The Weakest Goeth to the Wall - An Anonymous Elizabethan Play

first printed in 1600 and registered in the "Stationers' Register" on the 23rd October 1600

The Weakest Goeth to the Wall

di anonimo Elisabettiano: temi, tecniche e convenzioni

Tesi di Laurea di Maria Pietrogiovanna - Anno accademico 1990/1991

Relatrice: Chiar.ma Prof.ssa Anna Maria Busi

Università degli Studi di Milano - Facoltà di Lettere e Filosofia - Laurea in Lingue e Letterature Straniere Moderne

Il proverbio «The weakest goeth to the wall»

PAGINA IN CORSO DI ELABORAZIONE

The Weakest Goeth to the Wall è un detto proverbiale, risalente all'inizio del XVI secolo. Unico dato certo è che l'espressione è stata riportata per la prima volta, con una forma simile a quella attuale ("The weakest go ever to the wall"), nei Conventry Mystery Plays attorno al 1500. Si suppone, dunque, che allora fosse già un modo di dire ben conosciuto. Incerta è, invece, l'origine di tale espressione e, di conseguenza, del suo preciso significato.

Nel capitolo 3 della tesi di laurea (3.6 Il significato dell'opera) viene descritto come nel 1500-1600 il titolo dell'opera teatrale The Weakest Goeth to the Wall,  a primo acchito, assume una connotazione prettamente negativa,  che tuttavia viene ribaltata dal finale a lieto fine per i personaggi più deboli. Ciò potrebbe essere legato a due diverse situazioni tipiche del periodo elisabettiano. In un duello quando un combattente si metteva o veniva messo spalle al muro, quindi arretrava fino al punto in cui non poteva più scappare, voleva dire che costui era il più debole e pertanto quello predestinato a perdere e soccombere. In senso metaforico, dunque, "to go to the wall" significava che, nella battaglia per la sopravvivenza, i più forti vincevano e prevaricavano, mentre i più deboli venivano messi da parte e dimenticati, nonché soffrivano in misura maggiore. Considerando, invece, un'altra usanza di quei tempi la quale voleva che, quando due persone si incontravano per strada, chi tra i due godeva di maggior prestigio procedesse più vicino al muro, cioè  lungo  il  tratto  più  esterno  e più pulito, in quanto il centro della via era utilizzato per gettarvi l'immondizia, andare contro il muro significava ottenere la parte migliore.

Se si osserva la definizione attuale, fornita ad esempio dai dizionari Collins, Longman, Oxford Languages e Cambridge, si può notare come l'idioma "to go to the wall" sia un sinonimo informale di fallire, perdere tutti i soldi, cadere in rovina / essere rovinato dal punto di vista economico-finanziario, andare in bancarotta. Ciò significa che è sopravvissuta l'accezione negativa del proverbio, declinata nel mondo monetario.

Grazie alla facilità di ricerca e reperimento delle informazioni su internet, eventualità inimmaginabile durante la stesura della tesi, è stato possibile rintracciare ulteriori dati e riferimenti relativi al proverbio The Weakest Goeth to the Wall. Ad ogni modo, anche questi nuovi rinvenimenti purtroppo non rappresentano delle certezze, ma solo delle supposizioni.

Nell'Oxford Dictionary of Proverbs, si riporta che il detto "The weakest go to the wall" derivi comunemente dall'installazione di sedute attorno alle pareti delle chiese. Effettivamente, prima della comparsa, a partire dal tardo Medio Evo, delle attuali panche in legno, le navate delle chiese erano vuote, mentre vi erano dei posti a sedere in sasso appoggiati e/o inseriti lungo i muri laterali. Su di esse le persone potevano appoggiare le gambe oppure sedersi addossati al muro. Chi usufruiva di tale possibilità erano generalmente gli anziani, i malati e le persone fragili in genere, ossia i più deboli, mentre le altre persone più forti si sistemavano nel centro in piedi, facendosi valere e prevaricando su quelli seduti. Da qui deriverebbe l'idea che i deboli vanno al muro, in quanto ne hanno bisogno per sostenersi.

