La resistenza a San DONà

Arturo Rizzo, figlio di Attilio, uno dei più attivi resistenti di San Donà, in occasione di una commemorazione del 25 aprile si chiedeva: “È necessario essere antifascisti per essere democratici oggi in Italia? SÌ, risponderebbero coloro che sono vissuti sotto quella dittatura”, cioè quella fascista. Molti di quegli uomini hanno intrecciato la loro vita con le vicende che portarono alla liberazione del sandonatese.

La data di partenza della Resistenza a San Donà, che ha visto la partecipazione di persone appartenenti all’area sia cattolica che laica, non è per noi quella che viene generalmente riportata nei testi di storia, cioè l'8 settembre 1943, bensì il 4 marzo 1940. In quell’occasione, infatti, si incontrarono alcuni dei futuri protagonisti della lotta partigiana, che si conoscevano ma non si erano mai riuniti precedentemente. Quel "primo incontro", a cui partecipò tra gli altri Attilio Rizzo, avvenne nella Canonica di Passarella di San Donà di Piave. Là furono gettate le basi che avrebbero portato alla formazione di gruppi di resistenti, uomini e donne, che avrebbero dato inizio ad un’attività antifascista.

L'organizzazione dell’attività clandestina si diramò poi in tutto il Basso Piave con collegamenti sia nel veneziano che nel resto della regione e subì un salto di qualità dopo la caduta del fascismo, 25 luglio 1943, e dopo l'armistizio dell’8 settembre. Tra le varie attività di cui si occupavano i partigiani vi erano, per esempio: la ricezione dagli alleati di armi, munizioni e altri mezzi militari per via aerea; il rifornimento di viveri ai combattenti; la preparazione, distribuzione, diffusione di volantini, ciclostilati, con invito ai cittadini di non collaborare e non sostenere tedeschi e fascisti; lo scambio di informazioni grazie al lavoro delle staffette e la collaborazione per ritrovare militari "alleati" dispersi e organizzarne il ritorno in patria o la loro sistemazione.

Tra quelli che si spesero nella riuscita di queste attività vi sono i Tredici Martiri, appartenenti a correnti e partiti diversi, ma animati tutti dal medesimo sentimento antifascista e dal desiderio di libertà. Vennero uccisi per rappresaglia in seguito all’attentato partigiano compiuto a Venezia contro la sede del Comando provinciale della Guardia nazionale repubblicana, a Ca’ Giustinian il 28 luglio 1944. Staffetta legata a Rizzo fu, invece, Gilda Rado, che si dimostrò disposta ad affrontare qualsiasi rischio pur di trasmettere notizie, spesso scritte su foglietti di carta arrotolati, che inseriva in un nastrino nero tubolare usato per legarsi i capelli.

A sostegno della lotta partigiana furono create delle brigate, tra cui la "Brigata Eraclea", di cui Attilio Rizzo divenne comandante.

Una delle operazioni più importanti compiute dai resistenti legati a quest’ultimo fu l’appoggio alla Missione alleata “Argo”, iniziata il 31 gennaio del 1944, a cui i partigiani sandonatesi si collegarono alla fine dell’inverno. Tra i compiti vi erano quelli di raccogliere informazioni su potenziali obiettivi militari e di segnalare i trasporti militari tedeschi lungo le più importanti linee ferroviarie del nord-est dell’Italia. L’8 luglio del 1944 vi fu, da parte degli alleati, il lancio di armi, di una radiotrasmittente e di denaro. L’organizzazione della ricezione del lancio fu gestita da Attilio Rizzo e le armi vennero poi trasferite a Zenson dal conte Gustavo Badini.

Il personale apporto dei singoli resistenti sandonatesi può essere approfondito visitando le sezioni a loro dedicate.