Popcorn&Chill

Mercoledì

di Sara Coccoglioniti, 5 ALS

Maggio 2023

29 giugno 1940, New Jersey. In uno giorno solito come tutti gli altri alle prese con la realizzazione di vignette per la testata The New Yorker, il fumettista Charles Adams idea Mercoledì Venerdì Addams che, in men che non si dica, diventerà una tra le protagoniste del capolavoro che riscuote ancora oggi enorme successo con le sue numerose trasposizioni: la famiglia Addams. La serie, successivamente realizzata negli anni Sessanta, racconta la storia della famiglia Addams e il personaggio di Mercoledì viene descritto come:


«Una bambina piena di tristezza, esangue e delicata, con i capelli corvini e l'incarnato pallido della madre. Suscettibile e piuttosto tranquilla, ama le scampagnate e le gite alle caverne sotterranee che Morticia e Gomez organizzano spesso. È una bambina seria, compassata nel vestire e, nel complesso, un po' smarrita. [...] Riservata e fantasiosa, poetica e dall'aspetto un po' sciupata, è dedita a occasionali eccessi d'ira. Ha un piede con sei dita.»


La ragazza, insieme ai personaggi iconici della sua famiglia, è la protagonista di serie televisive, cartoni animati, film, musical, videogiochi, flipper oltre a svariato altro merchandising avutosi anche nel 2022. Infatti, Mercoledì stessa (Wednesday Addams), anche nota come Stellina Addams o Nottola Addams, celebre per le sue doti alternative e fuori dagli schemi, per la sua intelligenza e sagacia che la caratterizza rispetto ai membri della sua famiglia, diviene l’unica e sola protagonista della serie debuttata recentemente e poco fedele all’originale. Si tratta di Mercoledì, una commedia horror-fantasy che segue le avventure dell’adolescente, interpretata da Jenna Ortega, alla scuola privata superiore Nevermore Academy dell'immaginaria cittadina di Jericho. Una serie che guarda molto all’immaginario contemporaneo, ma che non tradisce mai la matrice gotica e la arricchisce con omaggi al cinema classico, alla letteratura tardo romantica (Edgar Allan Poe, Mary Shelley) con simbolismi, riflessioni sull’identità di genere e l’inclusività già caratterizzanti le trasposizioni degli anni 90’. È una serie dai toni cupi i quali, accuratamente scelti dall’abilità creativa del regista Tim Burton, si affiancano a quelli pastello permettendo di far risaltare Mercoledì, vestita contrariamente in nero. Un modello di ragazza alternativa, orgogliosa della propria unicità e del proprio modo di essere cupo e velatamente minaccioso. Veste abiti austeri che contrastano con il suo incarnato pallido e presenta una spiccata predilezione per la solitudine e per le scienze occulte. L'unico personaggio che sembra avere un minimo di cognizione di ciò che la circonda è immerso nel cosiddetto mondo dei “normali” che, insieme alla sua interazione con i propri famigliari, diventano i punti di forza attrattivi dell’operazione dei creatori della serie, Tim Burton, Alfred Gough e Miles Millar. Mercoledì si ritroverà, quindi, a dover lottare per la sua sopravvivenza nel college di magia. Attorno a lei ruotano personaggi che catturano subito l’attenzione dello spettatore e valore immane lo avrà la Mano (Thing) che, nonostante cicatrici e torture, guiderà i passi di Mercoledì attraverso il mimo e l’ironia. Tim Burton costruisce, quindi, un’esile detective story per tenere insieme gli otto episodi della serie scanditi dall’assente monotonia delle vicende riguardanti i tanti personaggi fantasy: la mutaforme preside Larissa Weems (Gwendoline Christie), l’amica dal cuore licantropo Enid (Emma Myers),  l’amico allevatore di api Eugene Otinger (Moosa Mostafa), l’insegnante Thornill (Christina Ricci), la psicoterapeuta ambivalente dr Kinbott (Riki Lindhome), l’acerrima nemica Bianca Barclay (Joy Sunday) e i due spasimanti di Mercoledi, il pittore Xavier (Percy Hynes White) e il timido e riservato, tanto quanto la protagonista, Tyler (Hunter Doohan). Nella Nevermore la tristezza sarà presente e durerà, ma fino a un certo punto. Le colpe dei padri ricadranno sui figli e un passato di lutti e persecuzioni proietterà la sua ombra sugli avvenimenti del presente con strani assassini che faranno lottare Mercoledì per la verità. Con chiare influenze della saga di Harry Potter e della fantascienza di Stranger Things, Tim Burton è molto presente nelle scenografie che diventeranno il focus vero e proprio della storia. Mercoledi è, perciò, una delle serie del momento con un’enorme qualità di cast, ambientazioni, scenografie e musica tanto da uscire dagli schermi Netflix, arrivando anche ai social media quali Tik Tok e Instagram: ad andare virale è ancora oggi il ballo sincopato sulle note di Goo Goo Muck dei The Cramps della protagonista o di Bloody Mary di Lady Gaga, che permette, oltre al divertimento di grandi e piccini nel vestire i panni di Mercoledì, di risvegliare balli e capolavori musicali antichi. 


Dai rumors ci si aspettano tante altre stagioni che coroneranno la serie più amata nel 2022, ma starà a voi futuri redattori attenderle e chissà… darle voce! 

Così come Mercoledì abbandonerà la sua Nevermore Academy lasciando un segno indelebile, anche noi redattori siamo ora volti a fare lo stesso, consegnando con malinconia a voi queste curate pagine de La Voce dello Studente, alla loro lettura e alla vostra passione!

Enola Holmes

di Maria Paola Platì e Noemi Rauti, 5ALS

Maggio 2023

I giorni che vanno dalla fine di maggio all’inizio di giugno rappresentano il periodo di maggiore spensieratezza e libertà nel mondo scolastico ma anche lavorativo. Il primo caldo, le prime giornate al mare e le prime gite fuori porta forniscono un assaggio di quello che sarà poi il clou dell’estate. I film che accompagnano il clima di leggerezza e serenità, dopo i mesi intensi e impegnativi della fredda stagione, potrebbero essere proprio “Enola Holmes” ed “Enola Holmes 2” di produzione Netflix, rilasciati rispettivamente nel settembre 2020 e nell’ottobre 2022. Nel cast stellare ritroviamo in particolare i noti attori Millie Bobby Brown e Louis Patridge nei panni dei protagonisti Enola e Tewkesbury.                                                                                                                                                              Il film, classificato nel genere mistery-crime, prendendo spunto dalla famosa storia di Sherlock Holmes, narra i casi di crimine, risolti però questa volta dalla brillante e scaltra sorella (da cui prende il nome il film). 