Un'ulteriore possibile origine della frase idiomatica potrebbe ricollegarsi all'abitudine risalente ai tempi dei letti comuni, quando i più piccoli e deboli venivano posti all'interno, contro il muro, con il padre all'esterno del giaciglio pronto a respingere qualsiasi pericolo si presentasse.

Ci potrebbe essere, altresì, una somiglianza con la massima "To lie by the wall" riferito alle navi rimessate contro un molo o un muro del porto, ossia come oggetti ormai inutili, oppure, con l'espressione dialettale riportata da Francis Grose nel Provincial Glossary del 1787 : "He lies by the wall. Spoken of a person dead but not buried", probabilmente riferita alla prassi, prima della sepoltura, di addossare i defunti ai muri del cimitero.

Per quanto riguarda la supposta origine del proverbio dalla conformazione delle anguste e trafficate vie dell'epoca, si è rilevata la presenza di opinioni diametralmente opposte, dato che non vi è alcuna certezza riguardo l'esatto profilo delle stesse. 

Nel suo libro Proverb Law del 1902  F. Edward Hulme ritiene che le carrozzabili fossero strutturate similmente a quelle odierne, ovvero degradanti dalla mezzaria verso i muri posti sui lati, lungo i quali scorrevano la fognatura e gli scoli delle abitazioni. Non essendoci i marciapiedi, il centro risultava sicuramente il luogo più gradevole dove viaggiare. Il continuo passaggio di mezzi di trasporto su due ruote costringeva, invece, i pedoni verso i bordi della strada, da qui il proverbio "The weakest goes to the wall". Analogamente, anche l'origine di un altro idioma "to have one's back to the wall", molto somigliante a The Weakest Goeth to the Wall, potrebbe essere legata alla foggia delle strette arterie medievali. In caso di calca e ressa, dovuti al traffico intenso o ad una rivolta, gli astanti sarebbero stati costretti contro i bordi senza alcun posto dove andare o fuggire. A ritrovarsi, dunque,  in una situazione del tutto indesiderabile, letteralmente con le spalle al muro, erano i più deboli. 

Al contrario, come invece riportato nel citato capitolo 3 della tesi, le carrabili avrebbero potuto convergere nel mezzo e, di conseguenza, questo risultare la parte peggiore del piano viabile e "to go to the wall" potrebbe significare essere nella posizione migliore e più sicura.  Spunti interessanti, a sostegno di questa eventualità e a confutazione della citata ipotesi sostenuta da F. Edward Hulme, si possono trarre oltremodo dal galateo per i pedoni e dalla "sidewalk rule", con comportamenti esemplificativi tuttora esistenti ai giorni nostri. Se il marciapiede è stretto, incrociando un'altra persona, il più giovane o l'uomo, nei confronti di una signora, cedono il passo e proseguono sulla carreggiata. Se una coppia cammina sul marciapiede, da gentiluomo il maschio deve procedere sull'estremità esposta al traffico, mentre la donna rimane protetta vicino al muro. Lo stesso comportamento deve assumere la persona più giovane rispetto a quella più anziana.  Le origini di queste consuetudini di bon-ton affondano le proprie radici nel periodo medievale. Viene ritenuto che a quei tempi il centro delle vie era il luogo meno piacevole dove viaggiare, poiché vi si accumulavano sia gli escrementi prodotti dagli animali in circolazione sia quello che vi veniva buttato. La carrozzabile aveva, dunque, una "clean side", di solito sul ciglio opposto a quello dove sorgevano gli edifici, e una "dung side". Gli uomini, essendo cavallereschi, avanzavano sul lato esterno in prossimità della "dung side", se non direttamente su di essa, tenendo le donne verso l'interno nella "clean side".  In questa maniera le proteggevano, altresì, dagli spruzzi di liquame e spazzatura.  Oltremodo procedere a ridosso delle facciate degli edifici era più sicuro per un motivo ulteriore, in quanto vi era maggior probabilità di riuscire ad evitare gli schizzi dei vasi da notte svuotati verso la strada dai piani alti.

