The Weakest Goeth to the Wall - An Anonymous Elizabethan Play

first printed in 1600 and registered in the "Stationers' Register" on the 23rd October 1600

The Weakest Goeth to the Wall

di anonimo Elisabettiano: temi, tecniche e convenzioni

Tesi di Laurea di Maria Pietrogiovanna - Anno accademico 1990/1991

Relatrice: Chiar.ma Prof.ssa Anna Maria Busi

Università degli Studi di Milano - Facoltà di Lettere e Filosofia - Laurea in Lingue e Letterature Straniere Moderne

Capitolo 3 - Analisi dell'opera

3.6. Il significato dell'opera

The Weakest Goeth to the Wall, analogamente agli altri drammi del periodo elisabettiano, rispetta la concezione aristotelica che vede nelle opere teatrali degli strumenti in grado di divertire ma anche di istruire il pubblico a cui si rivolgono ([1]). Osservando la trama, i personaggi, alcuni riferimenti ed ancora il titolo stesso di The Weakest Goeth to the Wall, si può notare che molti sono gli insegnamenti che si possono trarre da questo testo.

Si sono già analizzate più volte, infatti, le alterne vicende politiche di Lod'wick e Mercury come possibili allusioni all'incerta situazione dinastica degli anni conclusivi del secolo XVI e come presunte esortazioni rivolte alla regina, affinché scegliesse al più presto un suo successore e concedesse i suoi favori preferibilmente a Cecil.

Discutendo il genere di The Weakest Goeth to the Wall, si è visto, inoltre, come la cornice pseudostorica, insieme alle alterne vicende che coinvolgono Mercury e la famiglia di Lod'wick, persegua i fini didattici assegnati alla storiografia del tempo, ossia  utilizzi  gli  eventi  del  passato  per  trarre validi esempi ed insegnamenti per il presente ed ancora mostri la presenza della mano divina nelle vicende umane.

Per di più, nelle battute ironiche di Barnaby Bunch è ravvisabile la derisione e, perciò, la condanna di alcuni tipici vizi umani esemplificati dai personaggi comici di Sir Nicholas e Yacob van Smelt ([2]).

Tuttavia, gli ammaestramenti forniti da The Weakest Goeth to the Wall si estendono anche all'ambito sociale e, contemporaneamente, a quello religioso.

Nell'ambito della narrazione Lod'wick ed i suoi familiari vengono identificati con i deboli di cui parla il proverbio che costituisce il titolo del dramma. Tale detto è ripetuto, con varianti minime, ben tre volte all'interno delle diciotto scene.

Appare per la prima volta nella scena ottava quando Lod'wick, colto dalla disperazione più cupa, chiede l'elemosina a Sir Nicholas. Punto di partenza è una riflessione sulla situazione sociale del tempo. Lod'wick osserva, infatti, che il vero povero viene spesso sospettato di essere un ‘idle vagabond’ (viii, 76) e perciò difficilmente riesce a riscattarsi dalla propria  miseria,  poiché  nessuno  lo  aiuta.  A  questo punto il duca trae la conclusione che ‘The weakest ever go unto the wall’ (viii, 82) ([3]).

Nella scena diciottesima, lamentandosi del triste fato  che  incombe  su  Ferdinand  a  causa  della  sua presunta condizione di subalterno, Epernoun considera che quando una disgrazia si abbatte ‘still the weakest go unto the walls’ (xviii, 37) ([4]).

Successivamente, mentre sta tentando di farsi riconoscere, Oriana ricorda tempi migliori e asserisce che ‘when the greatest into danger falls,/The weakest still did go unto the walls’ (xviii, 259-260) ([5]).

Una massima analoga si ritrova nel distico finale declamato da Lod'wick con l'intento di riassumere gli eventi del dramma e di fornirne la morale. Egli, in effetti, sostiene che ‘time the saddest heart from sorrow calls,/And helps the weak, long thrust unto the walls’ (xviii, 287-288) ([6]).

L'autore di The Weakest Goeth to the Wall sembra, dunque, essere interessato in maniera seria a coloro che conducono una vita emarginata e misera. Tuttavia, egli nota che difficilmente i più deboli riescono a sottrarsi alla morsa della povertà e della sfortuna e che la loro esistenza è una specie di circolo vizioso, che richiama avversità ancora peggiori. Difatti, adottando come titolo della sua opera il proverbio stesso e non una frase simile a quella del distico conclusivo, il drammaturgo sceglie di porre l'accento principale non sul riscatto, ma sulla continuità dell'esperienza di sofferenza e privazione vissuta dai più deboli. 

Attraverso l'evolversi infine favorevole delle vicende del dramma e con gli ultimi due versi riassuntivi, l'autore di The Weakest Goeth to the Wall cerca, comunque, di fornire un messaggio ottimistico a questi individui. Egli, infatti, sembra proporre a costoro il comportamento di Lod'wick e della sua famiglia come un modello da seguire per ottenere in cambio la felicità eterna e forse anche una ricompensa terrena.

