Un mondo da scoprire


di Anthea Ragozzino

Era l'alba, la luce del sole iniziava a schiarire il cielo, sembrava uscire dalle acque del lago che, grazie ai raggi del sole, assumeva un colore stupendo, magico, caldo, accogliente, di tante sfumature differenti, un colore che non si riusciva a trovare nemmeno nei petali dei più bei fiori del bosco. 


Quel giorno Attilio stava passeggiando lungo le rive del lago quando trovò un piccolo oggetto metallico: era tondo, piatto con dei disegni sopra.

Non sapeva cosa fosse ma ne era incuriosito, così lo prese e lo portò nel suo piccolo villaggio, Arona, nel quale gli abitanti si procuravano i beni di prima necessità barattando monili in metallo e prodotti della terra.  


Attilio era un ragazzo di 15 anni molto vivace e curioso e per questo, quando vedeva i mercanti lasciare il suo villaggio dopo aver terminato i loro affari, sognava di partire con loro, alla scoperta di nuovi posti, nuove usanze e conoscere tante persone. La sua vita scorreva spensierata tra nuotate nelle fresche acque del lago Verbanus e un po' di lavoro nei campi per aiutare suo padre che però un giorno morì improvvisamente. 

Gli abitanti del villaggio iniziarono i riti funebri e dopo un giorno di preghiere per far accogliere il corpo e l'anima del loro defunto in un mondo migliore, iniziarono il rito dell'inumazione. Attilio era sconvolto, agitato, non riusciva a stare fermo, tant'è che con le mani giocherellava nervosamente con quel piccolo pezzo di metallo da cui non riusciva più a separarsi. Il rito continuava, resero cenere il corpo del padre in modo da poterlo conservare all'interno di un'urna biconica, che Attilio e i suoi fratelli intagliarono velocemente utilizzando due ceppi di legno, che venivano poi sovrapposti custodendo al loro interno i resti del defunto.


Finì il rito. Tutti tornarono alla loro vita e fu lì che Attilio si rese conto che adesso toccava a lui mantenere e badare alla sua famiglia, adesso era lui l'uomo di casa, a lui spettavano le decisioni, a lui spettava il grande lavoro. All'improvviso non era più un ragazzino sognante, era diventato un uomo con tutte le responsabilità che ne derivavano; decise così di cambiare la sua vita, di lasciare il lavoro nei campi ai suoi fratelli più piccoli e di dedicarsi alla realizzazione del suo sogno, viaggiare come i mercanti che spesso portavano nel suo villaggio generi di prima necessità, vasi, ciotole, stoffe in cambio di gioielli.


Un mattino si svegliò all'alba, salutò il sorgere del sole, preparò una sacca contenente dei bellissimi gioielli in metallo, lavorati dagli abitanti del suo villaggio e decorati sapientemente dalle capaci mani di sua madre e partì per una nuova avventura. All'inizio non fu facile, le abitudini delle altre popolazioni erano diverse dalle sue, il mondo era grande, non lo immaginava così, ma imparò in fretta e in poco tempo diventò il miglior mercante esistente. 

Durante i suoi viaggi fece numerosissime nuove scoperte tra le quali una che avrebbe cambiato per sempre il commercio: la moneta. Attilio fu il primo a portare nel suo villaggio le monete, presentandole come piccoli dischi in metallo raffiguranti per lo più personificazioni di concetti astratti, divinità olimpiche o l'Imperatore in posa vittoriosa, ma la rappresentazione più importante era quella in onore del padre. 

Infatti, quando ebbe in mano per la prima volta quell’oggetto che gli stranieri chiamavano “moneta”, gli tornò subito alla mente il ricordo di quel piccolo pezzo in metallo che trovò sulle rive del lago Verbanus, lo stesso che faceva ruotare nervosamente tra le dita delle mani durante il funerale del padre e che da lì portò sempre con sè.