Il primo dei due lungometraggi, ambientati nell’Inghilterra dell’età vittoriana, ha come punto di partenza di tutte le peripezie la scomparsa della madre della protagonista. Ella si metterà alla ricerca delle sue tracce, dimostrando di essere un’abile investigatrice. Proprio cercando di portare a termine il suo obiettivo, deciderà di spostarsi verso Londra. Nel viaggio incontrerà in modo del tutto improvviso e bizzarro, quasi come dettato dal fato, il giovane visconte Tewkesbury, a sua volta in fuga dalla ristrettezza della sua condizione. 

Il secondo film, mantenendosi sulla stessa linea d’onda del primo, si apre con una Enola più consapevole delle sue capacità e sicura di se stessa, che decide perciò di aprire la sua personale agenzia investigativa, seppur non ricevendo particolare successo in quanto giovane donna. Tuttavia, il suo primo e vero incarico le sarà presentato da una fiammiferaia che cercherà aiuto nella ricerca della sorella scomparsa. Nell’analisi approfondita del complotto che si cela dietro il caso, Enola si ritroverà ad affrontare varie peripezie di tipo sociale, economico e politico. Infatti, tra le tematiche rilevanti, ricordiamo l’emancipazione della donna, lo sfruttamento e le condizioni pietose degli operai nelle fabbriche (in coerenza con il reale periodo storico dell’epoca vittoriana, animato da varie sommosse e riforme sociali per la lotta ai diritti dei lavoratori). 

Un evento storico ripreso nel film è quello che viene chiamato “Lo Sciopero dei Fiammiferi”, in cui le operaie di una fabbrica, rivendicando il proprio ruolo all’interno della società in quanto donne e soprattutto esseri umani, decidono di abbandonare le proprie postazioni di lavoro e di marciare fuori dai cancelli della fabbrica stessa. 

Il film si propone come un mezzo innovativo di istruzione ed educazione dello spettatore alla sensibilità verso il prossimo e verso se stessi, nel rispetto dei diritti di ognuno.

Pietà

di Sara Coccoglioniti, 5 ALS

Aprile 2023

Kim Ki-Duk, regista prolifico sud-coreano, dopo aver diretto varie sperimentazioni cinematografiche, torna finalmente nel 2012 con Pietà, ottenendo la vincita del Leone d'Oro al Festival del Cinema di Venezia. Con spiccata contemporaneità, il film è ambientato in Corea, nel primo decennio del XXI secolo. Il protagonista è Kang-do, trentenne orfano, cresciuto in solitudine nei sobborghi grigi di Seul. Lavorando per uno strozzino per riscuotere i crediti dei clienti, diventa un sadico rancoroso con comportamenti crudeli, umilianti e aggressivi diretti verso gli altri: non riuscendo ad ottenere il denaro necessario da consegnare, l'uomo costringe le sue vittime a simulare gravi infortuni sul lavoro per riscuotere i soldi dell'assicurazione che i clienti, prima di ricevere il prestito usuraio, sono costretti a firmare. Ma da un girono all’altro la sua vita cambierà e l’incontro con una donna di mezza età che sostiene di essere sua madre, porterà in lui un’evoluzione che si dimostrerà solo successivamente spietata. Incomincia a provare rimorso e pietà per le persone che aveva torturato e menomato, ma, non potendo colmare gli errori compiuti, Kang-do si ritroverà a lottare per non mettere a rischio la vita della madre, della donna che sostiene di averlo sempre amato e abbandonato da piccolo per mancanza di fiducia in se stessa. Vari avvenimenti porteranno al suo licenziamento e ciò avrà una valenza negativa sulla sua persona e la sua relazione con i vari personaggi facendo emergere, ancora una volta, le opposizioni alla base della narrazione: luci e ombre, purezza e sporcizia, amore e odio, bene e male, ordine e caos, bontà e crudeltà, vita e morte. Un film dai forti contrasti anche nei protagonisti: lui alto che veste spesso con i colori smorti, la madre minuta che veste di rosso intenso. Ma i contrari, secondo l’interpretazione dualistica tra filosofia cristiana e buddista del regista, non si nutrono a vicenda, ma sono l’uno l’assenza dell’altro connaturati all’esistenza. Attraverso una critica della società contemporanea coreana che lascia gli ultimi in balia delle misere responsabilità e altrui crudeltà, Kim Ki-Duk riesce a far emergere la precarietà del complesso coreano attraverso personaggi rappresentati come fragili, mutilati e immersi nella povertà. È di valenza il cromatismo spento e fatiscente rappresentato oltre che dagli abiti di ogni attore volto a compiere atti illegali, anche dai colori insaturi paesaggistici. Sebbene i temi di incesto, vendetta e pietà siano costantemente presenti, la violenza è relegata molto spesso fuori dal campo visivo ed è suggerita dai suoni “off” dell’ambientazione. Kim Ki-Duk mette in scena, perciò, una narrazione con la stessa freddezza della trama: le inquadrature statiche, le angolazioni del basso e i primi piani molto ravvicinati impreziosiscono l’estetica semplice, imperfetta ma funzionale della narrazione in cui tra un silenzio e l’altro emergono quegli sguardi partecipativi che toccano lo spettatore. Pietà ha un proprio messaggio ed esso è comunicato attraverso immagini e figure retoriche volte a presentare ogni situazione come iperbolica e inverosimile: i personaggi sono paragonati agli animali, imprigionati e costretti ad evadere dalla propria condizione solo attraverso la morte a cui non ci si può sottrarre per la sola volontà del singolo dove “solo dal sacrificio, nasce la verità del cuore”. 

La musica nel cuore-August Rush

di Maria Paola Platì e Noemi Rauti, 5ALS

Aprile 2023

Aprile è il mese in cui maggiormente si respira l’aria della rinascita, l’aria della primavera. Questa stagione fa in modo che riaffiorino alla mente tante sensazioni di pace, di tranquillità che hanno la capacità di “risvegliare” l’anima e la sua creatività. Lo stesso effetto è suscitato alla parte più sensibile dell’essere umano dall’arte suprema: la musica, la quale con note, pause, dinamiche e melodie smuove il “fanciullino” curioso e pieno di immaginazione che vive in noi. La musica vista attraverso gli occhi di un bambino è il tema principale del film La musica nel cuore – August Rush, che ha fatto il suo debutto in Italia nel 2007. Il lungometraggio racconta la storia di Evan Taylor, bambino di 11 anni, cresciuto lontano dai genitori, i quali si erano incontrati a New York anni addietro, innamorandosi ma poi perdendosi subito di vista. Tuttavia, il bambino vive con la sensazione che un giorno la sua famiglia si sarebbe riunita grazie al potere della musica. Quest’ultima gioca un ruolo di primo piano nella vita di Evan, il quale, grande appassionato di quest’arte, eredita il suo talento dalla madre Lyla (primo violoncello di un’orchestra) e dal padre Louis (membro di una band). Evan, fuggito dall’orfanotrofio verso New York, incontrerà attraverso varie peripezie un bizzarro musicista di strada, Maxwell “Wizard” Wallace. Egli, venendo a conoscenza del fatto che l’orfanotrofio stava cercando il ragazzino, farà in modo che quest’ultimo inconsapevolmente assuma il nome d’arte di “August Rush”. È da qui che inizierà la sua carriera musicale verso il successo, alla continua ricerca dei genitori.

