Il giornale L'Ora

Storia di un giornale antimafia

Elisa Zaltieri, Giovanni Sassi Buttasi e Sofia Xhimo (3^B)

LA NASCITA

Primo quotidiano a parlare di mafia e a combatterla, il giornale L’Ora, storica rivista di Palermo, ha ospitato tra le sue pagine il pensiero libero di scrittori e giornalisti ed è stato la culla della cultura palermitana per tutto il '900.

Alcuni nomi di spicco che questo giornale emblematico può vantare sono: Luigi Pirandello, Matilde Serao e Giovanni Verga.

I Florio, storica famiglia dell’isola di tradizione industriale, fondano il quotidiano con sede nel capoluogo per soddisfare la necessità di propaganda per il proprio progetto politico: gettare le fondamenta per un partito politico siciliano in grado di aggregare gli interessi degli industriali e dei proprietari terrieri, in contrapposizione ai latifondisti proprietari dei feudi. Per supportare questa sua visione politica Ignazio Florio crea il Consorzio, con l’intenzione di farne il centro propulsivo e operativo del suo progetto e fonda il giornale L’Ora.

Venne scelto come primo direttore Vincenzo Morello. La decisione non è casuale ma mirata al raggiungimento degli obiettivi politici prefissati. Inoltre, lo si supporta affiancandogli firme di prestigio quali quelle di Giuseppe Pitrè, Edoardo Scarfoglio, Napoleone Colajanni e numerosi altri che dettero al giornale una linea antigiolittiana e meridionalistica operando, come sottolinea Lentini, non in chiave antiunitaria ma in termini di riequilibrio delle diseguaglianze tra Nord e Sud.

VINCENZO MORELLO

Conosciuto anche con lo pseudonimo di Rastignac, nacque a Bagnara Calabra nel 1860. Si laureò in giurisprudenza a Napoli.

Coltiva sin da giovane un’importante amicizia con Gabriele D’annunzio, che lo avvicina anche a un identico disprezzo per la politica giolittina. Viene nominato senatore 19 aprile 1923. Dal 1926 riveste la carica di commissario della SIAE.

L'adesione di Morello al Fascismo ha, tuttavia, un profondo quanto rapido ripensamento, che lo induce nell'aprile 1930 alle dimissioni dal Partito. Fermo anticlericale, nel suo ultimo libro, Il Conflitto dopo la Conciliazione (1932) condanna le concessioni concordatarie mussoliniane alla politica ecclesiale, specie in merito educativo.

Il primo numero de L’Ora, con il sottotitolo: “Corriere politico quotidiano di Sicilia”, esce il 22 aprile 1900.

Nel suo primo editoriale scrive di voler chiamare a collaborare i lettori per fare opera di equità e giustizia per mezza Italia.

Purtroppo, il progetto di Ignazio Florio si rivelò una illusione: il feudo era ancora vivo e vegeto e i latifondisti, che sopravvissero al Caracciolo e alle spinte del riformismo borbonico, erano ancora in grado di combattere e di boicottare i processi di accumulazione del capitale necessari all’industrializzazione dell’agricoltura.

I Florio furono travolti da una crisi profonda che li spazzò via dalla scena politica ed economica siciliana.

Ma L’Ora sopravvisse, mantenne il suo imprinting sostenendo nel secondo dopoguerra i contadini nella loro lotta contro il feudo e i latifondisti, supportando l’Autonomia regionale appena nata come strumento per la rinascita della Sicilia e del suo sviluppo economico, sociale e civile.

Negli anni venti, quando il fascismo prende piede in Italia il giornale si trasforma e inizialmente prova a resistere al regime.

Anche L’Ora pubblica il 27 dicembre del 1924 il cosiddetto memoriale Rossi, un documento con cui l’ex capo dell’ufficio stampa di Mussolini accusava il duce di essere il mandante del delitto Matteotti.

