Situata all’incrocio tra via XX Settembre e largo di Santa Susanna, la chiesa di Santa Maria della Vittoria rappresenta uno fra i più importanti esempi del periodo barocco a Roma. Il progetto fu affidato all’architetto Carlo Maderno che la edificò tra il 1608 e il 1620. Costruita dapprima come cappella dedicata a San Paolo dai Carmelitani Scalzi, deve il suo titolo alla vittoria dell'esercito cattolico contro i Boemi nella battaglia della Montagna bianca, presso Praga, l’8 novembre 1620. In un momento critico della battaglia, intervenne nel combattimento Padre Domenico di Gesù e Maria, cappellano generale dell'esercito. Appesa al collo aveva un’immagine che rappresentava Maria in adorazione del Bambino. Dal ritratto furono visti uscire dei raggi di luce che abbagliarono gli avversari, costringendoli alla fuga. L'8 maggio del 1622, l’immagine miracolosa fu trasportata nella chiesa, che da allora fu dedicata alla Vergine Maria della Vittoria.
All’interno della cappella Cornato, nel transetto sinistro della chiesa, si trova la scultura di Gian Lorenzo Bernini: l’Estasi di Santa Teresa d’ Avila. Infatti il cardinale Federico Cornaro, nel 1645, commissionò l’opera all’artista-architetto per decorare la cappella di famiglia. E' una scultura il marmo e bronzo dorato. Lo scultore per illuminare scenograficamente il gruppo scultoreo aprì una finestra sulla parete di fondo della chiesa: la luce gialla prodotta dagli specchi colpisce le figure dall’alto e tende l’atmosfera vibrante e mistica. Il gruppo statuario interpreta teatralmente un episodio mistico descritto dalla Santa. La Santa è semidistesa al di sopra di una nuvola che la trasporta in alto, nel cielo. Sopra di lei poi, a sinistra, un Cherubino scaglia un dardo per colpirla al cuore spostando il tessuto della sua veste. Santa Teresa indossa un abito molto ampio e vaporoso mosso dal vento che crea pieghe scomposte. Infine, il suo corpo è completamente abbandonato e il viso assume un’espressione languida. Gli occhi chiusi sono rivolti al cielo e le labbra socchiuse. Questa scultura è nota anche come Transverberazione di Santa Teresa d’Avila. Il termine transverberazione deriva dal latino “trans verberare”, cioè trafiggere. Secondo l’interpretazione mistica cattolica, Cristo o un angelo trafiggono fisicamente con un oggetto affilato il cuore del fedele. Il dardo che scaglia il Cherubino è, quindi, il simbolo dell’amore divino.
Ci troviamo in un incrocio peculiare di Roma nel quartiere monti. Il primo evidente elemento è la presenza di queste quattro fontane agli angoli, vennero edificate alla fine del 1500 a celebrazione dell’ampliamento e ammodernamento dell’acquedotto urbano. Le fontane rappresentano Diana, Giunone, il Tevere e l’Arno. La chiesa fu commissionata dai frati trinitari a Borromini. Quest’ordine religioso, di origine spagnola, disponeva di limitate risorse quindi il progetto e la costruzione della chiesa si confrontano con tale vincolo. Un secondo vincolo è rappresentato dall’estinzione assai ridotta della Chiesa, che corrisponde all’incirca ad uno dei piloni che sorreggono la cupola di San Pietro. La facciata è costruita su una sovrapposizione di un doppio ordine corinzio e queste due fasce orizzontali sono organizzate da una sequenza, nella fascia inferiore, concavo-convesso-concavo, mentre la fa fascia superiore è scandita da tre partizioni concave, la centrale delle quali ospita un edicola convessa. L’ingresso è sormontato dalla statua di San Carlo Borromeo incorniciata da due cherubini. All’interno la Chiesa si caratterizza per una pianta mistilinea la cui spazialità può essere ricondotta a due triangoli equilateri aventi per base l’asse minore. Le terminazioni dell’asse maggiore sono completate da due absidi semicircolari, ingresso e altare. Quattro pennacchi impostati su altrettante coppie di colonne sorreggono la cupola ellittica in laterizio decorata con elementi ottagonali, esagonali e crociformi. Il tema della triade, già espresso nella geometria basata su triangoli, è ripreso nella decorazione sommiate della cupola e da numerosi dettagli che rimandano al numero tre.
Costruita a partire dal 1658 su commissione del papa Papa Alessandro VII Chigi e del cardinale Camillo Pamphilj sul luogo di un edificio preesistente, Sant’Andrea al Quirinale fu progettata da Gian Lorenzo Bernini, che la considerò la sua migliore opera per il perfetto equilibrio tra architettura, scultura e pittura. Preceduta da una scalinata semicircolare e da un elegantissimo protiro curvilineo sorretto da due colonne, la semplice facciata a un solo ordine è inquadrata da lesene e coronata da timpano, ornato dal grande stemma del cardinale Pamphilj, che ne finanziò la realizzazione, accompagnato da un festone di ghirlande di rose simboleggianti il martirio. Adorno di rari marmi policromi, stucchi e dorature, l’interno è a pianta ovale con l’asse maggiore perpendicolare a quello d’ingresso. Le cappelle radiali sono arretrate in modo da non interrompere il ritmo continuo dell'ovale e l’impressione di grande respiro spaziale. La stupenda cupola con lanterna, decorata con cassettoni dorati e grandi figure in stucco adagiate sulle cornici delle finestre, genera una molteplicità di sorgenti di luce che, a seconda delle ore del giorno, determinano suggestivi effetti di illuminazione. Molte le opere di valore: splendida la cappella maggiore con altare in bronzo dorato e lapislazzuli, disegnata dallo stesso Bernini e ornata da una raggiera dorata con angeli e cherubini di Antonio Raggi; al centro si trova una tela con la raffigurazione del “Martirio di Sant’Andrea”, opera del Borgognone. La prima cappella di destra ospita invece tre tele di Giovanni Battista Galli detto il Baciccia.