Uno dei temi essenziali è ciò che spinge lo spettatore all’inseguimento dei propri sogni: un’incessante ricerca del proprio talento che, una volta trovato, va e deve essere coltivato, nonostante le infinite vicissitudini che la vita mette davanti al percorso di ogni essere umano. August ci insegna ancora a guardare il mondo con gli occhi di chi ha l’assiduo desiderio di scoprire e vivere a pieno le esperienze che il destino riserva. Infine, non si può che menzionare la musica, la quale è la chiave di lettura del film e riveste in tutta la storia un ruolo quasi magico, non solo per le emozioni che è capace di suscitare, ma anche per il modo in cui influenza gli avvenimenti dei protagonisti. Lasciarsi travolgere dalla musica è il mezzo migliore che può e deve accompagnare il flusso incessante e il continuo divenire della vita. Essa infatti è l’unica che, nella molteplicità degli episodi che segnano l’esistenza, rimane sempre e comunque una costante, una colonna portante. 

Joy

di Sara Coccoglioniti, 5 ALS

Marzo 2023

Dalla vera storia di Joy Mangano, l’inventrice e imprenditrice statunitense di origine italiana nota principalmente per l'invenzione del fantastico Miracle Mop, nel 2016 nasce Joy, film autobiografico di David O. Russell. Lei, di spiccate capacità inventive e creative, sin da piccola si immette nell’invenzione di piccole chicche ma, nonostante il suo rilevante spirito di iniziativa, le urgenze della vita costringono la ragazza ad annullare la realizzazione delle sue strabilianti idee. Jennifer Lawrence interpreta Joy come una ragazza modello, con un lavoro stabile, castrato però da una vita difficile. Divorziata con due figli, è costretta a vivere in un ambiente che la opprime: la madre, perennemente incollata al televisore a guardare soap opera trascorre con lei tutti i giorni sormontati da tristezza, rabbia e rancore. Diversi eventi hanno, infatti, richiesto la precedenza sulla protagonista: la famiglia, i figli e il matrimonio fallito che continua ad innescarsi nella sua vita, a riecheggiare nella sua testa causa la presenza dell’ex nel suo seminterrato che, sebbene la ami, ferisce Joy inesorabilmente. Senza accorgersi della vita che ferve intorno a lei, la ragazza può contare solo sulla nonna Mimi, l'unica che l'ha sempre stimolata e aiutata anche nelle faccende pratiche. Ma col passare del tempo, consapevole e delusa dell’impossibilità che ogni suo vecchio sogno si avveri, la sua attitudine inventiva, che ha sempre accantonato per urgenze altrui, riemergerà facendola splendere e rinascere. Trovatasi a dover ripulire sul ponte di una barca dei resti di calici di vino rosso, la visione delle sue mani insanguinate dai frammenti di vetro, la spingono a creare un accessorio per la pulizia della casa. La casalinga disperata, inventa così un mocho di cotone automaticamente strizzabile, buffamente denominato Miracle Mop. Negli Stati Uniti degli anni Novanta, molto poco connotati, l’imprenditoria è una faccenda di pochi ma, grazie all'amore e all’appoggio economico dell'ultima fidanzata del padre, Joy riuscirà a mettere a punto il suo progetto, pubblicizzandolo lei stessa sul canale commerciale QVC, diretto dall'imprenditore Neil Walker. Il personaggio femminile vincente ha tanta determinazione e buoni propositi che le permetteranno di affrontare le tante e contrastanti difficoltà della vita: uomini d’affari che cercano di estrometterla, l’odio e il pessimismo infuso dalla sorellastra che prova, amaramente, invidia per il successo della giovane. Grazie alla sua instancabile volontà, alla fine Joy otterrà la realizzazione del suo sogno diventando una stimata imprenditrice, contribuendo alla vita domestica con numerose altre invenzioni. Il film sull’imprenditoria apre raramente spazio alla figura di una solida donna: trovandoci in una società in cui ciò che non viene “presentato” non esiste, il successo delle donne non può essere nascosto in ambito cinematografico per i comuni giudizi altrui. Sebbene il film sia equamente emancipatorio e non, si sofferma sul successo nel proprio genere, l’ambiente femminile in questo caso, relegando l’innovazione in un contesto, purtroppo, tradizionale: il ritorno continuo agli aspetti tipici della personalità femminile ossia la sofferenza, lo sfruttamento e la scalata al successo non permettono uno sguardo d’insieme ma l’affermazione dell’equità e della stima che anche una donna si merita di avere in quanto realizzata. Nel film ogni aspetto è curato e i giochi di colori creati attraverso i continui cambi look dei personaggi interagiscono in maniera perfetta con la scenografia.

La legge di Lidia Poët

di Maria Paola Platì e Noemi Rauti, 5ALS

Marzo 2023

L’8 marzo è la giornata in cui si celebra l’importante figura della donna, che ha da sempre dovuto lottare per guadagnarsi un posto di diritto nella società.

È giusto, perciò, ricordare e commemorare coloro che nel corso della storia hanno avuto la forza e il coraggio di fare la differenza. Tra di esse emerge sicuramente la figura di Lidia Poët, prima donna italiana (che ha frequentato l’università di Torino) a ricoprire l’avvocatura. Il suo ruolo fu rilevante nella storia poiché attraverso la sua battaglia Lidia incoraggiò l’emancipazione femminile e prese parte alla lotta per il suffragio femminile e ai primi congressi femminili. 

La sua figura funge da ispirazione al colosso dello streaming Netflix che nel febbraio 2022 ha lanciato la serie “La Legge di Lidia Poët” con protagonista Matilde De Angelis, famosa attrice italiana, nei panni dell’avvocatessa. 

La serie è ambientata nella Torino di fine ‘800 quando Lidia riceve la sua prima sconfitta: la Corte d’Appello della città dichiara illegittima l’adesione della donna all’albo degli avvocati e le viene impedito così di esercitare la sua professione, in quanto donna. 

Tuttavia, ella non si arrenderà qui, infatti grazie alla sua furbizia e scaltrezza riuscirà comunque a lavorare nel mondo dei crimini ottenendo un posto di lavoro al fianco del fratello. A questo punto inizieranno diverse peripezie e situazioni “scomode” in cui Lidia dovrà sfruttare tutta la sua intelligenza per amore della giustizia. La serie - nonostante le tematiche apparentemente tetre e angoscianti (storie di omicidi, tragedie e quant’altro) – è caratterizzata dalla presenza di una costante ironia sarcastica che “spezza” la cupa atmosfera dei casi da risolvere. 

Oltre al tema dell’emancipazione della donna, emergono la forza di volontà e l’audacia che la protagonista assume costantemente nell’inseguire i propri sogni e che spingono quindi lo spettatore a credere sempre in se stesso e nelle proprie potenzialità superando quei muri che potrebbero sembrare apparentemente insormontabili. 