Considerazioni aggiuntive possono essere tratte dalla famosa opera di Shakespeare Romeo and Juliet e, in particolare, dal discorso iniziale dell'Atto Primo - Scena I, tra Sampson e Gregory, servitori dei Capuleti. Girovagando per strada, all'affermazione del primo: "I will take the wall of any man or maid of Montague's", il secondo ribatte citando il proverbio in questione: "That shows thee a weak slave; for the weakesto goes to the wall". Alla critica dell'amico, Sampson corregge parzialmente il tiro e sostiene allora: "True; and therefore, women, being the weaker vessels, are ever thrust to the wall: therefore I will push Montague's men from the wall, and thrust his maids to the wall". Da questa schermaglia verbale si può dedurre che camminare accostati al muro della strada era un privilegio, che Sampson vuole togliere ai servitori e alle donne dei Montecchi. Criticato da Gregory, che lo paragona a un codardo, in quanto il più debole va al muro, l'altro modifica la seconda parte della sua asserzione. Ribadisce infatti di voler cacciare dal muro i servi dei Montecchi, sottolineando nuovamente il vantaggio di procedere rasenti al muro, e precisa, con un gioco di parole, di volerci invece "appoggiare" le serve che, essendo donne, sono i vasi più fragili.

Da una lettura congiunta dei vari dati recuperati  e del testo della citata opera shakespeariana è possibile trarre le seguenti conclusioni.

Considerando che è prevalsa l'accezione negativa del proverbio, è da supporre che già durante l'epoca elisabettiana il detto The Weakest Goeth to the Wall avesse una connotazione infausta e avrebbe potuto significare che il più debole soccombe ed ha la peggio in senso sia finanziario sia generale. In Shakespeare, infatti, colui che va al muro è il "weak slave": in questo caso il termine "debole" viene rafforzato dal vocabolo "schiavo", indicando una persona limitata nei propri diritti politici e sociali, sottomessa ai voleri degli altri e/o da una determinata condizione.

Tenendo come punto saldo la sfumatura negativa della locuzione, l'origine della stessa non sarebbe dunque da rinvenire nell'abitudine di camminare lungo i muri della strada. Sia il galateo sia il dialogo di Romeo and Juliet sottintendono che procedere più lontano dai pericoli e/o sulla "clean side" della sede viabile era ritenuto vantaggioso. La stessa argomentazione vale per il riferimento all'utilizzo dei letti comuni, in quanto i più deboli erano protetti da chi giaceva all'esterno, pronto ad affrontare i pericoli incombenti su di loro.

E', altresì, molto improbabile che The Weakest Goeth to the Wall derivi dall'ambiente navale o da espressioni dialettali, poiché l'ampia diffusione del proverbio difficilmente si accorda con dei contesti di provenienza così ristretti.

Per quanto riguarda, invece, la tesi sostenuta dall'Oxford Dictionary of Proverbs, richiamando alla mente l'immagine visiva delle persone fragili e deboli addossate ai muri con le altre figure in piedi nel mezzo, sembrerebbe che venga rimarcato innanzitutto il distacco sociale tra i due gruppi.  Mentre i primi danno l'idea di essere posti in disparte dalla vita attiva ed estromessi dalle decisioni, i secondi ne sembrerebbero costituire il fulcro ed esserne i fautori. Ragion per cui il detto The Weakest Goeth to the Wall potrebbe trarre origine da questa consuetudine di ambientazione religiosa.