È l’ultimo sussulto del giornale prima di aggiungere al suo nome la dicitura di “quotidiano fascista del Mediterraneo”.

Durante il ventennio L’Ora vive una stagione inquieta: dopo un periodo di neutralismo si avvicina al regime e viene assorbito dalla società editrice del Giornale d’Italia.

Il 27 agosto 1943 esce l’ultimo numero del giornale in veste fascista prima che le pubblicazioni siano sospese.

Dopo l’8 settembre molti redattori imposti dal regime ripiegano a Roma, dove il quotidiano porterà avanti le pubblicazioni per qualche mese.

Nel 1945 il giornale torna in edicola con un altro editore. Pochi mesi dopo il 2 giugno 1946 L’Ora decide di schierarsi con la Repubblica.

La guerra appena passata ha lasciato distruzione e povertà in tutta la Sicilia e lo sbarco alleato del 1943 ha messo l’isola sotto la protezione degli Americani che hanno imposto uomini di loro fiducia alla guida di molti centri intorno a Palermo. Alcuni di questi sono membri della malavita: per citarne uno, Calogero Vizzini.

È una Sicilia rurale e agricola condizionata dalle lotte contadine, in questi conflitti c'è anche la mano della mafia.

Il giornale L’Ora fu il primo ad avere il coraggio e l’ardore per parlare di mafia, per alzare la voce.

La storia della lotta contro la mafia da parte del giornale è caratterizzata dall’orgoglio dei giornalisti che si rifiutarono, dall’inizio alla fine, di abbassare la testa.

Nel 1947 il giornale L’Ora, sotto l’editore Pier Luigi Ingrassia, non ha timore nel pubblicare nomi e fatti scomodi a seguito della strage di Portella della Ginestra.

STRAGE DI PORTELLA DELLA GINESTRA

Il 1° maggio 1947 in località Portella della Ginestra, in provincia di Palermo, la banda criminale di Salvatore Giuliano spara contro la folla riunita per celebrare la festa del lavoro provocando undici morti e numerosi feriti.

L’obiettivo è garantire il mantenimento dei vecchi equilibri nel nuovo quadro politico e istituzionale nato dopo la seconda guerra mondiale.

Nonostante non siano mai stati individuati i mandanti, sono certe le responsabilità degli ambienti politici siciliani interessati a intimidire la popolazione contadina, che reclamava la terra e aveva votato per il Blocco del Popolo nelle elezioni del 1947.

Poco dopo arrivò al giornale una lettera da parte del bandito Salvatore Giuliano, capo della banda che causò la strage, in cui questi invitava a smettere di parlare di “fatti da non pubblicizzare” e a minacciare i giornalisti di poterci “rimettere la pelle”.

La risposta del giornale, già al tempo, ne identificò lo spirito come rivoluzionario, consapevole e irriverente.

Lo stesso Pier Luigi Ingrassia rispose, attraverso l’editoriale, in maniera memorabile:

“Bandito Salvatore Giuliano, tu minacci di farci rimettere la pelle, ma che cos’è la pelle? La pelle non è altro che un tessuto, il quale ha un valore se sotto ci sono tanti organi fra i quali il cervello e il cuore e quindi un’idea e una passione. Se per paura dovessimo rinunciare all’idea, a che ci servirebbe la pelle?”

Dal 1954, sotto la guida di Vittorio Nisticò il giornale assunse ulteriormente funzione informativa in quanto il nuovo direttore volle utilizzare la cultura come strumento di riscatto sociale.

Contro la mafia il giornale creava unità, alimentando lo stesso ideale tra scrittori e lettori, creando un gruppo di militanti mossi dall’onore e dall’idea.

Vittorio Nisticò

Nato in una famiglia calabrese benestante, Vittorio Nisticò fu un giornalista di orientamento politico di sinistra, rimasto al timone del giornale L'Ora per vent'anni.