Cena con delitto

di Sara Coccoglioniti, 5 ALS

Febbraio 2023

Rian Johnson idea Cena con delitto- Knives out tra le antiche mura di una lussuosa abitazione del Massachusetts che aprirà le porte ad una vera e propria rivisitazione del genere giallo. Il film, dalla portata mondiale risalente a pochi anni fa, ha come filo conduttore la storia di Harlan Thrombey, il famoso romanziere, editore e carismatico patriarca della famiglia trovato morto nella propria camera da letto. Dopo la scoperta del cadavere, il giorno dopo i festeggiamenti del suo ottantacinquesimo compleanno, la famiglia allargata è convocata per essere interrogata circa le circostanze misteriose della morte di Thrombey. Ma il cadavere dell’eccellenza trovato dalla giovane cameriera di famiglia Marta Cabrera ha la gola tagliata e sembra essere il frutto di un suicidio, sebbene non ci siano risposte concrete che risolverebbero il caso. La villa di campagna di Thrombey vedrà quindi l'arrivo di tanti personaggi, oltre ai parenti stretti del defunto, ispettori di polizia e l’investigatore privato Benoit Blanc: dal sud degli Stati Uniti d’America, arriverà nel nord, terra del progressismo e della ricchezza democratica quale è il New England per indagare su un caso per il quale misteriosamente è stato assunto. Tra una scena e l’altra, in cui si alterneranno i pensieri contrastanti del detective Elliot, l’agente Wagner e l’investigatore privato e consulente Blanc per il quale saranno sempre troppe le domande senza una risposta, gli interrogatori lasceranno ben presto spazio ai pregiudizi divorati dalla brama del denaro che muoverà i personaggi fino alla fine. Messo in scena un vero e proprio giallo, nel film si alterna l’evolversi della storia tra interrogatori e ricostruzioni, alla base di una profonda voglia di divertimento, la stessa del Cluedo, gioco da tavola amato dal protagonista. Ciò che rotola fuori dalla scatola del gioco non cambia: tutto si focalizza perfettamente, come nelle attitudini dei giocatori, in una villa isolata piena di trucchi, un delitto, un detective e un gruppo di sospettati che si accusano a vicenda. Le riprese centralizzate e la focalizzazione dei personaggi, infatti, fanno spazio alle scene ambientate in un periodo in cui le “case” lussuose o meno che siano nella sfera cinematografica stanno prendendo il sopravvento come in Parasite o tante altre collane. Il film ha una buona sceneggiatura che si arpeggia tra la modernità dei cellulari, degli inseguimenti, delle nuove tecniche di investigazione e l’antichità dell’abitazione, il silenzio cupo della caduta delle foglie in autunno, il fango, i cani e i detective vecchio stampo. Cena con delitto è, quindi, un film che disinnesca il senso profondo del giallo e non scontenta gli amanti del genere vecchio stile ma è molto teatrale con dell’ironia sulla storia che spezza la monotonia del racconto. L’intrigatissimo mistero è immerso, perciò, in un film molto equilibrato, irriverente, politico ma anche molto legato alle classi sociali.

The In Between

di Maria Paola Platì e Noemi Rauti, 5ALS

Febbraio 2023

l mese dell’amore è certamente febbraio. Tra rose, cene, cioccolatini e regali romantici il modo migliore per poter condividere il 14 di questo mese con la persona che si ama non può che essere la visione di un film coinvolgente a tema. 

Spesso sentiamo dire “non è possibile collocare l’amore nello spazio o nel tempo”, oppure “l’amore supera ogni barriera”: un lungometraggio che fa di questo concetto il suo punto focale è “The In Between”, di produzione Netflix. Con la sua prima uscita ufficiale nell’aprile 2022, il film ha da subito ottenuto grande successo tra gli adolescenti ma non meno tra gli adulti.

La trama ha come protagonista Tessa (interpretata dalla celebre attrice Joey King), giovane ragazza la cui gioventù è stata segnata da eventi burrascosi che l’hanno indotta a smettere di credere nel potere dell’amore. Il suo punto di vista sul mondo avrà una svolta decisiva grazie all’incontro casuale (ma in fin dei conti destinato) con Skylar, ragazzo solare, pieno di vitalità e perdutamente romantico.
I due si lasceranno andare ad un impeto di forti emozioni e sentimenti che caratterizzeranno profondamente la loro relazione. Nel corso dei cinque mesi trascorsi insieme Tessa e Skylar si ritroveranno per appoggiarsi e spronarsi a vicenda: la ragazza dalle grandi doti artistiche sarà spinta dall’amore per lui a partecipare ad un concorso fotografico che potrebbe rivelarsi determinante per il suo futuro. 

Eppure gli eventi, per quanto una relazione possa rivelarsi stabile, non sempre hanno una svolta positiva. Il corso dei fatti sarà segnato da un terribile e improvviso incidente stradale che stroncherà la vita di Skylar. Tessa, in ospedale al risveglio dal coma, si ritroverà da sola e in uno stato altamente confusionale, aggravato dalla realizzazione del fatto che una forza ultraterrena e un destino avverso hanno messo fine alla sua fiabesca storia d’amore. 

La maggior parte del film si struttura su numerosi flashback tra passato e presente: in quest’ultimo Tessa si ritroverà inconsapevolmente “in contatto” con l’anima di Skylar che cerca insistentemente di comunicare con lei, conducendola a visitare quegli stessi luoghi in cui il livello del loro amore si incrementava sempre di più. 

Uno dei temi portanti nel film è quello della «rimembranza»: Leopardi, così come Freud e la sua teoria dell’inconscio, ci insegna che dentro ognuno di noi è radicata la reminiscenza di luoghi, oggetti, sensazioni e soprattutto emozioni che, facendosi strada nella profondità del nostro essere, riportano alla mente il ricordo di quelle vicende che segnano il nostro percorso di vita (in negativo o in positivo). Ed è questo che accade nell’animo di Tessa: il ricordo dell’amore provato in varie circostanze della sua relazione con Skylar sarà la chiave di accesso ad una ri-unione “spirituale” che supererà ogni tipo di barriera. 

Il curioso caso di Benjamin Button

di Sara Coccoglioniti, 5 ALS

Gennaio 2023

Attraverso un curato flashback che ripercorre le memorie di un vecchio diario e di un’anziana ormai arrivata alla fine dei suoi giorni, viene raccontata la storia particolare di un uomo, nato alla fine della Prima guerra mondiale. 

Attraverso un curato flashback che ripercorre le memorie di un vecchio diario e di un’anziana ormai arrivata alla fine dei suoi giorni, viene raccontata la storia particolare di un uomo, nato alla fine della Prima guerra mondiale. 

