The Weakest Goeth to the Wall - An Anonymous Elizabethan Play

first printed in 1600 and registered in the "Stationers' Register" on the 23rd October 1600

The Weakest Goeth to the Wall

di anonimo Elisabettiano: temi, tecniche e convenzioni

Tesi di Laurea di Maria Pietrogiovanna - Anno accademico 1990/1991

Relatrice: Chiar.ma Prof.ssa Anna Maria Busi

Università degli Studi di Milano - Facoltà di Lettere e Filosofia - Laurea in Lingue e Letterature Straniere Moderne

Capitolo 1 - Il testo, la data, l'«autorship»

1.3. L'«authorship»

Annosa e non suscettibile di una soluzione definitiva è pure la discussione riguardante la paternità  di  The  Weakest  Goeth  to  the  Wall. L'anonimità, comunque, di questo dramma non rappresenta un'eccezione, in quanto, durante il periodo elisabettiano, ancora non esistevano i diritti d'autore.  Difatti, dal momento in cui il drammaturgo consegnava il suo scritto agli attori, egli non poteva più controllarlo. Tutti, dai membri della compagnia teatrale al pubblico e agli stessi stampatori, avrebbero potuto pubblicarlo nella speranza di un cospicuo guadagno, con o senza il permesso dell'autore. Le opere teatrali, inoltre, non godevano di grande reputazione letteraria. I drammi non venivano considerati degni di essere conservati nelle biblioteche, in quanto letteratura effimera, ed erano quindi stampati utilizzando il formato più economico, cioè  in  quarto  ([1]);  per  questo  motivo, forse, gli autori preferivano che i frontespizi delle loro creazioni non riportassero il loro nome.

Tuttavia, critici e studiosi di letteratura non si sono mai arresi, neppure di fronte ad una mancanza completa  di  indizi,  e  sempre  hanno  tentato  di attribuire i vari drammi anonimi ora ad uno ora ad un altro scrittore. Mancando il nominativo dell'autore sul frontespizio, si sono rivolti ai registri del ‘Revels Office’, oppure ai cataloghi del Cinquecento e del Seicento, o ancora alle opere contemporanee alla ricerca di registrazioni, citazioni ed allusioni. Oltre a ciò, hanno analizzato numerosi testi teatrali, cercando di individuare quali fossero per ogni drammaturgo le peculiarità linguistiche e le abitudini nell'uso di particolari immagini, versi e didascalie, nella divisione in atti, nell'indicazione delle entrate e delle uscite, nell'ortografia, nella punteggiatura e nelle abbreviazioni. Partendo da questi dati, hanno, in seguito, paragonato le opere anonime con quelle di paternità certa, alla ricerca di conferme alle loro ipotesi. Hanno anche utilizzato parallelismi più vasti, comprendenti analogie di pensiero, linguaggio, tecnica drammatica, temi, caratterizzazione, pur di giungere a delle conclusioni. Nemmeno le opere frutto di collaborazione di due o più drammaturghi, caso molto frequente durante il periodo considerato, sono state ignorate dalle loro ricerche ([2]).

La tenacia ora descritta è ben evidente nei tentativi di attribuire The Weakest Goeth to the Wall ora a Dekker, ora addirittura a Shakespeare, ora a Munday, ora a Chettle o ancora a Webster, sulla base di prove di entità minima oppure di considerazioni di tipo unicamente personale. In effetti, le sole parti del dramma che mostrerebbero uno stile riconoscibile sono quelle comiche; mentre le rimanenti, siccome è difficile identificare al loro interno la particolare impronta di un determinato scrittore, sembrerebbero essere state scritte da più persone, in stretta collaborazione tra di loro.

