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Gomorra

di Sara Coccoglioniti, 4ALS

Maggio 2022

 “C vulevm magna o munn, ma stu munn sa magnat a nuie” 


Dall’omonimo libro di Roberto Saviano che nel 2017 è stato considerato un best-seller internazionale, viene prodotta Gomorra: la più influente serie degli ultimi 10 anni trasmessa in oltre 190 paesi che non può non essere presentata con la battuta all’inizio citata. Dalla prima stagione che ha avuto il suo debutto a maggio del 2014, la serie è altresì considerata la più vista nella storia della pay italiana che risulta aver avuto, sin dall’epoca, un’elevata audience. Per 7 anni gli spettatori hanno atteso la sua conclusione, avutasi venerdì 17 dicembre 2021, che ha simboleggiato la fine di una lunga storia (in 5 stagioni) ricca di plot twists ma che cela un significato, oltre alla rappresentazione dei rapporti sociali della malavita napoletana, il dominio nella sfera politica o burocratica. Si tratta di una serie che per realismo e messa in scena non ha precedenti nella storia italiana: senza nessun tipo di trasfigurazione, la Napoli degli anni 2000 diventa non solo lo sfondo delle vicende ma parte integrante del racconto presentando, insieme ai personaggi, storie di clan rivali, fatti di cronaca realmente accaduti nelle vie iconiche del paese con protagonisti i boss della camorra. L’ambiente cinematografico, però, non si limita soltanto alle città partenopee ma descrive ed infetta anche altre realtà nazionali ed internazionali come Ferrara, Milano, Roma, Barcellona, Croazia o Honduras. Inizia così la storia dei più grandi clan della mafia, come i protagonisti Savastano e a seguire tanti altri quasi al pari livello, che si fanno guerra per avere il controllo delle “piazze”: territori in cui esercitare le ingiustizie. Il successo planetario è dato non solo dalla trama ma dalla bravura dei personaggi che recitano e interpretano le parti in maniera crudele e spietata dando un colore diverso al racconto. Tra le centinaia di personaggi, un ruolo dominante appartiene a Don Pietro Savastano: il capo di uno dei clan la cui ambizione è la gestione del traffico di stupefacenti in tutto il territorio di sua appartenenza per poi riuscire, con la violenza, a dominare gradualmente le zone limitrofe, sottomettendo quasi tutta la periferia di Napoli. Nel suo operato è affiancato da Ciro di Marzio, detto l’Immortale, interpretato da Marco D’amore che veste straordinariamente i panni di attore e regista e rappresenta una spalla non solo per Don Pietro ma anche per Genny Savastano, il figlio del boss con il quale Ciro passa vari anni della sua vita fino a quando il piccolo diviene un vero e proprio criminale. I personaggi sono quindi tipi umani che vivono il quotidiano dal loro punto di vista: molti di loro, oltre a compiere vari crimini, hanno famiglia, altro aspetto che domina le scene il cui valore è rappresentato dalle figure femminili e infantili. Le donne diventano parte integrante della storia e hanno il compito non solo di ottenere potere ma di riscattare sé stesse e la famiglia ricercando una normalità, ne è un esempio Azzurra, moglie di Genny Savastano o Deborah di Marzio. Sono quindi i sentimenti a muovere il tutto portandolo avanti tra alti e bassi, uccisioni, sparatorie, attentati e tanto altro che ribalterà la linea narrativa facendo crollare il sistema. I temi principali sono tanti ma quello fondante è il desiderio di rovesciare un destino, pacifico o crudele che sia: entrano in scena così i vari scontri generazionali tra giovani e vecchi, potenti e non, padri e figli ma anche l’odio, l’amore, la vendetta e la giustizia rappresentata in uno scenario corrotto, devastato e dominato malamente dalla figura del magistrato. Anche gli aspetti trattati sono vari, in chiave gangster e drammatica e si attribuisce così alla serie anche il genere di noir e thriller in cui tutto ruota attorno a dei valori: rispetto, onestà, determinazione e riscatto, una sorta di codice d’onore necessario al buon vecchio camorrista. Dalla prima alla quinta stagione, sebbene nuovi volti appaiano ad animare la scena, si notano gli intrighi continui volti a tenere alta la parte narrativa nonché la denuncia sociale: come siano trattati gli esseri umani, i meccanismi alla base della grande “macchina” della camorra e cosa si intende parlando di Secondigliano, Scampia, Forcella… E questo riesce ad essere assimilato dal pubblico grazie al realismo con il quale i registi hanno scelto di produrre la serie nonché per le musiche presenti costantemente all’interno della stessa. Lo spettatore respira il degrado della società diventando quasi parte della storia ma non provando empatia, vista la scelta di vita terrificante e la non “redenzione” e il mancato futuro dei singoli; forse acquisendo anche termini dialettali nel corso delle varie stagioni, diventati ormai familiari e riconducibili a varie figure: si tratta di citazioni appartenenti al Napoletano che essendo talmente parlato e articolato non lo si può solo considerare un dialetto ma una vera e propria lingua grazie anche alla sua vasta e rapida diffusione. Riesumando i personaggi, si può dedurre che alcuni di essi vengono identificati tramite un soprannome, ovviamente dialettale come “Sangueblu, Bell’e Buono, 'O Track, Malammore, Capa e Bomba, 'O Stregone, 'O Diplomato, 'O Mulatto, Zecchinetta, ‘O Maestrale”; altri tramite il loro stesso nome o un termine caratterizzante la persona o la realtà che vivono. Come commentato da Sangue Blu (attore Arturo Muselli), il soprannome “caratterizza la persona più del nome stesso, giocando spesso anche sugli opposti” diventando il simbolo di ogni personaggio nato anche per ironia, caratteristiche o ereditarietà paterna. Una serie quindi che ha inaspettatamente avuto un successo immane e che, oltre alla fama acquisita dai singoli personaggi, ha ricevuto varie critiche; lo stesso Saviano è stato costretto ad essere scortato per aver ricevuto lettere minatorie e telefonate mute in seguito al tema trattato e alla scelta di rappresentare situazioni reali napoletane.