Le riprese del Curioso caso di Benjamin Button si aprono in una dimensione cupa, triste e malinconica: in un letto di ospedale in cui ormai il tempo scorre inesorabilmente in direzione della morte, l’anziana signora Daisy Fuller racconta alla figlia Caroline, posta al capezzale del suo letto, dell’inaugurazione di una stazione ferroviaria avvenuta nella sua piena gioventù. È il 1918 e a New Orleans viene costruito un massiccio orologio avente andamento antiorario, al fine di “riportare in vita” idealmente tutti i soldati caduti in guerra, secondo la volontà e le direttive di un orologiaio cieco. Sebbene un apparente inizio insensato, fuori scena e contenuto, il regista David Fincher aprirà insolitamente le riprese del film pluripremiato verso la strana storia di una vita vissuta al contrario, così come la lentezza e le contrarietà delle lancette che attraversano quell’enorme struttura orologiaia. Artrite, cartilagini ossificate, cataratta e sordità, sintomi di età perlopiù avanzata, affliggono il povero Benjamin sin dall’inizio dei suoi giorni che sono colmi di ansie, paure e insicurezze per la nuova famiglia che lo accoglierà. Negli stati Uniti vive Thomas Button, ricco uomo d'affari e produttore di bottoni, che presto diventerà padre. Ma l’incinta moglie, contrariamente alle aspettative, dopo una serie di agonie conseguenti al parto, muore dando alla luce un bimbo con la salute di un novantenne. Button, afflitto e in preda alla disperazione, decide di strappare il bambino dalla culla con l'intento di buttarlo nel fiume e farla finita ma l’ultima esitazione lo porta a salvare la creatura abbandonandola sulle scale di una casa di riposo. E sarà proprio lì che Benjamin verrà accolto a braccia aperte in una nuova vita che lo vedrà ringiovanire di giorno in giorno, tra anziani buffi e stravaganti con abitudini fisse e controllate, la visita frequente della morte e una inaspettata dell’amore. Il film del 2008 è stato candidato nel 2009 a tredici premi Oscar e, grazie alle curate abilità del cast, vincerà i premi per migliore scenografia, trucco e migliori effetti speciali che ripropongono realisticamente le malformazioni dei pazienti affetti dalla sindrome romanzata nel film. Infatti, nel film tratto dall’omonimo racconto di Francis Scott Fitzgerald del 1992, la patologia di cui è afflitto il ragazzo è, ovviamente, adattata alla sceneggiatura: un'incredibile storia d'amore dove al protagonista viene capovolto totalmente il ciclo della vita. Ma ciò di cui si parla non è del tutto surreale. La sindrome di Benjamin Button è realtà e il più famoso ragazzo ad esserne affetto si chiamava Sam Berns. Il giovane sempre sorridente presentava naso appuntito, alopecia progressiva e una statura bassa nonché tutte alterazioni tipiche della vecchiaia sebbene il suo sviluppo mentale seguisse il progredire dell'età. La sindrome, estremamente rara e che colpisce circa un individuo su 8 milioni, è conosciuta anche come sindrome di Hutchinson-Gilford, altrimenti detta "Progeria". Il gene responsabile della malattia fu scoperto nel 2003 sebbene per essa, sfortunatamente, non vi sia ancora una cura che possa far cessare il dolore di chi, al contrario del mondo, è rinchiuso in un corpo invecchiato con accelerazione. Ma se nel film Benjamin riuscirà a conoscere e condividere l’amore con una delle persone più importanti della sua vita che vivrà al meglio quando s’incrocieranno le loro età, Sam non ha goduto della possibilità di ringiovanire lasciando il mondo all’età di soli 17 anni.

La Fabbrica di Cioccolato

di Maria Paola Platì e Noemi Rauti, 5ALS

Gennaio 2023

Il 6 di gennaio nelle case di tutti i bambini si fa attendere la celebre vecchietta “dalle scarpe tutte rotte” e dall’identità misteriosa, nota con il nome di “Befana”. 

Conosciuta perché dona dolcetti ben voluti a tutte le età, chissà che quest’anno non porti nella calza proprio il dolcetto più desiderato da tutti: la famosissima tavoletta di cioccolato di Willy Wonka. 

Per rimanere in tema, “La Fabbrica di Cioccolato” (del 2005) è il film che accomuna l’interesse di grandi e piccini; pellicola della famosa casa di produzione “Warner Bros” il cui regista è l’illustre Tim Burton (filmmaker di tantissimi lungometraggi a tema fantasy). 

Il protagonista è il piccolo Charlie, ragazzino proveniente da un’umile famiglia che vive il disagio generale di una società in rivolta in cerca di migliori condizioni di lavoro (proprio il padre di Charlie si ritrova infatti a far fronte ai tanti bisogni della famiglia lavorando come operaio in una fabbrica di dentifrici). 

L’evento attorno al quale ruotano i fatti sin dall’inizio del film è la corsa alla ricerca dei cinque biglietti d’oro, contenuti nelle barrette di cioccolato vendute in tutto il mondo. 

Willy Wonka, proprietario della famosissima fabbrica di cioccolato, mette in palio la possibilità di vedere con i propri occhi, a soli cinque bambini e cinque accompagnatori, la fantasmagorica “realtà di cioccolato” di cui è a capo. 


“Questa è la storia di un normalissimo bambino di nome Charlie Bucket. Non era più veloce, più forte o più intelligente degli altri bambini. La sua famiglia non era né ricca, né potente, né influente, a dire il vero avevano a mala pena di che mangiare. Charlie Bucket era il ragazzino più fortunato del mondo, ma non lo sapeva ancora.”


A differenza degli altri quattro vincitori (Augustus, Veruca, Violetta, Mike) i quali otterranno il biglietto con arroganza e insistenza approfittando della ricchezza della propria famiglia, Charlie sarà l’unico tra i cinque bambini a cui il biglietto è davvero fornito dal destino: con grande sorpresa, acquistando per caso una delle barrette di cioccolato, si ritroverà spalancati i cancelli della magica fabbrica. Colui che lo accompagnerà nell’esperienza surreale sarà proprio suo nonno, ex dipendente della fabbrica. 


Il film, ispirato all’omonimo romanzo per bambini del 1964 (di Roald Dahl), è arricchito da musiche simpatiche e orecchiabili, cantate e ballate dalle ambigue figure degli Oompa-Loompas, piccoli ometti dal carattere vivace e coinvolgente al servizio di Willy Wonka (interpretato dal famosissimo attore americano Johnny Depp). 


Ciò che la storia di Charlie ha lo scopo di insegnare è il rispetto del prossimo 

indipendentemente dalle proprie ricchezze materiali: il vero valore che conta non è quello scritto sulla carta, ma quello che risiede nell’animo umano, animato da vere qualità e virtù. 

Se c’è un’altra certezza è che guardando questo film dalla Befana ci si aspetterà di ricevere non solo gli abitudinari dolcetti e le caramelle colorate ma soprattutto la cioccolata di Willy Wonka (e chissà, magari accompagnata anche da un invito per visitare la sua celebre fabbrica!!!).

