Donne nella società
8 marzo 2025 - Giornata Internazionale della Donna
8 marzo 2025 - Giornata Internazionale della Donna
In occasione della Giornata Internazionale della donna che si celebra ogni anno il giorno 8 marzo, la biblioteca "Renato Marzini" suggerisce alcune letture di autrici che hanno segnato la storia del Novecento italiano e non.
La ricorrenza, che si è fissata nel giorno 8 marzo in tempi recenti, ricorda sia le lotte per ottenere il suffragio universale, sia la tragica morte di oltre cento operaie e 20 operai nel rogo di una fabbrica a New York nel 1911.
Scrittrici, filosofe, giornaliste che hanno lasciato un'impronta nella società del loro tempo, impegnandosi nella lotta politica, nelle battaglie sociali e culturali. Attraverso le vicende personali tratteggiate nei loro romanzi, si intravede un'Italia e un mondo che cambiano, nei rapporti familiari, nel lavoro e nei suoi contratti, nei diritti conquistati e in quelli ancora da acquisire.
La maggior parte di queste autrici provengono da famiglie agiate e colte, e per questo hanno avuto accesso agli studi. Queste ragazze sono spesso simili alle protagoniste del loro romanzi. Ma il punto di vista è libero e nuovo.
Spesso la Storia mondiale ha condizionato le loro vite, costringendole a emigrare in altri paesi e a incontrarsi-scontrarsi con altre culture. Ma propio questo le ha spinte a impegnarsi in lotte sociali e politiche per le donne di tutto il mondo.
Virginia Woolf
La signora Dalloway
(Londra 1882 – Londra 1941). Una delle massime voci del Novecento nella letteratura di lingua inglese, Woolf ha scritto romanzi e saggi, oltre ad aver militato per la conquista del suffragio universale. Woolf è stata al centro di un circolo culturali di artisti e letterati.
13 giugno 1923. Clarissa Dalloway, una signora dell'alta borghesia londinese, esce a comprare i fiori per la festa che sta organizzando per la sera. Passeggia per le strade di Londra, sfiora la vita di tanti sconosciuti, ma non ha il fare allegro di chi si prepara a qualcosa di lieto, il suo incedere è incerto e continuamente ostacolato da pensieri che le affollano la mente, da ricordi che si intrecciano con la nostalgia di ciò che è sfuggito e mai potrà tornare. Desideri, angosce e paure della solitudine, della morte ma anche della vita, si rincorrono in un flusso incessante di parole che aprono ad altre parole. Con La signora Dalloway, Virginia Woolf ci regala un grande romanzo lirico, capace di rivelare tutta la precarietà degli esseri umani, feriti dalle circostanze, inermi di fronte alle correnti della sofferenza e della gioia.
Grazia Deledda
L'Edera
(Nuoro 1871 – Roma 1936). Deledda è tuttora l'unica donna italiana ad aver vinto il Premio Nobel per la Letteratura nel 1926.
Grande romanzo LEdera, profondamente amaro, fra i migliori della Deledda. Narra la storia di Annesa che consacra e sacrifica la sua intera esistenza per il bene dei suoi benefattori, la famiglia che l'ha accolta bambina come figlia danima e presso cui è cresciuta. Ai suoi benefattori e a Paulu in particolare, al quale è legata anche da un profondo sentimento damore, nonostante le pecche ben risapute del giovane, la ragazza è talmente devota che in un momento di profonda crisi familiare - quando si rischia la rovina ed il pignoramento di tutto proprio a causa della cattiva condotta di Paulu - Annesa compie un terribile delitto, con lintento di trovare attraverso esso la salvezza per la famiglia. Ma il delitto si rivelerà assolutamente inutile e segnerà linizio della sua redenzione, una redenzione che tuttavia, per assurdo, la protagonista non potrà raggiungere perché proprio i suoi benefattori, dai quali si era volutamente allontanata, la richiameranno dopo anni al loro fianco e come ledera lei si ritroverà riallacciata al vecchio tronco.
