L'Aventino è uno dei sette colli su cui venne fondata Roma, il più a sud. Verso est è collegato a un altro piccolo colle chiamato "Piccolo Aventino". L'etimologia è incerta potrebbe derivare dal nome del re Aventino, uno dei re di Albalonga discendenti da Enea, o dalle locuzioni ab adventu hominum che era la denominazione di un tempio dedicato a Diana, o, secondo Nevio, da ab avibus per gli uccelli che si dirigevano sul colle dal Tevere per fornire gli auguri a Remo, o infine per l'avena che vi si coltivava e si commerciava nel mercato della valle sottostante. Nei miti relativi alla fondazione di Roma è legato alla figura di Remo, che, durante il conflitto con il fratello Romolo per la scelta del luogo per fondare la città, lo scelse come luogo da cui avvistare gli uccelli in volo. Il colle fu poi inserito nella città ai tempi di Anco Marzio, che l'avrebbe popolato con i profughi delle città da lui conquistate. Fu la sede del tempio della Luna e per la sua posizione al di fuori dei limiti ufficiali della città l'Aventino fu spesso scelto per i luoghi di culto delle divinità straniere, a cominciare dal tempio di Diana, santuario eretto da Servio Tullio.
In epoca medioevale vi sorsero le chiese di Santa Sabina, dei Santi Bonifacio e Alessio, e di Santa Prisca. Sul "Piccolo Aventino" sorgono le chiese di San Saba e di Santa Balbina.
Secondo un aneddoto raccontato da Tito Livio, nel 494 a.C. l'Aventino fu il luogo in cui la plebe si ritirò in segno di protesta, in seguito a dei contrasti con i patrizi. I plebei, convinti al rientro grazie ad un apologo del console Menenio Agrippa, avrebbero ottenuto l'istituzione dei tribuni della plebe.
A questa leggendario avvenimento si ispirò, a partire dal 27 giugno 1924, un atto di protesta denominato Secessione dell'Aventino, attuato dalla Camera dei deputati del Regno d'Italia nei confronti del governo Mussolini in seguito alla scomparsa di Giacomo Matteotti. La protesta non ebbe successo e, il 9 novembre 1926, la Camera dei deputati deliberò la decadenza dei 123 deputati aventiniani.
La chiesa fu fatta edificare dal sacerdote Pietro di Illiria tra il 422 e il 432, sotto il pontificato di Celestino I. La costruzione avvenne sulla casa della matrona romana Sabina, poi divenuta santa, di cui resta all'interno, addossata alla parete di destra, una colonna di granito. Vicino alla chiesa sorgeva il tempio di Giunone Regina. L'interno subì i restauri di Domenico Fontana e poi di Francesco Borromini. Venne trasformata in lazzaretto dal 1870 e in seguito alla soppressione dei monasteri, nuovi restauri la portarono alla struttura originaria. Il campanile venne costruito nel XII o XIII secolo e rifatto in epoca barocca mentre la parte superiore ospita tre campane, risalenti al 1596, 1843 e 1906.
Nel 1219 la chiesa fu affidata da papa Onorio III a Domenico di Guzmán e al suo ordine di frati predicatori, che da allora ne hanno fatto il loro quartier generale.
Al ricordo di Domenico sono legate due curiosità relative a questa chiesa.
Nel chiostro si trova una pianta di arancio amaro, secondo la tradizione domenicana piantata da Domenico, il quale visse e operò all'interno della basilica e di cui ancora oggi si conserva la cella, trasformata in cappella. L'arancio, visibile attraverso un buco nel muro, di fronte al portale ligneo, è considerato miracoloso perché, a distanza di secoli, ha continuato a dare frutti attraverso altri alberi rinati sull'originale. Sempre a Domenico è legata anche la storia della pietra nera di forma rotonda su una colonna tortile a sinistra della porta di ingresso. La pietra è chiamata Lapis Diaboli, ovvero "pietra del diavolo" poichè, secondo la leggenda, sarebbe stata scagliata dal diavolo contro Domenico mentre pregava sulla lastra marmorea che copriva le ossa di alcuni martiri, mandandola in pezzi. La lapide fu in realtà spezzata dall'architetto Domenico Fontana durante il restauro del 1527 per spostare la sepoltura dei martiri. Egli gettò via i frammenti, successivamente ritrovati e ricomposti, oggi visibili al centro della schola cantorum.
