Dei Materiali

Un'ingegnere con l'apostrofo

Durante questa intervista, tutta al femminile, l’ingegnere Marinella Levi ci ha raccontato il suo percorso formativo e professionale e ci ha parlato di come si sia avvicinata all’ingegneria dei materiali grazie all’incontro con due donne.

Ha evidenziato come l’avvento della tecnologia abbia cambiato il suo lavoro e quanto sia quindi importante, per avere una carriera in questo settore, tenersi sempre aggiornati, vista la continua evoluzione dei materiali di cui il suo settore si occupa; e avere passione, pazienza e voglia di imparare.

La signora Levi ha anche evidenziato le difficoltà, ma allo stesso tempo le grandissime soddisfazioni, che derivano dall’essere un’ingegnere con l’apostrofo e quindi di doversi confrontare con un ambiente prevalentemente maschile.

Speriamo di potervi trasmettere, attraverso la rielaborazione della chiacchierata con la signora Levi, tutta la passione per il proprio lavoro che lei ha saputo trasmetterci e aiutare tutti i ragazzi che sono potenzialmente interessati a seguire un percorso di studi in ingegneria dei materiali, comprendendo meglio questo mondo.

Marinella Levi. Laureata in ingegneria chimica e con un successivo dottorato in ingegneria dei materiali. Lavora al Politecnico di Milano nella scuola di ingegneria industriale e dell’informazione. Insegna nel corso di studio di ingegneria dei materiali e delle nanotecnologie.

1) Cosa l’ha portata ad avvicinarsi al corso di studi di ingegneria dei materiali?

Io in realtà non sono laureata in ingegneria dei materiali, perché all’epoca c’era solo un corso che consentiva di approfondire lo studio dei materiali, che era quello che mi interessava. Era il corso di ingegneria chimica, perché allora gli unici che si occupavano dei materiali erano gli ingegneri chimici. Sono arrivata ad ingegneria dei materiali grazie alla mia grandissima passione per la chimica e all’incontro con due donne. La prima era la mia insegnante di liceo di scienze a Catania, Matilde Reitano, che è stata da sempre per me un faro e che mi ha insegnato la bellezza delle scienze, soprattutto chimica e biologia. Quindi, quando mi trasferii a Milano, andai a chiedere informazione sia per biologia che per chimica. A chimica c’era un’altra professoressa, Luisa Peraldo Vicelli, soprannominata “la tigre” per il suo carattere, la quale faceva orientamento alle future matricole; ed era l’unica donna ad insegnare in quel corso. Proprio lei mi consigliò, data la mia passione per la chimica e per i materiali, di fare ingegneria chimica.

2) Di cosa tratta nel concreto il suo lavoro oggi?

Oggi, nel concreto, il mio lavoro consiste nel formare e mettere sul mercato ingegneri dei materiali. Insegno, infatti, ingegneria dei materiali da quando questo corso è stato istituito. Si tenga presente che ho fatto le prime esercitazioni già mentre svolgevo le tesi nel 1986.

Da lì ho fatto una lunga gavetta che mi ha portata a diventare professoressa ordinaria di ingegneria dei materiali al Politecnico di Milano.

Io quindi insegno alla scuola di ingegneria e formo ingegneri di materiali di primo e secondo livello e persino ragazzi che fanno il dottorato di ricerca, cioè il terzo livello di formazione universitaria. Oltre a questo, tengo anche dei corsi nella scuola di design ai ragazzi del primo e del quinto anno.

Altro elemento fondamentale del mio lavoro è la ricerca, sia di base, finanziata dallo Stato o dall’Unione Europea, o finanziata da aziende private. In particolare faccio ricerca su come usare la plastica in nuovi modi e su come riciclarla.

3) Quali sono gli sbocchi lavorativi che può garantire un percorso di studi in ingegneria dei materiali?

La principale competenza di un ingegnere dei materiali è la sua trasversalità: può andare a scegliere/progettare con i meccanici i materiali per fare i treni o con gli energetici per fare le pale eoliche o con i civili per fare i ponti...

Possiamo dire che senza materia non c’è mondo e la materia, quando viene trasformata in un prodotto, diventa materiale.

Inoltre, anche tutto il processo di fine vita e di gestione del riciclo dei materiali vede un ingegnere dei materiali estremamente coinvolto.

In sintesi, un ingegnere dei materiali può andare a lavorare in qualsiasi ambito, produttivo o di ricerca, in cui si adoperano materiali: dunque, gli sbocchi lavorativi sono tutti quelli che hanno a che fare con la produzione, l’uso, lo smaltimento e il riciclo dei materiali.

4) Come si può fare carriera nel suo settore?

Nel settore dell’ingegneria dei materiali si fa carriera lavorando duro e onestamente. Se uno ha la possibilità di scegliere il lavoro che più gli piace e lavora duramente e in modo trasparente e coerente con quelle che sono le richieste del suo contesto lavorativo, fa facilmente carriera. Nell’ambito specifico dei materiali si può fare carriera, ad esempio, tenendosi sempre aggiornati, poiché i materiali evolvono - soprattutto oggi - ad una velocità straordinaria, poiché è in atto sul pianeta una corsa per quanto riguarda l’innovazione dei materiali per renderli sempre ecologicamente più sostenibili. Secondo me, oggi chi sarà un po’ più veloce a fare carriera riuscirà, oltre che ad essere un innovatore,

a studiare e ad intercettare l’innovazione degli altri; non per copiarla, ma per trarne il meglio che essa offre; e per partire non ogni volta dalla scoperta iniziale, ma da una base solida, che è costituita dal sapere che ogni giorno viene condiviso e messo in rete; e da lì poi evolversi ulteriormente.