La sua figura fu artefice del rivoluzionamento del giornale palermitano, che già durante il primo anno di dirigenza di Nisticò nel 1954, procedette con lo svecchiamento dell'impaginazione grafica, con una cura particolare nella scelta delle fotografie, una titolazione ad effetto concentrata su pochi fatti e l'adozione di uno stile stringato e diretto per le notizie, soprattutto per quanto riguarda i fatti di cronaca.

La vera svolta del giornale però avvenne con il racconto della politica, dell'economia e dei personaggi più influenti della società siciliana.

Articoli documentati, precisi e, come mai prima, coraggiosi, frutto del pericoloso lavoro a cui i lavoratori del giornale sono andati incontro, spesso pagandone le conseguenze.

Quando nel 1975 Vittorio Nisticò si ritirava dal giornale L'Ora, lasciava in eredità un giornale che, grazie al suo talento nel trovare giovani cronisti talentuosi, era cresciuto in lettori e reputazione.

Un giornale che nonostante la chiara posizione di sinistra era riuscito a conquistarsi ampi margini d'indipendenza dal PCI, che ne era il proprietario.

Il quotidiano si caratterizza per straordinarie inchieste dall'effetto rivoluzionario, con la pubblicazione di una serie di documentati e dettagliati articoli legati all'ascesa al potere del pericoloso delinquente corleonese Luciano Liggio e ai legami sempre meno occulti tra il potere politico locale e la malavita organizzata.

La prima puntata dell'inchiesta vede la luce il 15 ottobre del 1958 e prosegue con regolarità, pubblicando foto e nomi di personaggi di spicco delle cosche siciliane, concludendosi due mesi dopo con un promemoria in dieci punti all'attenzione del Presidente del Consiglio dell'epoca, Amintore Fanfani, affinché venisse costituita una Commissione Parlamentare d'inchiesta sul fenomeno mafioso.

La risposta di Cosa nostra non si fece attendere a lungo.

Difatti alle 4.52 del 19 ottobre 1958, quando la bomba scoppiò nella sede del giornale danneggiando le rotative, il segnale fu chiaro: l’attività del giornale stava mettendo a nudo un sistema di complicità e connivenze che aveva permesso a boss mafiosi di agire indisturbati già a partire dal dopoguerra.

Il giorno dopo il giornale uscì comunque con il titolo:

“La mafia ci minaccia, l’inchiesta continua”.

Lo stesso presidente della repubblica Giuseppe Saragat dichiarò in Parlamento:

“Ci voleva l’attentato a L’Ora per capire che la mafia c’è”

La storia del giornale L’Ora contro la mafia segnò in maniera permanente il popolo siciliano che, con il passare del tempo, assunse la consapevolezza che sta alla base della rivoluzione.

A pagare il tributo di questa onorevole battaglia purtroppo furono molti.

Tra i nomi più noti: Giovanni Spampinato, Mauro De Mauro e Cosimo Cristina.

Cosimo Cristina

Cosimo Cristina è stato un giornalista siciliano, corrispondente di numerose testate giornalistiche come L'Ora e Il Messaggero, che dedicò particolare attenzione alla cronaca nera.

Attraverso questo genere di racconti arrivò a trattare l'argomento mafioso, e proprio per questo motivo venne ucciso dalla criminalità organizzata.

Il corpo venne trovato sui binari di una ferrovia vicino a Termini Imerese, inducendo la procura a liquidare il caso come suicidio.

Per anni giornalisti ed esperti hanno trattato l'argomento, tra loro Luciano Mirone, che nel 1999 provò che Cosimo Cristina venne posizionato sui binari dopo essere stato ucciso.

L'organizzazione mafiosa non è mai stata condannata per l'assassinio del giornalista, ennesimo martire della guerra contro la criminalità organizzata.

