In questa pagina sono sintetizzate le buone norme per un uso consapevole dei forestierismi. Per informazioni pratiche su come trattarli graficamente, visita invece quest'altra pagina.
Nel campo dell'interlinguistica si suole fare una prima distinzione tra forestierismi «di lusso» e «di necessità».
I primi sono quelli per cui esiste un corrispondente semplice e diretto, con cui potrebbero essere facilmente sostituiti: record = primato; star = stella, divo; red carpet = tappeto rosso; eccetera.
I secondi, simmetricamente, sono termini per cui al momento non è diffuso un corrispondente diretto o semplice: bit, DJ, jazz, curling, tweed, steampunk, eccetera. Per indicare questi concetti in modo preciso con parole italiane, se escludiamo le soluzioni neologiche bisognerebbe ricorrere a locuzioni più o meno lunghe o complesse.
Si tratta, naturalmente, di categorie sfumate, per le quali non è possibile individuare dei limiti precisi; ma sono utili per avere un’idea di massima.
I problemi posti dai due tipi di forestierismi sono diversi.
Per i forestierismi di lusso il problema sta nel fatto che i parlanti, potendo scegliere, preferiscono in modo eccessivo, quasi sistematico, le parole di un'altra lingua anziché della propria.
Per i forestierismi di necessità il problema è l'assenza di alternative pratiche, per cui il forestierismo diventa di fatto l'unica risorsa linguistica disponibile per esprimere un certo concetto. A uno sguardo superficiale ciò può sembrare meno grave: l'italofono usa il forestierismo non perché «vuole» ma perché «deve».
Tuttavia, l'assenza di alternative rivela un problema più profondo. Che in una data lingua manchino le parole necessarie, infatti, non è qualcosa di sostanziale, fissato una volta per tutte e inalterabile, bensì è un fatto contingente, perché le lingue sono entità adattabili per le quali è normale creare le proprie parole per esprimere un concetto, tramite calchi e adattamenti dei termini stranieri o tramite conî autonomi. Una lingua che perde questa capacità, e che ancora dopo decenni o secoli non ha creato alternative proprie ai forestierismi di necessità, rivela uno stato di salute indebolito. È una lingua che «sopravvive», ma con possibilità ridotte: ha perso la capacità di completarsi secondo le sue forme, la capacità di esprimere i concetti che altre lingue esprimono invece normalmente.
Per i forestierismi di necessità sono dunque auspicabili anche soluzioni creative, per arricchire e vivificare l'italiano, ridandogli uno spirito fertile e rimettendolo alla pari con le lingue sorelle e le altre.
Tuttavia, all'atto pratico una sostituzione non è sempre possibile:
in certe situazioni un'innovazione linguistica potrebbe essere fuori luogo;
anche cercandola, potremmo non avere nessuna soluzione traduttiva convincente. Ciò non significa che il termine sia «intraducibile»: sicuramente si può trovare un’espressione felice, o coniare una neoformazione, per esprimere adeguatamente il concetto nella lingua di Dante. Ma a volte è difficile trovarne una, e sono necessarie lunghe riflessioni e ricerche.
In questi casi, nel frattempo, impiegheremo il forestierismo, avendo cura di usare l'adeguato trattamento grafico.
Il forestierismo di lusso rappresenta invece una libera scelta, senza una «necessità» pragmatica. Sarebbe eccessivo e autolimitante bandirlo del tutto. In qualche caso può davvero essere utile; in certi casi può rispondere a precisi bisogni comunicativi e artistici. Nel Purgatorio Dante scrive otto versi di fila in un’altra lingua (in occitano: canto XXVI, vv. 140–147).
Il problema del forestierismo di lusso sta nell'eccesso: anziché essere una rara eccezione ragionata, diventa un elemento abusato e pervasivo, che disturba il carattere della lingua e snatura la comunicazione.
In qualche caso, addirittura, rispetto all'alternativa italiana (creata sùbito se non già esistente), il forestierismo è tanto usato che a poco a poco la spinge fuori dall'uso comune, rendendola rara, difficilmente comprensibile o comunque poco usabile.
Il forestierismo è lecito; ma va usato con giudizio, con parsimonia e con piena consapevolezza. Non è un elemento normale, una semplice alternativa con valore di sinonimo, ma una sorta di «violazione concessa» delle regole della lingua, da riservarsi a casi particolari. Se mancano giudizio, parsimonia e consapevolezza, non ci si può permettere la violazione: ed è meglio emendarla.