Sono molti gli elementi del pensiero di Edward W. Said che destano interesse, ma in questo lavoro ho posto l’attenzione in modo particolare alle sue analisi sull'imperialismo culturale e sulle rappresentazioni dei media. Di fronte alla straordinaria vivacità intellettuale di questo autore, che sapeva articolarsi in una vasta gamma di riflessioni, nel seguente lavoro ho scelto di raccogliere i vari argomenti in diverse parti, ognuna dedicata a un particolare ambito. Inizialmente ho esposto gli aspetti teorici di Said, vale a dire i suoi celebri giudizi sull'orientalismo e sull'egemonia che il potere esercita, evidenziando in essi il ruolo delle rappresentazioni, componenti essenziali per comprendere i messaggi dei media. In seguito ho mostrato come l'autore applica le sue teorie ad alcuni contesti specifici di comunicazione, riportando quindi e valutando le sue analisi critiche sulla copertura giornalistica, per poi concludere descrivendo la modalità che ritiene migliore per rapportarsi alla cultura.
Il nesso tra potere e cultura è un argomento cruciale nelle riflessioni di Said, cosicché ho esaminato questa problematica sulla quale si basano le sue opere più celebri, Orientalism e Culture and Imperialism. Dal momento che nessun discorso può pretendere di essere neutrale, ho ritenuto molto interessanti le sue osservazioni sui legami tra la conoscenza, chi la produce e il contesto in cui agisce. Considero questo tema estremamente rilevante dato che induce a indagare la funzione di coloro che elaborano ed espongono il sapere, vale a dire il ruolo degli intellettuali e dei media nella società.
Mi hanno affascinato dunque le considerazioni di Said sulla costruzione e sulla diffusione delle notizie, processi che favoriscono il sorgere di rappresentazioni faziose in quanto, essendo interpretazioni della realtà, sono inevitabilmente influenzate dai rapporti di potere. Per esporre il pensiero dell'autore su questa materia ho analizzato Covering Islam, opera che prende in esame le distorsioni che avvengono riguardo alla copertura mediatica del Medio Oriente, e ho passato in rassegna molti suoi articoli sul conflitto israelo-palestinese, cercando di sintetizzare al meglio le sue critiche a proposito della condotta di televisioni e stampa.
Ho ritenuto stimolanti, inoltre, le proposte che Said intende offrire a coloro che operano nel campo della conoscenza, ovvero ai professori, ai giornalisti e agli intellettuali di vario genere. Invita a rivalutare il concetto di umanesimo, in quanto considera la storia e la cultura frutto della società e legate alla contingenza, e suggerisce di mettere in relazione le diversità ispirandosi all'arte del contrappunto. Tale concetto, tratto della teoria musicale, se applicato all'analisi culturale induce a scoprire i legami sottostanti alle varie espressioni, evidenziando gli aspetti che accomunano insieme l'umanità. Secondo l'autore spetta agli intellettuali sia dimostrare che le differenze non comportano necessariamente ostilità, sia criticare coloro che esaltano solamente una parte, considerata depositaria della ragione. In tal modo sollecita a controbattere le informazioni faziose e le false giustificazioni, insomma tutti quei discorsi, così comuni nei media, che tendono a separare l'umanità entro rigide identità incomunicabili. Reputo pertanto che conoscere Said possa essere importante, poiché invita a non considerare l'alterità un'entità estranea e stimola a riflettere sui discorsi che quotidianamente riceviamo dalle televisioni e dai giornali e che ripetiamo nelle nostre conversazioni.
Infine, cogliendo le esortazioni di Said a contestualizzare la cultura, ho voluto inquadrare l'autore stesso nel periodo storico entro il quale scrisse le sue opere, per valutare quali idee siano ancora attuali e quali altre invece necessitino un ripensamento. Riflettendo sul suo pensiero, ho ritenuto doveroso ricordare i cambiamenti avvenuti negli ultimi anni, per poter così trarre da Said insegnamenti costruttivi, applicabili al contesto odierno.