Chiamatemi Anna

di Maria Paola Platì e Noemi Rauti, 4ALS

Maggio 2022

Chiamatemi Anna (in lingua originale “Anne with an E”) è una serie tratta dal romanzo di Lucy Maud Montgomery, dal titolo “Anna dai capelli rossi”, intramontabile bestseller pubblicato per la prima volta nel 1908. La serie uscita nel 2017 è originale Netflix e si articola in tre stagioni. Al centro delle vicende ritroviamo il famosissimo personaggio di Anna, una ragazzina molto vivace, intraprendente e con una grande voglia di esprimere sempre il suo pensiero. Magrolina e dai lunghi capelli rossi, riuscirà a conquistare sin da subito il cuore dell’adottivo padre Matthew Cuthbert. In realtà, l’intenzione di quest’ultimo, insieme a quella della sorella Marilla, era inizialmente di accogliere in famiglia un giovane ragazzo, il quale potesse aiutarli a gestire la fattoria e la loro casa, conosciuta da tutti con il nome di “Green Gables”. Di certo ciò che Matthew non si sarebbe mai aspettato di trovare al suo arrivo in stazione era un’esile ragazzina dall’aspetto trasandato e da un bel caratterino. Nonostante i mille ripensamenti e i dubbi sulla scelta di concludere l’adozione, si capirà ben presto come i loro destini siano strettamente intrecciati: Anna entra a far parte della vita dei fratelli Cuthbert in tutto e per tutto, conquistandoli con i suoi modi di essere e di fare, illuminando quella loro vita che sembrava essere vuota e oscura; allo stesso tempo Matthew e Marilla permetteranno ad Anna di vivere ciò che aveva sempre sognato e di farle comprendere, finalmente dopo tanto tempo, il vero significato della parola “famiglia”. Il tratto più considerevole e genuino del carattere della protagonista è il suo approccio ingenuo alla vita: ogni esperienza è vissuta da Anna con grande emotività e coinvolgimento, facendo comprendere come ogni piccola e apparentemente banale vicenda abbia la sua incidenza nella vita di ognuno.  Tra i personaggi chiave della serie ritroviamo sicuramente Diana, migliore amica di Anna, figlia di una nobile famiglia, assieme alla quale vivrà le più importanti avventure. A prescindere dalle incomprensioni e dai rari litigi, le due amiche finiranno sempre per ritrovare quell’affinità che le legherà per l’eternità. Nonostante il brusco primo approccio, uno dei protagonisti fondamentali per lo svolgimento dei fatti è Gilbert, ragazzo intelligente e apprezzato dai suoi coetanei per la sua estrema gentilezza e bravura. La serie oltre ad essere appassionante e molto piacevole è spunto di riflessione su tematiche rilevanti e sempre attuali. Ciò dimostra che, nonostante il lontano periodo in cui la vicenda è stata scritta, l’ideatrice ha avuto la capacità di guardare oltre i confini della mentalità del tempo, donando al mondo la storia di cui aveva bisogno. 

“Non è bello pensare che domani è un giorno nuovo ancora privo di errori?”.

Strappare lungo i bordi

di Sara Coccoglioniti, 4ALS

Aprile 2022

“E allora noi andavamo lenti perché pensavamo che la vita funzionasse così, che bastava strappare lungo i bordi, piano piano, seguire la linea tratteggiata di ciò a cui eravamo destinati e tutto avrebbe preso la forma che doveva avere. Perché c’avevamo diciassette anni e tutto il tempo del mondo”.


Dalla nascita e ben oltre l’età adulta ci si porta dietro un carico immane di sogni, aspettative, stereotipi, paranoie e pregiudizi che,

durante gli anni, sfociano in riflessioni e discussioni su noi stessi e su ciò che ci circonda. Si cerca disperatamente di “strappare lungo i bordi” e non allontanarsi mai da quella prefissata “linea tratteggiata”, scegliendo la strada giusta che possa dare senso e forma alla propria vita ma che non si riesce perfettamente a percorrere a causa di un evento che potrebbe, nella maggior parte dei casi, devastare tutto ciò che si vorrebbe seguire. Un po’ come quando si è piccoli e si cerca di ritagliare le figurine disegnate all’interno di un foglio ma che mai si riesce a fare con precisione andando “all’interno” di esse e rovinandole, suscitando in sé stessi rabbia, tristezza e malinconia. Quest’ultima considerazione allude, infatti, alla metafora della vita che accompagna costantemente ogni episodio della serie “Strappare lungo i bordi” di Zerocalcare, simboleggiata dal titolo stesso. Si tratta di una serie animata che ha avuto il suo debutto su Netflix nel 2021 e che ancora oggi ha un successo mondiale vista la trattazione di temi che ripercorrono il periodo adolescenziale arrivando ai giorni nostri. L’ideatore è il fumettista italiano conosciuto come Zerocalcare, lo pseudonimo di Michele Rech che, con tutta la sua creatività, ha scelto di dare voce ai suoi fumetti per la seconda volta, dopo la creazione della prima serie tv d’animazione Rebibbia Quarantine. La serie porta sullo schermo un racconto ricco di flashback e aneddoti, seguendo le vicende del personaggio interpretato da Zerocalcare e i suoi due amici di sempre, Sarah e Secco. È una storia autobiografica avente come protagonista il fumettista che, con il sarcasmo e l’ironia che lo contraddistinguono, si trova ad affrontare le avventure che si presentano ai suoi occhi, in una dimensione reale rappresentata graficamente dalle sue stesse bozze. Una storia che presenta un equilibrio perfetto tra il dramma e la commedia, in cui sebbene da un lato si reiterino le paure e le ansie insidiate nella mente di Zerocalcare, dall’altro vi sono molti sketch ironici al contempo riflessivi, così come appare l’iconico personaggio dell’Armadillo doppiato da Valerio Mastandrea: la coscienza di Zero viene rappresenta, infatti , con sembianze antropomorfe  ed è costantemente presente in ogni scena cercando in tutti i modi, sin durante il primo viaggio dei ragazzi a Biella, di non far cadere in errore il protagonista  né farlo sopraffare da ciò che risulterà immodificabile e a cui ci si può solo adattare, senza rimpianti e con più consapevolezza di sé stessi. Nel corso degli episodi, si susseguono racconti e digressioni della vita del protagonista, passando dagli anni delle scuole medie, a quelli del liceo, fino a tornare al presente, in cui si racconta la sua esistenza con, quasi sempre, costante allontanamento dalle scene precedenti ma sensato equilibrio. Nonostante il calibro degli argomenti trattati e la marea di altre rappresentazioni che potevano essere messe in scena, la serie risulta completa ed è stata abilmente realizzata in soli 6 episodi di durata variabile dai 13 ai 20 minuti in cui ogni personaggio, diretto verso qualcosa di incredibilmente difficile, è doppiato dallo stesso Zerocalcare ad eccezione dell’antropomorfo. La serie presenta citazioni e riferimenti ad altre sue opere, rielaborate e adattate ad altri temi, uno di questi l’interesse romantico in cui, alternando anche azioni divertenti e drammatiche, si fa spazio la voce dell’autore con un accentuato accento romano rendendo la storia più iconica e semplice di quanto possa esserlo. I suoi fumetti iniziano a parlare con colloquialità, spontaneità e con un’impronta vocale fantastica tanto che ci si riesce a riconoscere in ogni attore visti anche i toni o comportamenti vicini alle proprie esperienze accadute o meno. È quindi una serie che parla di disagio e malinconia in tutta la loro crudezza, in cui vi è uno “svisceramento” dell’essere umano che oltre a fare piangere, a volte porta un lieve sorriso allo spettatore. Ed è questa la particolarità che ha portato il capolavoro al successo anche nei cinema esteri perchè non ci si stancherà mai della crudezza con cui è rappresentata la realtà e dello stile sporco ma vincente di Zerocalcare accompagnato dalle parole pungenti frutto della sua mente oltre che dalle musiche presenti.