Per quanto riguarda l’università, si fa carriera se si ha molta passione e molta pazienza, perché in Italia le carriere universitarie sono purtroppo molto lunghe e dettate da una pianificazione che non ci mette ai primi posti nelle classiche europee. Nonostante la nostra università sia sotto- finanziata dallo Stato, con orgoglio posso dirvi che i nostri studenti italiani, quando si spostano all’estero, raggiungono spesso risultati di vertice. I nostri ragazzi quando vanno dove il mercato li chiama, ad esempio negli Stati Uniti, in Cina o in Germania, solitamente si posizionano molto in alto nelle classiche, ottenendo ruoli dirigenziali. Inoltre riescono a fare carriera con maggiore velocità. Questo vuol dire che il nostro prodotto, che sono i nostri studenti, nonostante il sotto- finanziamento dell’università in Italia, ancora oggi sono, per fortuna, ha un grande valore. Quindi, per far carriera in università, bisogna essere prima di tutto appassionati, studiare tanto ed essere molto umili e pazienti.

5) Quali sono stati i pro e contro, sia nel percorso scolastico che in ambito lavorativo?

I pro: essere dentro a una scuola con molti valori e grandi maestri, che mi hanno insegnato davvero come si fa questo lavoro, cioè insegnare e fare ricerca. I contro: solo uno. Fare professioni così maschili, in contesti così maschili, implica che si lavora il doppio per portare a casa la metà. E’ un lavoro duro, ma io sono un ingegnere con l’apostrofo, non un’ingegnera; e questo si paga, ma non avete idea della soddisfazione. Quindi il contro dipende dall'essere stata donna in mezzo a uomini, alcuni dichiaratamente misogini e allo stesso tempo galantuomini. Eppure questo ostacolo, che ci costringe spesso ad andare contro corrente, lo considero la più grande fortuna e opportunità della mia vita. Se rinasco, rinasco donna, affari loro. E’ un’opportunità perché ti consente di metterti costantemente alla prova; così che, quando ne esci, sei davvero più tosta.

6) Quanto tempo occupa la sua professione nella giornata e rispetto la sua sfera privata?

Preferisco essere onesta con voi: ci sono stati degli anni nella mia vita in cui lavoravo 7 giorni alla settimana, anche 12-14 ore al giorno, ma ora sono qua a dire che è assolutamente sbagliato.

La giornata è fatta di 24 ore, 8 per dormire, 8 per lavorare e altre 8 per la vita personale. Non fate l’errore di lavorare sempre e di far erodere dal lavoro pezzi della vostra vita privata.

Nonostante tutto, sono comunque stata in grado di crescere mia figlia, di cui sono molto fiera, anche se ammetto che è stata dura, poiché il tempo a mia disposizione non era molto.

Nella mia vita ho sempre lavorato molto e ho sempre fatto tutto in buona fede; ma tornassi indietro lavorerei di meno, anche se, purtroppo, a causa della pandemia, sono tornata a lavorare per un numero di ore più elevato, sabato e domenica compresi, dato che siamo tutti disponibili a ogni ora del giorno.

Ho però deciso che tra non molto tempo allenterò la presa e tornerò a lavorare seguendo i giusti orari.

7) Successivamente al percorso di studi, le sue aspettative in ambito lavorativo sono state rispettate? Ad oggi pensa che rifarebbe lo stesso percorso e le stesse scelte?

No, le mie aspettative non sempre sono state rispettate. In particolare, ho avuto difficoltà a fare carriera in questo settore essendo donna. Speravo soprattutto di avere la possibilità di dire alle ragazze ingegnere: “Dai, che siete diventate tantissime!”. Purtroppo le mie aspettative sono state un po’ deluse, infatti solo il 30% dei laureati in ingegneria dei materiali è costituito da donne.

Nonostante questo, rifarei senza ombra di dubbio tutto quello che ho fatto, perché sono tuttora profondamente convinta e soddisfatta del mio percorso e delle mie scelte.

8) Durante gli anni la sua professione ha subito dei mutamenti? Come è cambiato il vostro modo di lavorare durante la pandemia, e come pensa che cambierà in futuro?

Il lavoro è cambiato tantissimo, sia nel settore dell’ingegneria dei materiali sia per noi professori, soprattutto in conseguenza allo sviluppo della tecnologia. Io, ad esempio, quando mi sono laureata, scrissi la mia tesi a macchia, cosa che per voi ora è impensabile; quindi il cambiamento avvenuto con la digitalizzazione è stato da noi vissuto per intero. Per fare una ricerca, prima bisognava andare in biblioteca e ricercare le informazioni che servivano nelle enciclopedie. Ora, invece, basta semplicemente fare una ricerca su Internet per trovare tante risposte in un tempo immediato.

La digitalizzazione, dunque, ha permesso una grande accelerazione nel mio settore e ha offerto la possibilità di restare sempre connessi e all’avanguardia con ciò che succede nel mondo.

Questo enorme sviluppo tecnologico è stato anche una grande risorsa e un grande aiuto in questo periodo di pandemia, perché ci ha permesso di andare avanti e di restare connessi, ad esempio con la didattica a distanza. Sicuramente questo periodo di emergenza ha richiesto a tutti di fare grandi sforzi, però la tecnologia è stata senza dubbio di grande aiuto.

A Cura di: Messina Alessia, Fognini Alessia,

Chioda Silvia,

Abate Martina