Hannah Arendt
La banalità del male
(Hannover, 1906 – New York, 1975). Arendt è stata storica, filosofa e politologa tedesca. Di origine ebraica, nel 1941 emigrò negli Stati Uniti.
Otto Adolf Eichmann, figlio di Karl Adolf e di Maria Schefferling, catturato in un sobborgo di Buenos Aires la sera dell'11 maggio 1960, trasportato in Israele nove giorni dopo e tradotto dinanzi al Tribunale distrettuale di Gerusalemme l'11 aprile 1961, doveva rispondere di 15 imputazioni. Aveva commesso, in concorso con altri, crimini contro il popolo ebraico e numerosi crimini di guerra sotto il regime nazista. L'autrice assiste al dibattimento in aula e negli articoli scritti per il "New Yorker", sviscera i problemi morali, politici e giuridici che stanno dietro il caso Eichmann. Il Male che Eichmann incarna appare nella Arendt "banale", e perciò tanto più terribile, perché i suoi servitori sono grigi burocrati.
Renata Viganò
L'Agnese va a morire
(Bologna, 1900 – 1976). Viganò è stata scrittrice, poetessa e partigiana durante la liberazione di Bologna.
"L'Agnese va a morire è una delle opere letterarie più limpide e convincenti che siano uscite dall'esperienza storica e umana della Resistenza. Un documento prezioso per far capire che cosa è stata la Resistenza [...]. Più esamino la struttura letteraria di questo romanzo e più la trovo straordinaria. Tutto è sorretto e animato da un'unica volontà, da un'unica presenza, da un unico personaggio [...]. Si ha la sensazione, leggendo, che le Valli di Comacchio, la Romagna, la guerra lontana degli eserciti a poco a poco si riempiano della presenza sempre più grande, titanica di questa donna. Come se tedeschi e alleati fossero presenze sfocate di un dramma fuori del tempo e tutto si compisse invece all'interno di Agnese, come se lei sola potesse sobbarcarsi il peso, anzi la fatica della guerra [...]." (Sebastiano Vassalli)
Simone de Beauvoir
Le belle immagini
(Parigi, 1908 – Parigi, 1986). Beauvoir è stata scrittrice, saggista, filosofa esponente dell'Esistenzialismo, militante femminista francese.
Laurence ha trent'anni, un marito, due figlie, un amante e un lavoro gratificante in un'agenzia pubblicitaria per la quale realizza immagini perfette che rendono la sua vita calma e piena di colore. Ma dietro questa calma apparente il meccanismo non funziona. Laurence lo avverte nelle inspiegabili lacrime della figlia maggiore, negli scoppi d'ira della madre, nell'indifferenza del marito e nell'egocentrismo dell'amante. E così all'improvviso si risveglia in lei un senso di insoddisfazione, la consapevolezza di essere estranea a se stessa, di vivere una vita di belle immagini vuote di valori e di verità.
Oriana Fallaci
Lettera a un bambino mai nato
(Firenze, 1929 – Firenze, 2006). Fallaci è giornalista e scrittrice, la prima donna italiana a essere impiegata come inviata speciale, seguendo la guerra del Vietnam.
l libro è il tragico monologo di una donna che aspetta un figlio guardando alla maternità non come a un dovere ma come a una scelta personale e responsabile. Una donna di cui non si conosce né il nome né il volto né l'età né l'indirizzo: l'unico riferimento che viene dato per immaginarla è che vive nel nostro tempo, sola, indipendente e lavora. Il monologo comincia nell'attimo in cui essa avverte d'essere incinta e si pone l'interrogativo angoscioso: basta volere un figlio per costringerlo alla vita? Piacerà nascere a lui? Nel tentativo di avere una risposta la donna spiega al bambino quali sono le realtà da subire entrando in un mondo dove la sopravvivenza è violenza, la libertà un sogno, l'amore una parola dal significato non chiaro.
