Viviamo in una società dove la maggioranza della popolazione ha bisogno di uscire, essere produttiva, lavorare, potersi relazionare con il mondo esterno. A fine gennaio di quest’anno, tutto ciò è stato fortemente ridimensionato, cambiando la vita di ognuno di noi.
La causa di tutto è il Covid-19, un batteriofago che, per il suo metabolismo naturale, danneggia il sistema respiratorio dell’uomo, costringendolo al riparo, chiuso in quarantena nella sua abitazione.
La condizione che stiamo vivendo, parliamoci chiaro, è doverosa e sacrosanta, sia per i soggetti meno a rischio (dei quali faccio parte) sia per tutelare le persone che si trovano in una situazione di pericolo maggiore, ne sono esempio gli anziani. Tutti, quindi, in questo periodo devono soffermarsi a riflettere, a sacrificare i propri bisogni per salvare la vita di altri. L’Italia è un paese attualmente in pericolo, e noi cittadini , adulti e bambini, secondo la legislazione, abbiamo il dovere di rispettare e far rispettare i decreti e ciò sembra un’affermazione così scontata che non ha bisogno di ulteriori repliche.
Ma , nonostante ciò, sarebbe bene soffermarsi su ciò che causa a livello psicologico questa situazione, specie su noi giovani.
Da ragazzi si sa, è normale la voglia di esprimersi, di fare esperienze nel mondo esterno, uscire con gli amici, poter fare i propri lavoretti, lo sport e moltissime altre cose. Ma cosa si prova ad essere un ragazzo in età adolescenziale, voglioso di vivere, sottoposto a questa doverosa, ma sofferente reclusione? Quali sono le sensazioni che emergono da una mente così giovane dinanzi ad una tale situazione?
In qualità di ragazzo nel pieno della giovinezza, mi sento di esprimermi secondo i miei punti di vista. Mi alzo al mattino sofferente, perché parliamoci chiaro, inizialmente è molto vantaggioso stare nella propria abitazione, non doversi svegliare prestissimo per poi dover andare ad ascoltare insegnanti che, per fare il loro dovere, ti inculcano già di prima mattina formule di matematica e la psicologia di qualche poeta troppo depresso o troppo esaltato. Ma a lungo andare, la cosa si fa più difficile. Iniziano a mancarmi i compagni, gli stessi professori, gli amici, la mia ragazza, insomma, ogni cosa che faceva parte nella mia vita del mondo esterno. In casa svolgo le mie attività, per essere produttivo, ma a livello psicologico mi sento chiuso in un mondo ridimensionato, alimentato dalla monotonia. Essenzialmente, la giornata di quarantena è composta dalle solite cose, tutti i giorni, quasi come se la mia vita fosse un film dalla durata di 24 ore, da produrre e riprodurre di giorno in giorno, per mesi. Non sto parlando di noia, ma di angoscia vera e propria, affiancata dalla paranoia. Temo che le persone con le quali ho instaurato rapporti possano col tempo, una volta finito tutto, stancarsi del rapporto che c’era prima dello scoppio della pandemia,V e personalmente, mi sembra una cosa tanto assurda quanto possibile, e questo mi stressa molto.
Non c’è cosa peggiore che essere reclusi, privati della propria libertà, in compagnia di paranoie e angosce che scaturiscono in me solo una cosa: la voglia di uscire.
Ogni singolo giorno seguo le notizie inerenti al virus e mi sento una persona orribile… guardo i dati con interesse e quando vedo calare o risalire i contagi, il mio primo interesse non si basa tanto sulla salute degli altri esseri umani, quanto piuttosto a quando si potrà tornare alla normalità! Leggo “6.543 nuovi casi in Italia” e penso automaticamente che ci vorrà ancora molto prima che io possa uscire dalla mia prigione fisica e mentale.
Ed è questo il problema: sono troppo egoista! ciò non è rispettoso nei confronti delle persone che sono realmente in una situazione di pericolo e nemmeno per il mio paese, che si trova in una situazione così precaria. Io almeno mi sveglio nel mio letto, c’è chi invece si sveglia in un letto di ospedale, o chi non si sveglia più. Per le persone che al momento si trovano in un reale pericolo, nella loro mente non c’è spazio per queste paranoie, perché si trovano già in una situazione estrema, ed è proprio una condizione simile che ci porta ad apprezzare davvero la vita. Quando sai che stai per perderla, ti accorgi del suo reale valore.
D’altro canto, qui in casa, ho più tempo per allenarmi, per approfondire lo studio, per scrivere. Tutto quello che non avevo tempo di fare prima, ora posso farlo. Quasi come se il lasciare temporaneamente il mondo esterno volesse dire avere una seconda possibilità per potenziare certi aspetti di noi stessi, per migliorare degli elementi personali.
Questa condizione ha quindi sia aspetti positivi che aspetti negativi a livello psicologico per quanto riguarda la mia persona, anche se i cattivi pensieri non se ne vanno mai, perché, anche se mi trovo recluso nella mia stanza, non sono solo. Insieme a me ci sono le mie riflessioni negative e le stesse che prima rimbombavano nel mio cervello solo la notte con l’aiuto del buio e del silenzio, riesco ora a sentirle anche di giorno.
Un elemento importantissimo che serve a distinguere le varie reazioni di noi giovani nei confronti di questa situazione è il modo con il quale si affronta la quarantena. Io, fino ad ora, ho parlato a livello personale delle mie cattive sensazioni, dovute principalmente al fatto che la mia è una quarantena puramente imposta, ma non per tutti è così.
Ci sono persone che scelgono di stare “in quarantena”, isolate , in eremitaggio, senza che ciò sia dettato da una legge e non riesco a capacitarmene. La natura dell’uomo consiste nell'essere libero nel proprio pianeta, nel potersi esprimere al meglio, senza alcuna barriera. Non mi capacito del fatto poi che ci siano persone che, con la noia come unica reale sofferenza, si sono piegate totalmente a questo sistema legislativo. L’uomo è abituato a stare nel mondo, se per una legge non può farlo, e per la sicurezza di altri è giusto che non lo faccia, sarebbe altrettanto giusto ch'egli potesse esprimere il suo dissenso per questo, perché viene privato delle sue libertà personali e naturali abitudini. Faccio questa precisazione dato che personalmente ho potuto constatare che moltissime persone sono d’accordo con tutto questo. A livello sociale è una decisione giustissima da parte del governo, ma a livello personale per niente. Io, uomo, non posso essere d’accordo a venire rinchiuso, posso ubbidire, certo, ma con disaccordo, perché sto subendo qualcosa che va contro il mio stesso io interiore, dettato dalla consapevolezza che, volendo, potrei uscire, scaturendo in me una serie di complessi psicologici che possono addirittura perdurare nel tempo. Bisogna soffrire per questa situazione, ma al tempo stesso sapervi resistere, combatterla, per poter un giorno tornare più forti di prima, più consapevoli dell’importanza della terra in cui viviamo.
E se questi tormenti psicologici mi porteranno ad una forma di saggezza e potenza, allora così sia!