L’obelisco Agonale di granito è alto 16 metri, fu innalzato nel 1649. Le quattro facce sono decorate con copie di geroglifici egizi tra cui figurano i caratteri del nome di Domiziano e quest'ultimo rappresentato tra due divinità. Alle base abbiamo la Fontana dei Fiumi un’opera di architettura barocca, la fontana ritrae i quattro fiumi principali della Terra, uno per ogni continente allora conosciuto: il Danubio, il Gange, il Nilo e il Rio de la Plata. Il Danubio indica uno dei due stemmi dei Pamphili presenti sul monumento come a rappresentare l'autorità religiosa del pontefice sul mondo intero, il Nilo si copre il volto con un panneggio, facendo riferimento all'oscurità delle sue sorgenti, rimaste ignote fino alla fine del XIX secolo, il Rio della Plata possiede un sacco traboccante di monete d'argento, che simboleggiano il colore argenteo delle acque, e infine il Gange regge un lungo remo che suggerisce la navigabilità del fiume.
Sulla fontana sono raffigurati sette animali: sul lato occidentale un cavallo esce dalla cavità delle rocce con le zampe anteriori sollevate nell'atto di slanciarsi in un galoppo; un coccodrillo (o un armadillo) che spunta dall'angolo settentrionale, vicino al Rio della Plata; un leone sul lato orientale che sbuca, come il cavallo, dalla cavità delle rocce per abbeverarsi ai piedi di una palma che si innalza fino alla base dell'obelisco; un dragone che si avvolge intorno al remo tenuto dal Gange; e poi un serpente di terra striscia nella parte più alta, vicino alla base dell'obelisco, e infine un serpente di mare e un delfino (o un grosso pesce) nuotano nella vasca con le bocche aperte, avendo entrambi la funzione di inghiottitoio delle acque.
La Fontana del Moro, posta sul lato meridionale sotto le finestre di palazzo Pamphili, fu realizzata nel 1574 sotto il pontificato di Gregorio XIII Boncompagni ed originariamente era posta su un basamento con due scalini. La vasca, di dura pietra, fu ornata di mostri marini e alternativamente da un drago e un’aquila (stemmi della famiglia Boncompagni) e, agli angoli, da quattro tritoni con la buccina, alternati da maschere. Il centro della vasca infine era ornato con un modesto gruppo di scogli, al di sopra dei quali zampillava l’acqua. Nel 1652 Innocenzo X ordinò a Bernini di restaurare la fontana e fu così che l’artista vi appose un piccolo gruppo costituito da tre delfini che sorreggevano una lumaca dalla quale schizzava un getto d’acqua. La figura non piacque al papa.
Un successivo tentativo incontrò finalmente il favore di Innocenzo X: un personaggio marino-umano dalle dimensioni possenti che, ergendosi su una grossa conchiglia, trattiene per la coda e strangola con le gambe un delfino, che si dimena invano. L'acqua sgorga dalla bocca del pesce, come risultato dello strangolamento
La fontana del Nettuno presenta dei gruppi costituiti da cavalli marini guidati da fanciulli e da sirene in lotta con mostri marini, la figura centrale invece rappresenta Nettuno con il tridente che si difende da una piovra avvinghiata alle gambe.
La chiesa ebbe un primo progetto disegnato da Girolamo Rainaldi in stile barocco. Il committente fu Innocenzo X Pamphili, il cui monumento funebre si trova all'interno della chiesa. La famiglia aveva ampi possedimenti nella piazza e la chiesa doveva essere una specie di cappella privata annessa al palazzo di famiglia che si trova accanto.
Tra il 1653-1657 i lavori proseguirono sotto la direzione di Francesco Borromini. Borromini cambiò in parte il progetto originario; tra le altre cose aumentò la distanza tra le due torri ed ideò l'impostazione della facciata concava per dare più risalto alla cupola.
Nel 1672 la costruzione fu completata da Carlo Rainaldi.
La chiesa di San Luigi dei Francesi è una chiesa di Roma che affaccia sulla piazza omonima, non distante da Piazza Navona, nel rione Sant'Eustachio. È la chiesa nazionale dei francesi di Roma dal 1589. La Chiesa di San Luigi dei Francesi viene costruita a partire dal 1518 per accogliere la sempre più numerosa comunità francese di Roma, che alla fine del XV secolo possedeva solo una piccola cappella ed un ospedale dedicato a San Ludovico nei pressi di Sant'Andrea della Valle.