Spencer

di Sara Coccoglioniti, 5 ALS

Dicembre 2022

Lady Diana, principessa del Galles, ritratta a lato attraverso il volto di Kristen Stewart è fatta rivivere in Spencer, film di Pablo Larrain. L’attrice, candidata Golden Globe e icona anche durante la presentazione del film in concorso alla 78 esima edizione del Festival di Venezia, è immersa in uno scenario surreale rivolto a pochi eletti, appartenenti alla corona inglese: residenze che sin da piccoli si sogna di osservare e vivere così come nelle favole, diversamente dalla “favola” in cui si è tramutata la vita di lady D. La principessa del popolo è infatti raccontata e posposta da Pablo Larraín in “una fiaba tratta da una tragedia vera”. 

È la Vigilia di Natale del 1991 e, come la consueta abitudine di corte prevede, la famiglia reale è diretta verso una delle residenze dei Windsor per trascorrere il magico periodo dell’anno. Lady Diana, da qualche anno moglie del principe Carlo, però, si è persa nel suo regno. Non viaggia su una carrozza con un abito voluminoso o una corona in testa. Debole e forte, capricciosa e protettiva, felice e triste allo stesso tempo, guida una porsche nera decappottabile e indossa vestiti d’alta moda abbinati ad un paio di occhiali da sole. La destinazione, da lei apparentemente sconosciuta sebbene in un terreno confinante con il luogo dove un tempo giocava, è Sandringham House nel Norfolk. Un luogo in cui “c’è solo un tempo. Il passato e il presente sono la stessa cosa e il futuro non esiste”. Lì la aspetta tutta la grande famiglia con i suoi due amati figli, William e Harry, avuti poco dopo il matrimonio con il futuro re. Ma il castello in cui sono riuniti i Windsor è un luogo spettrale e strano: un luogo freddo, così come lo sono i parenti acquisiti da lady D in cui tutti sentono tutto con molto distacco.  Un luogo in cui è lei stessa a voler evadere e dove si sente diversa e ingabbiata in quel ruolo di futura regina che non le appartiene. Sebbene la regola di Buckingam Palace “Never complain, never explain” sintetizzi l’idea di non dover e non poter divulgare il proprio stato d’animo per non farlo utilizzare dai media contro di sé, sono proprio la tristezza, la depressione e la bulimia i fili conduttori del racconto. In una gelida serata di inverno, con il sole che ancora illumina le strade del mondo, la principessa vede la sua vita pian piano frantumarsi corrosa dall’amore, ormai non reciproco, del principe Carlo. Quello che doveva essere il matrimonio del secolo si rivela un pozzo di infelicità per tutti con un’alta tensione tra i due consorti per la relazione con Camilla Parker Bowles, amica storica del principe. La sceneggiatura ripresa da Steven Knight ci mostra lady D intrappolata dentro regole rigide, che la portano a tentare la fuga per «andare a casa», quella vera, quella in cui era stata una bambina amata e felice quando poteva scambiare l’ordine imposto degli abiti da indossare diversamente dalle regole reali. Larraín la segue con la macchina da presa, si concentra sui primi piani con inquadrature perfettamente stabilizzate e centrali con dettagli strettissimi per evidenziare tutto il senso di oppressione di una donna che non riesce a costringere il suo corpo a fare cose che detesta, a mostrare al mondo una versione di sé che non combacia con la realtà. Ciò è rappresentato metaforicamente da una collana di perle: la stessa collana che unisce purtroppo lady D a Camilla in quanto entrambe regalate da Carlo per Natale. Se per quest’ultima è stato un dono affettuoso e d’amore, per Diana rappresenta quella costrizione soffocante dalla quale cerca in ogni modo di svincolarsi. Tutta una continua finzione e (di)mostrazione di stare ed essere stati bene sebbene la protagonista cerchi a tutti i costi di sovvertirla in quanto Diana, Diana Spencer e non la futura regina d’Inghilterra. 

Lo Schiaccianoci e i quattro regni

di Maria Paola Platì e Noemi Rauti, 5ALS

Dicembre 2022

Correva l’anno 1891 quando il grande Tchaikovsky, musicista russo, compose una delle sue più grandi opere: lo Schiaccianoci (inizialmente da lui detestata, ma che fu motivo di grande fama per l’autore). 

Proprio questa composizione fu da ispirazione alla Walt Disney Pictures che nel 2018 rilascia l’omonimo film: “Lo Schiaccianoci e i Quattro Regni”.

Il clima natalizio che anima sin dall’inizio la trama riprende appieno l’atmosfera che si respira nel mese di dicembre e lo rende il film ideale da guardare durante le festività in famiglia. 

Clara, giovane ragazza animata da grande coraggio e grande intelligenza, ha da poco perso la madre e si ritrova, insieme alla sua famiglia, a vivere un Natale molto diverso dal solito.

La trama ha inizio durante la vigilia natalizia, quando il padre di Clara consegna a lei e ai suoi fratelli i regali che la madre aveva lasciato loro: la ragazza riceve in dono uno strano scrigno…senza chiave. La sua curiosità e l’amore per la madre la spingeranno verso la ricerca dell’oggetto misteriosamente perduto e la cui indagine la farà ritrovare in un paese magico e incantato, ben lontano dalla triste e fredda realtà inglese alla quale era abituata. 


“Due forze muovono il mondo: una è una forza fisica, su cui opera la meccanica, e in un certo senso anche la meccanica del corpo nel balletto, l'altra è una forza psicologica, si chiama coraggio, e su di essa occorre fare leva quando la vita diventa difficile.”


Se c’è una frase che potrebbe racchiudere l’intima essenza della giovane fanciulla è proprio questa: Clara, ragazza appassionata del mondo fisico e delle leggi meccaniche che lo regolano, non manca indubbiamente di passione e sentimento. Ella fa di certo della fisica, sua più grande passione, una delle principali soluzioni ai problemi che si pongono sul suo cammino, tuttavia fa della sua personalità il perfetto equilibrio tra razionale e irrazionale, ragione e sentimento, mente e cuore. 

Uno degli incontri che le cambierà la vita sarà quello con il capitano Filippo, guardiano del primo ponte dei quattro appartenenti al regno magico che si appresterà a visitare. 

Insieme i due personaggi saranno protagonisti di una serie di peripezie per raggiungere non solo la conquista della chiave (rubata da un topolino), ma soprattutto la salvezza dei quattro regni (esposti ad un pericolo che potrebbe mettere a repentaglio l’equilibrio dell’intero mondo magico). 

Il ruolo principale, che si evince già dal titolo stesso della pellicola, è ricoperto dalla musica: la composizione classica infatti esalta i momenti di tensione e suspence, attribuendo alla vicenda il suo carattere misterioso e profondo. 

La grandezza del film risiede proprio nella capacità da parte dei produttori Disney di trasmettere ai giovani e anche agli adulti la passione per la musica classica, come già la stessa casa produttrice aveva fatto nel 1940 con il musical “Fantasia”. 

