Tutti sappiamo che il territorio della nostra cara provincia di Caserta un tempo era identificato non per i suoi attuali confini amministrativi ma per un aspetto ben più importante, la sua immensa e feconda fertilità delle sue terre dovuta alla mitighezza del clima, alla costante attività dei tanti vulcani che costellano il nostro territorio, all’abbondanza di acqua e quindi di vegetazione; il suo nome come giusto che sia era terra Felix.
Questa identificazione ovviamente è valida ancora oggi poiché un territorio può essere anche stravolto dall’opera dell’essere umano ma sicuramente la connotazione originaria totalitaria non può assolutamente cambiare! Va presa per quella che è, assecondata e fruttificata con un cammino di crescita comune che tenga conto delle esigenze di tutti, in primis dell’habitat in cui si vive, al fine di salvaguardare la vivibilità di entrambi.
Ecco perché di fondamentale importanza la conoscenza dettagliata e minuziosa del territorio in cui si vive, della sua identità, della sua specificità e poi in seguito la constatazione del proprio ruolo utile all’interno della comunità con primo scopo utile e basilare quella della sopravvivenza della specie e della umana dignità di vita per tutti i suoi componenti.
Ritornando nello specifico al nostro territorio non possiamo non indicare nelle genuinità e variegarietà dei prodotti agricoli o comunque affini ad essi uno dei cardini su cui si è fondata la vita millenaria dei nostri avi, non per altro popoli su popoli in anni antichissimi si sono alternati ed addirittura battagliato per assicurarsi la permanenza in pianta stabile sui nostri suoli!
Peccato che oggi si sia persa la consapevolezza di questa nostra enorme ricchezza, si crede sempre più che questi prodotti ci siano dovuti di diritto, senza alcun sforzo, perché se è vero che l’accesso ai beni di prima necessità sono un diritto per qualsiasi persona al Mondo ancora prima è un dovere conoscere ed accettare la propria identità invece di rinnegarla, là dove il tutto è evidente e sotto gli occhi di tutti!
Questo il fine preciso della giornata della vendemmia organizzata presso l’agriturismo Sangiovanni nel piccolo borgo di Sangiovanni e Paolo, frazione di Caiazzo (CE) domenica 18 settembre 2011 e ripetuta poi anche sabato 25 dello stesso mese; portare persone comuni ognuno dei quali provenienti da condizioni sociali e lavorative il più disparate possibili e provenienti da luoghi e paesi diversi a prendere visione da vicino, a toccare con mano, a sporcarsi ed a ritrovare un feeling con un’attività legata indissolubilmente al nostro territorio che necessita come un’amicizia di un impegno costante e di una cura parsimoniosa, per comprendere, capire il ciclo vitale che ruota senza fine intorno a tutto ciò che di vivente esiste, ed anche poi per apprenderne o confermare conoscenze che sempre più si vanno perdendo a causa della pigrizia dilagante.
Tema principale, posto al centro di tutto, quindi la vendemmia; tutti alla scoperta o riscoperta di questa antichissima tradizione, una tra le più care per l’uomo, unica nel suo genere per la grande mobilitazione che creava al di dentro della comunità in cui si svolgeva, attesa con impazienza per tutto l’anno, sapeva e sa offrire un coinvolgimento emotivo molto forte. Infatti la vendemmia è una vera è propria festa, piena di gioia, di entusiasmo, rappresentando un connubio tra mille aspetti pieni di fascino e attrazione.
In primo luogo, per la sua tipologia assolutamente manuale, crea un forte impatto senso percettivo; tutti i sensi vengono attivati a pieno: dal contatto delle mani con l’uva al momento della raccolta alla visione delle belle forme coloratissime dei grappoli, dal forte odore generato dalla seguente pigiatura all’ottimo gusto dell’assaggio del primo succo estratto.