Bridgerton

di Maria Paola Platì e Noemi Rauti, 4ALS

Aprile 2022

Bridgerton è una serie originale Netflix tratta dagli omonimi libri della scrittrice Julia Quinn. La prima stagione ha fatto il suo debutto sulla piattaforma il 25 dicembre 2020, ottenendo sin da subito un grandissimo successo soprattutto tra adolescenti, affascinati dall’ambientazione romanzesca della storia. I protagonisti sono membri dell’alta società durante l’Età della Reggenza inglese, che ricopre il periodo che va dal 1811 al 1820. Nonostante la paura del fatto che la seconda stagione non ricevesse lo stesso successo della prima, la fama non ha tardato ad arrivare: con il suo debutto il 25 marzo 2022, Bridgerton 2 ha ottenuto ben 251,74 milioni di ore visualizzate in soli 7 giorni e rientra tra le serie più viste in lingua inglese. Le vicende ruotano attorno alla vita degli otto fratelli Bridgerton, una delle famiglie nobili più in vista della Londra del tempo. Tra i 17 e i 23 anni ogni giovane nobile si ritrova a compiere il grande passo del debutto in società, mettendo in mostra il meglio di sé ed interfacciandosi con intrighi, storie d’amore e pettegolezzi. L’inizio della cosiddetta “stagione” è inaugurato da un ballo di corte al quale è presente la Regina Carlotta, moglie del Re Giorgio III, amante del lusso e della stravaganza, che osserva le giovani debuttanti e sceglie tra di esse il suo “diamante della stagione”. Era questo il titolo più ambito da ogni fanciulla, che ottenendo questa nomina si assicurava così non solo l’appoggio di Sua Maestà ma anche la certezza di un vantaggioso matrimonio. Il “diamante” aveva, infatti, l'attenzione di ogni nobile gentiluomo tra i più ricchi della società che cercavano di ottenere il favore della giovane attraverso visite in presenza della famiglia, inviti a danzare o passeggiate nel parco. Era fondamentale quindi, soprattutto per le giovani donne, legarsi al vincolo del matrimonio che era sinonimo di realizzazione della propria persona e senza il quale, oltrepassata l’età dei 23 anni, si andava incontro ad un irreversibile declino sociale, acquisendo l’appellativo di “zitella”.  La prima stagione si incentra sulla storia di Daphne, la più adulta delle sorelle Bridgerton, la quale nel suo percorso verso il matrimonio e l’approvazione sociale, incontrerà Simon, duca di Hastings. La seconda, invece, avrà come protagonista Anthony, visconte ed il più grande dei fratelli, il quale, decidendo di prendere moglie si ritroverà a vivere eventi tortuosi, in cui dovrà decidere se dare ascolto al cuore o alla mente. Un altro ruolo importante nella serie è ricoperto dal personaggio di Lady Whistledown: un’identità segreta che si occupa di raccogliere più pettegolezzi possibili attorno agli eventi più salienti dell’alta società. L’uscita dell’opuscolo era quella più attesa tra tutti i membri della società: uomini, donne, bambini e prima fra tutti, la Regina. Pensare al ruolo che il giornale di Lady Whistledown aveva nella società potrebbe rimandare ai famosi periodici dell’età della Restaurazione Inglese: “The Tatler” e “The Spectator”. Dopo un periodo di oscurità, i due giornali allieteranno gli animi dei libertini inglesi, trattando di politica, di bon ton, di fashion, ma soprattutto di gossip, che era ciò che incuriosiva maggiormente la società del tempo, il cui desiderio era quello di svagarsi e rimanere aggiornati sulla mondanità (influenzando, probabilmente, il periodo di ambientazione della serie) . 

L’onore, la famiglia, il ruolo della donna nella società sono tra le tematiche portanti della storia in Bridgerton e non potranno fare altro che coinvolgere lo spettatore mettendolo al corrente di quelli che erano gli usi, i costumi e i valori del tempo.

Shutter Island

di Sara Coccoglioniti, 4ALS

Marzo 2022

Distribuito da Medusa e uscito al cinema il 5 marzo 2010 con la durata di 148 minuti, Shutter Island diviene uno tra i grandi thriller psicologici del XXI secolo. Diretto da Martin Scorsese, con attori protagonisti Leonardo DiCaprio e Mark Ruffalo, è tratto dal romanzo Isola della parole di Dennis Lehane vista la scelta del regista statunitense di produrre una pellicola che mantenga il pathos dell’opera letteraria senza la sua totale trasposizione e integrità.  Nonostante il successo che ancor oggi riscuote, è una tra le uscite di Martin Scorsese che ha avuto pareri contrastanti e sottovalutazioni dai critici a causa del loop infinito e della mancanza o del ribaltamento di soluzioni definitive dell’intera storia. Gli spettatori sono, infatti, costantemente volti alla ricerca di ogni dettaglio o sfumatura della trama che possa produrre colpi di scena ma, al contrario, essa mantiene la storia dapprima confusa e inconclusa bloccando il pubblico in una condizione di limbo, la stessa del protagonista. Lui è Daniels (interpretato da DiCaprio), detto “Teddy”, un agente federale che, nel 1954, viene incaricato, insieme alla sua futura spalla destra Chuck Aule (Mark Ruffalo) di recarsi in un’isola vicino Boston: si tratta di Shutter Island dove dovranno indagare sulla scomparsa di Rachel Solano. Lei, paziente del luogo isolato circondato dalle acque e vicino ad un faro, era stata, a causa dell’uccisione dei suoi 3 figli e i conseguenti problemi, rinchiusa nella clinica psichiatrica dell’Ashecliff Hospital al fine di curare i suoi disturbi mentali. La fuga, molto sospetta considerata quasi “fantasma”, era stata preceduta dalla scrittura di un biglietto, lasciato da Rachel nella sua camera ma anch’esso indecifrabile. La donna, quindi, misteriosamente svanita dalla sua cella blindata nella clinica, sotto volontà del dottore e direttore Jonh Cawley (Ben Kingsley), diviene il centro del suo racconto proposto ai detective e anche dell’intera la storia.  Ma sull’isola si trovano anche altri pazienti: alcuni vengono, tramite le inquadrature, relativamente isolati nella loro condizione, altri, similmente a Rachel, sono scomparsi misteriosamente come il piromane che uccise la moglie di Teddy, Dolores Chanal (Michelle Williams). I due agenti federali hanno perciò il compito di risolvere i casi e altresì scoprire la veridicità dei meccanismi o esperimenti atroci condotti in quel luogo sui detenuti. Si riesce, quindi, ad esplorare la mente del protagonista e si delinea un ribaltamento di ruoli continuo sin dall’inizio del grande film accompagnato da un ritmo rialzato e incalzante. Ma a Shutter Island niente è come sembra e il titolo stesso del film contiene due anagrammi nascosti che alludono alla natura ambigua della storia: il primo è Truths and lies (Verità e bugie), il secondo Truths and denials (Verità e dinieghi). Il film riflette, quindi, la condizione di amarezza, di colpe, assassini e violenze e come la realtà sia più dura della fantasia tanto che porta i personaggi, più volte, ad intraprendere strade diverse e parallele relativamente all’una o all’altra condizione, o alla sola scelta di una di esse. 