Dacia Maraini
Dolce per sé
(Firenze, 1936). Maraini è scrittrice e poetessa italiana. Nel 1973 fondò a Roma il Teatro della Maddalena, gestito e diretto solo da donne, per cui ha scritto moltissimi testi teatrale.
Una donna matura e giramondo scrive per sette anni a una bambina, sua giovanissima amica, raccontandole esperienze, evocando i ricordi del suo amore per un giovane violinista, zio della giovane. Nella descrizione di viaggi, concerti, aneddoti familiari e incontri, l'autrice Vera instaura con la piccola Flavia uno scambio tra generazioni, la avvia a riflettere sul mondo e su come accostarsi ad esso.
Isabel Allende
L'isola sotto il mare
(Lima, Perù, 1942). Allende è scrittrice e giornalista cilena, naturalizzata statunitense. Cresciuta a stretto contatto con un cugino del padre, il futuro presidente cileno Salvador Allende, è colpita dal colpo di stato di Pinochet e vive dal 1973 come esule.
Le eroine di Isabel Allende recano tutte il medesimo tratto dominante: la passione. E Zarité Sedella, detta Tété, non fa eccezione. 1770, Santo Domingo, ora Haiti. Tété ha nove anni quando il giovane francese Toulouse Valmorain la compra perché si occupi delle faccende di casa. Intorno, i campi di canna da zucchero, la calura sfibrante dell'isola, il lavoro degli schiavi. Tété impara presto com'è fatto quel mondo: la violenza dei padroni, l'ansia di libertà, i vincoli preziosi della solidarietà. Quando Valmorain si sposta nelle piantagioni della Louisiana, anche Tété deve seguirlo, ma ormai è cominciata la battaglia per la dignità, per il futuro, per l'affrancamento degli schiavi. È una battaglia lenta che si mescola al destarsi di amori e passioni, all'annodarsi di relazioni e alleanze, al muoversi febbrile dei personaggi più diversi soldati e schiavi guerrieri, sacerdoti vudù e frati cattolici, matrone e cocottes, pirati e nobili decaduti, medici e oziosi bellimbusti. Contro il fondale animatissimo della storia, Tété spicca bella e coraggiosa, battagliera e consapevole, un'eroina modernissima che arriva da lontano a rammentarci la fede nella libertà e la dignità delle passioni.
Susan Abulhawa
Ogni mattina a Jenin
(Gerusalemme, 1970). Nata da una famiglia palestinese in fuga dopo la Guerra dei Sei Giorni, ha vissuto in orfanotrofio da bambina. Emigrata negli Stati Uniti, è diventata medico e ha svolto ricerche in ambito biomedico, oltre a essere scrittrice di romanzi e attivista.
Un romanzo struggente che racconta la storia di quattro generazioni di palestinesi costretti a lasciare la propria terra dopo la nascita dello stato di Israele e a vivere la triste condizione di "senza patria". Attraverso la voce di Amal, la brillante nipotina del patriarca della famiglia Abulheja, viviamo l'abbandono della casa dei suoi antenati di 'Ain Hod, nel 1948, per il campo profughi di Jenin. Assistiamo alle drammatiche vicende dei suoi due fratelli, costretti a diventare nemici: il primo rapito da neonato e diventato un soldato israeliano, il secondo che invece consacra la sua esistenza alla causa palestinese. E, in parallelo, si snoda la storia di Amal: l'infanzia, gli amori, i lutti, il matrimonio, la maternità e, infine, il suo bisogno di condividere questa storia con la figlia, per preservare il suo più grande amore. La storia della Palestina, intrecciata alle vicende di una famiglia che diventa simbolo delle famiglie palestinesi, si snoda nell'arco di quasi sessant'anni, attraverso gli episodi che hanno segnato la nascita di uno stato e la fine di un altro. In primo piano c'è la tragedia dell'esilio, la guerra, la perdita della terra e degli affetti, la vita nei campi profughi, condannati a sopravvivere in attesa di una svolta.
