Rocco Gatto

«È UN ESEMPIO DI CORAGGIO»

Nato nel ’26, è il primo di 15 figli. Da bambino aiuta il padre Pasquale come garzone in un mulino di Gioiosa Ionica, nel cuore della Locride. Fa la gavetta, ne diventa proprietario nel ’64 e da allora cominciano i guai: arrivano le prime richieste dalla cosca padrona, gli Ursini. Rocco è già un uomo tutto d’un pezzo. Ha preso il carattere fiero del padre, che in tempi di fascismo non aveva voluto indossare la camicia nera. (...) Soldi al boss Rocco non ne ha mai voluti dare. Lui che per i fratelli si sarebbe tolto il pane di bocca, raccontano i familiari. Generoso, ma fiero. Hanno provato a piegarlo in tutti i modi: i furti, gli incendi al mulino, le minacce. Gli hanno anche rubato gli orologi da collezione, che riparava per passione. Vincenzo Ursini, il reggente del clan, resta ucciso il 6 novembre in un conflitto a fuoco con i carabinieri. La cosca, che pensa a un’esecuzione ordinata dal capitano Niglio, scatena una reazione furibonda, anche per dare un segnale alle altre famiglie mafiose. Viene imposto il coprifuoco. Il 7 novembre, una domenica, è giorno di mercato e a Gioiosa arrivano ambulanti e visitatori da tutta la provincia. Gli ‘ndranghetisti fermano i commercianti alle porte del paese, armi in pugno, e li rispediscono a casa. Poi decretano la chiusura dei negozi. Lutto cittadino in onore del capocosca ucciso. Ci pensa il capitano Niglio a ristabilire l’ordine. Ma di parlare, di denunciare nessuno ha il coraggio. Tranne il mugnaio comunista. Fa i nomi Rocco. Li fa al capitano Niglio e li conferma di fronte al giudice istruttore. Lo fa perché ha sopportato troppo. Ha capito che la sua battaglia contro gli Ursini non è una lotta personale: compie il suo dovere civile. Ma facendolo infrange una regola fondamentale della mafia. Rocco sa anche questo, ma quel verbale lo firma, perché pensa sia giusto così. È il 12 marzo del ’77. Lo aspettano lungo la provinciale che porta a Roccella Ionica, sotto un ponticello. Rocco è alla guida del suo furgone, fa il giro per raccogliere i sacchi di grano da macinare. Si aspetta qualcosa, ha con sé il suo fucile da caccia, con il colpo in canna. Alle 6.30 scatta l’agguato. Due o tre colpi in successione di lupara. Rocco tiene la guida del mezzo, si ferma poco più avanti, ma non c’è più niente da fare.

Motivazione Medaglia d’oro al merito civile:

«Pur consapevole dei pericoli cui andava incontro, non esitava a collaborare ai fini di giustizia nella lotta contro la mafia e a reagire con audacia alle intimidazioni di cui era fatto oggetto. Cadeva sotto i colpi d'arma da fuoco in un vile e proditorio agguato tesogli da due appartenenti alla suddetta organizzazione. Mirabile esempio di spirito civico e di non comune coraggio.» Contrada Armo di Gioiosa Jonica, 12 marzo 1977