Fuori la Notizia

La prospettiva dello studente

- Terza settimana-

- FINESTRA SU CULTURA E SOCIETà -

PROGETTO GIORNATA DELLA MEMORIA

"LA SERA DOPO UNA CENA IN FAMIGLIA... MI DICO "SONO DAVVERO FORTUNAT*..."

Mercoledì 18 tutte le classi (eccetto 3b e 3cbis che hanno preparato il pranzo) hanno partecipato all'incontro presso il TNT di Treviglio per assistere all’intervento dei coniugi D’Urbino, Giordano e Bruna, ebrei sopravvissuti all’olocausto.

Il sig. Giordano ha illustrato ai ragazzi la storia degli ebrei in Italia, la cui più antica comunità risiedeva a Roma. Queste persone mantenevano la loro cultura la cui base fondamentale è sempre stata l'educazione dei bambini, da qui una delle loro frasi simboliche "Il mondo si regge sul fiato dei bambini che vanno a scuola".

Nel 1516 a Venezia nacque il primo Ghetto, un quartiere dove gli ebrei erano rinchiusi durante la notte, mentre di giorno potevano svolgere il loro lavoro di piccoli commercianti, straccivendoli e pochi altri mestieri permessi.

La parola Ghetto deriva da Getto: infatti il primo ghetto sorse nella zona della città dove erano presenti le fonderie.

Dopo il 1848, grazie allo Statuto Albertino gli ebrei si emanciparono e poterono andare all'università.

Nel 1922 il fascismo impose l'abolizione della libertà di stampa e di espressione. Si iniziò a parlare delle teorie delle razze, secondo la quale l'umanità era divisa in razze superiori e inferiori. Le razze superiori avevano il diritto di dominare le razze inferiori. Gli Ariani erano la razza considerata superiore per eccellenza.

Nel 1938 vennero promulgate le leggi razziali con le quali gli ebrei iniziarono a subire una disumanizzazione.

Riguardo la loro esperienza Giordano e Bruna hanno iniziato a raccontarci di quando erano bambini, di come Giordano venne cacciato da scuola all'età di sette anni e i compagni per strada giravano lo sguardo. Ci tiene a sottolineare che esistevano anche "fascisti in buona fede", come la sua maestra delle elementari che protestò contro questa regola. I genitori persero il lavoro e la mamma iniziò poi a produrre fiori di tessuto bellissimi, che servivano per abbellire i cappelli delle signore, per sopravvivere una volta trasferiti in Svizzera, dopo essere fuggiti dall'Italia. Bruna invece ci ha raccontato di quando ha saputo che la guerra ha avuto inizio: ricorda che la mamma le disse che non sarebbe successo nulla di grave, perchè avrebbero combattuto solo i soldati.

Scappare in Svizzera non era certo facile, bisognava trovare dei contrabbandieri adatti. Alla fine di percorsi lunghi e tortuosi entrambi arrivarono in Svizzera e passarono di nascosto attraverso buchi ritagliati nella rete metallica al confine. La parte emotivamente più difficile di questo viaggio era sicuramente il momento di lunga attesa nei campi di raccolta, durante i quali dovevano aspettare la decisione sulla loro ammissione nel nuovo paese.

Nel 1943 vennero poi emanati gli ordini di arresto e deportazione in Polonia, ma Giordano spiega che tutto era un segreto, perchè nessuno sapeva cosa ne sarebbe stato di chi veniva deportato con la promessa di un lavoro in Polonia.

Qualcuno riusciva a scappare e raccontava delle atrocità subite in Polonia, ma nessuno gli credeva.

Fortunatamente Giordano e Bruna riuscirono a frequentare la scuola presso collegi svizzeri, mentre d'estate Giordano lavorava con i contadini svizzeri nelle campagne.

Dopo l'incontro i coniugi d'Urbino hanno piacevolmente pranzato con la redazione del giornale, accettando di rispondere ad alcune domande.

Di seguito proponiamo l'intervista.

Al termine dell'incontro i coniugi hanno partecipato al pranzo con la redazione e la commissione cultura e società. Il menù di tradizione ebraica preparato dallo chef Sabadini con la 3cbis e il dolce preparato dal prof. Rizzini con la 2a prevedeva: risotto alle lenticchie, carciofo alla giudia con crema di melanzane e un dolce chiamato orecchie di Amman.

Silvia Lorenzi

il giornalista Fabio Conti dell'Eco di Bergamo, ha partecipato all'incontro, mostrando anche un video storico prima dell'inizio dell'intervento

I coniugi d'Urbino, Giordano e Bruna

i coniugi incontrano la classe dei percorsi personalizzati

i coniugi a pranzo con la commissione e la redazione

i coniugi a pranzo con la commissione e la redazione

il dolce Orecchie di Amman

Carciofo alla Giudia e salsa di melanzane

INTERVISTA AI CONIUGI D'URBINO

Come vivevate prima delle leggi razziali?

Giordano: “Prima delle leggi razziali del 1938, vivevamo una vita normale come qualsiasi altro bambino, all’epoca avevamo io 7 anni e mia moglie 4”

Come è stato lasciare la scuola e i compagni?

Giordano: “Ho lasciato la scuola a 7 anni e mi è dispiaciuto molto, perché avevo molti compagni a cui tenevo. Questi bambini poi per strada giravano addirittura lo sguardo per non salutarmi e fingendo di non conoscermi”

Qualche persona non ebrea ha cercato di aiutarvi?