Marcela Serrano
Il tempo di Blanca
(Santiago del Cile, 1951). Emigrata a Parigi e poi a Roma a causa del golpe in Cile, figlia di scrittori e lei stessa artista, Serrano è tra le maggiori autrici latino americane.
Blanca è una donna di ottima famiglia che fino al giro di boa dei quarant'anni ha sempre vissuto in un mondo ovattato e lontano dalla realtà, in una casa-fortezza con madre, fratelli, sorelle, marito e figli. Fino a quando alcuni eventi vengono a sconvolgere la linearità della sua esistenza: l'incontro con persone di un ceto sociale differente, l'amore per un ex perseguitato politico, la scoperta di quanto può essere ipocrita e vuoto l'ambiente di origine. Un terremoto esistenziale, un bivio obbligato: è il momento delle scelte. Ma il grido di Blanca non si può levare: un'improvvisa, quasi metaforica malattia, l'afasia, la rende incapace di comunicare con l'esterno. E allora sprofonda davvero in un mondo bianco.
Chimamanda Ngozi Adichie
Americanah
(Enugu, Nigeria, 1977) - Studentessa di Medicina in Nigeria, ventenne si è trasferita negli Stati Uniti con una borsa di studio e poi rimasta negli USA fino alla laurea e oltre. E' autrice di numerosi romanzi e di interventi in conferenze sui diritti umani e il femminismo.
La distanza tra la Nigeria e gli Stati Uniti è enorme. Partire alla volta di un mondo nuovo abbandonando la propria vita è difficile, ma per Ifemelu è necessario. Il suo paese è asfittico, l'università in sciopero. E poi, in fondo, sa che ad accoglierla troverà zia Uju e che Obinze, il suo ragazzo dai tempi del liceo, presto la raggiungerà. Arrivata in America, Ifemelu deve imparare un'altra volta a parlare e comportarsi. Diverso è l'accento, ma anche il significato delle parole. Ciò che era normale viene guardato con sospetto. La nuova realtà, inclemente e fatta di conti da pagare, impone scelte estreme. A complicare tutto c'è la questione della razza. Ifemelu non aveva mai saputo di essere nera: lo scopre negli Stati Uniti, dove la società sembra stratificata in base al colore della pelle. L'ostilità verso l'Altro ha tanti modi di esprimersi e passa anche attraverso cose apparentemente futili. Se le treccine sono bollate come poco professionali, l'afro va domato a litri di lisciante. Esasperata, Ifemelu decide di dare voce al proprio scontento dalle pagine di un blog. I suoi post si conquistano velocemente un folto pubblico di lettori, che cresce e cresce fino ad aprire a Ifemelu fortunati sbocchi sul piano professionale e privato. Ma tra le pieghe del successo e di una relazione nuova si fa strada un'insoddisfazione strisciante. Ifemelu si sente estranea alla sua stessa vita e decide di tornare in Nigeria, anche se lì diventerà «Americanah».
Michela Murgia
Il mondo deve sapere
(Cabras, 1972 - Roma, 2023) - Autrice di numerosi romanzi e saggi, collaboratrice di programmi radiofonici e del podcast Morgana, su storie di personaggi femminili. Attivista per i diritti femminili e queer.
Nel gennaio 2006 Michela Murgia viene assunta nel call center della multinazionale americana Kirby, produttrice del mostro, l'oggetto di culto e devozione di una squadra di centinaia di telefoniste e venditori: un aspirapolvere da tremila euro, brevettato dalla NASA. Mentre, per trenta interminabili giorni, si specializza nelle tecniche del telemarchètting e della persuasione occulta della casalinga ignara, l'autrice apre un blog dove riporta quel che succede nel call center: metodi motivazionali, raggiri psicologici, castighi aziendali, dando vita alla grottesca rappresentazione di un modello lavorativo a metà tra berlusconismo e Scientology. Un racconto sul precariato in Italia, che fa riflettere, incazzare e, miracolosamente, ridere. Fino alle lacrime.