Inoltre per il lungo lavoro da svolgere in tutte le fasi che precedono la vendemmia, la realizzazione personale al culmine per gli artefici dell’opera è immensa; la vigna viene considerata quasi come un figlio da prendersene cura con estremo amore, inoltre la stessa per il suo forte significato di unione tra terra ed uomo ha sempre creato l’intermezzo per la giusta convivenza fra tutti.
E questo stesso spirito si è respirato ed avvertito anche domenica 18, giorno in cui ben 40 – 45 persone hanno compiuto questo rito millenario quasi rinnovando una promessa annuale e con un qualche settimana di anticipo per via dell’anticipata maturazione dell’uva a causa del forte caldo estivo e della poca acqua caduta dal cielo. Bambini, madri, ragazzi, anziani tutti immersi prima nella vigna armati chi di coltelli, chi di forbici da pota, chi di sole mani nude per la fase della raccolta per riempire le decine di cassette con i pregiati grappoli d’uva, bianca in questo frangente, e di tipo pallagrello, vitigno specifico della zona delle colline Caiatine, così chiamata in riferimento agli acini del grappolo, che hanno forma piccola e tonda.
Da sottolineare proprio questa unione armonica tra bambini ed adulti, tutti finalmente legati nell’intento prioritario della raccolta; eccoli aiutarsi a vicenda lavorando ma prima di tutto giocando perché anche un lavoro duro fatto in convivialità può diventare un momento di svago e riposo mentale, ottimo soprattutto per noi gente assopita di città; in questo contesto i bambini diventano più adulti, cercando di assomigliare ai più grandi impegnandosi con pieno spirito, mentre viceversa per gli adulti, entusiasmandosi nuovamente e forse involontariamente tramite qualcosa di nuovo, di naturale, per un retaggio passato che riemerge mettendosi in confronto con un presente diverso.
Assistiamo quindi a scene che mettono sorriso, anche goliardiche, da Carmine ricoperto da foglie di vite e grappoli d’uva così somigliante a Bacco ai tanti piccoli monelli tutti in piedi sopra le cassette capovolte per riuscire a raggiungere i grappoli più alti, dalla sfida a chi riempiva prima la propria cassetta alla susseguente mini-corsa per riportare le cassette ora piene sull’aia della fattoria risalendo la tortuosa stradina di collegamento con il vitigno, posto su un dolce pendio erboso circondato da alte querce, qualche albero di fico e qualche masseria rimasta intatta nei tempi.
Eccoci quindi tutti raggruppati, ed anche un po’ al dir il vero affaticati, sul largo spiazzale antistante la fattoria, lo spazio per eccellenza per tutti i lavori manuali all’aperto; circondiamo ed ammiriamo le cassette belle piene del nostro prezioso carico e già gustiamo ed assaporiamo il prossimo futuro vino che verrà, intanto abbiamo ancora da svolgere la seconda fase, quella magica della pigiatura degli acini e per l’occasione facciamo un vero bagno nel passato: utilizziamo i piedi come pressa accompagnati dal ritmo di una musica a tema campagnolo! Ovviamente i bambini ora sono i veri protagonisti.
Piedi che affondano tra polpa, girotondi vorticosi nella bianca tinozza, equilibri precari con mezze scivolate per il viscido materiale; i bimbi, non c’è che dire, ci dando veramente dentro; intanto gli adulti osservano festanti ed incitano come tifosi l’azione di battere i piedi, ora saltellando ora cantando ora portando il ritmo con le mani! Siamo al culmine della festa, nel momento clou della giornata o dell’annata. I chicchi lucidi si trasformano poco alla volta in denso liquido creando ora un buon margine di succo, mentre i bimbi reclamano altre cassette da svuotare nel loro momentaneo habitat preferito, scoperto tutto d’un tratto o finalmente riacquisito da reminescenze arcaiche.
Cosa poter aggiungere ancora per poter dare piena sensazione della giornata vissuta … credo solo che sia il viverla veramente in concreto, da vicino, a vero contatto con il nostro Mondo, con le nostre tradizioni, con la nostra natura.
Alessandro Santulli