Storie di Economia

Intervista a Giampaolo Levi

Ad oggi l'economia costituisce una fonte di grande attrattiva per le generazioni più giovani: agli occhi degli universitari italiani questa facoltà garantisce ottime prospettive di carriera e di indipendenza.

Anche Giampaolo Levi ha intrapreso questa strada, diventando un Manager Finance con alle spalle esperienze ultra-ventennali in aziende multinazionali e società complesse. Il 10 febbraio 2021 ci ha introdotto il mondo dell'economia e della finanza e ci ha concesso di osservare più da vicino le dinamiche del macchinoso mercato del lavoro. L'ambito economico è all'altezza della reputazione che lo precede, delle statistiche che lo descrivono? Qual è la sua esperienza? Quali contingenze hanno mosso un professionista come Levi nella vita, le opportunità o le passioni?

Può presentarci la sua figura professionale?

“Io lavoro in una multinazionale diversificata, la quale fa capo ad alcune fonti di investimento ed ha interessi in tutto il mondo, in settori molto diversificati tra di loro. La mia azienda è stata comprata circa sette anni fa da un nuovo azionista e io mi occupo attualmente di tutto il settore “finance” dell’unità locale italiana. Occuparsi dell'attività finance significa occuparsi dell'approvvigionamento dei materiali, dei pagamenti e delle fasi che invece sono rivolte alla vendita dei materiali, quindi quella di produzione, dell'uscita delle merci e della fatturazione dei prodotti dei clienti. Io mi occupo della parte fiscale e legale, in particolare della reportistica verso la casa madre: uno dei compiti principali di un’azienda che, come la nostra, fa parte di un grosso gruppo multinazionale estero è la fase della reportistica, ovvero della soddisfazione mensile di richieste piuttosto pressanti, come la condivisione di informazioni corpose con gli azionisti della nostra multinazionale. Il mio compito è quindi quello di raccogliere insieme al mio team i dati di tutte le società satellite, in totale 48, di consolidarli, e infine di dare visione agli azionisti e al mercato di come procede l'azienda, essendo essa quotata anche sul mercato americano. Questa attività viene solitamente svolta soltanto all'interno di aziende complesse, con società anche in territorio estero.”


Qual è stato il suo percorso di studi? E quello lavorativo? Come si è avvicinato alla sua professione?

“La mia scelta di iscrivermi all’indirizzo di economia all'università Cattolica è stata poco consapevole e molto affrettata: mi ha influenzato infatti la vicinanza dell’ateneo a casa mia, anche se avevo valutato come la facoltà di economia e commercio mi avrebbe consentito in ogni caso ampie possibilità. Infatti, pur essendo una facoltà abbastanza inflazionate, gli spunti e le opportunità che ti offre dal punto di vista professionale sono tuttora numerosi. Va inoltre considerato che non è complessa: presenta contenuti che richiedono un livello di impegno e di apprendimento molto minore rispetto ad altre.

Per quanto riguarda il percorso di studi, il corso di laurea che ho frequentato era orientato sulla matematica, sull’economia applicata; mentre il mio percorso professionale si è discostato alquanto dalle mie aspettative e dai miei progetti. Desideravo, infatti, diventare professore universitario, ma la mia esperienza lavorativa è andata in una direzione del tutto diversa: appena laureato ho avuto infatti la possibilità di fare uno stage di sei mesi in Turchia, che mi ha arricchito da un punto di vista sia professionale che umano. Dopo lo stage sono stato assunto in una multinazionale di trasporti francese, nella quale ho lavorato per circa dodici anni, avendo occasione di girare l'Italia e il mondo, di viaggiare. In seguito ho passato altri otto anni in una multinazionale americana che si occupava di società che forniscono i lavoratori a termine. Infine, dagli ultimi sette anni e mezzo, lavoro in una multinazionale americana che produce inchiostri.

Ciò che ho imparato dal mio percorso è che alla fine quello che ci muove nella vita sono le opportunità più che le grandi passioni, o almeno nel mio caso. Sottolineo che i primi sei anni lavorativi sono fondamentali per direzionare la propria strada, prima che essa si incardini. Non posso dire che faccio il lavoro della vita, la mia più grande passione; eppure ho sempre avuto occasione di fare esperienze molto variegate, mai noiose o ripetitive, e di viaggiare.”


Quali sono le varie branche dell'economia? Può descrivercele in breve?

“Al giorno d'oggi c'è un livello di specializzazione enorme, quindi le branche dell'economia sono molte.

Si può decidere se lavorare molto di più sull'aspetto teorico, quindi di vivere di numeri, di matematica, dei cosiddetti modelli econometrici: studiando il lato più puro della materia si acquisisce la possibilità di fare lo studioso di economia e di intraprendere la carriera universitaria. Non mancano poi sviluppi molto più applicativi, come la professione di commercialista, un lavoro pratico che si occupa di adempimenti fiscali, o una qualunque attività di consulenza, che di teorico ha molto poco ed è invece orientata sui principi contabili e sulla ragioneria. Con ragioneria si intende il calcolo e l'analisi i bilanci, quindi la massimizzazione in numeri dei pagamenti, necessaria per efficientare i processi delle società. Questi sono i due estremi.

Nel mezzo dei vi sono: le specializzazioni delle branche del marketing, molto richieste, le quali si occupano della pubblicizzazione e dell'ideazione di prodotti; e l'economia aziendale, una modalità che offre molte possibilità lavorative, in quanto consente di approcciare differenti professioni economiche e capacità amministrative nelle grandi aziende.

