Architettura

Intervista all’architetto Vincenzo Gaglio

Il giorno 23 febbraio 2021, il gruppo interessato all’abito dell’architettura, ha avuto il piacere di intervistare il libero professionista Vincenzo Gaglio. Nell’intervista l’architetto ci ha raccontato del suo percorso formativo e del lavoro di sui si occupa tutt’oggi, spiegandoci più nello specifico come è cambiato il suo lavoro nel tempo e durante questo periodo di pandemia. Nonostante avesse avuto sin da piccolo la passione per questo lavoro, ha evidenziato come l’interesse per il disegno tecnico sia una qualità fondamentale per intraprendere questa strada, oltre alla fortuna di trovare delle persone che facciano da punto di riferimento durante il percorso. Speriamo che questa intervista possa rispondere ad alcune domande di ragazzi che ancora non hanno le idee chiare come noi.

In cosa consiste il suo lavoro? Di cosa si occupa nello specifico?

Io sono un architetto e mi occupo di progettazione architettonica, soprattutto finalizzata agli edifici residenziali. Mi occupo sia di nuove costruzioni sia di ristrutturazioni di edifici o di interni.

Quale è stato il suo percorso di studi?

Io ho frequentato una scuola per geometri poiché avevo già l’idea di dedicarmi a questo tipo di lavoro. Dopodiché mi sono iscritta alla facoltà di architettura a Milano, cambiando cosi paese e abitudini e mi sono laureato nel 2002, quasi 20 anni fa.

Rifarebbe lo stesso percorso? Ha avuto ripensamenti?

Credo che il percorso che ho fatto è sia stato caratterizzato sicuramente dalle persone che ho incontrato e in primo luogo dai docenti, se incontrassi gli stessi insegnanti rifarei sicuramente il percorso poiché mi hanno preparato sia da un punto di vista più tecnico ma anche riguardo alle conoscenze generali poiché hanno sempre cercato di insegnare ambiti non strettamente legati a quelli proposti dalla mia scuola. Per quanto riguarda il percorso universitario invece ero indeciso fra architettura e ingegneria edile, ma la mia inclinazione verso il disegno e gli aspetti più artistici mi ha portato a scegliere architettura.

Le aspettative prima di lavorare sono state rispettate?

Si, grossomodo avevo un’idea di quale potesse essere il lavoro, anche se poi questo lavoro nel tempo si è evoluto, è cambiato, quindi rispetto agli anni delle scuole dell’obbligo sicuramente ci sono state delle evoluzioni significative. Sapevo che più o meno il campo di applicazione era quello delle costruzioni in generale, però non conoscevo le sfaccettature di questo lavoro. Poi secondo me ci sono anche altri aspetti, molto spesso magari il nostro immaginario viene ulteriormente alimentato da anche suggestioni che vengono magari dai genitori, dagli amici, dai parenti, e si è sempre forse un po’ portati ad essere al centro delle attenzioni e delle scelte da fare: tutto diventa relativamente grande e incombente. Quindi probabilmente c’è sempre tempo di fare delle scelte ma anche tempo per cambiare idea, dei tempi di riflessione si possono sempre prendere. Poi, almeno per quanto riguarda la facoltà di Architettura, è un indirizzo che permette di lavorare in ambiti differenti, quindi non vuol dire che poi studiando a questa facoltà si debba fare necessariamente l’architetto. Io penso che poi ci siano facoltà che predispongono a certi tipi di studi, di atteggiamento e ragionamento che possono essere applicati anche in altri campi: molti miei colleghi sono infatti andati a lavorare in banca, altri hanno deciso proprio di fare lavori completamente diversi. È chiaro però che si tratta di una facoltà che a mio avviso richiede una qualche motivazione di fondo.

Ci sono dei pro e dei contro nel suo lavoro?

