Anglocosmesi

L’inglese cosmetico

Per gl'italiani d'oggi tutto ciò che è in inglese, o appare inglese, veicola un elemento psicologico di forte prestigio e attrattività.

Nei rapporti tra esseri umani, è normale e sensato che si cerchi d'apparire bene: ogni commerciante vuole vendere i suoi prodotti, ogni imprenditore vuole che la sua azienda faccia bella figura, ogni politico vuole essere votato; e a qualsiasi persona che parli con un'altra fa piacere sembrare un interlocutore interessante, serio, credibile. 

Percependo nell'inglese un notevole potere d'affascinare, moltissimi italiani finiscono per usarlo specificamente con tale funzione. Non si usa l'inglese perché il destinatario non capisce l'italiano mentre capisce l'inglese, né perché il concetto non si può esprimere adeguatamente in italiano mentre in inglese sì; si usa l'inglese perché se una cosa è in inglese appare migliore, e fa apparire migliore la persona da cui viene. Si tratta insomma d'un inglese puramente «cosmetico»: e si parla quindi di anglocosmesi.

In tanti casi, questa percezione nobilitante dell'inglese è talmente radicata da essere ricevuta e messa in atto in modo quasi inconscio. Se si vuole impressionare qualcuno, non si riflette sul fatto che l'inglese possa o no fare colpo su di lui, ma si usa l'inglese in automatico, dandolo per scontato come parte del costume italiano; se qualcuno ci presenta qualcosa in inglese senza che ce ne sia bisogno, non ne siamo stupiti e non c'interroghiamo sul perché ce lo presenti in quella lingua: percepiamo invece inconsciamente che è qualcosa di prestigioso e di valore. 

In molti casi l'anglicizzazione è giustificata sostenendo che grazie all'inglese si attrarrebbe un pubblico più vasto, di molti paesi oltre che italiano. Ciò è discutibile sotto vari aspetti, sia teorici sia pratici; in ogni caso, rivela la sua inconsistenza quando le cose denominate in inglese sono destinate a un pubblico esclusivamente italiano. In casi simili diventa evidente che l'inglese non serve per attrarre gli stranieri: serve soprattutto per affascinare gl'italiani.

Poiché si tratta d'un fenomeno messo in atto anche da persone che l'inglese lo conoscono solo superficialmente, o che comunque non hanno propriamente un interesse filologico per la lingua, a volte si generano termini o espressioni di forma inglese ma non usati nell'inglese vero (come green pass, smart working): un inglese finto e provinciale, che gl'italiani credono internazionale mentre in realtà è creato dagl'italiani a uso e consumo degl'italiani.

Casi pratici

Gli esempi che si possono vedere sono innumerevoli, ritrovandosi in quasi tutti gli aspetti della società, dai più collettivi ai più individuali.

I politici, di tutti gli schieramenti, danno nomi inglesi a misure centrali del programma, che vogliono impressionare il pubblico: la flat tax di Salvini, i navigator dei Cinquestelle, il Jobs Act di Renzi, il Ministero e il liceo del made in Italy di Fratelli d'Italia.

Giornali e siti di notizie italiani, da quelli a diffusione nazionale a quelli regionali e locali, si danno nomi inglesi o seminglesi: Il Post, Wesud News, ParmaDaily; come danno nomi inglesi alle loro rubriche, ai loro inserti, alle sezioni dei loro siti.

Le pubblicità televisive per il pubblico italiano usano slogani in inglese: Life is now; Drive the change; Pet store, pet stories; San Benedetto, my secret; The new fragrance, by Versace.

La TV pubblica italiana ha canali in italiano con nomi inglesi: Rai Movie, Rai Premium, Rai News 24, eccetera.

Le pellicole d'altri paesi vedono a volte il proprio titolo anglicizzato appositamente per il mercato italiano.

Gl'italiani, in percentuali sempre maggiori, danno nomi inglesi ai figli che nascono e crescono in Italia.

Certe aziende italiane, negli annunci di lavoro e nella propria gestione e organizzazione interna (fatta da italiani per italiani che parlano in italiano), usano un linguaggio così pieno d'anglicismi da sembrare quasi una parodia di sé stesse.

Eventi, conferenze, sagre, negozi, associazioni, edifici, vengono spesso chiamati con nomi inglesi anche quando sono realtà di carattere puramente locale. 

Nelle reti sociali, molte persone usano anglicismi gratuiti mentre si rivolgono a un pubblico italiano, per ragioni diverse ma sempre nello stesso meccanismo psicologico: dal rendere più interessanti le proprie fotografie grazie a frasi in inglese d'accompagnamento, allo sfoggio d'erudizione in una discussione per intimidire l'interlocutore con termini inglesi «tecnici», anche quando perfettamente traducibili.

E molte altre cose si potrebbero elencare.