Già nel 1675, Edward Phillips, desideroso di individuare l'autore di un gran numero di pubblicazioni anonime,  tenta  di  attribuire  l'opera  a  Webster  e Dekker. In realtà, egli basa questa sua tesi su un'interpretazione sbagliata di ciò che i vecchi cataloghi riportavano ([3]). Winstanley, tuttavia, accetta pedissequamente questa soluzione nel 1687 ([4]), e solo nel 1691 Langbaine corregge l'errore ([5]). Nel 1800, Sir Egerton Brydges pubblica un'edizione riveduta del testo di Phillips, eliminando l'attribuzione a Webster e Dekker ([6]). Ciò nonostante, non sono mancate, in tempi più recenti, delle prese di posizione sia favorevoli sia contrarie ad una possibile paternità websteriana. Difatti, se Hazlitt ha incluso The Weakest Goeth to the Wall nei suoi volumi dedicati a Webster, seguendo le indicazioni di Winstanley risalenti al 1687 ([7]), uno studioso di Webster come Elmer Stoll ha affermato che l'opera teatrale in questione niente ha a che fare con questo drammaturgo ([8]).

Il nome di Chettle, come possibile autore, viene, invece, proposto nel 1911 da Mary Leland Hunt. Ella, avendo osservato l'uso dello stesso tipo di versi e la presenza di sentimenti simili nelle scene amorose sia di The Weakest Goeth to the Wall sia di The Tragedy of Hoffman, composto, per l'appunto, da Chettle, trae la conclusione che costui abbia redatto gran parte del dramma anonimo ([9]). Questa proposta viene accettata, senza spiegarne i motivi, da M. T. Jones-Davies ([10]); mentre H. Dugdale Sykes, ancora senza nessuna giustificazione, la rigetta completamente, asserendo pure che nemmeno Munday può aver scritto The Weakest Goeth to the Wall ([11]).

Munday è l'unico drammaturgo il cui nome sia associato alla compagnia del Conte di Oxford, ed in particolar modo ai ragazzi che calcarono le scene all'incirca nel 1580, ed è per questo motivo che egli viene visto, sia da Frederick G. Fleay, sia da Arthur Acheson ([12]), come autore di The Weakest Goeth to the Wall.

Ipotesi azzardata è quella che suggerisce una paternità shakesperiana per The Weakest Goeth to the Wall. J. Payne Collier, nell'introduzione alla sua edizione dell'opera di Barnaby Rich, Riche His Farewell to Militaire Profession, nel 1846, afferma che Shakespeare partecipò alla stesura del dramma. Egli ravvisa nella definizione del frontespizio ‘Lord Great Chamberlain of England’ una parafrasi indicante il grande drammaturgo elisabettiano ed osserva che il termine ‘unvalued’ (i, 4) viene usato con lo stesso significato attribuitogli in Richard III ([13]). Nel 1965, pubblicando The Weakest Goeth to the Wall con altri cinque drammi collegati al canone shakespeariano, E. B. Everitt tenta di riportare in auge questa attribuzione e di fare un po' di luce sui primi anni artistici di Shakespeare. Preferendo, però, lasciare al lettore  stesso  il  compito   di ravvisare,  nelle sei opere, le somiglianze con la produzione di Shakespeare, si limita a segnalare solo alcuni parallelismi da lui individuati, che comproverebbero le sue affermazioni ([14]).

Più credibile è, invece, la partecipazione di Dekker alla composizione di The Weakest Goeth to the Wall. Molti sono i critici che, nelle parti comiche, ravvisano la presenza della mano dekkeriana ([15]). I tre personaggi di ceto sociale inferiore, il rappezzatore Barnaby Bunch, l'oste Yacob van Smelt ed il parroco Sir Nicholas, sembrano richiamare alla mente i vari caratteri comici delle altre opere di Dekker ([16]). M. T. Jones-Davies sostiene che elementi dekkeriani sono ravvisabili pure nei personaggi di Oriana, moglie fedele, e di Lod'wick, marito rassegnato, paziente e religioso ([17]). La Levenson è dell'opinione che Dekker abbia  creato  sia  i  caratteri  comici  sia  le  figure nobili all'interno delle scene comiche, oltre ad alcune parti  serie,  per  esempio  quelle  dove  compare  il generale Epernoun o ancora quelle che si soffermano sul mondo londinese contemporaneo. Questi elementi, purtroppo, non sono sufficienti a rendere The Weakest Goeth to the Wall un'opera completamente dekkeriana; non tutto il testo, difatti, è permeato dalla sua vena compositiva ([18]).

