il BARBADENSE

Giornalino scolasticoISTITUTO STATALE di ISTRUZIONE SUPERIOREISAAC NEWTON



Tempi di Coronavirus, di clausura forzata e di “amarcord”.

Tra Blade runner e Stephen King.

DS prof. Daniele Marzagalli

Da bambino, alle Elementare (ndr. per i millennials: oggi chiamasi Primaria), la maestra ci fece leggere un brano antologico nel quale veniva descritta la scuola di un futuro lontano e nella quale gli alunni seguivano da casa a computer le lezioni con un insegnante virtuale. Al protagonista veniva dal robotico precettore spiegato in una lezione di storia che in un lontano passato la scuola si svolgeva in presenza e i ragazzi frequentavano appositi edifici in gruppi suddivisi per aule con insegnanti umani in carne ed ossa.

Lo stranito alunno del futuro si interrogava quindi sull'efficienza di quel sistema e riconosceva come sarebbe stato bello poter stare in compagnia di altri ragazzi nelle lunghe ore di lezione e arrivava a rimpiangere un’idea di mondo mai concretamente conosciuto, aspirando di poter vivere una esperienza realmente umana in un contesto drammaticamente disumano.

Mi è tornato alla mente questo ricordo nei giorni di Carnevale, come un flash del tutto inatteso e quasi un presagio (…i misteri della mente umana…), alla fine di febbraio, poco prima dell’inizio del ben noto lockdown: già le lezioni in presenza erano state sospese in Lombardia, ma si poteva ancora circolare, e incontrai per le strade del mio paese un ragazzo della nostra scuola che con sguardo speranzoso e tono sincero mi chiedeva se saremmo rientrati in presenza nei giorni successivi; non aspettava altro che una mia parola di conferma, forse ben sapendo come la penso. Molto realisticamente invece lo delusi, dimostrandomi mio sommo malgrado attendista, immerso sobriamente nel ruolo istituzionale, spiegandogli un po’ sbrigativo che lo speravo veramente. Col senno di poi, sarei stato più tenero con lui, che molto più di me già soffriva di nostalgia. Paventavo in realtà in cuor mio quello che poi si è effettivamente verificato. Precipitosamente gli eventi ci portavano increduli ad isolarci in casa e a rimanere connessi per mesi con il mondo tramite per me alienanti dispositivi mediatici. Siamo arrivati tutti a rimpiangere i mai banali giorni di scuola, studio e lavoro normali, fatti di “materia concreta”, anche quando la caldaia malfunzionava. Del resto, la scuola senza se e senza ma è e deve essere quotidianità dal vivo. Un teatro della vita dal vero…

Abbiamo sperimentalmente ed ingegnosamente “smartizzato” la didattica attraverso procedure sempre più e meglio organizzate con uno zelo giustamente sollecito e responsabile, al fine di garantire il diritto – dovere all’istruzione e fornire sostegno umano in giorni di paura e solitudine, con profondo senso di responsabilità e abnegazione infaticabili. A parole non si può spiegare il sentimento che ci ha contraddistinto e ispirato.

Quindi, in clausura forzata, il mondo individualistico del bambino del mio passato letterario, che a quei tempi abbastanza lontani nella vita di un essere umano percepivo davvero come un “altro da me” impossibile e solo fantascientifico, diventava improvvisamente e soprattutto ineluttabilmente esperienza di vita concreta. Una immagine che mi resterà impressa finché vivrò sensazioni è quella del treno FNMTrenord che – inaudito! - prendevo da solo nei mesi di totale chiusura per andare in sede in via Zucchi a lavorare in alcune giornate. Assolutamente da solo. Lo giuro. Senza nessun’altra persona o essere vivente se non l’autista e il capotreno in vettura di testa (sbiadite figure fantasmagoriche), come in un film dell’orrore di Dario Argento (mancava soltanto la colonna sonora di Profondo rosso), o in uno dei primi romanzi di Stephen King prima generazione, mi viene in mente Shining. La cosa forse più impressionante era l’innaturale silenzio, che avevo conosciuto fino ad allora solo da certi film e romanzi postapocalittici. Non la quiete spettacolare della natura nel deserto o in riva al mare al tramonto, ma una sorta di inquietante dissipatio humani generis, per dirla alla gaviratese. Chi ha orecchie, per intendere intenda!