Ofelia

di Maria Paola Platì e Noemi Rauti, 4ALS

Marzo 2022

Le donne della nostra storia e della letteratura antica e moderna hanno evidenziato, seppur differenziandosi l’una dall’altra, gli aspetti più complessi e vari della mente umana. L’Ofelia di Shakespeare è presentata come una donna oppressa dal peso di pensieri ai quali non riesce a dare un freno. In relazione a questo, ella potrebbe apparire come una donna fragile che si ritroverà a perdere tutto, non riuscendo più a dare un senso alla sua esistenza. E’ proprio partendo da questo personaggio (e prendendo spunto dall’omonimo romanzo di Lisa Klein) che la visionaria regista Claire McCarthy ha rivoluzionato l’Amleto di Shakespeare attraverso il film “Ofelia- amore e morte”. Il film è stato rilasciato nel 2019 e presenta tra i suoi protagonisti George MacKay nei panni di Amleto e Daisy Ridley che interpreta Ofelia. Il luogo in cui si susseguono i principali eventi è il castello Elsinore, sede dei sovrani di Danimarca. Una delle novità di questo film sta nel fatto che la storia è narrata dal punto di vista di Ofelia, a differenza dell’opera shakespeariana la cui attenzione è rivolta al personaggio maschile di Amleto. Ofelia è una giovane donna cresciuta a corte sin dalla tenera età, la quale si ritrova a vivere a stretto contatto con la famiglia reale proprio grazie al ruolo di consigliere del re assunto dal padre. La fanciulla, bella e intelligente, cattura sin da subito l’attenzione del giovane principe Amleto, erede al trono. I due porteranno avanti questo amore segreto e impossibile fino a quando un tragico evento sconvolgerà la vita del principe: l’assassinio di suo padre, Re Amleto ed il successivo e repentino matrimonio di sua madre, Gertrude, con il fratello del Re, suo zio Claudio. E’ proprio da qui che gli intrighi di corte porteranno Amleto in un oblio di rabbia mista a malinconia, la cui unica via di uscita sembra risiedere nella speranza di vendetta. Il giovane metterà in atto vari tentativi di indagine e supposizioni attraverso azioni sconsiderate e fingendo di essere in preda alla follia. Il suo modo di essere intaccherà anche quell’amore tra i due che fino ad allora sembrava essere puro e quasi fiabesco. Ofelia, nel frattempo, si troverà custode di due importanti ma distruttive verità: una irrivelabile, capace di dare una svolta alla storia; l’altra che la colpirà invece da vicino e che la indurrà (assieme alla travagliata storia d’amore) alla follia. 

“Forse penserete di conoscere le mie vicende, in tanti le hanno raccontate. Da molto tempo sono diventate storia, leggenda” 

Il caso Minamata

di Sara Coccoglioniti, 4ALS

Febbraio 2022

Con la sua presentazione in anteprima nel febbraio del 2020 alla 70ª edizione del Festival internazionale del cinema di Berlino, il caso Minamata torna al centro della scena riportando all’attenzione l’epidemia che devastò la popolazione orientale negli anni ‘70. Il film, accolto positivamente dalla critica che ne ha elogiato l’intensità drammatica e la fedeltà agli eventi, si basa anche sull’omonimo libro scritto da William Eugene Smith. Egli da fotografo è, oltre che l’autore del testo, protagonista del film e il fotoreporter determinante che è riuscito a svelare al mondo gli effetti di un evento dannoso manifestatosi con gradualità nella prefettura di Kumamoto (水俣市 Minamata-shi?). Il film racconta quindi la vita dello statunitense, accompagnato dalla futura moglie Aileen Mioko Smith, conosciuta solo dopo la permanenza, e le sue gesta che sono riuscite anche a dare una risonanza tale da salvare numerose vite umane. La pellicola è diretta da Andrew Levitas e la casa di produzione è Metalwork Pictures che, con riprese incalzanti, focalizza l’attenzione sui reportage e la biografia del maestro interpretato dal famoso Johnny Depp candidato anche all’oscar. L’attore veste i panni di uno dei più grandi fotografi documentaristi del mondo la cui carriera comincia con una collaborazione con il giornale della sua città Life e altre consequenziali. Dopo aver visitato il Giappone per tre volte e documentato alcuni avvenimenti accaduti nei dintorni, il direttore della rivista Robert Hayes gli propone di tornare nello Stato e indagare sull'avvelenamento da mercurio degli abitanti di Minamata. Dopo un primo tentennamento dovuto al rapporto con Life andato deteriorandosi nel corso degli anni e il crollo della fiducia di Smith verso il sistema dell’informazione americano, decide di accettare la proposta. Mantenendo  un rapporto molto conflittuale con il direttore perché stanco, piegato ed esaurito dai viaggi proposti e dalle visioni delle società degradate, si trasferisce in Giappone in coppia con una donna misteriosa: sarà proprio grazie all’appoggio di lei, un'appassionata traduttrice giapponese, Aileen, che riuscirà a fare del suo meglio con una sola fotocamera per smascherare gli effetti devastanti dell'avidità aziendale, complice la polizia locale e il governo. Nella cittadina conosce una storia di inquinamento industriale devastante e causata da una grande azienda chimica: è la Kyushu Corporation che con gli sversamenti di mercurio inorganico ha comportato lo sviluppo di un inquinamento conseguenziale al proliferare, attraverso l’alimentazione degli abitanti, della malattia Minamata. Si tratta di una sindrome scoperta nel 1956 nell’omonima città giapponese da cui prende il nome ed è provocata da intossicazione cronica di mercurio, assunto a lungo attraverso molluschi e crostacei, contaminati da acque inquinate dell’isola di  Kyushu per scarichi acquiferi dello stesso metallo. La malattia è una sindrome neurologica, con atassia, parestesie, indebolimento muscolare, deficit visivi e uditivi che può comportare anche paralisi o coma, fino alla morte. Dopo aver incontrato i soggetti avvelenati da quest’ultima, Smith produce dei saggi fotografici drammatici identificati come una raccolta di immagini fortissime senza tempo e suggestive. 

Ne è rappresentativo lo scatto riportato intitolato Il bagno di Tomoko che ai fini della narrazione è stato anche riprodotto nel film. La foto è autentica, risalente al 1971, e raffigura in bianco e nero Tomoko tra le braccia della madre in un tradizionale bagno giapponese. Al momento dello scatto, la ragazza deformata a causa del morbo Minamata, cieca, sorda e senza l’uso degli arti aveva 15 anni: non troppo piccola ma impossibilitata a scegliere, fu la madre stessa ad accettare deliberatamente l’uso del suo scatto ai fini della diffusione mondiale degli effetti del morbo sulla mente e sul corpo della  figlia. La foto fu pubblicata il 2 giugno del 1972 dalla rivista Life ed è il manifesto della lotta vitale delle vittime e delle loro famiglie innocenti. Questa è stata l’ultima grande storia commovente di Smith con la quale è riuscito nel suo intento, come ha affermato prima della morte: 

“La fotografia è una piccola voce. Ci credo. Se è ben concepita, a volte funziona”.

Colpa delle stelle

di Maria Paola Platì e Noemi Rauti, 4ALS

Febbraio 2022

L’amore … l’essenza delle nostre giornate tutto l’anno, ma che viene ufficialmente celebrato in campo internazionale il 14 febbraio: giorno di San Valentino. Un film che descrive a 360° il senso dell’amore è “Colpa delle Stelle”, tratto dall’omonimo romanzo del 2012 scritto da  John Green. Hazel Grace Lancaster è una giovane ragazza affetta da una grave patologia che le ha sottratto la possibilità di poter vivere la sua adolescenza normalmente. I suoi genitori la inducono a partecipare a un gruppo di supporto che la aiuterà a rapportarsi con ragazzi che vivono il suo stesso malessere. Qui Hazel incontra Gus Waters, un giovane ragazzo con cui condividerà i timori e le preoccupazioni per lo stato di salute che li accomuna, ma che d’altra parte le offrirà quel po’ di spensieratezza di cui ha sempre avuto bisogno. Tuttavia il più grande regalo che Hazel potrà ricevere da lui sarà un viaggio ad Amsterdam che la porterà a conoscere l’autore del suo romanzo preferito. La vera avventura che però si ritroverà a vivere sarà quella al fianco di Gus, che la capirà totalmente e le insegnerà la differenza tra vivere e limitarsi ad esistere. 