Concludendo, The Weakest Goeth to the Wall, pur essendo attribuibile in parte e in modo abbastanza fondato a Dekker ([19]), deve essere il frutto di una stretta collaborazione di più autori difficilmente identificabili.  

Note a piè di pagina

([1]) Cfr.  The  Cambridge  History  of  English Literature,  vol. IV,  p.  393 e  vol. V,  pp. 259-260; David Daiches, A Critical History of English Literature, London, Secher and Warburg, 1975, vol. II, pp. 322-323.

  

([2])Per un'analisi dei metodi utilizzati nelle attribuzioni delle opere si veda S. Schoenbaum, Internal Evidence and Elizabethan Dramatic Authorship, London, Edward Arnold, 1966, pp. 151-193.

  

([3]) Edward Phillips, Theatrum Poetarum, London, 1675, p. 116, cit. in Jill L. Levenson, op. cit., p. 5.

 

([4])Cfr. William Winstanley, The Lives of the Most Famous English Poets (1687), ed. William Riley Parker, “Scholars' Facsimiles & Reprints”, New York, Delmar, 1977, p. 137.

 

([5]) Cfr. The Weakest Goeth to the Wall, ed. W. W. Greg, “Introduction”, p. vi.

 

([6]) Edward Phillips, Theatrum Poetarum Anglicorum, ed. Sir Egerton Brydges, Canterbury, 1800, p. 239, cit. in Jill L. Levenson, op. cit., p. 5.

 

([7]) William Hazlitt, The Dramatic Works of John Webster, London, J. R. Smith, 1857, vol. I, p. 20.

  

([8]) Elmer E. Stoll, John Webster, Boston, Alfred Mudge & Son, 1905, p. 34.

 

([9]) Cfr. Mary Leland Hunt, Thomas Dekker: A Study, New York, The Columbia University Press, 1911, p. 42, nota 47.

 

([10]) Cfr. M. T. Jones-Davies, op. cit., vol. II, p. 354.

 

([11]) Cfr. H. Dugdale Sykes, Sidelights on Elizabethan Drama, London, Frank Cass & Co., 1966, p. 221.

   

([12]) Cfr. Frederick G. Fleay, op. cit., vol. II, p. 114 e Arthur Acheson, Shakespeare, Chapman and “Sir Thomas More”, Paris, 1926, cit. in F. L. Lucas, The Complete Works of John Webster, London, Chatto and Windus, 1927, vol. II, p. 245. Essi sono convinti che il termine ‘pigmies’ (v, 64) altro non sia che un'allusione alla compagnia costituita dai ragazzi del Conte di Oxford. Da ciò deducono che furono costoro a recitare il dramma e che questo fu composto da Munday. La loro tesi viene accettata da J. T. Murray, il quale non  porta  ulteriori  contributi  a  sostegno  di  essa (Cfr. J. T. Murray, op. cit., vol. II, p. 345, nota 2). I curatori di The Cambridge History of English Literature sono propensi a vedere Munday come autore dell'opera per motivi stilistici, in realtà, non molto fondati (op. cit., vol. V, p. 316).

 

 ([13]) Riche His Farewell to Militaire Profession, ed. J. Payne Collier, London, 1846, cit. in Jill L. Levenson, op. cit., p. 4, nota 9.

