Non sempre i bambini che manifestano una bassissima soglia dell’attenzione o un’irrequietezza che non lascia spazio a collaborazione e concentrazione sono capricciosi o viziati: spesso il loro è un vero e proprio problema psicologico, si tratta di un disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD).
Il disturbo da deficit attentivo con iperattività (ADHD- Attention Deficit Hyperactivity) viene inserito dai manuali diagnostici (DSM-IV e ICD-10) all’interno dei disturbi comportamentali e emozionali con esordio abituale nell’infanzia e nell’adolescenza.
La prevalenza del disturbo varia a secondo del contesto e degli strumenti diagnostici utilizzati. Tuttavia i dati indicano una prevalenza di circa il 4% della popolazione pediatrica. E’ più frequente nei maschi con un rapporto di 3:1.
In Italia la prevalenza stimata è di circa l’1% della popolazione pediatrica tra i 6 e i 18 anni.
I sintomi principali del disturbo, definiti anche nucleari sono 3:
I sintomi secondari del disturbo che possono manifestarsi sono:
Il Manuale Diagnostico DSM-IV definisce i criteri per la diagnosi dell’ADHD.
SOTTOTIPI: Se un soggetto presenta esclusivamente 6 dei 9 sintomi della disattenzione si pone diagnosi di ADHD-sottotipo disattento, se presenta esclusivamente 6 dei 9 sintomi di iperattività-impulsività viene posta diagnosi di ADHD-sottotipo iperattivo-impulsivo.
Se invece presenta le caratteristiche di entrambi i profili si pone una diagnosi di ADHD-sottotipo combinato.
L’ADHD essendo un disturbo evolutivo cambia con l’età. Si osservano cambiamenti soprattutto nelle fasi di transizione (quali ad esempio l’ingresso alla scuola primaria o il passaggio alla scuola secondaria di primo grado). Quello che si osserva è una diminuzione in adolescenza dei sintomi legati all’iperattività mentre possono sopraggiungere problemi legati all’umore e all’autostima.
Durante l’età adulta permangono difficoltà di natura esecutiva connesse soprattutto con l’organizzazione e pianificazione delle attività quotidiane. 1) età prescolare: è l’età in cui vi è il massimo grado di iperattività. E’ caratterizzata da comportamenti aggressivi, rabbia e comportamenti litigiosi e provocatori. L’assenza di paura che lo caratterizza lo porta ad attuare comportamenti pericolosi per la sua incolumità e al verificarsi di incidenti. Possono presentarsi inoltre dei disturbi legati al sonno. 2) età scolare: si evidenziano maggiormente i sintomi di natura cognitivi quali la disattenzione e l’impulsività mentre potrebbe verificarsi una riduzione dell’iperattività. Si manifestano le difficoltà scolastiche legate anche all’evitamento di compiti prolungati nel tempo. Possibile manifestazioni di comportamenti oppositivi-provocatori.
3) preadolescenza e adolescenza: accentuato disturbo dell’attenzione, difficoltà scolastiche e di organizzazione della vita quotidiana (pianificazione). Si evidenzia una riduzione del comportamento iperattivo e una aumento delle condotte pericolose.
Possibile manifestazione di disturbi depressivo-ansiosi.
4) età adulta: possono perdurare difficoltà nelle relazioni sociali, incapacità a mantenere un lavoro, ad avere relazioni affettive stabili. Permane anche una certa disorganizzazione nell’intraprendere azioni e fare scelte di vita.
L’ADHD si trova in comorbilità con altri disturbi del comportamento quali:
–DOP (disturbo oppositivo provocatorio):
– DC (disturbo della condotta) o con altri disturbi quali:
– DISTURBO D’ANSIA
–DISTURBO DELL’UMORE
–TIC
– DSA (disturbi specifici dell’apprendimento): si evidenzia una correlazione tra i due disturbi, che co-occorrono tra il 15-45% dei casi (Wilcutt e Pennington, 2000); Gillberg et al., 2004).
Quando si parla di co-occorrenza ci si riferisce alla contemporaneità o concomitanza di più disturbi in assenza di una relazione causale tra essi.
I problemi legati all’autocontrollo si manifestano in modo negativo sulle relazioni di natura interpersonale: -inadeguatezza nelle relazioni, sia in contesti strutturati che nel gioco; -un’alta frequenza di comportamenti negativi sia verbali che non verbali; -minore interazione con in compagni, maggior ritiro sociale seguito da aggressività
I bambini iperattivi vengono descritti dai loro compagni come non cooperativi in situazioni di gruppo, intrusivi e in alcuni casi aggressivi e provocatori.
Tutte queste caratteristiche portano spesso il bambino con ADHD a sperimentare il rifiuto dei propri pari e l’esclusione sociale.
I trattamenti ad oggi disponibili per l’ADHD sono:
Il più autorevole studio per verificare l’efficacia dei trattamenti per bambini con ADHD è quello del TMA Cooperative Group /uploads/1/3/2/7/13270568/tma_study.pdf .
Lo studio, della durata di 14 mesi è stato realizzato su un campione di 579 bambini di età compresa tra i 7 e i 9 con diagnosi di ADHD-tipo combinato
Il disegno sperimentale prevedeva 4 condizioni sperimentali:
1) terapia farmacologica
2) terapia comportamentale (psicoeducativo)
3) terapia combinata (farm+comportamentale)
4) trattamento di routine (Gruppo di controllo)
RISULTATI, per quanto riguarda la riduzione dei sintomi nucleari:
-Terapia solo farmacologica più efficace di quella solo comportamentale o di routine
-Terapia combinata (farmac.+comport.) più efficace di quella solo comportamentale o di routine
–Il trattamento psicoeducativo incide meno sui sintomi nucleari (disattenzione-iperattività-impulsività) mentre incide positivamente sulle relazioni con i pari, nella percezione dei genitori e nelle prestazioni scolastiche, consentendo la riduzione delle dosi del farmaco.
Quello che è emerge è la maggiore efficacia del trattamento multimodale rispetto alle altre tipologie di trattamento affiancato a un intervento di tipo multifocale che vede il bambino nella sua centralità e la collaborazione tra servizi, famiglia e scuola.
LINEE GUIDA
http://www.adhdbambiniiperattivi.com/
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