L’invito è quello di ascoltare e guardare il film con le orecchie e gli occhi dell’anima. Enjoy!!!

Lady Macbeth

di Sara Coccoglioniti, 5 ALS

Novembre 2022

Inghilterra, 1865. Una cruda campagna inglese di fine diciannovesimo secolo. Uno scenario cupo di brughiera, sterpaglie e di solitudine in cui una giovane donna di nome Katherine (Florence Pugh) è coinvolta emotivamente e fisicamente in un matrimonio forzato di sola convenienza. Sebbene la moda dell'epoca imprigioni la donna dentro minuscoli corsetti, le convezioni sociali tipiche della società, e difficili da tramontare, la vogliono incatenata a un marito padrone e prepotente, senza possibilità di indipendenza: padre e figlio fanno di lei ciò che vogliono accompagnati da serve aventi lo “scontato” ruolo di servire e di mogli con stesso ruolo ma denominazione diversa. Katherine, senza amore e senza famiglia, vive angherie da quando ha iniziato a camminare e appena diciassettenne viene venduta ad un uomo che ha più del doppio dei suoi anni. Si trova senza un vero e proprio marito e oppressa da obblighi coniugali consueti all’epoca, in cui i rapporti umani, anche quelli all'interno di coppie e famiglie, sono all'insegna della fredda ricerca di un tornaconto con assenza di sentimenti. Ma Katherine, sin dall’inizio, non riesce a sopportare il suo essere sottomessa e quando la passione nei confronti di uno stalliere si tramuterà in amore, troverà la forza per reagire ed ergersi al di sopra di tutto in maniera disperata e spietata. L’incontro con Alexander, infatti, ventiduenne di bell’aspetto e dai modi provocatori che lavora nella fattoria del marito, stravolgerà tutto e scatenerà in lei sentimenti ormai repressi da tempo. È da allora che lei sembrerà immergersi nella natura selvaggia che la circonda e rinascere come una spietata dark lady, violenta e omicida. Katherine rappresenta, quindi, la donna nell’epoca vittoriana con assenza di diritti legali e con il solo ruolo di esclusiva domestica. All’ordine del giorno i matrimoni soffocanti, tristi e rancorosi con rapporti con i familiari freddi e inflessibili nei confronti della donna, la quale non fa parte del nucleo familiare essendo, quest’ultimo, incarnato solo dal coniuge maschile. Errori, orrori e dolori prima che nella società la donna venisse trattata con più rispetto, indipendenza e dignità rispetto ai tempi passati per rompere quella monotonia che tanto spingerà Katherine a gesti cruenti e vendicativi. Ed è di questo che parla Lady Macbeth. Un’opera di William Oldroyd, ma contrariamente al titolo (Macbeth di William Shakespeare), si ispira al solo romanzo russo di Leskov ed è uno strutturato capolavoro di cattiveria al femminile, incentrato sul tema dell’esistenza o piuttosto sopravvivenza: un freddo pamphlet su come si diventa una dark lady. Con inquadrature parziali che fanno intuire la visione non totale del mondo, dell’esistenza e della felicità, Lady Macbeth si apre e si chiude sullo sguardo della splendida protagonista Florence Pugh: all’inizio restio e intimorito che è seminascosto da un leggero velo da sposa, con il viso a tre quarti e un primo piano sfuggente. Alla fine, uno sguardo dritto in camera deciso, teso e forse addolorato o solo invaso da tanta rabbia. Viene perciò inquadrata la crescita di una ragazza al negativo che, in un istante, la farà passare da vittima a carnefice. Un percorso con ostacoli, un’atmosfera di morbosa, claustrofobica e silenziosa tensione che abbraccia oltre che il paesaggio anche tutti i burberi personaggi in cui l’amore, la conoscenza e la morte scendono lente senza far rumore.

The Crown

di Maria Paola Platì e Noemi Rauti, 5ALS

Novembre 2022

L’8 settembre 2022 si chiude un lungo capitolo di glorie con la morte di uno dei personaggi che ha scritto la storia inglese di buona parte dell’ultimo secolo. La Regina Elisabetta II, la più longeva sovrana della storia, sin dalla tenera età ha fatto breccia nel cuore dei suoi sudditi, portando durante il suo lungo regno di 70 anni la monarchia inglese ad essere tra le più influenti e famose del mondo.

Il grande successo della famiglia reale britannica ha spinto uno dei più grandi colossi dello streaming mondiale, Netflix, a produrre una serie articolata in ben cinque stagioni (di cui l’ultima ha debuttato a novembre 2022) che porta alla luce ogni aneddoto e dettaglio legato alla vita dei reali d’Inghilterra. 

La serie, dal titolo “The Crown”, narra la storia della monarchia inglese, partendo dalla morte di Giorgio VI e l’avvento al trono di sua figlia: la giovanissima Elisabetta, che a soli 27 anni eredita il ruolo di capo dello Stato e della Chiesa di una delle più importanti potenze mondiali. 


“Io dichiaro davanti a voi tutti che tutta la mia vita, sia essa lunga o breve, sarà dedicata al vostro servizio e al servizio della nostra grande famiglia imperiale a cui tutti apparteniamo”.  


Il 21 aprile 1947 la allora ventunenne Elisabetta pronuncia il suo primo discorso pubblico e promette davanti a tutta la Nazione di rispettare e onorare la Corona fino alla fine dei suoi giorni. Ciò che la serie fa emergere sin dalla prima stagione è proprio la tenacia e la forza che il personaggio di Elisabetta presenta durante tutto il suo lungo regno, animato da non poche difficoltà ed intrighi che hanno messo a rischio l’incolumità della famiglia reale stessa. 

Nel corso delle cinque stagioni, in molti episodi si dà spazio alle vicende personali e storiche che hanno segnato l’età elisabettiana: le peripezie relative ai vari personaggi della famiglia reale (si ricordino gli intrighi della sorella Margaret, l’arroganza dello zio Edoardo VIII passando poi per le vicende della ribelle figlia Anna fino ad arrivare ai dissapori tra Carlo e Diana) e quelle di peso nazionale e internazionale (il disastro di Aberfan, il “Grande Smog”, la crisi di Suez, l’assassinio di Kennedy e la morte della fondamentale figura del primo ministro Churchill). In tutte le vicende sopra citate Elisabetta ha provato al mondo di essere la perfetta figura del monarca, mantenendo sempre e comunque l’equilibrio tra l’affetto verso la propria famiglia e l'integrità del suo regno e dei suoi sudditi, anche a costo di rinunciare e sacrificare il proprio benessere a vantaggio della monarchia. 

La serie, oltre ad avere un ruolo culturale e informativo, porta alla luce due facce della stessa medaglia: alla stravaganza, alla ricchezza e all’apparente perfezione della monarchia si contrappone la realtà molte volte aspra e difficile, che fa dei membri della famiglia reale, lontano dai riflettori, delle semplici persone comuni con i loro difetti, errori e imperfezioni. 