Nel 1287 la chiesa fu sede di conclave: qui, nell'aprile di quell'anno, si riunirono i cardinali alla morte di papa Onorio IV per eleggere il successore. Quell'anno Roma fu colpita da un'epidemia di malaria, che fece sei morti anche tra i cardinali in conclave. Tutti i cardinali, abbandonarono la chiesa per timore del contagio, eccetto il cardinale Girolamo Masci che quando i cardinali tornarono a riunirsi a Santa Sabina il 22 febbraio 1288 fu eletto papa con il nome di Niccolo IV.
La chiesa non ha facciata, ma vi si accede alla chiesa anche attraverso un portale, preceduto da un piccolo portico con tre arcate, collocato sul lato destro. Restano tracce dell'antico campanile paleocristiano nella base del campanile a vela barocco. Il monastero è caratterizzato da un chiostro quadrangolare con gallerie sui quattro lati che si aprono verso il centro con polifore sorrette da colonnine in marmo.
All'ingresso vi è una porta lignea del V secolo, in origine costituita da 28 riquadri ma di cui ne sono rimasti 18. È di legno di cipresso ed è giunta con alcuni restauri e con la successiva aggiunta della fascia decorativa a grappoli. Vi sono rappresentate scene dall'Antico e dal Nuovo Testamento, fra cui le storie di Mosè, di Elia, dell'Epifania, dei miracoli di Cristo, della Crocifissione e dell'Ascensione.
All'interno la chiesa è a tre navate, divise da dodici colonne e presenta, in corrispondenza della navata maggiore, un grande abside semicircolare con triplice apertura di finestre. La parte superiore della navata centrale, dotata di un soffitto a cassettoni, era un tempo rivestita da mosaici. Questa basilica, è la prima chiesa del tempo in cui sulle colonne l'architrave fu sostituto da archi, posti tra le colonne corinzie.
L'abside, decorata a mosaico, è coronata da un arco trionfale con le immagini di apostoli, rifatte nel XX secolo, sulla base di una copia seicentesca di Giovanni Giustino Ciampini. Nel catino absidale, vi è un affresco del 1569 di Taddeo Zuccari, raffigurante Gesù, gli Apostoli e i Santi sepolti nella Basilica.
Il pavimento è coperto da numerose lastre tombali. Al centro della navata vi è quella relativa alla sepoltura di fra' Muñoz di Zamora, generale dei Domenicani, realizzata nel 1300 e decorata a mosaico. In prossimità del presbiterio vi è la Schola Cantorum, ricostruita nel 1936. Le lastre marmoree laterali sono decorate con motivi vegetali, animali ed altri motivi della simbologia cosmogonica. All'interno della Schola Cantorum è presente una lastra derivata dal coperchio della cassa marmorea che racchiudeva le reliquie di Santa Sabina ed altri martiri.
Sulla parete della navata sinistra, in posizione speculare, si erge la cappella di Santa Caterina da Siena. È anch'essa a pianta quadrangolare, sormontata da cupola, progettata e decorata da Giovan Battista Contini nel 1671. Gli affreschi nella cupola sono di Giovanni Odazzi (inizio del XVIII secolo) e rappresentano scene di vita di Santa Caterina e, nella cupola, la Gloria della Santa in Paradiso. Sull'altare si trova una copia della tela di Giovanni Battista Salvi detto il Sassoferrato realizzata nel 1643 e quindi precedentemente all'edificazione della cappella, che rappresenta la Madonna del Rosario assisa in trono con ai lati i santi Domenico e Caterina, oggi esposta nel museo della basilica.
Sulla parete della navata destra si apre la cappella di San Giacinto, costruita poco dopo il 1594. La cappella è a pianta quadrata e presenta, nelle pareti e nella cupola, affreschi di Federico Zuccari con scene della vita del santo. Di Lavinia Fontana è la tela d'altare con San Giacinto che venera la Madonna (1600).