Giovanni Spampinato

Corrispondente da Ragusa de L'Ora di Palermo, Giovanni Spampinato si era affermato pubblicando un'ampia e approfondita inchiesta sul neofascismo dove era riuscito a documentare le attività clandestine e i rapporti delle organizzazioni di estrema destra locale con la criminalità organizzata.

La notte del 27 ottobre 1972 venne ucciso a colpi di pistola nella sua Cinquecento. A sparare fu Roberto Campria, figlio del presidente del tribunale di Ragusa, dall'abitacolo della stessa macchina.

Spampinato aveva scoperto che le indagini di un omicidio commesso lo stesso anno riconducevano proprio a Campria e quindi all'interno del Palazzo di Giustizia. Da protocollo l'inchiesta doveva essere affidata a giudici di un'altra città, ma non fu così.

Ciò fece si che il cronista venne isolato e criticato rendendolo una facile preda dell'organizzazione mafiosa.

MAURO DE MAURO

Nato a foggia il 6 settembre 1921 ed ex sostenitore del Partito Nazionale Fascista, Mauro De Mauro dopo la Seconda guerra mondiale si trasferì a Palermo con la sua famiglia e iniziò la sua carriera giornalistica presso i giornali "Il tempo di Sicilia", "Il Mattino di Sicilia" e "L'Ora".

Mauro De Mauro scomparve la sera del 16 settembre del 1970 rientrando nella sua casa a Palermo. Il caso restò a lungo un caso irrisolto.

Trent’anni dopo ci fu un colpo di scena: dietro la morte di De Mauro poteva esserci il golpe Borghese.

Secondo questa ipotesi, De Mauro fu rapito e ucciso dopo essere stato interrogato e strangolato per evitare di rivelare ciò che sapeva sul golpe di Junio Valerio Borghese, con la complicità di Cosa Nostra, della notte dell’8 dicembre del 1970. A rivelarlo furono due collaboratori di giustizia: Francesco Di Carlo e Gaspare Mutolo.

LA FINE

Una prima crisi del giornale palermitano avviene verso la metà degli anni settanta: l'uscita di nuovi giornali e il diffondersi delle emittenti private in Sicilia e per tutto il meridione vanno a scapito del giornale L'Ora, rimasto un giornale del pomeriggio.

Per contrastare la concorrenza locale, nel 1978 il PCI sulla scia delle innovazioni che cambiano il panorama giornalistico meridionale, decide un cambio di strategia per trasformare L'Ora in un quotidiano del mattino. Però, questa manovra si rivela malvalutata e porta a ingenti spese che nel 1979 conducono il partito a decidere la chiusura del giornale. Tuttavia una cooperativa di giornalisti guidata da Vittorio Nisticò ed amministratori, rifiutandosi di abbandonare l'istituzione che ha rivoluzionato il modo di fare giornalismo, riesce a ottenere l'uso della testata, degli immobili e della gestione degli impianti in comodato gratuito.

Alla fine degli anni ottanta, dopo un decennio di stabilità sotto le nuove disposizioni, il PCI decide, di concerto con le cooperative dei giornalisti, di cedere la gestione editoriale del quotidiano L'Ora alla società Nuova Editrice Meridionale.

Ma la nuova gestione comportò il sorgere di contrasti tra i rappresentanti della cooperativa ed il partito riguardo agli indirizzi editoriali, che sfociarono nella decisione di quest'ultimo di sostituire interamente il gruppo dirigente del giornale.

Fu una decisione che segnò drasticamente il destino del quotidiano, il quale nonostante vide susseguirsi alla sua direzione professionisti di grande valore come Tito Cortese, Anselmo Calaciura e Vincenzo Vasile, continuò a calare inesorabilmente passando dalle 25000 copie fatte registrare all'inizio degli anni '70 all'esiguo numero di 2000 copie nel 1990.

Il 9 Maggio del 1992 il quotidiano cessò definitivamente le pubblicazioni salutando i propri lettori con un "Arrivederci" in prima pagina.