“ […] mi hai regalato un per sempre dentro un numero finito e di questo ti sono grata”.

 Questo film tocca la sensibilità degli adulti ma soprattutto degli adolescenti, i quali vengono travolti da una marea di emozioni vedendo come la vita di un loro coetaneo possa essere stravolta tanto facilmente da un nemico invisibile, con il quale ci si ritrova a combattere tante volte senza “armi”. Spesso e volentieri l’unico alleato che si schiera dalla propria parte è l’amore, capace di coinvolgere due animi non solo nei bei momenti, ma anche nelle difficoltà e che è capace di risollevare quando ci si ritrova sull’orlo del precipizio. Hazel inizialmente è restia all’amore, ma nonostante ciò ci lascia un grande insegnamento: riservare ad esso un posto al nostro fianco, per far sì che si possa camminare insieme e dare colore alla propria vita.

“[…] mi hai dato un per sempre nei miei giorni contati”. 

I due giovani ormai  arresi al proprio destino imparano l’uno dall’altro, stando insieme,  a cogliere l’attimo: Hazel impara da Gus l’importanza di vivere appieno ogni singolo attimo, mentre Gus vive per l’amore di lei. Entrambi hanno vissuto, grazia alla loro forza di volontà, la loro fetta di “per sempre” che va oltre la loro giovane vita apparentemente circoscritta da un limite che sembra più grande di loro. 

[…] perché mi guardi così?”                                                                                                                                                             

“perché sei bella … e mi piace guardare voi persone belle”.

Preparate i fazzoletti!

Bastardi senza gloria

di Sara Coccoglioniti, 4ALS

Gennaio 2022

1941-Francia, Seconda Guerra Mondiale.  È questa la cornice del film che sfiora l’apice della cinematografia di Quentin Tarantino. Il suo titolo è Inglourious Basterds o Bastardi senza gloria in lingua italiana ed è il primo capitolo della Trilogia Storica di Tarantino che proseguirà con Django Unchained e C'era una volta a Hollywood, in cui ci saranno rivisitazioni di vari periodi della Storia contemporanea. Nel 2009 il regista decide di adattarsi alla Francia degli anni 40’ occupata dai nazisti, utilizzando per la pellicola lo sfondo bellico ma aggiungendo un pizzico di ironia e ribaltando i classici stereotipi del genere. Scrive e dirige le scene con una spettacolare attenzione marchiando il film in modo indelebile, trasformandolo e quindi trasfigurandolo secondo libere “associazioni”. La protagonista è Shosanna, interpretata da Mélanie Laurent che, durante i primi anni dell’occupazione tedesca in Francia, riesce a scampare per ben due volte allo sterminio della sua famiglia di nazionalità ebrea: la prima volta rifugiandosi nella casa in campagna di un conoscente, la seconda fuggendo da quest’ultima dopo l’arrivo del tenente nazista Hans Landa (il miglior attore a Cannes). Gettando alle spalle il trascorso, Shosanna fugge a Parigi diventando proprietaria di una sala cinematografica e acquistando una nuova identità che non la condanni come “non cittadina”. Dopo l’apertura del suo cinema è costretta, però, ad ospitare la prima di un film nazista, durante la quale dei soldati americani prepareranno un agguato: il leader è il tenente Aldo Raine, interpretato dal pluripremiato Brad Pitt, ed è proprio lui ad informare un gruppo di soldati statunitensi, anch’essi di origine ebraica, del suo piano comprendente l’organizzazione di azioni punitive e sadiche nei confronti dei nazisti. Ad essi si aggiunge anche l’attrice tedesca Bridget von Hammersmark (Diane Kruger) che ha invece l’obiettivo di eliminare i leader del 3° Reich. 

Sono tutti personaggi ben costruiti di cui viene molto approfondito il presente ma in parte abbandonato il passato apparendo, così, molto enigmatici. Tarantino sceglie di omaggiare il cinema sia esternamente che internamente alla storia presentandolo costantemente in tutte le sue sfaccettature: oltre a sottolineare il suo ruolo fondamentale per i media, per l’intero film nonché a fare da sfondo a tante scene, è chiara la volontà di esaltarlo tramite citazioni e riferimenti ad altri spettacolari e storici capolavori di famosi registi. Il titolo stesso del film è infatti il nome modificato in modo omofonico della pellicola The Ingloriuous Bastards del 1977, con regia di Enzo G. Castellari, conosciuta anche come Quel maledetto treno blindato. Per il suo intento Tarantino decide fortemente anche di far apparire il regista nel film, nel ruolo di un ufficiale tedesco nei panni di Brad Pitt: in una situazione ambigua si fingerà regista italiano facendosi chiamare Enzo Gorlomi, storpiatura di Girolami, nome all’anagrafe del regista. Molte altre scene, musiche o battute si rifanno, invece, ai film e ai live motive cinematografici di Sergio Leone per cui si delinea ancora di più l’utilizzo della materia cinematografica come oggetto di scena, in cui trasborda la totale passione di Tarantino e la necessità di farla trovare in ogni angolo del film. La durata è di circa tre ore e sono presenti inquadrature lente, scene immobili e dinamiche, duelli, musiche che tengono alta la tensione senza far perdere la concentrazione allo spettatore o annoiare. L’attenzione riesce ad essere mantenuta anche grazie al cast composto da attori stellari che sfruttano le loro massime potenzialità recitative e linguistiche, come Christoph Waltz nel ruolo di Hans Landa che recita in cinque lingue e attraverso il quale si notano i vari “tipi” di duello: quello degli sguardi, interiore e fisico che sarà fondamentale per la gestione dello spazio e farà da padrone sia nel corrente film sia in tanti altri.

Pattini d'argento

di Maria Paola Platì e Noemi Rauti, 4ALS

Gennaio 2022

Gennaio:  il mese in cui si respira appieno l’atmosfera invernale, la cui magia, se si è fortunati,  scaturisce da infiniti fiocchi di neve che ricoprono paesaggi suggestivi. Una delle attività che accomuna sia grandi che piccoli in questo periodo è per certo il pattinaggio, che permette di godere pienamente del gelido clima. Un film che riprende totalmente l’ambiente tipicamente ghiacciato dell'inverno è senza dubbio “Pattini D’argento”, tratto dall’omonimo romanzo e rilasciato il 3 dicembre 2020. Il lungometraggio è ambientato e girato in Russia, infatti ne presenta i tratti invernali con gli usi e i costumi del tempo. Il centro degli eventi è la San Pietroburgo alle porte del XX secolo, con i suoi fiumi e canali completamente ghiacciati che si trasformano in piste di pattinaggio utili per spostarsi all’interno della città. Il protagonista è il diciottenne Matvey, il quale inizialmente lavora in una panetteria da cui verrà poi licenziato, peggiorando la sua già precaria situazione economica. La sola ricchezza che possiede sono i suoi sfarzosi e particolari pattini d’argento ereditati dal padre, unico membro della famiglia rimastogli, il cui lavoro è quello di accendere i lampioni della città all’imbrunire, con una candela. Dopo il suo licenziamento, il giovane ragazzo incontrerà casualmente il capo di una banda di borseggiatori (da sempre ricercati) che lo convincerà ad intraprendere la strada del crimine, spinto dal bisogno di garantire al padre le cure di cui necessita. Parallelamente alla storia di Matvey, si fa spazio quella del personaggio di Alisa, la figlia di un ufficiale di alto rango. Ella è da sempre costretta a sottostare alle rigide regole di corte imposte dai genitori, a discapito del suo sogno che è quello di diventare una scienziata. Per mezzo di una delle furfanterie di Matvey e la sua banda, i due saranno destinati ad incontrarsi in modo fortuito e ad affrontare assieme varie peripezie. Di rilevante importanza nella storia è il tema della diversità nelle classi sociali del ‘900, rappresentata dall’emarginazione dei ceti meno agiati, in netta contrapposizione con i sontuosi e ingenti eventi di corte che ogni nobile famiglia organizza al fine di guadagnarsi una certa reputazione (seppur apparente e fasulla) all’interno della società aristocratica. In questo clima di contrasti si trovano  donne (come Alisa) che, private di alcuni diritti, sono costrette a sottomettersi all’autorità dei loro padri e mariti che le ostacolano nel realizzare i propri sogni. Ma la forza che spinge tutti a lottare per i propri diritti, per la propria vita e per i propri sogni, è solamente l’amore, il quale fa sì che ci si rialzi di fronte ad ogni ostacolo, anche quando tutto sembra essere perduto, e che è quindi destinato a vincere ogni forza avversa.