Grazie alla spinta di Giulio de Medici (poi Papa Clemente VII) iniziano così i lavori per una nuova chiesa, eseguiti da Domenico Fontana su progetto di Giacomo Della Porta, che si concluderanno l'8 ottobre 1589 con la consacrazione della Chiesa di San Luigi dei Francesi.
Dal punto di vista artistico, la chiesa è un'esaltazione della Francia attraverso la rappresentazione dei suoi santi e dei suoi più grandi personaggi storici a partire dalla facciata che ospita le statue di Carlo Magno, San Luigi, Santa Clotilde e San Giovanni di Valois. L'interno, suddiviso in tre navate con cinque cappelle per lato ed un ricco coro centrale decorato da marmi, è un vero e proprio tripudio d'arte barocca.Nella seconda cappella della navata di destra si trova l'affresco Storie di santa Cecilia del Domenichino mentre sull'altare, una copia eseguita da Guido Reni della Santa Cecila di Raffaello.
La chiesa ospita anche diverse tombe illustri, tra cui la tomba di Pauline de Beaumont, fatta costruire dal suo amante, François-René de Chateaubriand e la tomba del cardinale François Joachin de Bernis, ambasciatore dei re Luigi XV e Luigi XVI. Infine, sulla cantoria sopra la porta d'ingresso si trova il preziosissimo organo a canne, costruito da Joseph Merklin nel 1881 e dotato di tre manuali di 56 note e pedaliera di 30 note a trasmissione pneumatica Barker: un vero gioiello..
All'interno della chiesa c'è la celebre Cappella Contarelli dove si trova il famoso trittico di Caravaggio composto da Il Martirio di San Matteo, La Vocazione di San Matteo e San Matteo e l'angelo. Il nome della cappella si deve a quello del cardinale Mathieu Cointrel, poi italianizzato in Contarelli, che commissionò al Merisi, le tre pale d'altare incentrate sulla figura di San Matteo
Il Martirio di San Matteo è la prima tela realizzata dal Caravaggio per la cappella. Rispetto alle altre la composizione risulta più sovraffollata con un groviglio di corpi che rimanda al manierismo mentre i nudi sono di chiara derivazione michelangiolesca. Nella scena il Santo è sopraffatto da un soldato etiope mandato da re Hirtacus per impedirgli di proseguire la sua opera di proselitismo mentre un angelo si sporge da una nuvola per porgergli la palma, simbolo di martirio. La folla intorno assiste inorridita e tra le persone si scorge un uomo con barba e baffi che potrebbe essere lo stesso Caravaggio. Da segnalare che l'intera scena è avvolta dal buio: da questo momento Caravaggio userà sempre il fondo scuro per le sue opere.
Nella Vocazione di San Matteo, il motivo principale è rappresentato dal simbolismo del fascio di luce che proviene da una finestra nascosta. E' la luce che Dio che insieme alle figure di Gesù e San Pietro si rivolge verso San Matteo. Al momento della chiamata di Gesù, Matteo era un gabelliere, un esattore delle tasse e l'incontro con Gesù lo porta ad abbandonare la sua vita per seguirlo. Caravaggio trasforma questo episodio in una scena dei suoi tempi con l’ambiente che somiglia ad una taverna della Roma di quegli anni. La sua pittura acquista un carattere sempre più drammatico, fatta di luci e soprattutto ombre; un crudo realismo che ci ricorda che il sacro non ha una collocazione lontana nel tempo e nello spazio, ma è sempre presente in mezzo a noi.
San Matteo e l’angelo fu realizzato da Caravaggio in un secondo momento, ma la prima versione del dipinto viene rifiutata per l'eccessivo realismo. San Matteo è rappresentato con l’aspetto di un popolano quasi analfabeta, al quale l’angelo deve dirigere la mano per aiutarlo a scrivere. Di quest'opera, andata perduta a Berlino durante la seconda guerra mondiale, restano solo copie fotografiche. Nella seconda versione del dipinto, invece, Matteo è rappresentato sempre nell'atto di comporre il suo Vangelo con l'angelo che fornisce dei suggerimenti. Il Santo ha i piedi nudi, quasi a raffigurare la triviale umanità dell’uomo che pure è in grado di essere strumento della Parola divina.