Matematica applicata

Intervista a Pasqualina Fragneto

Pensando al percorso universitario in ambito matematico spesso ci si aspetta dei risvolti professionali in settori totalmente teorici ed astratti, spesso connessi all’insegnamento. Oggi invece si sono aperte delle strade più pratiche legate alla matematica applicata con la nuova professione del Data Analyst, un figura sempre più ricercata e fondamentale all’interno delle aziende. Il 26 gennaio 2021 abbiamo analizzato tale percorso con la Dottoressa Pasqualina Fragneto, Manager del dipartimento di matematica applicata della STMicroelectronics , azienda italo-francese per la produzione di componenti elettroniche.

In cosa consiste il suo lavoro nello specifico?

“Io lavoro in una multinazionale che produce circuiti integrati per vari dispositivi, la STMicroelectronics. All’interno della mia azienda c’è un gruppo di ricerca di ricerca di sistema, che lavora sulle applicazioni dei dispositivi al mondo reale; all’interno di questo sottogruppo vi è un piccolo gruppo di ricerca di matematica applicata di cui io sono a capo.

Il termine usato per definire il mio team è Data Analyst, ovvero persone che si occupano di collezionare e analizzare i dati per estrarne le informazioni desiderate; con il nostro lavoro arriviamo a soluzioni innovative attraverso un’analisi approfondita di tipo teorico-matematico”.

Qual è stato il suo percorso di studi? E quello lavorativo? In particolare che cosa l’ha fatta avvicinare a questa professione?

“Nel 1998 mi sono laureata a Napoli con una laurea triennale in matematica, quando scelsi di studiare matematica all’università non sapevo cosa avrei fatto in futuro, mi sono fatta guidare dalla mia passione per tale materia. Durante il terzo anno ho fatto un Erasmus in Germania e ho capito per la prima volta cosa volesse veramente dire applicare la matematica a problemi di tipo industriale. Quindi ho seguito corsi di geometria algebrica e di algebra, specializzandomi in queste materie. Alla fine del quarto anno di studi mi hanno proposto uno stage nell’azienda dove lavoro attualmente, ho accettato e intanto lavoravo per la mia tesi sulla codifica di immagini. In seguito al conseguimento della laurea mi hanno proposto di rimanere all’interno dell’azienda e ho lavorato per 10 anni come crittografa, ovvero nell’ambito della sicurezza dei dispositivi. Successivamente mi è stata fatta una proposta per svolgere un lavoro più trasversale in cui impiegare e creare varie competenze in ambiti diversi: questa è la professione che svolgo da ormai 12 anni nell’ambito del machine learning e computer vision. Inoltre al momento sono anche tutor di dottorandi del politecnico di Milano”.

Le aspettative che aveva prima di lavorare sono state ricambiate?

“No, sono state addirittura superate. Negli anni ‘90 il mio percorso di studi prevedeva che o andassi ad insegnare o che rimanessi in università a fare ricerca accademica. Per molti ha significato non usare direttamente la matematica come strumento fondamentale della professione. Oggi c’è invece la figura dei Data Analyst che studiano i dati e partendo a questi cercano di sviluppare dei modelli.

A volte mi chiedo se sarebbe stato interessante fare un periodo all’estero. Mi avevano proposto di andare in America ma ho rifiutato non volendomi allontanare ulteriormente dalla famiglia. Sono totalmente soddisfatta della mia vita professionale e questa sarebbe l’unica cosa che rivaluterei.”

Quali sono i pro e i contro della sua professione? Ad esempio quanto tempo occupa il lavoro rispetto al tempo libero e alla famiglia?

“Bisogna specificare che per chi è amante del proprio lavoro in realtà lavorare è un divertimento, non una fatica. Il rapporto di fiducia che ho instaurato con il mio capo mi permette di avere più libertà e di gestire così a mio piacimento la giornata. Dedico gran parte del mio tempo alla ricerca ma ho anche tempo libero da dedicarmi e da dedicare ai miei interessi. Talvolta mi capita di lavorare anche fino a tardi ma sempre per piacere e voglia, mai forzatamente. In sostanza direi che, a parer mio, il mio lavoro occupa il giusto tempo all’interno della mia vita”.

Come definirebbe il suo ambiente lavorativo? È competitivo o solidale? É sereno?