Il Grinch

di Sara Coccoglioniti, 4ALS

Dicembre 2021


Arrivato dicembre, quale altra ottima idea potrebbe rendere le feste ancora più magiche se non quella di accoccolarsi sul divano, rilassarsi al caldo con il suono della legna che arde e vedere in compagnia uno tra gli intramontabili film dal successo mondiale? 

Non c’è Natale senza Il Grinch che negli anni 2000 apparve nelle sale cinematografiche scaldando il cuore di grandi e piccini ed ancora oggi ha un'enorme diffusione. Disponibile su tutte le piattaforme streaming, non solo per il periodo invernale, presenta la storia del personaggio mostruoso che nasce dagli omonimi racconti dell’infanzia del 1957 dello scrittore e fumettista statunitense Dr. Seuss. In chiave cinematografica, Il Grinch rimane un personaggio immaginario interpretato dal famoso Jim Carrey che lo presenta come un burbero brontolone con la missione di rubare le festività natalizie agli abitanti di una cittadina posta ai piedi del monte su cui si presenta la sua abitazione isolata da tutti. Si tratta di Chinonsò (Whoville nella versione originale inglese) i cui abitanti, seguendo un gioco di parole, sono i Nonsochi che, a differenza della creatura antropomorfa avente dei lineamenti spaventosi, sono pieni di allegria, anche se in parte finta, con la quale scandiscono i momenti di festività in compagnia. Per la folta peluria di colore verde e gli occhi iniettati di rosso che conferiscono al protagonista un’aria spiritata, egli si presenta ai Nonsochi come un malvagio e spaventoso mostro ma, al contrario, nonostante tutti questi particolari, agli occhi di un abitante è un essere umano anche geniale e divertente: è proprio la piccola Cindy Lou che, in prossimità dei festeggiamenti per l'arrivo del Natale, convince il sindaco del paesino ad invitare il Grinch, riuscendo a trovare in lui aspetti “umani” riguardanti i sentimenti ai quali nessun altro aveva quindi fatto caso, non essendo andati oltre l’apparenza. Si rappresenta così il topos della creatura dal cuore duro che viene sciolto dalla magia del Natale e il termine stesso “Grinch” indica una persona priva di entusiasmo e con un malumore che ha un effetto deprimente sulle altre persone, dal momento che lo è lui stesso. Il regista è Ron Howard che riesce a presentare temi con una trattazione semplice ma con approccio maturo: la solitudine, le difficoltà di inserimento e di comunicazione ma anche l’altruismo e il vero concetto di felicità, termine che abbraccia nella sua semplicità vari aspetti. In uno scenario molto colorato, pieno di dettagli, gioioso e brillante si delinea, infatti, il percorso personale del Grinch, in coppia con il suo tenero cagnolino e unico amico Max, anch’esso parte fondante della pellicola, dalla cupa grotta alla realtà vera. Dato l’enorme successo del film, nel 2018 esso fu soggetto ad un remake che, sebbene differentemente, presenta in chiave animata la fantastica storia ormai diventata un must del periodo natalizio.

Detto ciò, Il Grinch riuscirà, ancora una volta, a rubare o a trasformare il vostro Natale?

A Christmas Carol

di Maria Paola Platì e Noemi Rauti, 4ALS

Dicembre 2021

L’avvento del mese di dicembre non può che rimandare alla magica atmosfera natalizia, unica nel suo genere. Essa è accompagnata da tante tradizioni che riuniscono indipendentemente sia grandi che piccoli. Uno dei tanti modi per stare insieme e godere appieno di questo periodo è ritrovarsi davanti alla tv e guardare un film a tema. Tra i tanti, quello per eccellenza è “A Christmas Carol”: un film fantasy del 2009, tratto dall’ omonimo romanzo di Charles Dickens. È stato prodotto dalla “ImageMovers Digital” e dalla “Walt Disney Pictures” ed è stato realizzato utilizzando la tecnica della “performance capture”. Il film è ambientato a Londra nell’Ottocento, durante la vigilia di Natale. Al centro delle vicende vi è l’anziano Ebenezer Scrooge, il quale essendo restio alle feste natalizie si comporta in modo arrogante e scortese: lo si nota già dall’inizio dei fatti quando il protagonista rifiuta l’invito a cena da parte del nipote e non concede le ferie per il giorno di Natale ad un suo dipendente. Dopo l’orario di chiusura del suo negozio, Scrooge si reca solitario alla sua dimora. Poco dopo riceverà la visita di uno spirito, quello di Jacob Marley, suo socio morto anni prima proprio durante la notte della vigilia di Natale. Egli in vita peccò di avarizia ed egoismo (proprio come Scrooge) e si ritrova infatti ora cinto da pesanti catene (come se fosse una pena da scontare - che potrebbe rimandare alle allegorie dantesche). Il compito dello spirito è quello di mettere in guardia il vecchio in modo tale che egli possa cambiare il suo atteggiamento nei confronti del Natale ma soprattutto delle persone, per rivoluzionare la sua sorte. Jacob gli riferisce inoltre che riceverà la visita di tre spiriti (Natale passato, Natale presente e Natale futuro) che attraverso uno sguardo negli eventi trascorsi nonché nelle vicende prossime, hanno lo scopo di fargli acquisire consapevolezza riguardo al suo atteggiamento meschino. 

Riuscirà Scrooge ad amare la vita e a comprendere il suo vero significato, che va oltre i beni prettamente materiali? Il film vuole dimostrare l’importanza, innanzitutto, delle azioni che si compiono in vita sia nei confronti degli altri ma soprattutto verso se stessi, poiché esse determinano interamente il destino e la felicità dell’individuo. Altro tema portante è quello dell’operato durante la propria esistenza: l’importanza di guardare alle azioni passate come monito per non errare allo stesso modo nel presente e di conseguenza anche nel futuro. Infine, un importante insegnamento: indipendentemente dalla quantità, dalla gravità degli errori commessi e dalla paura che possa essere troppo tardi, è un atto di grande coraggio e nobiltà d’animo il considerevole passo che si compie nel riconoscere i propri errori, nel  voler cambiare rotta e nell'avere l’umiltà di chiedere perdono. 

