Castel Volturno (CE), 2-4-10
Castel Volturno, ultimo paese lungo il corso dell’omonimo fiume, è posto a poche centinaia di metri prima della sua foce e quindi del nostro mar Tirreno; ma stranamente, rispetto agli altri paesi costieri, qui il mare sembra non esistere. Quando si arriva in paese ne un cartello ne un’indicazione e neppure l’aria e l’atmosfera di mare che si respira nei mesi caldi sembra esistere, addirittura anche le strade principali disdegnano la direzione marina. Il tutto mi aveva sempre incuriosito, sapevo dei problemi che affliggono da sempre la nostra costiera Domitiana ma poterli vedere con i tuoi occhi è sempre un’altra cosa così il giorno 2 Aprile decisi di fare un giro sul lungomare di Castel Voltuno.
In precedenza un mio amico mi aveva parlato dell’oasi costiera dei Varriconi frapposta tra il paese ed il mare per questo motivo inizio dall’ingresso principale; attraversiamo velocemente la prima zona paludosa circondati da vasti stagni popolati da colonie di rane ed uccelli migratori, qui l’ambiente non mi sembra affatto male, anzi rimango anche spesso a fissare la folta vegetazione palustre che emerge dall’acqua; il discorso cambia quando raggiungiamo la costa, avvicinandoci vediamo accatastate tutte in fila delle enormi balle di rifiuti, avanti a noi una alquanto lugubre capanna fatta tutta di tendaggi in plastica mezzi divelti e svolazzanti domina la spiaggia, tanto che abbiamo paura ad avvicinarci e perciò la aggiriamo verso sinistra guardando per bene se fosse abitata; il tutto distoglie per il momento la nostra vista dal lungo litorale sabbioso che abbiamo ormai tutto avanti ai nostri piedi.
Accertato che per il momento siamo solo noi ci guardiamo finalmente un po’ intorno e con gran stupore dobbiamo far conto con qualcosa di poco immaginabile; abituato a vedere le spiagge come delle belle distese uniformi di gialla sabbia puntellate da parallele file di ombrelloni ed affollate da centinaia di festosi bagnanti quello che ci si presenta avanti ad i nostri occhi è qualcosa che stento a credere. Per tutta l’intera lunghezza del bagnasciuga è un continuo accatastamento di rifiuti d’ogni genere, di primo impatto penso subito al film sullo sbarco in Normandia: la spiaggia sembra essere un vero e proprio campo di combattimento.
Facciamo due passi facendoci largo tra i vari accatastamenti portati sicuramente dal vicino fiume Volturno e penso al fatto che tutto ciò che pensiamo di sbarazzarci per sempre gettandolo in acqua il mare in seguito c’è lo rispedisce a casa senza nessuna pietà; inizio quindi a fare qualche foto a tutto ciò che di più strano vedo facendo una specie di censimento: abbondano le bottiglie ed i recipienti di plastica, c’è ferraglia di ogni genere, delle ruote, una scarpa e perfino dei giocattoli, ovviamente moltissimi tronchi d’albero ed anche un bidone arrugginito, il peggio però arriva alla vista di un cadavere di un cane che forse per pietà evito di fotografare, il tutto è condito da una scia d’acqua di colore assolutamente nera.
Pochi altri passi quindi decidiamo di tornare velocemente alla macchina come penso avrebbe fatto qualsiasi altra persona, probabile turista del luogo. Lungo il tragitto del ritorno penso a come abbiamo potuto lasciare tanto degradare il nostro ambiente dove noi viviamo, dove noi respiriamo, dove noi mangiamo tutto a discapito nostro perché terre che non avevano nulla si sono arricchite con il turismo grazie solo alla bellezza e salubrità del loro ambiente ed in terre come la nostra non si sa nemmeno più quali città sono bagnate dal mare.
Alessandro Santulli