Laocoonte

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Laocoonte è un personaggio che compare nel secondo libro dell'Eneide, nel momento in cui Enea racconta la caduta di Troia a Didone. Sacerdote di Nettuno, dio del mare, cerca di impedire ai Troiani di far entrare in città il regalo dei Greci.

Accorrendo dalla rocca di Troia fino alle mura, dove si trovava il cavallo di legno, urla adirato ai cittadini: "Stimate alcun dono dei Danai privo d'inganni?". Cerca prima con le parole, poi scagliando una lancia contro il ventre del cavallo, di mostrare l'inganno ai compagni, ma invano. Questo suo comportamento, guidato dalla rabbia verso la stupidità dei compagni e dal timore di vedere la sua città in mano ai nemici, spinge l'ira degli dei contro di lui. Dal mare sono mandati due grossi serpenti marini che, probabilmente per aumentare il dolore del sacerdote, attaccano per primi i due figli, Antifate e Tymbreus, che si trovavano sulla spiaggia.

Questo è detto il principio della Nemesi Storica, secondo il quale le colpe dei padri ricadono sui figli, infatti i figli di Laocoonte non hanno scelta se non quella di morire per le colpe del padre.

Nel tentativo di salvare la sua progenie, Laocoonte viene avvinghiato dai corpi dei serpenti. Lanciando urla alle stelle cerca di liberarsi, ma muore tra sofferenze orrende. I serpenti si rifugiano poi sotto la statua di Minerva, che si rivela essere la mandante della condanna del sacerdote.

I Troiani, prendendo questo come un segno, firmano la loro condanna portando il cavallo nelle mura della città.


Gli ultimi momenti


GIORNALISTA: Sono qui con il sacerdote di Nettuno, Laocoonte. Cosa è successo poco fa, davanti alle porte della città?

LAOCOONTE: Vorrei saperlo anche io. Ho appena assistito ad un tentativo di distruggere questa città: gli uomini che sono ancora fermi davanti alle mura, stanno idolatrando un regalo di Ulisse, nostro peggior nemico; quell'uomo è malvagio e sta cercando di ingannarli. O meglio, ci è già riuscito: con la deposizione del greco Sinone, quel finto pentito, pensano davvero che i Greci se ne siano andati? Che ci lasceranno in pace? Che Ulisse abbia abbandonato l'idea di vedere Troia bruciare? Non vogliono altro che gettare sale sulla mia patria, così da non lasciare altro che rovine al posto di questo luogo.

GIORNALISTA: Cosa stai provando in questo momento?

LAOCOONTE: Mi scuso per il mio tono concitato e il mio rossore, ma in quest'ultima ora le mie emozioni sono in subbuglio. Poco prima dell'arrivo del cavallo provavo speranza per il mio popolo. Stavo pregando gli dei quando mi è giunta la voce che alle porte era giunto un segno di buon auspicio: un regalo dei Greci. Sono corso alle porte della città, dove l'ombra del cavallo ne oscurava le pietre, e urlando pieno di furia ho tentato di fermarli, di farli ragionare, ma il Fato non me lo ha permesso. Temo di dover salutare per l'ultima volta questa terra dorata, ora che nelle menti dei miei stolti concittadini si è concretizzata l'idea di portare il cavallo in città.

GIORNALISTA: Come pensi che finirà per te?

LAOCOONTE: Sono sicuro che verrò punito dagli dei; in fin dei conti ho sfidato loro in prima persona. Tempo fa avevo ricevuto dei segni riguardanti la fine di Troia ma ho rifiutato ognuno di loro. Ora so che avrei potuto fare prima quello che ho tentato di fare oggi alle mura. [Fa una pausa di silenzio, poi, allungando lo sguardo, sussulta, stringendosi una mano al petto] "NO! No No No!!! [Le sue urla di disperazione vengono amplificate dal colonnato del tempio] I miei figli no! [Si allunga e prende le armi con cui aveva sacrificato un toro poco prima e, correndo verso la spiaggia, cerca di salvare le piccole figure strette, nella presa dei corpi dei due serpenti marini]."

pagina curata da Alice Seletti