Tuttavia, sia Shakespeare sia l'anonimo elisabettiano utilizzano il verbo "thrust". Difatti, Sampson, riferendosi alle donne dei  Montecchi, si ripropone di "thrust his maids to the wall", mentre Lod'wick, nell'intento di riassumere gli eventi del dramma di fornirne la morale, sostiene che "time the saddest heart from sorrow calls,/And helps the weak, long thrust unto the walls". Sicché in queste due frasi si rileva una parvenza più acrimoniosa rispetto a quanto appena sopra riportato in merito alla provenienza di The Weakest Goeth to the Wall dalla configurazione medievale delle chiese, in quanto qui il debole viene spinto violentemente o forzato contro il muro. A questo proposito l'Oxford Language, riferendosi all'origine del verbo "to thrust" e del relativo sostantivo "thrust", riporta che il primo risale al Middle English, mentre il secondo viene registrato per la prima volta agli inizi del XVI secolo con il significato di "act of pressing". Parrebbe perciò che la massima The Weakest Goeth to the Wall si avvicini in maggior misura al detto attuale "to have one's back to the wall", ossia avere le spalle al muro senza alcuna possibilità di fuga come in un combattimento o in una qualsiasi altra situazione spiacevole e, di conseguenza, ritrovarsi a dover subire qualunque prevaricazione e ingiustizia.

Dalla suddetta analisi relativa alla possibile fonte del motto, raffrontando una mole maggiore di dati rispetto all'anno della stesura della tesi di laurea, viene in sostanza confermato quanto sostenuto nel capitolo 3 (3.6 Il significato dell'opera). Vale a dire che il proverbio The Weakest Goeth to the Wall indica in via principale, in senso sfavorevole, che i più deboli hanno la peggio e conducono una vita grama, sottoposti ad angherie, ingiustizie e prepotenze.  Nell'idioma è, ciononostante, insito un messaggio ottimistico per le persone più fragili, speranzose in una vita migliore, giacché richiama alla mente il privilegio di coloro che percorrevano le strade medievali in posizione privilegiata a ridosso del muro oppure di chi dormiva nel lato interno dei letti comuni.

mettere al muro ≈ fucilare, passare per le armi 

Di conseguenza, il titolo potrebbe assumere nel contempo due significati nettamente opposti ed indicare che i più deboli possono avere la peggio, ma anche la meglio quando le circostanze divengono favorevoli ed essi se lo sono meritati, come nel caso di Lod'wick e dei suoi familiari.


adagio, (lett.) apoftegma, motto, (lett.) paremia. ‖ detto, massima, sentenza. 

poiché (lett. poi che) [grafia unita di poi che], cong. - [con valore causale, dato che: p. la pensi così, lascio decidere a te] ≈ considerato che, (lett.) dacché, dal momento che, (lett., ant.) dappoiché, [...] giacché, visto che 

in altre parole, (lett.) ossia, ovvero, (non com.) ovverosia, vale a dire. 2. [con funzione correttiva: ti telefonerò, c. verrò io personalmente] ≈ anzi, o meglio, piuttosto. 

derivazione, fonte, provenienza, [di un fiume e sim.] sorgente.  

ùbuso, angheria, ingiustizia, prepotenza, prevaricazione, (tosc.) riffa, soperchieria, sopraffazione, vessazione. ↓ imposizione. 

n un duello quando un combattente si metteva o veniva messo spalle al muro, quindi arretrava fino al punto in cui non poteva più scappare, voleva dire che costui era il più debole e pertanto quello predestinato a perdere e soccombere. 

In caso di calca e ressa, dovuti al traffico intenso o ad una rivolta, gli astanti sarebbero stati costretti contro i muri senza alcun posto dove andare o fuggire. A ritrovarsi, dunque,  in una situazione del tutto indesiderabile, letteralmente con le spalle al muro, erano i più deboli. 

spingere improvvisamente o violentemente in una direzione specifica/forzare (qualcuno) ad accettare o affrontare qualcosa

Oxford language

push suddenly or violently in a specified direction / force (someone) to accept or deal with something 

Middle English (as a verb): from Old Norse thrýsta ; perhaps related to Latin trudere ‘to thrust’. The noun is first recorded (early 16th century) in the sense ‘act of pressing’. 

