Archeologia industriale

Il fiume scorre tra architettura e natura

Se percorri il corso dell’Olona - a piedi o in bici - potrai imbatterti in una serie di testimonianze del passato produttivo della nostra zona, sia agricolo che industriale, che da secoli è legato proprio all’utilizzo delle acque del fiume per l’irrigazione o come forza motrice.

Partendo dal confine tra S. vittore Olona e Legnano, andando verso sud, oltre alle aree naturali troverai i mulini superstiti che hanno dato il nome al Parco dei Mulini, ma anche il sistema irriguo che da secoli supporta l’agricoltura e ancora oggi la fa vivere, come le rogge, le chiuse e i canali, tra cui il canale Villoresi.

Andando verso nord, invece, oltre al castello di Legnano, che fu posto a presidio proprio di questo sistema agricolo, troverai numerose testimonianze di archeologia industriale: ex fabbriche tessili (o loro piccole porzioni, anche se in gran parte trasformate), con il relativo sistema di ville padronali, strutture di servizio e quartieri operai, ma anche opere di rettifica del fiume, in gran parte canalizzato se non addirittura coperto.

Se ti spingi oltre, verso Castellanza, dove un’università è ospitata proprio in un ex Cotonificio, potrai invece vedere i resti della centrale elettrica che dai primi del Novecento dava energia alle fabbriche della zona, e potrai percorrere, ancora più in là, il vecchio tracciato della ferrovia della Valmorea, nata per approvvigionarle, passando in mezzo a numerosi edifici ex industriali dismessi.

Se invece vuoi approfondire la storia del fiume e l’importanza delle tracce di archeologia industriale che lo costeggiano ti invito a proseguire nell’ascolto.

L’archeologia industriale e il valore della memoria: dai mulini alle fabbriche lungo il fiume Olona

Il fiume Olona - da Varese a Milano - è oggi disseminato da un patrimonio immenso di archeologia industriale, anche se spesso sconosciuto, e questo testimonia secoli di storia produttiva ed economica della nostra zona, che è passata da agricola a industriale ed è strettamente legata alla sua presenza. Infatti il fiume influì fin da subito sulla nascita degli insediamenti, tanto più che, non essendo navigabile per la sua portata non abbondante e torrentizia, spinse a sfruttarlo in un modo diverso da altri fiumi: da un alto per l’irrigazione dei campi, dall’altro come forza motrice per attività artigianali prima e industriali poi.

Già dal IX secolo fu disseminato di mulini da grano: pensate che nell’epoca di massimo splendore (nel Seicento) ce n’erano più di 400! Le ruote erano azionate dai salti d’acqua e l’attività molitoria diventò una delle risorse più significative della zona, tanto che la Valle Olona era chiamata il ‘granaio di Milano’. Infatti i mulini e le terre erano in gran parte di proprietà di nobili milanesi, ed erano così importanti da spingere a costruire o ammodernare apposite fortificazioni che servivano per proteggerli, e tra queste nei nostri territori c’era il castello di Legnano.

Parallelamente ai mulini si sviluppò anche una rete di strade e di rogge e canali d’irrigazione.

Pensate che, oltre alla farina, con le macine azionate dai mulini si poteva produrre anche foraggio per il bestiame e le macine potevano essere usate anche come magli da fabbro, torchi per l’olio, oppure per la lavorazione della carta o del riso: insomma erano veramente indispensabili!

Tutte queste attività permisero - all’inizio dell’Ottocento - la nascita dei primi insediamenti preindustriali, soprattutto opifici e cotonifici: erano ‘fabbriche sviluppate in verticale’ che, a partire dai precedenti mulini, utilizzavano l’acqua per muovere i macchinari: i mulini furono ampliati, trasformati e dotati di ruote idrauliche sempre più moderne ed efficienti, poi di turbine, soprattutto ai primi del Novecento quando a Castellanza arrivò l’energia elettrica, grazie a una centrale ancora oggi esistente, anche se abbandonata.

Tutto questo portò a poco a poco a cambiare la vocazione della zona, da agricola a industriale, con tutte le conseguenze del caso, sia positive che negative: i resti dei mulini furono in gran parte distrutti o trasformati in grandi complessi industriali, soprattutto tessili: se pensiamo a Legnano, in meno di 2 km di fiume c’erano più di 7 tra Cotonifici e tintorie: Borri Ronchi e Masera, Giulini e Ratti, F.lli Dell’Acqua, Cantoni, Bernocchi, Borghi, Mottana, per lo più caratterizzati da distese di capannoni, non più in verticale, ma affiancati in orizzontale con tetti a shed.

A poco a poco scomparvero le bocche di irrigazione e gli scaricatori per i mulini e le acque, che prima erano pescose e caratterizzate dalle lavandaie, divennero sempre più inquinate, a causa dei rifiuti e degli scarichi delle industrie, delle tintorie, delle concerie, oltre che per l’urbanizzazione del territorio, rendendo l’Olona uno dei fiumi più inquinati d'Italia, oltre al fatto che perse gran parte della sua naturalità perché, per evitare le esondazioni, che ovviamente portavano danni economici alle fabbriche o ai centri abitati che si trovavano sul suo corso, fu cementificato e canalizzato o addirittura tombinato, coperto.

Dagli anni '60-'70, però, una forte crisi economica portò molte industrie alla chiusura, contribuendo a un lento miglioramento della naturalità del fiume e della qualità delle acque, ma lasciando numerosi stabilimenti dismessi e abbandonati, quando non demoliti o trasformati.

In questo modo oggi ci troviamo lungo l’Olona con un patrimonio ricchissimo: da un lato abbiamo le tracce dell’attività agricola e molitoria e del sistema irriguo, costituito dai mulini, dalle chiuse, dalle paratoie e dai canali, dall’altra abbiamo una serie di edifici ex industriali dismessi o loro piccole porzioni.

All’interno di questo sistema ogni elemento, anche se piccolo o a rudere, ha la sua importanza e necessita di salvaguardia, perché se messo a rete contribuisce a testimoniare la nostra storia e potrebbe costituire, più che un problema - come spesso è stato considerato - un’opportunità di sviluppo, intesa non solo come miglioramento ambientale, naturale o paesaggistico, ma anche una valorizzazione storico-culturale del territorio, e, soprattutto, una risorsa economica, dove la possibilità di riportare i cittadini al fiume, rendendolo maggiormente fruibile, può attivare una serie di attività turistiche o socio-culturali compatibili e sostenibili, ma con un ritorno economico, un po' come è successo anni fa nelle regione tedesca della Rhur, lungo l’omonimo fiume, che da zona tra le più inquinate è divenuta uno dei più noti esempi di riconversione dal punto di vista ambientale, paesaggistico e culturale, ma soprattutto economico.

Sperando che qualcosa del genere possa accadere anche da noi vi invito a percorrere a piedi o in bici il corso del fiume, fermandovi nelle varie tappe che trovate lungo il percorso segnalate dai pannelli informativi, oppure a consultare la app Olona Greenway.

Testi a cura di Patrizia Dellavedova

Tra le ricerche di Giacomo Agrati sul Parco dei mulini, ricordiamo quella sul gruppo tessile Visconti di Modrone


Leggi il testo sulla storia della “Filatura di cotone al mulino Visconti di Modrone”


Oppure guarda il video e ascolta l'audio-guida, realizzata grazie a Sonia Cipriani guida escursionistica ambientale

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