Ad essere rilevanti, tuttavia, non sono solo gli aspetti tecnici, ma anche quelli relazionali: oltre alle nozioni di base, è importante possedere le “soft skills”, perché le modalità con cui noi interagiamo con un interlocutore prescindono con quello che sappiamo, soprattutto in aziende complesse e strutturate.”


Com'è il mercato del lavoro in Italia rispetto all'estero?

“All’interno di alcuni settori dell’economia c’è un certo tipo di ricambio: ciò vuol dire che certe aziende, a prescindere da quelle che sono le situazioni del mercato e i momenti della storia, continuano a reclutare personale e a fare un “turn-over”. Ne è un esempio il mondo della consulenza, dove ogni anno ci sono molti ingressi e, allo stesso tempo, molte uscite. Questo tipo di ambienti offrono quindi grosse opportunità, ma solo da un punto di vista quantitativo. Ciò per dire che il mondo del lavoro in Italia può presentare delle opportunità in alcuni settori specifici, come nell’ambito economico-digitale o energetico, ma, in linea generale, trovare un’occupazione nel nostro paese in questo momento non è semplice. Abbiamo un tasso di disoccupazione ancora piuttosto alto, specialmente tra i giovani, e un’età media delle persone impiegate alquanto alta. Inoltre nel nostro paese il mercato non è flessibile come in altri paesi: se da un lato, in Italia un lavoratore con un contratto a tempo indeterminato è più tutelato, dall’altro, la rigidità del mondo del lavoro non crea abbastanza opportunità per tutti. All’estero, invece, la flessibilità e le possibilità sono maggiori, quindi a parità di preparazione è più probabile trovare un impiego, anche se in questi contesti il lavoratore ha meno garanzie e potrebbe essere licenziato con la stessa velocità con cui è stato assunto. Oltre a ciò, la scelta del corso di laurea e dell’università in sé può essere determinante in futuro”.


Quanto tempo occupa la sua professione nell'arco di una giornata? Come è possibile conciliare la sfera privata con la sfera professionale?

“In questo periodo che, come sapete, è un periodo particolare e difficile, dividere la vita privata da quella professionale non è semplice: a casa, il lavoro si interseca involontariamente con la sfera privata. Tuttavia bisognerebbe essere capaci di stabilire dei momenti da dedicare esclusivamente ad una delle due sfere. Ciò che io ho sempre avuto chiaro è che, per me, la vita extra professionale (la famiglia, gli amici, lo sport e più in generale i miei interessi) ha sempre avuto uno spazio importante e a sé stante. A questo proposito, le aziende multinazionali anglosassoni hanno un rispetto maggiore per il tempo: è difficile che un collega americano lavori oltre le cinque. In Italia è diverso, ma questo è più dovuto ad un fatto culturale. Rimane comunque importante trovare un giusto equilibrio, perché in molti contesti (come quello di cui io faccio parte) è valutato positivamente: dare spazio ai propri interessi completa la tua figura professionale, non la limita. Quindi trovare una via di mezzo si può e si deve fare: è un elemento distintivo e di completezza”.


In una situazione di pandemia, come è cambiata la sua professione? Come pensa che cambierà il lavoro?

“Il Covid-19 ha intaccato molto negativamente le performance della mia azienda: le aziende vengono infatti valutate in base a ciò che riescono a vendere e chiaramente, in tempi di pandemia globale, con molti clienti isolati o all'estero, è stato complicato. La nostra azienda ha infatti vissuto un vero e proprio crollo del business, dal quale spera di riprendersi nel 2022. A cambiare in modo definitivo è stata l'organizzazione del lavoro: ad oggi nella mia azienda lavoriamo tutti da remoto ed è difficile che, anche quando le cose torneranno alla normalità, ritorneremo tutti in ufficio contemporaneamente. Ormai si sono innescate modalità organizzative e lavorative che hanno sostituito e modificato definitivamente quelle tradizionali. Perciò, dal punto di vista organizzativo, il covid ha sicuramente cambiato le carte in tavola; ma sono convinto che, se le aziende riusciranno a ricavare gli aspetti positivi di entrambe le modalità, ne trarranno vantaggio.”


Come è cambiata la sua retribuzione nel corso degli anni, da neoassunto ad oggi?

“Se l'obiettivo è quello di crescere, non solo professionalmente, ma anche dal punto di vista retributivo, per massimizzare il proprio stipendio è fondamentale cambiare frequentemente posti di lavoro. Questo perché all'interno dello stesso posto di lavoro, anche se si è professionalmente molto capaci, è difficile per i dipendenti ottenere importanti aumenti, essendo a sfavore dell'economia aziendale. Al contrario, presentandosi in un'altra azienda, è possibile negoziare un nuovo stipendio sulla base delle proprie competenze lavorative. Ovviamente, nella fase iniziale della carriera, indicativamente dai quattro ai cinque anni, si ricevono stipendi stipendi più bassi, poiché lo stipendio è ciò che si impara. Solo in seguito potremo essere nella condizione di affermare quanto valiamo. Così, più passa il tempo e più acquisiamo esperienza, più la nostra professionalità verrà ripagata. L'andamento è quello di una curva che sale lentamente: si parte sempre lenti e poi si cresce in base alle opportunità che sappiamo crearci.”

A cura di:

Caiazzo Francesca, Chioda Silvia

Fognini Alessia, Parlati Giulia,

Paternoster Francesca, Vezzoli Viola