Giordano: “La maestra, che era fascista, non trovava giusto che noi bambini ebrei dovessimo lasciare la scuola e quindi andò a protestare. Pertanto sono convinto che esistessero anche fascisti ‘in buona fede’”

Come è stato festeggiare le vostre festività durante quel periodo?

Giordano: “Noi non eravamo praticanti, quindi non abbiamo mai festeggiato le ricorrenze, ma altre persone di religione ebraica le festeggiavano comunque normalmente”.

Presso quali luoghi o negozi potevate recarvi?

Giordano: “In generale non potevamo frequentare i negozi di lusso, mentre in alcuni luoghi ci era permesso entrare, ad esempio la farmacia. Inoltre agli ebrei, era preclusa la professione di giornalista, medico, farmacista, veterinario, ostetrica, avvocato, procuratore, patrocinatore legale, esercente in economia e commercio, ragioniere, ingegnere, architetto, chimico, agronomo, geometra, perito agrario, perito industriale”

E’ stato difficile ambientarsi in Svizzera?

Giordano: “Si, fu difficile perché non conoscevamo bene la lingua e il luogo, anche se si parlava perlopiù italiano”.

Bruna: “Io avevo circa dieci anni quando andai nel collegio in Svizzera e non conoscevo nessuno. Era un collegio di suore che non ci trattavano troppo bene. Avrei voluto andarmene, stavo malissimo e piangevo molto”.

Come vi siete sentiti quando avete scoperto che la guerra stava per finire?

Bruna: “ L’entusiasmo era tanto. Molti di noi si vestirono con i colori della bandiera italiana e con della carta crespa costruimmo delle decorazioni bianche, rosse e verdi. Ci rese molto felici rientrare in Italia: quando prendemmo il treno per Milano, notammo che non si stava fermando, quindi iniziammo tutti a preoccuparci. Ci rendemmo poi conto che ci stava portando a Varese dove dei militari americani ci consegnarono un documento di identità”.

Avete paura che quanto avete passato possa accadere di nuovo?

Giordano: “Si, come tutti del resto. Il razzismo esiste tutt’oggi e tutti dobbiamo impegnarci affinchè non prevalga”.

Come è cambiato il vostro modo di guardare le altre persone? E’ cambiata la fiducia nel prossimo?

Bruna: “No, perché sappiamo che le persone di oggi non sono responsabili di ciò che è stato fatto in passato. Abbiamo sempre e comunque fiducia nel prossimo”.

Avete rancore nei confronti dei nazisti tedeschi e dei fascisti italiani?

Giordano: “Non proviamo rancore nei confronti di tedeschi e italiani di oggi, tuttavia siamo coscienti che le ideologie nazi- fasciste sopravvivono ancora oggi come una sorta di malattia. Per questo crediamo sia importante lavorare tutti insieme affinché quello che è stato non si ripeta”

Chi o che cosa vi ha dato la forza di andare avanti?

Giordano: “L’istinto di sopravvivenza, poiché non c’era tempo per riflettere se continuare o meno”

Dopo l’Olocausto alcuni intellettuali come Primo Levi, si sono interrogati sull’esistenza di Dio; anzi Primo Levi concluse dicendo che, dopo Auschwitz Dio, non poteva più esistere. Qual è la sua posizione a riguardo?

Giordano: “Io non ho mai creduto in Dio, né prima né dopo il fascismo. Credo esista un’idea di Dio”.

Avete incontrato dei sopravvissuti?

Bruna: “Si, abbiamo avuto modo di incontrare alcune persone sopravvissute ai campi di concentramento”.

I film ambientati in quel periodo riportano correttamente le vicende?

Giordano: “Alcuni film, come ad esempio “Il bambino col pigiama a righe”, narrano alcuni fatti in modo inverosimile. Per esempio la scena in cui i due bambini giocano tramite la rete metallica, non è corretta, perché in realtà la rete era elettrificata, quindi i bambini sarebbero morti”.

Confrontando gli adolescenti di oggi, che non amano la scuola, e voi che avete avuto degli impedimenti, cosa pensate di voler dire ai ragazzi?

Bruna: “Per gli ebrei l’educazione è un valore fondamentale, tanto che, quando ci trasferimmo a Parma ed io ero alle elementari, inviavo per posta alla mia vecchia insegnante i temi che scrivevo e lei me li correggeva”.

Giordano: “L’educazione, e in generale la cultura, è un valore fondamentale per sconfiggere le ideologie di disumanizzazione dell’uomo quali ad esempio il nazismo e il fascismo, è quindi importante che i bambini e i giovani studino per cambiare il mondo”.

Yassmine Batta e Aisha Issaka 1a, Matilde Bergamaschi 1abis, Matteo Avila 2c, Alice Suardi 2a, Eleonora Sgorlon 3b, Andrea Maffi e Mia Papalia 1b, Tommaso Strangio e Gabriele Chignoli 3c

- ACCADE A SCUOLA -

"LA SERA DOPO UNA CENA IN FAMIGLIA... MI DICO "SONO DAVVERO FORTUNAT*..."

Per la giornata della memoria (27 gennaio), due ragazzi per classe hanno partecipato alla realizzazione di un cartellone.

Hanno riprodotto su fogli alcune frasi che gli sono state consegnate, inserendo a piacere colori e disegni.

La frase centrale è stata estrapolata dal libro "Sulle ali della speranza" di Bruna Cases, sopravvissuta dell'olocausto che abbiamo ospitato mercoledì 18.

Silvia Lorenzi