Il sostantivo viene registrato per la prima volta (inizi del XVI secolo) nel senso di “atto di pressione”.

cambridge dictionary

to push suddenly and strongly: 


massima

dare l'impressione

apparire probabile





avverso, contrario, ostile, sfavorevole. ↔ favorevole, positivo, propizio. b. [di situazione, evento e sim., non utile: i lati n. di una faccenda; agire in senso n.] ≈ dannoso, sfavorevole, svantaggioso. ↔ favorevole, utile, vantaggioso. 

propizio /pro'pitsjo/ agg. [dal lat. propitius, der. del tema di petĕre nel sign. di "volgersi a", col pref. pro-¹]. - 1. [che ha un atteggiamento positivo verso qualcuno: la fortuna ti sia p.; rendersi p. gli dei] ≈ amico, bendisposto, benevolo, benigno, fausto, favorevole. ↔ avverso, infausto, maldisposto, ostile. 2. (estens.) [che presenta le condizioni più adeguate: attendere l'occasione p.] ≈ adatto, appropriato, buono, conveniente, favorevole, giusto, opportuno, proficuo, (ant.) prosperevole, prospero. ↔ fuori luogo, improprio, inadatto, infelice, inopportuno, (non com.) malavventurato, sbagliato, sconveniente, sfavorevole. 

infausto /in'fausto/ agg. [dal lat. infaustus]. - 1. [di presagio, notizia e sim., che hanno rapporto con eventi spiacevoli perché li annunciano o li richiamano alla mente: luoghi, giorni i.] ≈ (lett.) [...] calamitoso, doloroso, funesto, infelice, luttuoso, malaugurato, nefasto, sciagurato, sfortunato, sinistro, spiacevole, sventurato, triste, [di annuncio e sim.] ferale. ↔ fausto, favorevole, felice, fortunato, 

SAMPSON and GREGORY,

Sampson. A dog of that house shall move me to stand: I will
take the wall of any man or maid of Montague's.

6

I,1,30

Gregory. That shows thee a weak slave; for the weakest goes
to the wall.

Sampson. True; and therefore women, being the weaker vessels,
are ever thrust to the wall: therefore I will push
Montague's men from the wall, and thrust his maids
to the wall.



sidewalk


I will take the wall”: “to take the wall (of a person)” è frase idiomatica per “prendere la destra” (la posizione del più importante camminando) o “prendersi il privilegio di camminare lungo il muro, come nella parte più sicura e pulita della strada”. (Si ricordi il “Fate luogo!” del giovane Lodovico, il futuro Fra' Cristoforo dei “Promessi Sposi”). 

However, the most recent edition of Shakespeare that I have on my shelves, from the Royal Shakespeare Company, argues that streets sloped down from the sides to a gutter in the centre. It says that Sampson’s “I will take the wall” means he proposes to walk or ride in the best place, along the edge of the street by the wall, so forcing everybody else (Montagues in particular) into the gutter in the middle. From what little I know about medieval town drainage and the phrases in question, I’d guess that the RSC has this right, though as most streets have two sides, why the Montagues couldn’t simply walk along by the other wall puzzles me.