The Handmaid's Tale

di Sara Coccogliontiti, 4ALS

Novembre 2021

Novembre è il mese contro la violenza sulle donne e come ogni degna ricorrenza necessita di avere uno spazio sul nostro giornalino, al fine di sensibilizzare i lettori su temi e vicende ancora oggi esistenti.

Nel 1985 Margaret Atwood scrive un libro intitolato The Handmaid’s Tale (Il racconto dell’Ancella) che dal 2017 è riprodotto come serie televisiva di quattro stagioni che continueranno nel futuro. Ben cinque registi scelgono di riprodurre accuratamente quanto descritto dall’autrice e viene infatti presentata una storia distopica, le cui scene sono ambientate in un luogo non simile al nostro sebbene siano presentati temi riguardanti la comune violenza di genere, ponendo attenzione sulla condizione femminile, decisamente sottomessa. Ci troviamo nel XX secolo, in una dimensione fredda e cupa in cui a causa di un Colpo di Stato, per sedare le rivolte interne dovute alla devastazione dal fattore inquinamento ed economico, viene siglato un accordo che lascia spazio ai vari governi di reprimere in qualsiasi modo questi atti senza nessuna intromissione esterna. A causa di ciò, nel nord America, si insedia un regime totalitario teocratico dando vita alla “Repubblica di Gilead” che escogita un piano autonomo per risanare anche il bassissimo tasso di natalità rilevato nel mondo. All’improvviso le donne, da possidenti di ogni bene, diritto e libertà, sono costrette ad annullare la propria personalità: catturate e trasportate in questa realtà parallela, cominciano ad essere assoggettate e asservite agli uomini per scopi riproduttivi diventando così le loro Ancelle. Essendo un regime su base religiosa, viene seguito alla lettera il precetto biblico della Genesi 30,1-4 secondo cui i mariti, come Giacobbe, qualora abbiano mogli sterili, hanno la possibilità di copulare con le proprie serve per generare figli. La “Repubblica” non si limita solo all’uso delle donne per scopi precedentemente citati, ma introduce leggi varie punendo, anche in questo caso, con violenza qualsiasi tipo di trasgressione: dichiara illegali le confessioni religiose diverse da quella cristiana, i matrimoni al di fuori della Chiesa di Stato e la lettura, scrittura, tranne che da parte di uomini e membri della gerarchia galaadiana. Al vertice della piramide vi sono quindi i Comandati, depositari del potere che, data la civiltà maschilista, sottomettono non solo le Ancelle ma anche altre categorie sociali: le Marte, le zie e le stesse loro Mogli. Il personaggio tra le tante ancelle di riferimento è June: nella serie non verrà sempre identificata con il suo nome di battesimo ma prevalentemente con quello del suo padrone, preceduto dalla preposizione “Di”, così come per le altre serve. Difred rappresenta quindi la condizione di donna-oggetto che è totalmente strumento del potere. Le scenografie sono molto accurate e richiamano un’ideologia politica assimilabile alla dittatura: si nota l’utilizzo dei corpi delle ancelle funzionale alla creazione di coreografie di trasfigurazione della realtà. Tutto viene presentato in una maniera tanto cruda, violenta, terrificante e senza nessun tipo di filtro che sembra rappresentare in parte la società moderna, sebbene il vestiario del cast rimandi ad un’epoca passata o in una dimensione futura di una realtà immaginaria ma comunque prevedibile sulla base di negative tendenze del presente. Le vittime sono distrutte non solo fisicamente ma anche psicologicamente, data la varietà di violenze che possono sfortunatamente subire. A volte queste possono sfociare nella forma più estrema, il femminicidio, un altro tema ricorrente nella serie insieme all’amore: sebbene nettamente in contrasto con la violenza, è l’unico mezzo non oppressivo usato per evadere in parte da quella costrizione e violazione dei diritti. 

di Maria Paola Platì e Noemi Rauti, 4ALS

Novembre 2021


Il 25 novembre è la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne e ha lo scopo di sensibilizzare la società in ogni modo possibile. Uno dei mezzi più efficaci per raggiungere questo obiettivo non può che essere la visione di un film che smuove la coscienza dello spettatore: Yara. Il lungometraggio è tratto da una storia realmente accaduta a Brembate di Sopra (Lombardia), che ha coinvolto la tredicenne Yara Gambirasio, scomparsa il 26 novembre 2010 e ritrovata assassinata il 26 febbraio dell’anno dopo. Il film in questione è stato rilasciato al cinema per la prima volta il 18 ottobre 2021 (successivamente il 5 novembre nella piattaforma Netflix). I fatti esposti corrispondono totalmente alla realtà e le scene mirano direttamente all’anima di chi lo guarda, stravolgendola allo stesso tempo. Anche il fatidico giorno della sua scomparsa, com’era sempre solita fare, Yara si reca in un centro sportivo vicino alla sua abitazione per studiare ginnastica ritmica. Dopo la lezione lascia la palestra e si incammina verso casa, senza però mai fare ritorno. Proprio da qui iniziano le ricerche. Il caso Yara, diventa virale: non solo i genitori e gli agenti di polizia sono alla sua ricerca, ma anche i programmi televisivi del Paese e le prime pagine dei giornali, contribuiscono alla diffusione della vicenda. Le indagini, solo dopo un anno e mezzo, forniscono la tragica sentenza sull’evento, confermando i precedenti sospetti: Yara è stata uccisa. L’autopsia successivamente effettuata sul corpo rileva la presenza di un frammento di DNA sconosciuto ed è da qui che tutta la popolazione del piccolo paese si ritrova coinvolta attivamente nelle ricerche per la scoperta del colpevole. Dopo  vari mesi tutte le indagini e gli indizi portano ad un esito finale che rende giustizia definitivamente, mettendo in luce i fatti per come sono realmente accaduti. Le donne che subiscono violenza sono miriadi. In un solo anno il numero di donne uccise cresce dell’8%: fino al 21 novembre 2021 infatti le vittime in Italia si registrano essere 109. Un dato che non può fare altro che spaventare, ma serve allo stesso tempo da monito per costruire una consapevolezza reale in chi ancora non la possiede. E’ impegno di ognuno di noi tutelare la vita non solo delle donne, piccole o grandi che siano, ma di tutto il genere umano, al fine di garantire una convivenza all’interno della società che sia fondata sul rispetto reciproco e sulla pace. 

Squid Game

di Sara Coccoglioniti, 4ALS

Ottobre 2021

무궁화 꽃이 피었습니다 (mugunghwa kkochi piotsseumnida)…

Dopo una lunga e tranquilla estate scandita da momenti di divertimento e svago, penso sia proprio arrivato il momento di ritornare al nostro consueto appuntamento mensile!

È ben evidente che il mese estivo sia il più atteso dell’anno, se non il secondo dopo il Natale: un mese di libertà e di riposo in cui, sebbene alcune abitudini vadano in “stop”, alcune non possono essere superate. La visione di film o serie tv è un vero e proprio hobby per molti di tutte le età e i curiosi di scoprire e addentrarsi in nuove o iconiche storie. Ma chi avrebbe mai pensato che una serie prodotta inaspettatamente, potesse diventare così virale da scalare le vette cinematografiche per la sua straordinarietà?

