di Cosma Siani
Vita, personalità e opera dell'autore italoamericano Joseph Tusiani si possono prospettare in nuce nei termini che seguono. Una vicenda esistenziale segnata dall'emigrazione irreversibile in terra d'America. Una formazione avvenuta nell'isolamento della provincia italiana attraverso un tradizionale curriculum scolastico e marcata fin dall'inizio da forte ambizione letteraria. Un'opera multiforme e copiosa, i cui aspetti di maggiore interesse sono la traduzione in versi inglesi di classici della poesia italiana, e il quadrilinguismo dell’autore, che scrive creativamente in inglese, latino, italiano e in dialetto garganico.
In che modo si è impiantato questo quadruplice registro nella sua esperienza? Come sempre per i multilingui, la risposta giace stratificata nella vicenda di vita del parlante. Il dialetto locale fu la vera madrelingua di Joseph Tusiani, e tale è rimasto nella sua permanenza americana, sia perché dagli anni Novanta egli lo usa intensamente per comporre poemetti vernacolari, sia perché fu l'unico mezzo di comunicazione con la madre, anche se contaminato "tra pidgin e italiano regionale", per dirla con un saggista americano.1 L'italiano venne dopo, come lingua degli studi, e ben presto delle aspirazioni letterarie del giovane nei suoi primi esercizi poetici;2 non fu mai abbandonato, ma dopo l'emigrazione in America Tusiani se ne servì sempre meno; lo riprese in modo massiccio molto più tardi, quando decise di scrivere la propria autobiografia. Dell'inglese, Tusiani stesso ebbe a dire in un'intervista: "... fu in questo Paese [gli Stati Uniti] che cominciai a vivere da adulto. Tutte le mie esperienze più importanti, perciò, sono collegate alla lingua inglese che, di conseguenza, ora considero la principale 'veste del pensiero’…”.3
Il latino si delineò dapprima come materia scolastica risalente agli anni liceali; quale mezzo poetico si sviluppò in America; a tutt'oggi Tusiani è riconosciuto nella comunità transnazionale degli scrittori neolatini, benché controverso per la sua tendenza a colmare la misura classica con esperimenti di forme e schemi inusitati, quali il sonetto o l'ottava rima.4
Va detto che Tusiani non è un multilingue da tavolino e da dizionario; è multilingue anzitutto nel senso che possiede corrente competenza comunicativa nelle quattro lingue che usa, compreso il latino, e quindi nel senso delineato nei documenti di una istituzione sovranazionale come il Consiglio d'Europa: dotato non di diverse competenze giustapposte ma di un'unica fisionomia che, per essere multiculturale e plurilingue in seguito alla sua vicenda esistenziale, può esprimersi negli idiomi di cui dispone5 (la produzione quadrilingue di Tusiani presenta in effetti uniformità di temi e motivi, con variazioni per lo più formali; si può aggiungere che Tusiani non è invece "mistilingue": non incrocia mai in uno stesso testo le varie lingue che usa, tranne accenni, "veristici" e non sperimentali, quando imita la parlata ibrida degli italoamericani, in alcune poesie etniche).
L'inglese acquisito in America è dunque la lingua dominante nell'esperienza di Joseph Tusiani, la cui reputazione poggia anzitutto sulla sua attività di traduttore di poesia italiana in inglese. Un'occhiata alla nota biobibliografica annessa a questo saggio ne dà un'idea. Si può dire che da Dante a D'Annunzio, tutti i maggiori e minori della tradizione poetica italiana siano stati tradotti da Tusiani, in singoli brani o in opere integrali. Scherzando, Felix Stefanile ha chiamato Tusiani "una vera e propria industria fatta di un uomo solo".6
Tusiani si attiene a un'idea alta della versione poetica, opposta alla traduzione in prosa e di servizio. Secondo la sua concezione, bisogna fare il possibile per riprodurre espedienti formali come ritmo, sonorità, schema metrico, insieme al senso veicolato dalla "superficie" delle parole, in un equilibrato amalgama di strutture esteriori e di parziale resa della letteralità.7 Un esempio è la versione del sonetto dantesco leggibile nella silloge che accompagna questo articolo.
Come poeta inglese, Tusiani ebbe il suo battesimo con la vincita del premio di poesia londinese Greenwood nel 1956, e il suo momento fortunato negli anni Sessanta, quando fu accolto in due potenti associazioni quali The Poetry Society of America e The Catholic Poetry Society of America. Il tono della sua poesia inglese fu allora descritto come" poesia di idee […] meditativa, controllata retorica di problemi e sentimenti profondi [...] ricerca d'una soluzione all'enigma dell'identità: il proprio mondo interiore e il mondo circostante - in che relazione stanno? Che cosa sono io? E fino a che punto la realtà del mondo dipende dalle mie reazioni e percezioni?".8 Tale atteggiamento, qualificante di tutta la sua poesia, si risolve talora in liriche brevi come quelle in silloge, talora in lunghi monologhi alla maniera di Robert Browning (influenza rilevante sulla sua formazione inglese); e persiste fino alla produzione tarda, come si vede dal sonetto "Idi di marzo 2006" qui incluso - variazione sul famoso verso di Shelley "Se viene l'inverno, può essere lontana la primavera?" in chiusura dell'"Ode al vento dell'ovest".