 

([14]) Everitt va alla ricerca di similarità tra le immagini, le situazioni, l'evolversi degli stati d'animo, l'uso di parole con determinati prefissi, i versi, i temi. Interessanti sono i parallelismi individuati tra The Weakest Goeth to the Wall e The Tempest e ancora tra il primo e Richard II. (Vedi E. B. Everitt e R. L. Armstrong, op. cit., pp. 7, 14, 61-63).

 

([15]) Per esempio: A. W. Ward, A History of English Dramatic Literature to the Death of Queen Anne, London, 1899, vol. III, p. 56; Mary Leland Hunt, op. cit., pp. 42-46; Gerald J. Eberle, ‘Dekker's Part in The Familie of  Love’in  Joseph  Quincy Adams Memorial Studies, ed. J. G. McManaway et al., Washington, 1948, pp. 723-738; M. T. Jones-Davies, op. cit., vol. II, p. 354; H. Dugdale Sykes, op. cit., p. 221; Jill L. Levenson, op. cit., pp. 15-18.

 

([16]) Barnaby Bunch, il rappezzatore che alla fine diviene sagrestano, come gli altri personaggi comici dekkeriani, ha un mestiere, a cui allude in continuazione in modo giocoso. Reca con sé sul palcoscenico gli attrezzi necessari alla propria professione, mettendoli in mostra, e si rivela protettivo nei confronti di chi ha bisogno di aiuto, in questo caso Lod'wick e la sua famiglia. È, inoltre, ben individualizzato. Il suo linguaggio è ricco di ripetizioni, sinonimi, parallelismi, proverbi, espressioni gergali, giochi di parole, doppi sensi, canzoni popolari ed allusioni alla vita londinese.

L'oste olandese Yacob van Smelt potrebbe essere una creazione di Dekker per la sua parlata che, in una sintassi tipicamente inglese, vede l'inserimento di termini in parte fiamminghi ed in parte anglosassoni. Un linguaggio simile si ritrova, infatti, in tre commedie dekkeriane ed esattamente in The Shoemakers' Holiday, Northward Ho e Westward Ho, mentre la lingua olandese presente in altre opere di vari autori del periodo differisce fondamentalmente da quella utilizzata da Yacob.

Sir Nicholas, pure, con il suo idioma paragonabile a quello di Bunch, potrebbe essere frutto della mente dekkeriana. (Cfr. Mary Leland Hunt, op. cit., pp. 42-45 e Jill L. Levenson, op. cit., pp. 15-18).

 

 ([17]) Cfr. M. T. Jones-Davies, op. cit., vol. II, p. 354.

 

([18]) Cfr. Jill L. Levenson, op. cit., pp. 18-20.

 

([19]) George R. Price sembra contrapporsi a questa attribuzione, affermando di non aver trovato nessuna prova decisiva a favore di una paternità dekkeriana, in quanto considera le somiglianze individuate dalla Hunt come un possibile risultato di plagio o influenze letterarie (Cfr. George R. Price, op. cit., p. 164, nota 15 e p. 179). Marvin T. Herrick, inoltre, asserisce che non esistono prove a sufficienza per attribuire il dramma a Dekker (Cfr. Marvin T. Herrick, Tragicomedy, Urbana, The University of Illinois Press, 1955, p. 246). S. Schoenbaum, opponendosi alle conclusioni a cui giunge G. J. Eberle, non vuole confutare la proposta che vede Dekker come autore probabile di parte di The Weakest Goeth to the Wall, ma desidera criticare il metodo utilizzato per giungere a tale attribuzione (Cfr. S. Schoenbaum, op. cit., pp. 190-191). 

F. L. Lucas ed E. K. Chambers preferiscono, invece, astenersi dal tentare  qualsiasi  attribuzione (Cfr. F. L. Lucas, The Complete Works of John Webster, London, Chatto and Windus, 1927, vol. II, pp. 245-246; E. K. Chambers, The Elizabethan Stage, vol. IV, pp. 52-53).