Perhaps the most widely held of the theories, after the church seating one, is to link a connection with medieval streets with another idiom, to have one’s back to the wall, meaning to be in dire straits with no way to escape. In a skirmish or mêlée, it’s argued, the weakest fighters would be forced to retreat until they could back no further. Contrariwise, you may feel that a position against a wall during a fight meant nobody could come at you from behind, limiting the number of assailants you had to cope with. The idea is often linked to a crush in a narrow street caused by heavy traffic or a riot. Bystanders would be forced against the walls with no place to go, a highly undesirable situation. The weak would literally be forced against the wall.

 usually said to derive from the installation of seating (around the walls) in the churches of the late Middle Ages

Alcune chiese hanno un sedile in muratura costruito lungo le pareti della navata, su cui le persone potevano appoggiare le gambe (da qui il detto “i più deboli vanno al muro”).

I banchi apparvero solo alla fine del periodo medievale.


Nelle chiese dei secoli precedenti, prima dell'uso dei banchi di legno, gli unici posti a sedere erano panche di pietra incastonate nei muri. Questi erano usati dagli anziani e dai fragili; altre persone si alzarono. Quindi: i più deboli vanno al muro perché hanno bisogno del suo sostegno, i più forti prendono posizioni centrali e si fanno valere.


l'anello più debole è il punto in cui un sistema, una sequenza o un'organizzazione è più vulnerabile; l'elemento o membro meno dipendente.






In churches in earlier centuries, before the use of wooden pews, the only seating was stone benches built into the walls. These were used by the elderly and frail; other people stood up. So: the weakest go to the wall because they need its support, the strongest take central positions and stand up for themselves.


In the Shakespeare quote (#16), Sampson is hoping to get the Montagues' servant-girls with their backs to the wall (a different metaphor = 'at a disadvantage') and have his wicked way with them.


Both these metaphors are quite common in British English. 

Some churches have a built in masonry seat along the nave walls, on which people could rest their legs (this is the origin of the saying ‘the weakest go to the wall’).  

Pews only appeared at the end of the medieval period. 

The congregation almost never had pews or Chapel chairs until the Reformation. In the great Cathedrals, the only place to sit was along the low stone shelf that ran along the side walls of the building, where sat those who were too weak or ill to stand; hence the saying, "The weak go to the wall. 

There may have been some crude benches around the walls for the old and infirm (some churches had a stone bench built around the periphery) - hence the origin of the phrase "the weak go to the wall". 

dictionary.com go to the wall


Lose a conflict, be defeated; also, yield. For example, In spite of their efforts, they went to the wall, or When it's a matter of family versus friends, friends must go to the wall. [Late 1500s]


Oxford Dictionary of ProverbsThe weakest go to the wall 

Usually said to derive from the installation of seating (around the walls) in the churches of the late Middle Ages. ...

Weakest go to the wall

Q From Brian Hudson: My parish magazine has an article which relates the meaning of the weakest to the wall to the provision of seats at the back of churches for the infirm, at the time when congregations stood in the nave. Having taken your newsletter for some years, I have learned to ask, “Is this correct?”

A Aha, a convert. This story, and variations, are frequently given as the origin of this saying, especially in histories of ancient churches. Where etymology is concerned, it’s always worth querying the wisdom of the commons. On the other hand, since the expression is so ancient, I expected little could be said about it. Research proved how wrong I was.

What we do know for sure is that the expression is recorded first in the Coventry Mystery Plays of about 1500 in a form that’s very close to our modern proverb: “The weakest go ever to the wall”. It must surely have already been a well-known saying. A century later, Shakespeare uses it as a witty riposte by one Capulet servant to another:

SAMPSON: A dog of that house shall move me to stand. I will take the wall of any man or maid of Montague’s.
GREGORY: That shows ye a weak slave, for the weakest goes to the wall.

Romeo and Juliet, by William Shakespeare, 1595-96.

This is where matters get complicated. A surprisingly large amount of ink has been expended in arguing, largely on the basis of this exchange, that the public road is the origin of the expression. It all hangs, you may be astonished to learn, on the profile of the narrow streets of crowded medieval towns. One theory assumes that they were cambered like modern ones, sloping from the centre to gutters on either side:

In the days of our forefathers the streets were narrow, and there were no pavements; while discharging pipes and running gutters by the sides of the walls made the centre of the road the more agreeable place for the traveller. Wheeled conveyances of divers sorts passing and repassing forced the foot-passenger to the side of the road. Hence the proverb, “The weakest goes to the wall.”