Il drammaturgo esorta, quindi, i più deboli alla pazienza, alla sopportazione ed alla speranza in un futuro migliore. Invita, inoltre, queste persone a perseguire, durante la loro esistenza terrena, non i beni materiali ma i beni spirituali. Il contrasto tra questi viene, in effetti, introdotto sin dalla prima scena. Come precisa la didascalia iniziale, King Louis appare in scena accompagnato da due gentiluomini; uno di questi reca con sé la corona reale, l'altro un cappello, un bastone ed un vestito, ossia gli oggetti che distinguono i pellegrini. Si crea, dunque, anche a livello visivo, un forte contrasto: da un lato vengono mostrati la ricchezza ed il potere che si possono acquistare nel corso della vita terrena, dall'altro le privazioni e la povertà a cui bisogna adattarsi per ottenere la salvezza eterna.

Questa immagine viene subito ripresa, a livello di linguaggio, attraverso le parole del re che alla ‘earthly crown’ (i, 9) oppone l'‘eternal diadem’ (i, 11) dell'anima.  L'impiego di tali vocaboli indica che la scelta di King Louis, e di conseguenza dell'autore ricade sui beni spirituali piuttosto che su quelli terreni. In realtà, mentre i due sostantivi potrebbero essere considerati dei sinonimi, i due aggettivi danno vita  ad  una  netta  opposizione  che,  in  un  mondo religioso come quello elisabettiano, vede la prevalenza del secondo termine. Inoltre, analizzando la struttura della frase, si può osservare come l'enfasi cada sull'espressione ‘eternal diadem’, in quanto posta alla conclusione del discorso. 

Se si tiene conto della trama di The Weakest Goeth to the Wall, si può notare che coloro che basano la propria vita sul conseguimento della salvezza celeste sono, per l'appunto, Lod'wick ed i suoi familiari, mentre i personaggi che vanno alla ricerca degli onori terreni sono Mercury e gli spagnoli.

Il premio e la punizione che, rispettivamente, tali figure ricevono al termine di The Weakest Goeth to the Wall si trasformano, dunque, in un monito religioso ed incitano i più deboli ad imitare le virtù di Lod'wick e dei suoi congiunti ed a sfuggire i peccati di Mercury, Hernando e Don Ugo. In questo modo, come il drammaturgo sembra suggerire, la Provvidenza e la giustizia riparatrice di Dio potranno intervenire e capovolgere la situazione in favore di chi ha sempre vissuto rettamente.

Tali considerazioni sembrerebbero indicare che è possibile interpretare il titolo in modo completamente opposto. In effetti, esso potrebbe significare che i più deboli, col trascorrere del tempo, possono avere la meglio, come avviene in realtà in conclusione di The Weakest Goeth to the Wall, in quanto il lieto fine riguarda solamente Lod'wick e la sua famiglia, ossia i più deboli, mentre il traditore Mercury rimane in carcere in attesa di essere condannato dal re ed i due comandanti dell'esercito spagnolo, Hernando e Don Ugo, sono già stati uccisi.

Questa differente interpretazione è suggerita da un'usanza di quei tempi la quale voleva che, quando due persone si incontravano per strada, chi tra i due godeva di maggior prestigio procedesse più vicino al muro, cioè  lungo  il  tratto  più  esterno  e più pulito, in quanto il centro della via era utilizzato per gettarvi l'immondizia ([7]). Per questo motivo, si potrebbe intendere ‘to go to the wall’ anche con il senso di ottenere la parte migliore. 

Di conseguenza, il titolo potrebbe assumere nel contempo due significati nettamente opposti ed indicare che i più deboli possono avere la peggio, ma anche la meglio quando le circostanze divengono favorevoli ed essi se lo sono meritati, come nel caso di Lod'wick e dei suoi familiari.

Considerando i vari insegnamenti individuabili nell'ambito della complessa struttura di The Weakest Goeth to the Wall, si può concludere riscontrando come pure in questo caso il dramma tenti di soddisfare le peculiari esigenze del pubblico elisabettiano. L'autore si addentra, in effetti, nella situazione storica, politica, religiosa e sociale del tempo, cercando di fornire aiuto e conforto ai suoi spettatori.

Note a piè di pagina

([1])  Cfr. Mary Crapo Hyde, op. cit., pp. 20-23.

 

([2]) Vedi pp. 21-23; 91-95 e 129-130.

 

([3]) Trad.: I più deboli hanno sempre la peggio.

 

([4]) Trad.: ancora i più deboli hanno la peggio.

 

([5]) Trad.: quando il più forte soccombe al male,/il più debole ancora ebbe la peggio.  

 

([6]) Trad.: il tempo i cuori più tristi dal dolore richiama,/ed aiuta i deboli a lungo costretti a vivere in disparte ed in rovina.

 

([7]) Cfr. William Shakespeare, Romeo and Juliet, ed. John Ingledew, Longman, 1965, p. 2 nota 7.