Undicesima stazione. Gesù è inchiodato alla croce

             (apparso in Via crucis. Le quattordici stazioni commentate da quattordici scrittori 

contemporanei, a cura di Giuliana Montalti, prefazione di Ersilio Tonini, 

Edizioni del Girasole, Ravenna 1997, pp. 48-49 ) 


     

                                                          Cruicifige, crucifige!

                                                          Omo che se fa rege,

                                                          secondo nostra lege,

                                                         contradice al senato.

                       

                                                                                   Jacopone da Todi



“Davanti alla legge sta un usciere. A lui si rivolge un campagnolo e chiede di  entrare nella Legge. Ma l’usciere dice che per il momento non gli può consentire l’accesso. L’uomo riflette, poi chiede se potrà entrare più tardi. ‘Forse’, dice l’usciere, ‘ma non ora’”. 

Da millenni l’Uomo, come il povero campagnolo del breve ed inquietante apologo kafkiano – irresolutamente sospeso tra lucido razionalismo occidentale e cupo trascendentismo di matrice ebraica  –, picchia invano alla porta della Legge – della “feroce forza” che governa il mondo – del crudele ed inflessibile giudizio del sinedrio. 

Come il docile e mite discorrere di Socrate – in cui non per nulla il platonismo cristiano, e sulla sua scia Erasmo, poterono vedere una sorta di Messia pagano, di santo e remoto protomartire, di precristiano indagatore della Verità –, come le grida furiose di Prometeo, vittima di una giustizia iniqua ed imperscrutabile, e nondimeno fermamente consapevole del proprio destino, inchiodato alla rupe scita come Cristo al legno della Croce (simbolo archetipico di ogni sacrificio?), come i lamenti degli eroi dolenti e dei titani prostrati, testimoni dell’estrema e paradossale grandezza della sconfitta, di cui gli antichi e i moderni amarono popolare le loro affabulazioni, risuonano ancora, nel gemito e nel pianto di ogni uomo, il cordoglio inconsolabile di Maria ai piedi della Croce, a cui si intrecciano e si confondono, come in un ultimo amplesso di lacrime e voce, le “alte grida” del Figlio morente.

“’Se tutti aspirano alla Legge’, dice l’uomo, ‘come mai, in tanti anni, nessuno, oltre me, ha chiesto di entrare?’ Il guardiano capisce che l’uomo è agli estremi e per farsi intendere ruggisce contro il suo orecchio ormai chiuso: ‘Qui nessuno poteva entrare, la porta era destinata solo a te. Ora me ne vado e la chiudo’”. 


                                                                                                             Matteo Veronesi