Negli anni Settanta, con lo sviluppo della consapevolezza e degli studi italoamericani, anche nei corsi universitari statunitensi, Tusiani applicò il suo registro meditativo alla produzione di poesia etnica, condensata nelle raccolte Gente Mia ed Ethnicity. I versi spesso citati "Two languages, two lands, perhaps two souls.../ Am I a man or two strange halves of one?" (vedi silloge), sono tratti appunto da un poemetto di Gente Mia, "Song of the Bicentennial", sorta di carmen saeculare in chiave emigratoria composto per il bicentenario della Dichiarazione d'Indipendenza delle colonie americane nel 1976.
Se la produzione poetica di Tusiani occupa una posizione appartata e poco visibile (ma è popolare fra lettori e studiosi di cose italoamericane), io credo sia dovuto a una ragione duplice: da un lato lo scarso rilievo tuttora assegnato agli autori italoamericani nel panorama generale degli Stati Uniti, dall’altro la qualità intrinseca di questa poesia, aderente a una misura e a un decorum tradizionali ("Nelle sue poesie mi colpisce soprattutto l'insieme di sensibilità e raffinatezza; è un piacere leggere un poeta elegante che si attiene a strutture tradizionali", ha scritto Jerry Mangione a proposito di Gente Mia9). Tusiani ha in effetti sempre rifiutato l'esperimento modernista, né ha mai tradotto poeti italiani moderni e contemporanei.
Può fare da conclusione a questo rapido profilo la considerazione che Tusiani ha concettualizzato il proprio lavoro e la sua stessa vita come metafora del tradurre. Ne fa cenno nel citato "Song of the Bicentennial" ("Ho, they have taught me to translate all things - / even my very self - / into some new / and old infinity of roots and boughs": "M'hanno insegnato a tradurre ogni cosa, - / ed il mio io - / in una nuova / e antica infinità di radici e di rami", traduzione di C. Siani); ma già prima d'allora l'incipit di una sua lunga poesia razionalizzava:
To comprehend my life, I think of it
As a translation from a flowing past
Into a flowing present, from a birth
Utterly unintelligible, to
An altogether signifying sound
Which I call language, life and love of it. 10
(Per capir la mia vita, penso ad essa come a un interminabile tradursi di passato in presente, da una muta nascita incomprensibile ad un suono che significa senso e che io chiamo linguaggio, vita e amore della vita.)
[in “Poesia”, XIX, 206, giugno 2006]
Note
1 Hermann W. Haller, Una lingua perduta e ritrovata. L’italiano degli italo-americani, Firenze, La Nuova Italia, 1993, in partic. Cap. 2.
2 Cosma Siani, "Tusiani's Italian Years: A Study of Background Influences", in Paolo A. Giordano (a c. di), Joseph Tusiani Poet Translator Humanist. An International Homage, West Lafayette, IN, Bordighera, 1994, pp. 17-38.
3 "ltalian Poets in America. An Anthology", a c. di Luigi Fontanella e Paolo Valesio, nel numero monografico della rivista "Gradiva" (New York) , Vol. 5, l, 1992-1993, p. 137.
4 Dirk Sacré, "Joseph Tusiani's Latin Poetry in Its Neo-Latin Context: Some Formal Aspects", Rudiae (Lecce), 16-17, 2004-2005, II Torno, pp. 497-514.
5 Council of Europe, Modern Languages: Learning, Teaching, Assessment. A Common European Framework of Reference, Strasbourg, Council for Cultural Co-operation, Education Committee, 1998, Cap. 7.1.1, pp. 95-96.
6 Pref. al dramma in versi di J.T., If Could Should Rust, in Giordano, cit.,p. 267.
7 J.T., "The Translating of Poetry" Thought, XXXVIII, 150, Autumn 1963, pp. 376-90.
8 John Duffy, rec. della raccolta di poesie di J. T. The Fifth Season, nella rivista della Catholic Poetry Society of America Spirit: A Magazine of Poetry (New York), XXI, 6, genn. 1965, pp. 176-78.
9 Cfr. Gaetano Cipolla (a c. di), "Omaggio a Joseph Tusiani", La Parola del Popolo (Chicago), nov.-dic. 1979, p. S-37.
10 "Heritage", in La Parola del Popolo, marzo-aprile 1973, p. 71.