Come dicevo, l’architettura apre diverse strade, però ci sono anche diversi tipi di architetti: chi lavora come dipendente in uno studio di architettura, i liberi professionisti, chi lavora presso aziende o multinazionali. Quindi ciascuno di questi lavori ha dei pro e dei contro, che sono anche molto differenti tra loro. Chiaramente svolgere la libera professione vuol dire avere dei pro come la gestione personale del tempo, anche se a volte è soltanto apparentemente libera, e dei contro come il senso di continua precarietà, dato che chiaramente a fine mese non si ha uno stipendio fisso o delle entrate sicure ma dipenderà dal lavoro che avete fatto e da tante altre variabili. Se invece si lavora per un’altra struttura cambia tutto: si avrà meno flessibilità, disponibilità e autonomia nella gestione del tempo però magari a fronte c’è una maggiore sicurezza economica. Questi sono i pro e contro principali che mi vengono in mente, poi è vero che forse ce ne sono anche altri, per esempio, in quanto libero professionista, difficilmente quando torno a casa riesco a staccare davvero dal lavoro: continuo a pensare un po’ a quello che dovrò fare il giorno dopo, alle scadenze; oppure c’è un po’ una controindicazione nel fare un lavoro che ti piace, ovvero che non staccheresti mai e quindi continueresti a fare progetti e schizzi, a pensare come potrebbe essere realizzato un certo edificio, come potrebbe essere arredato un certo appartamento, e quindi un aspetto positivo e piacevole può diventare anche un aspetto negativo, dipende dalla lettura.

Qual è l’aspetto che la appassiona di più del suo lavoro?

Forse proprio quest’ultimo di cui vi parlavo. Intanto un architetto, libero professionista come nel mio caso, lavora quasi sempre per dei committenti che hanno dei progetti che solitamente sono alimentati anche da speranze, quindi chiaramente se vuoi costruirti una nuova casa o fare un intervento residenziale lo fai perché c’è dietro comunque una tendenza a volere un miglioramento. Solitamente si lavora sempre quindi per realizzare dei sogni o delle speranze, e questo è sicuramente un aspetto molto bello di questo lavoro. E poi sicuramente questo tipo di lavoro alimenta un po’ la creatività, puoi in qualche maniera applicarti e fare delle ricerche anche espressive.

Quanto occupa la sua professione nell’arco di una giornata? Riesce a conciliare il tempo libero e la sfera privata col lavoro?

Essendoci queste variabili, non c’è una regola fissa, spesso ci sono giornate in cui in due o tre ore riesci a mettere a posto, sistemare, completare e consegnare; ci sono altri momenti in cui la classica “giornata lavorativa” non basta e non è sufficiente, quindi bisogna organizzarsi molto e molto bene. A volte si lavora anche dodici ore al giorno, però, devo dire, che c’è comunque una certa flessibilità.

Durante gli anni la sua professione è cambiata?

Per quanto riguarda la libera professione, nel tempo, da quando io mi sono laureato, sono cambiate molte normative di riferimento e quindi c’è la tendenza a creare degli studi anche di professionisti abbastanza numerosi in modo tale da strutturarsi al meglio; quindi la figura dell’architetto “artigiano” è un po’ più creativa poiché si dedica più a piccoli progetti e viene messa in crisi da questo quadro generale che si sta formando.

Da questo punto di vista è cambiato questo aspetto, sono intervenuti degli obblighi e bisogna, per esempio, avere un’assicurazione professionale che vada a coprire eventuali errori di progettazione che si possono fare.

Ciò vuol dire che chi, oggi, avesse in mente di fare l’architetto deve comunque avere alle spalle una struttura abbastanza importante perché si risponde anche col proprio patrimonio personale di eventuali errori; per esempio, se un cliente dovesse avere dei problemi potrebbe eventualmente rifarsi anche sul vostro patrimonio.

Per quanto riguarda come è cambiata la professione dopo questa pandemia: forse non lo sappiamo ancora o si intravede qualcosa, si intravede il fatto che intanto il lavoro diventa ancora più flessibile di quello che era e quindi si ha, magari, la possibilità di lavorare un po’ di più a distanza e vedremo quanto questo aspetto sarà veramente confermato o solo un'abitudine temporanea.

Però col lavoro a distanza si può fare squadra e team con persone con cui solitamente non si collaborava, da questo punto di vista ci sono nuove opportunità e c'è una maggiore sensibilità all'ambiente che può portare a nuove prospettive di lavoro, a nuove attenzioni verso la natura e l'ambiente.

Io non sono molto fiducioso da questo punto di vista perché penso che questo è uno di tanti aspetti, l'idea di sostenibilità è un discorso più ampio che andrebbe affrontato.