Nella mattinata di sabato 16 maggio 2020 a partire dalle ore 08:30, l'Isis Newton di Varese ha ospitato in piattaforma lo scrittore Giorgio Scianna, nell'ambito del progetto Biblioteca per tutti_ lo Struzzo a scuola Einaudi, per discutere di argomenti e curiosità sul suo ultimo libro "Cose più grandi di noi" che è stato letto da diverse classi del nostro Istituto.
Questo romanzo racconta la storia di una ragazza adolescente che si ritrova a vivere l'esperienza degli arresti domiciliari nella Milano degli anni 80, più precisamente verso la fine dei cosiddetti "Anni di piombo".
L'autore, incalzato dalle domande del professor Giuseppe Finocchio, ha voluto iniziare l'intervista paragonando la detenzione della protagonista, di nome Margherita, con i fatti che accadono nel presente ovvero la quarantena dovuta alla pandemia Covid-19 detta anche "lockdown" raccontando le sensazioni che si proverebbero in quell'epoca storica a confronto con i giorni d'oggi: ad esempio "guardare il mondo da una finestra".
Subito vuole far notare come due situazioni simili siano diverse nei dettagli, soffermandosi sulla digitalizzazione del nuovo millennio rispetto al walkie talkie (usato dalla protagonista per le comunicazioni a distanza). Egli esclama: "Il walkie talkie è un telefonino dei nostri tempi ed era una specie di giocattolo che a volte usavamo per comunicazioni personali con il vicino di casa, con l'amico che abitava a pochi passi. Usavamo questo che era un modo per stare in contatto da persona a persona perché, quand'ero ragazzo io, il telefono era in casa e spesso all'ingresso quindi non lo portavi in camera ma si telefonava davanti a tutti." Poi aggiunge: "Oggi capiamo i tanti benefici dell'informatica e del nuovo modo di comunicare. Ne abbiamo sottolineato tante volte i difetti e le mancanze ma adesso la benediciamo perché ci permette di parlare e di uscire dal nostro isolamento."
Il secondo momento dell’incontro è consistito nella lettura delle domande preparate dai ragazzi che a turno si sono rivolti all'autore.
C’è un motivo dietro alla scelta di un personaggio femminile come protagonista?
"Nei miei ultimi libri che parlano di ragazzi, c'erano personaggi maschili molto presenti; mettere al centro della storia una ragazza, per me era una sfida nuova ed interessante. Il motivo principale era questo ma volevo anche invertire gli stereotipi di quegli anni ovvero trovare una ragazza che vuole entrare nella lotta armata e che trascina il suo ragazzo ad entrare per far colpo su di lei".
Cosa consiglia per superare la sensazione di essere un infame dopo aver collaborato con la polizia?
"Questo discorso è più generale cioè il fatto di collaborare con la polizia dando informazioni che consentano di salvare persone, evitare altri reati, altre morti, non e' un gesto da infame perché vuol dire: interrompere quella catena di delitti di sangue quindi riuscire a capire che il gruppo ti porta solo a provocare sofferenza. Tutto ciò non ha nessun senso e conta molto di più il tuo essere persona.
Superare questo e' difficile perché anche se hai capito il male che hai fatto, tu hai bisogno di capire qual è il tuo posto nel mondo e quando sei in una fase di passaggio o di smarrimento, è difficile aver rapporti con gli altri ma anche con sé stessi."
Perché il titolo? Fa forse riferimento alla situazione affrontata da questi ragazzi (Margherita, Pietro) oppure i fatti raccontati sono tanto differenti dall'oggi da non poter essere compresi da noi?
"Cose più grandi di noi è una sensazione che attraversa un po' tutti i personaggi del libro e attraversa più di tutti Martino (fratellino minore della protagonista) perché lui non capisce, a 14 anni, perché sua sorella sia chiusa in casa e legge ossessivamente il corriere della sera per capire come mai Milano la odi. Non ci avevo pensato però è una bellissima lettura afferrare quel periodo come qualcosa più grande di noi e forse c’è anche un'altra lettura in più cioè quando la storia con la S maiuscola entra a casa nostra e quello che leggiamo sui giornali diventa parte di noi, ci sembra di non avere i mezzi per afferrarlo e quello che viviamo oggi con il Covid-19 ci porta ad una situazione un po' simile."
C’è anche una storia sentimentale. Perché non ha scelto un finale differente dando anche a Pietro la possibilità di cambiare e di tornare ad una vita “da ragazzo”, magari grazie all'affetto che prova per Marghe?
"Io avevo pensato di dare più spazio a Pietro nel finale ma mi sembrava che questa corsa che rappresentano le ultime fasi, dovesse essere così: Marghe con la sua famiglia, con se stessa e che deve decidere di ripagare i conti per poi ripartire. Pietro che era quello che era entrato nella forza armata solo per fare colpo, alla fine è quello che rimane più invischiato e non cambia idea. Suo padre è secondo me la persona più negativa di tutto il romanzo: è cinico fino all'ultimo, non gliene importa niente delle persone che ha intorno, è anche il primo a trattare la mamma di Marghe con diffidenza e così Pietro riuscirà a scappare all'estero senza pagare i conti."
La storia della nostra Italia, noi stiamo studiando il Risorgimento, ci insegna che non sono decisamente mancate forme di “dissidio” portate avanti da giovani e meno giovani, da briganti o da brigate; come legge lei questo ricorrente fattore storico?