A partire dal 17 settembre 2021, infatti, la serie televisiva Squid Game (오징어게임 o letteralmente "Il gioco del calamaro") diviene il centro dell’attenzione di tutto il mondo partendo dalla Corea del Sud, luogo di produzione e probabilmente ambientazione, a tutto l’Occidente e non solo. Scritta e diretta da Hwang Dong-hyuk, la serie è stata distribuita in tutto il mondo sulla piattaforma di streaming Netflix raggiungendo, ancora oggi, un’elevata audience nonché condivisioni e Meme sui social. Hwang produce una serie clamorosa ma non originale in quanto simile a pellicole cinematografiche molto conosciute come Battle Royale o Takeshi’s Castle, il primo grande gioco proveniente dall’estremo Oriente. Il regista però, a differenza delle già citate produzioni, racconta nella serie gli aspetti che più sono legati non al Giappone ma al suo paese d’origine, la Corea del Sud: difficoltà giovanili a causa della pressione e divisione sociale nonché disparità socio-economiche, che egli visse in prima persona. Una delle particolarità è comunque l’uso di simboli che ricorrono in tutta la serie, già presenti dal titolo in lingua coreana: il rettangolo, il triangolo e il cerchio sono le figure predilette ma la loro scelta non è ancora ben chiara. Altra particolarità riguarda invece l’abilità del regista di distaccarsi dalla monotona cultura cinematografica coreana, avvicinandosi a quella occidentale, scelta perfetta che gli portò un enorme successo in tutto il mondo sebbene sia stata alla pubblicazione una serie sottotitolata, in lingua originale e non ancora doppiata. In 9 episodi relativamente brevi rispetto alle consuete serie coreane, quindi della durata di 1 ora, viene raccontata la storia di un gruppo di sudcoreani che, a causa della difficile condizione in cui si trovano che annienta anche le loro menti, accettano di partecipare ad un gioco. Quindi soffocati dai tanti debiti e da una pressione sociale troppo elevata, cedono alle proposte di partecipazione senza però sapere il luogo e le modalità di svolgimento di questi “strani duelli”: 7 giochi infantili, apparentemente semplici e innocenti riguardanti la propria cultura a cui probabilmente avranno giocato da bambini, ma che avranno dei decisivi risvolti sanguinari e mortali. Al pubblicò arriverà non solo il messaggio della violenza e di come sia “lecito” uccidere per sopravvivere, ma anche l’altrui desiderio nonché necessità di arricchirsi: ogni partecipante verrà identificato tramite un numero e gli verrà attribuito un valore di 100.000.000 ₩ che, sommato a quello di tutti i concorrenti, costituirà il bottino dell’unico che vincerà rimanendo vivo. Sebbene venga momentaneamente trasgredito il diritto al nome che ognuno ha l’obbligo di avere, i concorrenti non rimangono dei semplici numeri ma ognuno di essi, anche se in piccolo, verrà psicologicamente raccontato o approfondito, tralasciando altri personaggi che hanno invece l’obbligo dell’anonimato poiché ricoprono cariche determinanti. Ogni personaggio ha un motivo per essere lì ma nonostante siano tutti diversi, in una dimensione violenta si riuscirà anche a creare un rapporto di amicizia tra i tanti, in alcuni casi profondo e in altri solo apparente perché verrà a mancare la fiducia e la sincerità tra le varie parti, cosa che vedremo accadere al protagonista Seong Gi-hun: interpretato da Lee Jung-jae è l’ultimo dei 456 concorrenti e viene presentato come uomo sommerso dai debiti che cerca di vincere i soldi in palio rischiando la vita nella speranza di riuscire a salvare la madre da una malattia e ottenere l'affidamento della figlia Ga-yeong, residente dalla madre, sua ex-moglie. È proprio da lui che la storia si svilupperà e chissà, forse sarà lui a determinare la conclusione dei duelli o ci sarà un colpo di scena. Non resta che a voi scoprirlo!

Afterlife of the party

di Maria Paola Platì e Noemi Rauti, 4ALS

Ottobre 2021

Pensare all’autunno non può che rimandare ad Halloween: la notte in cui ogni barriera tra  il mondo dei vivi e quello degli spiriti si assottiglia così tanto da fare in modo che essi diventino una cosa sola. Quest’atmosfera è totalmente ripresa nel film-commedia soprannaturale “Afterlife of the party”, prodotto da Netflix, la cui uscita si rimanda al  2 settembre 2021. Nei panni della protagonista Cassie ritroviamo la famosissima Victoria Justice, cantante e attrice americana (che ha riscosso grande successo con la sitcom Victorious). Le vicende del film ruotano attorno all’omonima giovane adolescente che ama spendere il suo tempo partecipando e organizzando feste stravaganti e mettendo al primo posto la sua popolarità e la più sfrenata mondanità a discapito dei veri valori, tra i quali l’amicizia e la famiglia. Diversamente da lei, la sua migliore amica nonché coinquilina Lisa cercherà di riportarla sulla retta via e di farle capire il vero senso dell’esistenza. Infatti, ella è mossa da buone virtù che la spingono a vivere la vita dignitosamente e ad inseguire i propri sogni di paleontologa. È la sera del venticinquesimo compleanno di Cassie e, come al suo solito, per l’evento organizzerà una festa senza precedenti in uno dei locali più glamour assieme alla sua cerchia di amici. Proprio in quella notte le grandi differenze tra gli stili di vita di Cassie e Lisa le porteranno a litigare e a stroncare la propria amicizia. All’alba del giorno seguente Cassie ritorna a casa dalla frenetica festa e bussa alla porta della stanza di Lisa (già rientrata la sera prima). Il fatto che fosse fuori di sé, porta la ragazza ad avere un decisivo incidente nel suo stesso appartamento: barcollando finirà per scivolare e sbattere la testa. Si risveglierà tempo dopo in una stanza che rispecchia totalmente i suoi gusti raffinati. Qui incontrerà il suo angelo custode, Val, che la metterà a conoscenza di ciò che è successo durante la sua assenza sulla terra, informandola del fatto che si trovi in un Limbo che le permetterà di porre rimedio a situazioni irrisolte attraverso buone azioni. Esse riguardano le persone più care a lei che nella sua vita ha sempre posto in secondo piano: Lisa, il padre (affranto dalla scomparsa della figlia) e la madre, che l'ha abbandonata in tenera età.

Riuscirà Cassie a colmare il suo animo di buone azioni, assicurandosi quindi un posto in Paradiso? Le sarà data una seconda occasione: ritornerà sulla terra cercando di creare in modo ambiguo delle “connessioni” con i suoi cari, provando a dare sollievo ai loro animi e accompagnandoli nelle situazioni che si troveranno ad affrontare. Diverse sono le tematiche trattate nel film; in primis si ritrova il troppo interesse per i beni “illusori” che il mondo offre e che distolgono l’attenzione dal fine ultimo della vita. Valori come l’amicizia, la famiglia, la gentilezza vengono subordinati all’egoismo di Cassie che indirettamente si ricollega ad eventi traumatici che hanno determinato la sua infanzia. Il film comprende in sé il concetto de “ il troppo storpia” : l’insegnamento viene impartito ponendo le vicende sotto una luce trascendentale e ironica, con l’aggiunta di elementi fantastici e soprannaturali che catturano fin da subito l’attenzione dello spettatore.