Proverb Law, F Edward Hulme, 1902.

However, the most recent edition of Shakespeare that I have on my shelves, from the Royal Shakespeare Company, argues that streets sloped down from the sides to a gutter in the centre. It says that Sampson’s “I will take the wall” means he proposes to walk or ride in the best place, along the edge of the street by the wall, so forcing everybody else (Montagues in particular) into the gutter in the middle. From what little I know about medieval town drainage and the phrases in question, I’d guess that the RSC has this right, though as most streets have two sides, why the Montagues couldn’t simply walk along by the other wall puzzles me.

Perhaps the most widely held of the theories, after the church seating one, is to link a connection with medieval streets with another idiom, to have one’s back to the wall, meaning to be in dire straits with no way to escape. In a skirmish or mêlée, it’s argued, the weakest fighters would be forced to retreat until they could back no further. Contrariwise, you may feel that a position against a wall during a fight meant nobody could come at you from behind, limiting the number of assailants you had to cope with. The idea is often linked to a crush in a narrow street caused by heavy traffic or a riot. Bystanders would be forced against the walls with no place to go, a highly undesirable situation. The weak would literally be forced against the wall.

This doesn’t exhaust the theories. In no particular order of date or verisimilitude: To lie by the wall once referred to a ship laid up against a dock or harbour wall, hence useless; much has been made of a reference to the dialect of Norfolk and Suffolk in Francis Grose’s Provincial Glossary of 1787, “He lies by the wall. Spoken of a person dead but not buried”; one writer insisted that in the days of communal beds, the youngest and feeblest were placed on the inside against the wall, with the father on the outside of the bed ready to repel danger.

Modern references I’ve consulted, such as the Oxford Dictionary of Proverbs, cautiously subscribe to the origin you quote. They point to the installation of seats — usually stone benches — around the walls of churches in the late Middle Ages. These were reserved for the old or infirm, since everybody else stood during the services. As a result, it’s suggested, a link was created in people’s minds between being at the wall and incapacity or failure. But all the references accept there’s no evidence for it except common belief.


1

I,1,16

(stage directions). [Enter SAMPSON and GREGORY, of the house of Capulet, armed with swords and bucklers]

Sampson. Gregory, o' my word, we'll not carry coals.




2

I,1,19

Gregory. No, for then we should be colliers.

Sampson. I mean, an we be in choler, we'll draw.




3

I,1,21

Gregory. Ay, while you live, draw your neck out o' the collar.

Sampson. I strike quickly, being moved.




4

I,1,23

Gregory. But thou art not quickly moved to strike.

Sampson. A dog of the house of Montague moves me.




5

I,1,26

Gregory. To move is to stir; and to be valiant is to stand:
therefore, if thou art moved, thou runn'st away.

Sampson. A dog of that house shall move me to stand: I will
take the wall of any man or maid of Montague's.




6

I,1,30

Gregory. That shows thee a weak slave; for the weakest goes
to the wall.

Sampson. True; and therefore women, being the weaker vessels,
are ever thrust to the wall: therefore I will push
Montague's men from the wall, and thrust his maids
to the wall.




7

I,1,35

Gregory. The quarrel is between our masters and us their men.

Sampson. 'Tis all one, I will show myself a tyrant: when I
have fought with the men, I will be cruel with the
maids, and cut off their heads.




8

I,1,39

Gregory. The heads of the maids?

Sampson. Ay, the heads of the maids, or their maidenheads;
take it in what sense thou wilt.




9

I,1,42

Gregory. They must take it in sense that feel it.

Sampson. Me they shall feel while I am able to stand: and
'tis known I am a pretty piece of flesh.