Gino Bartali, grande ciclista italiano (vincitore di tre Giri d’Italia e due Tour de France), rischiò la sua vita per salvare quella dei perseguitati dai campi di concentramento. Usando la sua bicicletta per nascondere documenti falsi, il campione salvò ottocento persone; inoltre, durante l'occupazione nazista nascose, in una cantina di sua proprietà, una famiglia ebrea fino all'arrivo degli Alleati.
Israele ha riconosciuto il suo impegno e nel 2013 è stato nominato “Giusto fra le Nazioni”. Giorgio Goldenberg, l'ebreo fiumano nascosto assieme ai suoi cari in un appartamento di famiglia, scomparso da poco, con la sua testimonianza inedita ha permesso l'attribuzione del titolo di "Giusto tra le Nazioni" da parte dello Yad Vashem, il Memoriale israeliano della Shoah. Già nel 2006 il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi gli aveva conferito la medaglia d'oro al merito civile per aver salvato «circa 800 cittadini ebrei»
TESTIMONIANZA — "Mi sono salvato dalla Shoah grazie a Bartali (…) Questa storia di Bartali che mi ha salvato la vita l'ho tenuta segreta per lungo tempo. Ma poi, un giorno, è arrivato il momento. Allo Yad Vashem, nel solenne muro dei Giusti, a pochi chilometri dalla Città Vecchia di Gerusalemme, il suo nome è oggi in testa a una colonna di italiani eroi. Ci sono stato, mi sono commosso. E a Gino ho detto una sola cosa, la più sincera: grazie". (Giorgio Goldenberg)
COPPI, BARTALI E IL MISTERO DELLA BORRACCIA
(di Emiliano Morozzi)
6 luglio 1952: la canicola arroventa le strade di Francia, teatro del Tour (...). Davanti la maglia gialla, la faccia e il naso adunco protesi in avanti, come a voler fendere l’aria rarefatta di montagna, dietro il compagno di squadra, quello dal “naso triste come una salita, la faccia allegra da italiano in gita“, come cantava Paolo Conte. Nella foto non si capisce chi è che passa la borraccia all’altro e se da un lato questo mistero divide i tifosi dei due corridori, dall’altro trasforma subito la foto in un’icona: simbolo di una nazione che è sì divisa, ma che vuole ritrovare un’unità, ma soprattutto simbolo di una grande rivalità sportiva, che in corsa a volte degenera, ma che fuori dalla corsa si trasforma in profonda amicizia e reciproco rispetto.