"La contrapposizione è un motore della storia spesso è anche una trappola della storia: dissidio tra lo Stato, la Giustizia, tra uno stato giusto o meno giusto. Il limite tra quello che è lo scontro e il dialogo è spesso molto sottile ed in certi momenti la storia può essere un momento dialettico in cui le contrapposizioni aiutano ad andare avanti."
Marghe oggi avrebbe la sua età, come ha vissuto quegli anni? Ha visto i fatti dalla televisione e dai giornali o li ha vissuti, se non direttamente, attraverso delle persone vicine?
"Io ero un po’ piccolo in quegli anni e quindi quei fatti li ho visti un po’ dalla finestra. Io all'età di Marghe frequentavo Giurisprudenza e mi ricordo benissimo il professore che interruppe la lezione per sfogare la sua indignazione con la messa in libertà degli assassini di Walter Tobalgi che erano stati scarcerati con la legge dei pentiti. Mi ricordo benissimo che un altro professore, nella mia stessa università, quella legge l'aveva scritta per cui ero lì che volevo delle risposte sulla responsabilità, sul significato della pena, ed ero anche molto confuso davanti a due pensieri così diversi per cui forse quella confusione l'ho sentita ancora addosso se ho avuto il bisogno di raccontare quella storia.”
Nel romanzo si scopre un complesso rapporto genitoriale; perché soprattutto la madre di Marghe è così dura con lei e che ruolo gioca invece un padre così protettivo?
"La madre di Marghe si trova in questo conflitto e lei sa che intervenendo pesantemente nella scelta di Marghe quasi inducendola a firmare quel verbale, lei la salverà dal carcere ma sarà molto odiata.
Il padre è invece quello che abbraccia, quello che accoglie e quelli che toglie gli ostacoli sul sentiero della figlia. Marghe entrerà poi in conflitto con tutti e due perché dice che il padre non la può capire invece la madre l'ha costretta a eseguire un'azione contro la propria volontà ovvero firmare il verbale."
Cosa ci dice della scelta del lessico nella stesura del romanzo?
"Ho usato uno stile molto spontaneo e colloquiale, quello è un gran lavoro perché bisogna trovare le espressioni giuste in modo da essere contenuto e che abbia senso. Bisogna trovare delle espressioni immediate che vadano anche bene negli animi e a diverse latitudini, devi trovare un linguaggio spontaneo ma non regionale o gergale se no sembrerebbe vecchio dopo 6 mesi."
Qual è lo spunto iniziale del racconto?
"C'e' stata subito l'architettura della storia, bisogna avere l'idea di come si evolve la vicenda. Mi piaceva l'idea di questa macchina che va verso casa ma che e' una casa nuova perché Marghe non può più entrare nella casa fino dove aveva abitato fino a poco tempo prima, mi piaceva l'idea di trovare le abitudini e di trovare la confidenza in un posto nuovo quindi sentirsi in carcere anche in casa."
Il luogo dell’ambientazione è casuale o è legato a fattori narrativi specifici?
"Io vivo a Pavia e lavoro a Milano e conosco bene Milano. Quando voglio ambientare un romanzo in provincia lo ambiento a Pavia, invece se lo voglio ambientare in una metropoli lo ambiento a Milano. Una storia come questa viveva molto bene, secondo me, a Milano perchè è stata la città fondamentale in quel periodo, Milano era una città in ricostruzione in quel periodo, Milano era una città anfibia."
Notiamo una grande differenza nel modo di vivere e seguire la politica tra quei giovani e noi. Non ci immaginiamo in grado di affrontare situazioni simili e nemmeno di interessarci così radicalmente di politica. Come valuta i nostri tempi da questo punto di vista?
"I nostri tempi sono lontanissimi da quelli narrati: allora c'erano grandi blocchi di organizzazione, di ideologie e tutti ti tiravano la maglietta per chiederti di appartenere a quel gruppo o per chiederti da che parte stavi. Oggi siamo nella situazione contraria: non è che non ci siano idee da portare avanti, lotte importati da fare però puoi attraversare la tua adolescenza senza che il mondo ti chieda di vivere la piazza, un impegno o la dimensione collettiva."
Questo è un romanzo di rapporti familiari "scoperti". Cosa rende così diverso il rapporto tra fratelli? Quello tra Marghe e Martino è solido, più evitante quello tra le sorelle.
"Qui il rapporto tra sorelle è spesso in conflitto, il rapporto tra fratello e sorella invece è quasi una zona franca perchè c'e' sempre il contatto fisico ed emozionale.
Quello che a me piace nella famiglia di Marghe è che i rapporti ci sono sempre, permangono anche se conflittuali, anche nello scontro; nessuno abbandona l'altro."
 Cose più grandi di noi, booktrailer 4abio.mp4
Cose più grandi di noi, booktrailer 4abio.mp4L’intervista si è conclusa dando la parola ai docenti presenti con opinioni personali sul libro e sul periodo storico; consapevoli che, alla luce della Quarantena, questo libro ci darebbe una percezione diversa.
Scianna ha voluto concludere il tutto dicendo che secondo lui la storia si fa con tutti questi piccoli avvenimenti che ti costringono a prendere una decisione "di pancia" ed a schierarti dalla parte di un personaggio piuttosto che un altro.
"Questo e' sempre stato un modo per sentire davvero la storia: io la resistenza la conosco e la sento mia per Fenoglio e Calvino, non per i saggi di storia che ho letto. Credo sia un modo indiretto ma più personale e profondo di afferrare le pagine storiche."