Credo che per la nostra scuola la cosa più terribile del periodo di lockdown, nel “piccolo” delle nostre “sconfinate” vite, sia stato dover dire addio ai compianti Nicholas Rostellato e Gabriella Gasperini nell’aridità della inconcepibile distanza; immagini delle bare di Bergamo alla televisione e la notizia della loro drammatica dipartita accomunate dalla insensatezza della relazione virtuale e della manifestazione sentimentale infernalmente censurata dall’esterno, dal volere di un Fato indifferente e apparentemente invincibile.

La cosa simbolicamente più bella, invece, quando, in sede, abbiamo riattivato i cantieri di riqualificazione ambientale nella seconda metà di maggio, la rinascita della ripartenza per avere una scuola bella e funzionale. Ma questa è un’altra storia di speranza che continueremo a scrivere e su cui scommettere.

A dirla tutta, in clausura non mi sono praticamente quasi mai annoiato, come tanti altri di noi “newtoniani”, in questo caso, sì, tragicommedia: io in “smart working” a tutte le ore del giorno e della notte, mia moglie insegnante di scuola superiore in didattica a distanza a tutte le ore del giorno e della notte, i nostri figli studenti in didattica a distanza, fusione di PC e telefoni, condivisione a distanza delle più disparate esperienze famigliari e professionali, giorni festivi compresi. A nome mio personale e non solo, restituisco al mittente in poche e censurate parole le gratuite ed ignoranti (nel senso etimologico del termine) offese rivolte al mondo della scuola sui media in questi giorni ed ai docenti in particolare da parte di persone “culturalmente valide”, ottimi scrittori ed oratori, ma che oggettivamente talvolta non sanno neppure di cosa stanno scrivendo o parlando. Procedendo per stereotipi autobiografici, generalizzano l’eventuale anomalia di sistema. Anche altri invero li hanno preceduti a minor livello di notorietà e competenza, fino alla più modesta quotidianità, ma il risultato non cambia, la mediocrità colta è uguale alla mediocrità proletaria, cioè sempre miserevolmente demagogia sensazionalistica.

Detto, fatto. La nostra comunità scolastica non si è infatti mai fermata e, tra le innumerevoli iniziative extra, siamo riusciti a realizzare anche per questo anno scolastico la quinta edizione del rinato “Barbadense”, sempre bello come in passato, ancora più encomiabile date le circostanze della genesi, ottima la redazione tutta. Non confiderò pubblicamente le mie preferenze. Vi invito a leggerlo con piacere e attenzione come ho avuto la fortuna di fare io, cogliendo gli intelligenti spunti di riflessione di cui è costellato in ogni articolo e contributo più o meno consapevolmente, anche apparentemente il più banale, ma che sempre dimostra l’intelligenza, la passione e la sensibilità delle persone che lo hanno creato. E ci hanno creduto, perché “volere” è veramente “potere”. Fare scuola – Fare teatro – Cronache dalla quarantena. Squarci di vita veramente e concretamente vissuta attraverso lo strumento di testimonianza digitale, strumento appunto per realizzare comunicazione e condivisione sana, non scafandro dentro il quale amorfi cristallizzarsi né plexiglass (…) contenitivo delle coscienze pavide.

Ci ritroveremo a settembre, forse mascherati ma mai con la museruola, statene certi. Leggete qualche libro, se vi pare.

Veramente buone vacanze a tutti, nessuno escluso, e stiamo bene !!!