“Da un lato lavorare in un contesto di ricerca non ti mette la pressione che normalmente si ha quando devi fornire la soluzione a un cliente, l'ambiente è quindi più rilassato e sereno. Dall'altro lavorare su compiti molto impegnativi e stimolanti, implica un minimo di competizione: la nostra è una professione per obbiettivi, nella quale dobbiamo essere sempre attivi e non possiamo permetterci di accomodarci sui lavori pregressi. Non mancano inoltre gli scontri tra colleghi, ma quello entra in una dinamica naturale lavorativa, tipica dei rapporti umani.”

Come è cambiata nel corso degli anni la sua retribuzione, da neoassunta a oggi?

“Questa è una nota dolente nel contesto italiano: la ricerca è la parte povera di un'azienda. Mentre nel mondo tutte le grandi aziende di tecnologia hanno un reparto di ricerca fondamentale, in Italia la ricerca è una concessione. La retribuzione è associata a quello che produci nell'immediato, e nel caso di lavori come il mio, che deve prevedere l'utilità di un prodotto negli anni futuri, è chiaramente rischioso. Tuttavia se considero il mondo della ricerca, ST è stata generosa. A livello economico la mia evoluzione è stata abbastanza lineare, ciò che invece si è evoluta in mondo quadratico è stata la possibilità di gestione del mio tempo: io lavoro per progetto, per obbiettivi e non per orario. Questo mi rende molto libera e per me vale più di uno stipendio più alto.”

Come è cambiata la sua professione da quando l'ha intrapresa ai tempi del Covid-19? Come crede cambierà in futuro?

“Io lavoro in smart working dal 26 febbraio dello scorso anno: da un lato è comodo avere la possibilità di gestire il proprio tempo e i propri spazi; dall'altro, a lungo andare, senti il peso dell'isolamento. Il tempo che ho trascorso in casa, indisturbata e concentrata sul mio lavoro, è paradossalmente molto positivo e produttivo. Di contro l'uomo è un animale sociale: ha bisogno del confronto con l'altro, del dialogo. Perciò, per quanto le videoconferenze siano un buono e valido strumento, nasce il bisogno di una vera e propria interazione che crei fiducia, soprattutto in una professione come la mia dove si lavora alla creazione di un progetto in collaborazione con diversi gruppi di persone. Dato che interamente da remoto non è fruttuoso, è necessaria una soluzione ibrida, che tenga conto sia della produttività che della socialità.”

Quali sono i prerequisiti e le attività necessarie per svolgere la sua professione?

“Lavorando in un contesto di ricerca bisogna avere una grande curiosità di base. Non tanto, come spesso si pensa, una visione su quello che sarà il futuro ma piuttosto tanto desiderio di conoscere, che diventa un ingrediente fondamentale nella ricerca. Importante è ovviamente anche il percorso formativo in campo matematico. In particolare a me ha dato la possibilità di avere un background molto ampio ma anche molto approfondito. Durante gli studi si sviluppa quella che è la forma mentis di un matematico, cioè sapere non solo come qualcosa funziona ma perché quel qualcosa funziona. Questo sottolinea anche la differenza tra l’approccio teorico della matematica e quello più pragmatico dell’ingegneria. Nel campo della ricerca e della matematica applicata è necessario avere la capacità di unire i due approcci, rimanendo legati alla teoria ma applicandola al pratico. Davanti alla ricerca del teorema astratto, tenendo in mente che ogni modello è un’approssimazione, non dobbiamo dimenticare che la macchina che stiamo progettando deve funzionare.

Naturalmente ci vuole anche tanta passione, perché nella ricerca spesse volte si sbaglia: dopo mesi passati sulla scrittura nel codice e sulla validazione poi il progetto iniziale non funziona.

Ricominciare da capo è frustrante ma bisogna essere in grado di gestire questo tipo di situazioni. In questo contesto è spesso la passione che ci spinge ad andare avanti.”

Il suo lavoro continua ad appassionarla e a stimolarla? In che modo?

“Il mio lavoro continua ad appassionarmi per via dei ragazzi che arrivano ogni anno e si laureano con me. La loro vitalità è contagiosa e mantiene viva la mia curiosità che è l'elemento più importante. Infine il fatto che i progetti sono sempre diversi e mai ripetitivi rappresenta un’ulteriore fonte di stimoli.”


A cura di:

Caiazzo Francesca

Fognini Alessia,

Paternoster Francesca