo era più forte. Decise che avrebbe preso quella strada per ottenere ciò che desiderava, senza pensare alle conseguenze a lungo termine.

Marco trovò un fornitore di sostanze dopanti e iniziò a utilizzarle in segreto. Gli allenamenti divennero ancora più intensi, le performance migliorarono in modo esponenziale. La sua ossessione per la vittoria sembrava finalmente soddisfatta. I successi continuarono ad accumularsi, e Marco iniziò a essere considerato un fenomeno nello sport.

Tuttavia, man mano che Marco saliva sul podio e riceveva medaglie d'oro, una voce di rimorso e colpa cresceva dentro di lui. Nonostante le vittorie, una sensazione di vuoto si faceva strada nel suo cuore. Era consapevole che stava tradendo se stesso, i valori dello sport e tutti coloro che avevano creduto in lui. 

 In seguito ad un’importante gara, Marco fu sottoposto a un controllo antidoping a sorpresa. Mentre attendeva ansiosamente i risultati, il suo cuore batteva a mille. Il momento della verità era arrivato; la disonestà prima o poi chiede il conto.

Pochi giorni dopo, Marco ricevette una chiamata dalla federazione sportiva; era risultato positivo e la sua carriera era finita. La notizia fece il giro dei media, e Marco venne stigmatizzato come un dopato, un traditore dello spirito dello sport. La vergogna e l'umiliazione lo travolsero.

Gli sponsor lo abbandonarono, gli allenatori si dissociarono da lui, gli amici di una volta si allontanarono. Marco si trovò solo, depresso e pieno dolorei. La sua ossessione per la vittoria lo aveva distrutto. Capì, troppo tardi, che lo sport non era solo una questione di vincere a ogni costo, ma di dare il meglio di sé stesso, di superare i propri limiti in modo onesto e rispettoso.

Lentamente Marco iniziò a riflettere sulle sue azioni e sulla lezione che aveva imparato a caro prezzo. Si rese conto che il vero valore dello sport risiedeva nel viaggio e non solo nella meta finale. Si pentì amaramente delle scelte che aveva fatto e decise di cambiare direzione.

Dopo un periodo di squalifica, Marco tornò all'attività sportiva, ma questa volta con un nuovo spirito. Abbandonò definitivamente il doping e si impegnò ad essere un esempio di lealtà e onestà nello sport. Riprese l'allenamento con una motivazione diversa, mettendo l'accento sul duro lavoro, sull'integrità e sull'amore per l'attività sportiva stessa.

Anche se le vittorie non erano più facili da ottenere come prima, Marco riscoprì la vera gioia di competere e di migliorarsi ogni giorno. I suoi sforzi e la sua dedizione cominciarono a essere riconosciuti dagli altri atleti e dagli appassionati dello sport.Da quel momento in poi, lui, una volta atleta ossessionato dalla vittoria, divenne un simbolo di speranza e di insegnamento per gli altri, dimostrando che lo sport può insegnarci molto di più che semplici vittorie e sconfitte.


Ecco… questa è la storia di Marco, una storia di errori ma anche di capacità di ricominciare Una storia che può servire da monito per tutti coloro che pensano che la vittoria sia l'unica cosa che conti. Lo sport insegna valori importanti come la lealtà, l'onestà e il rispetto per se stessi e per gli avversari. La strada più difficile, ma anche quella più gratificante, è quella che passa attraverso il duro lavoro, la determinazione e l'integrità.

Tutti noi dovremmo capire come il vero trionfo risiede nell'essere fedeli ai veri e nesti valori dello sport: soltanto in questo modo saremo degli autentici sportivi.

LUCA: IL SUO RACCONTO

Lo sport è un'attività fondamentale per tutte le persone, indipendentemente dall'età, soprattutto per i ragazzi; oltre a contribuire al benessere psicofisico della persona, trasmette valori rilevanti, altamente educativi e formativi.