Il quadro generale fornito da Netflix contribuisce a svoltare quel punto di vista abitualmente offerto dai media e dalle televisioni mondiali che tendono a “dipingere” l’immagine perfetta della monarchia. Riconoscere la sua vera natura, pertanto, ci permette di prendere spunto ed esempio da personaggi che hanno lasciato la loro impronta nel mondo, nonostante i numerosi falli commessi. 

Guardare la serie significa perciò conoscere e ricordare una delle più grandi età monarchiche di tutti i tempi, che agganciandosi ad un glorioso passato riecheggerà per sempre nell’eternità. 

  

di Sara Coccoglioniti, 5 ALS

Ottobre 2022

Dopo un periodo che ha visto noi studenti e il magazine online del nostro istituto andare in stop, sono finalmente arrivati i mesi dei progetti e delle ripartenze. Da molti considerati come il nuovo inizio per ogni anno, una nuova possibilità di mettersi in gioco con nuove idee, progetti pianificati o completamente da scrivere, settembre e ottobre aprono le porte alle nostre varie rubriche: esse inizieranno a colorare tutto il nostro anno scolastico nonostante questi due mesi nel 2005, non furono invasi dalle emozioni contrastanti che portano alla ricerca di nuove “avventure”, al contrario dipinsero di nero la vita del protagonista di Making a Murderer. È proprio dalla riflessione di non poter essere colpevoli fino a che non ci siano le prove di esserlo e dalla curiosità tipica della gioventù, che due studentesse statunitensi, nell’ottobre del 2005, decidono di intraprendere una delle più lunghe riprese di indagini, perquisizioni, gradi del processo e interviste che non si sarebbero mai aspettate di documentare. Le riprese di questa docu-serie thriller investigativa durano, infatti, tredici anni ma è solo dalla data del secondo processo di Steven Every che prende le mosse l’opera giornalistica appena citata. In maniera cruda, palese, priva di attori e di sceneggiatura, viene raccontata la vita di Steven, un cittadino della contea di Manitowoc (Wisconsin, Stati Uniti): lui, un uomo ben conosciuto dapprima per la sua ditta di demolizione-auto e in seguito a causa di uno dei due omicidi per il quale è condannato. È proprio negli anni 80 che la vita del soggetto inizia a decadere a causa della presunta violenza sessuale e tentato omicidio di Penny Beerntsen. Scontata una pena di ben 18 anni, sebbene senza concrete prove che attestino la sua colpevolezza, solo nel 2003 Steven venne scagionato con l’esito negativo del DNA ma gli ostacoli continuano ad intralciare la sua vita. I diciotto anni perduti non sono abbastanza e la presunta accusa di un altro omicidio, insieme al nipote Brendan Dassey, non permette all’uomo di rifarsi una vita, quella che gli è stata troppo tardi ridata. Da qui la scelta della produzione della serie documentaristica, distribuita il 18 dicembre 2015 sulla piattaforma Netflix che suscita, nell’arco di poco tempo, un enorme successo. Una storia a primo impatto abbastanza semplice e riduttiva ma che poi risulterà essere talmente assurda e complicata che a tratti, lascerà trasparire agli spettatori tanti dubbi su quanto accaduto e la verità dei fatti. Si tratta, quindi, di un’opera giornalistica, di notevole peso e fatica che in due stagioni di dieci episodi l’una, è riuscita a far appassionare più di ogni altra serie TV facendo immergere il pubblico nel mondo giuridico della giustizia penale americana smuovendo le proprie emozioni. Making a Murderer risulta essere una serie da vedere, difficile da emulare o rimpiazzare dato il suo impatto truecrime e il prodotto più innovativo e interessante del 2016. Un vero e proprio viaggio all’interno della famiglia Every nei confronti di due processi penali e del sistema americano, con difetti e criticità che emergono dalla serie, nella quale le sensazioni di sporco e di ingiustizia sono ricorrenti.

Mercoledì

di Maria Paola Platì e Noemi Rauti, 5ALS

Ottobre 2022

Ottobre…il mese dei travestimenti e delle atmosfere spaventose e inquietanti. 

La serie ideale da guardare in questo periodo che richiami il clima prettamente terrificante di Halloween, è di certo la nuova uscita Netflix “Mercoledì”, famoso personaggio della “Famiglia Addams” che ritorna sotto i riflettori dopo la prima uscita dell’omonimo film nel 1991. 

La trama riprende le vicende di Mercoledì Addams, una giovane studentessa combina guai, ribelle e dall’aspetto spettrale. La serie, ambientata nel mondo social odierno, ha il suo inizio con l’espulsione della sedicenne, dall’ennesima scuola a causa del suo carattere spietato e macabro. Il punto di svolta sarà l’ultimatum sferratole dai genitori, Morticia e Gomez: essi decideranno di darle un’ultima occasione, permettendole di studiare nell’ambiguo collegio di Nevermore. Qui avrà modo di incontrare adolescenti che come lei (soggetta a periodiche visioni del futuro o del passato) posseggono caratteristiche speciali: si possono ritrovare vampiri, lupi mannari, sirene e altri individui con poteri sovrannaturali. 

Mercoledì, interpretata dalla famosissima attrice Jenna Ortega (protagonista di svariati film di grande fama) inizialmente rifiuta di sottoporsi alle rigide regole del collegio e tenta svariate volte la fuga. Ostacolata continuamente dalla direttrice Larissa Weems, troverà un motivo che deciderà definitivamente la sua permanenza nel collegio: nella limitrofa cittadina di Jericho è in corso un grave e spaventoso avvenimento, uno strano essere inquietante sta provocando moltissime vittime e sembra che la chiave della risoluzione positiva o negativa dei fatti possa essere proprio Mercoledì. 

Inizieranno da qui una serie di peripezie, amori e amicizie che permetteranno alla giovane ragazza di mostrare al mondo esterno quel lato del suo carattere che da sempre aveva tenuto nascosto: dietro quella maschera fredda e menefreghista si cela in realtà un animo buono e straordinario. La sua psicologia presenta infatti svariate sfaccettature che attribuiscono alla sua persona numerose interpretazioni, spesso superficiali…come diremmo al giorno d’oggi, Mercoledì è la rappresentazione di un vero e proprio personaggio dinamico e a tutto tondo, che fa della sua diversità e apparente stranezza un punto di forza. 

La sua determinazione nell’essere sempre se stessa ha ispirato molti giovani appartenenti alla generazione Z a non avere paura di sentirsi diversi e soli poiché è questo che permette loro di essere unici e originali. 

Mercoledì ci insegna dunque ad apprezzare anche coloro che si pongono in maniera diametralmente opposta al nostro modo di essere, poiché dietro al più misterioso ed enigmatico carattere si cela sempre quell’unicità che può arricchire l’animo di chi ci sta intorno.