Ettore Zalambani

        Alfonsine, 2 agosto 1906 - Ravenna, 24 aprile 1944


Ettore Zalambani era mezzadro della casa nominata il “Palazzone”, ad Alfonsine. Era una grande casa, costruita quando in quella zona c’erano le risaie e serviva da alloggio per le mondine nei periodi di lavorazione. Era così grande che fu chiamata “E Palazò" (il Palazzone) e diede il nome a tutta la zona, che ancora oggi è conosciuta così. La famiglia Zalambani lavorava i terreni circostanti e gestiva molti animali.

Presso il “Palazzone” trovavano rifugio i partigiani dopo le loro azioni; Zalambani li nascondeva nel fienile della cascina.

In seguito ad una segnalazione anonima scritta a mano e spedita, il Palazzone fu al centro di una delle pagine più drammatiche della storia di Alfonsine.

Dopo una probabile delazione, all’alba del 23 aprile 1944 iniziò un vasto rastrellamento nelle campagne di Alfonsine, alla ricerca dei partigiani. Una corriera, due camion con circa 200 militari della G.N.R. (Guardia Nazionale Repubblicana, una forza armata istituita dalla Repubblica Sociale Italiana l'8 dicembre 1943) e soldati tedeschi giravano alla ricerca della casa denominata “E Palazò”.

I camion e la corriera si divisero, un camion e la corriera andarono verso il “Palazzone” mentre l’altro camion imboccò una carraia che lo portò alle case “Lanconelli” e "Barattò". I nazifascisti che si recarono al “Palazzone”, trovarono dei partigiani mentre si riposavano nel fienile. I sette partigiani che al momento si trovavano in quel luogo reagirono come poterono, ma presi dalla sorpresa e da forze maggiori, dopo diverse ore di combattimento vennero massacrati. I tedeschi e i fascisti erano andati là per uccidere quindi non ci fu nessun ferito. Il “Palazzone” fu interamente distrutto, vennero portati via anche gli animali e la famiglia Zalambani fu ridotta in miseria. L’obiettivo di quell’azione era quello di uccidere i partigiani e di terrorizzare la popolazione per cercare di far venir meno il supporto morale e materiale che era fondamentale per la Resistenza.

Il 23 aprile 1944 morirono presso il “Palazzone” Giulio Argelli, Giovanni Ferri, Giovanni e Severino Faccani, Francesco Martelli, Giuseppe Ballardini e Bruno Fiorentini.

Ettore Zalambani e la moglie vennero catturati e furono portati nelle carceri di Ravenna. Il giorno dopo Zalambani venne fucilato nei pressi delle mura del cimitero di Ravenna. Sua moglie fu successivamente rilasciata.

Ettore Zalambani è ricordato anche nella lapide posta sulla facciata del Municipio, in piazza Gramsci ad Alfonsine, in occasione del decennale della battaglia del Senio in memoria dei partigiani alfonsinesi caduti in combattimento1 , nel cippo dedicato all’episodio del Palazzone2 e nella lapide in memoria dei caduti di guerra, militari e civili, in via Borse, Fiumazzo, Alfonsine3.


Fonti:

1 Gianfranco Casadio, La memoria della Resistenza nelle iscrizioni dei cippi, lapidi e monumenti della provincia di Ravenna, vol. II, Longo editore, Ravenna, 1995 p.14

2 https://www.mappadellamemoria.it/mappa.html?id=70 

3 https://www.mappadellamemoria.it/mappa.html?id=80

Gianfranco Casadio, La memoria della Resistenza nelle iscrizioni dei cippi, lapidi e monumenti della provincia di Ravenna, vol. II, Longo editore, Ravenna, 1995 p.23

AA.VV. Stradario Storico delle Alfonsine. Ogni nome una storia da conoscere. Alfonsine 2017, p 320

APPROFONDIMENTI


Episodio del Palazzone, 23 aprile 1944

Nella primavera del 1944 i partigiani diedero vita a numerose imprese e le giornate G.A.P. (Gruppi di Azione Patriottica) ottennero molto successo. I partigiani dovevano affrontare i fascisti, ma fu necessario regolamentare gli attacchi. I fascisti di grado minore, prima di essere uccisi, dovevano essere “giudicati” dal Comitato Provinciale di Liberazione o dai tribunali partigiani.

Dopo l’inasprimento dello scontro tra partigiani e forze nazifasciste, il generale tedesco Kesselring diffuse una serie di ordini che prevedevano interventi contro le bande e indicavano alcune procedure da seguire come l’arresto di civili presenti sul luogo dell’azione partigiana. La lotta antipartigiana diviene anche lotta contro i civili. In questo periodo aumentò il fenomeno della delazione e in questo contesto si colloca l’episodio del “Palazzone”.

Dopo alcune informazioni il capo della provincia di Ravenna, dispose un’operazione di polizia nella zona compresa tra i comuni di Fusignano e Alfonsine. Ordinò che carabinieri, guardie repubblicane, alpini e soldati tedeschi si recassero ad eseguire un rastrellamento in quella zona poiché vi era stata segnalata la presenza di partigiani. La notte del 23 aprile iniziò il rastrellamento, vi presero parte soldati tedeschi, numerosi militari della G.N.R.

Ulisse Ballotta si nascose in un fosso, quando vide alle 4.00 del mattino, a circa 500 metri di distanza dalla casa dove era nascosto un gruppo di partigiani, tra cui c'era il fratello Alfredo Ballotta, una colonna di macchine, che trasportavano soldati tedeschi e fascisti.

Al “Palazzone” le squadre dei rastrellatori accerchiarono la casa di Ettore Zalambani, il colono che ospitava i partigiani.

Nacque un conflitto a fuoco che si protrasse dalle 5:00 alle 10:00 del mattino, fino a quando i partigiani non finirono le munizioni, tutti i partigiani presenti vennero uccisi. Zalambani venne condotto insieme allo slavo Reper Janez catturato alla Zanchetta1, prima a Lugo, poi a Ravenna dove vennero uccisi. I militari che avevano rastrellato la frazione di Fiumazzo, dopo aver ucciso sul luogo Ballotta Alfredo e interrogato e torturato Tarroni Aurelio, si riunirono con le squadre che erano andate verso il “Palazzone”.2


Fonti:

1 https://www.mappadellamemoria.it/mappa.html?id=55

2 AA.VV. La perdita del ricordo tra sentimento e oblio. Per conservare e tramandare la memoria delle vittime della guerra. Alfonsine 2021, pp 187 -190

Classe 3^C a.s. 2023/2024