Lo sport ha un ruolo sociale significativo: promuove lo spirito di gruppo e il senso di appartenenza, è uno strumento di integrazione molto potente e, talvolta, diventa persino una via per un riscatto sociale; ci permette di arrivare a conoscere noi stessi, ci insegna ad ascoltare le proprie emozioni, a misurare i nostri punti di forza o di debolezza, è qualcosa attraverso cui siamo incentivati ad agire verso la solidarietà, la lealtà, la collaborazione ed il rispetto delle regole.

A tal proposito avrei piacere di raccontare una storia che ho potuto vivere in prima persona.

Luca era un bambino dolce e incredibilmente sensibile ma timido e profondamente insicuro: non aveva fiducia in sé e nemmeno nelle persone che incontrava.

Parlava poco e restava spesso in disparte se non coglieva familiarità nei visi degli altri. Infatti, nonostante la sua brillante intelligenza, i suoi successi scolastici, l'amore e gli elogi della sua famiglia, restava insicuro e sfiduciato.

La sua insicurezza emergeva soprattutto nei  rapporti sociali, infatti era spesso triste e costretto a subire per “paura di”.

Il tempo scorreva e la sua rabbia cresceva insieme alla voglia di riscattarsi, ma non riusciva mai ad esternare questo sentimento tenendolo sempre più serrato dentro di sé.

Eppure cercava in tutti i modi di cambiare la sua natura ma senza successo… finché un giorno con tanto timore, chiese a sua madre se potesse entrare a far parte della squadra di calcio della sua città.

La mamma rimase un po’ spiazzata da tale richiesta considerandola quasi “fuori luogo”, conoscendo perfettamente il suo carattere “poco forte” e chiuso; ciononostante acconsentì, anche se era attanagliata dal dubbio che il calcio non fosse uno sport adatto al figlio e che potesse in qualche modo peggiorare il suo stato d'animo.

Iniziarono gli allenamenti e Luca era molto esitante, impacciato e goffo: la sua timidezza non gli permetteva di correre con scioltezza non riuscendo così quasi mai a toccare palla. Avvertì nuovamente quel senso di inadeguatezza sentendosi quasi di intralcio negli allenamenti e di non essere d'aiuto per la squadra.

Iniziò a rifiutare quello sport che tanto lo affascinava confessando un giorno, ma con rabbia,di non essere portato assolutamente per il calcio, poiché lo riteneva, o forse fingeva a sé stesso di ritenerlo, uno sport troppo violento quindi non adatto a lui.

E questa cosa se la ripeteva come un mantra, ma nello stesso tempo sentiva di non poter mollare per non deludere la sua famiglia e, soprattutto, sé stesso.


E allora continuò ad allenarsi ovunque potesse: il pallone diventò il suo alleato, il suo compagno inseparabile.

Ogni giorno si ritrovava nella piazza della città confrontandosi con i bambini spesso più grandi di lui e giocava a calcio ininterrottamente e, pian piano, stava cambiando qualcosa dentro lui: si cominciava a sentire forte, veloce e libero. Si rendeva conto che acquistava sempre più la voglia di fare e imparare.

Un giorno sua madre, assistendo ad un suo allenamento, rimase sorpresa e non si capacitava del fatto che  uno sport o una passione potessero esercitare tanta influenza sul carattere del suo bambino. Luca aveva ritrovato fiducia in sé stesso ed adesso correva senza esitare o temere nulla: sul suo viso ora c'era disegnata finalmente la traccia della vera felicità.

È passato un po’ di tempo ed oggi Luca è un bambino che prende iniziativa ed è propositivo verso qualsiasi attività di gruppo: oggi riesce a fare cose che solo qualche tempo fa non avrebbe mai creduto di essere ‘alla sua portata’.

Il suo carisma, oggi, contagia tutti i suoi amici che gli vogliono un gran bene e lo considerano un vero “leader”.

Ecco il valore dello sport: molte volte ci distoglie da cose che ci turbano o ci fanno soffrire riuscendo a mitigare o a far scomparire ciò che rende opaca la nostra vita.

Ovviamente da solo non basta, ma aiuta a contribuire a migliorare i comportamenti e la crescita dei giovani poiché contribuisce a rafforzare il loro carattere dirigendoli dolcemente verso una vita “pulita” e sana.